3.1 Modelli e variabili di crescita
In sede di analisi della questione dimensionale è stato rilevato quanto, con riguardo 108 alle family business, l’aver raggiunto o meno una data “misura” dipenda dal verificarsi di una molteplicità di variabili controllabili e non controllabili dall’imprenditore e che, come dimostrato dai dati empirici relativi al tessuto produttivo del nostro Paese, il man- tenimento di una dimensione medio-piccola sia per certi versi configurabile non come 109 una fase “embrionale” o transitoria necessariamente superabile ma come una vera e propria scelta strategica “consapevole”. È proprio da queste indispensabili premesse che bisogna partire per approfondire, nel corso di questo capitolo, le possibili dinamiche, i modelli e le traiettorie di crescita e sviluppo quali-quantitative che contraddistinguono le aziende familiari.
È opportuno, innanzitutto, ritornare per un attimo al momento in cui si è analiz- zato il Three Circle Model di Tagiuri e Davis (1982), al fine di ricordare che una delle peculiarità più distintive delle family business è proprio la contemporanea interazione tra i tre sottosistemi famiglia, proprietà e azienda; relazione che si evolve nel tempo e che, come si vede in Figura 3.1 , muta in ragione dei differenti passaggi che i due isti110 - tuti si trovano ad affrontare durante il proprio ciclo di vita:
Figura 3.1 - Percorso evolutivo del Three Circle Model
Fonte: Gersick, Davis, McCollom, Lansberg (1997). Cap. 1, par. 1.4 del presente elaborato.
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Senza in alcun modo sminuire o depauperare la rilevanza quantitativa ed economica che le grandi fa
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mily business assumono nel nostro Paese.
Gersick K.E., Davis J.A., Mc Collom Hampton M., Lansberg I.S., Generation to Generation: Life Cy
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Lo studio di queste dinamiche non può, dunque, prescindere dal guardare al fe- nomeno in una duplice prospettiva evolutiva che vede la famiglia e l’azienda muoversi lungo traiettorie distinte ma allo stesso tempo interconnesse e interagenti.
Con specifico riferimento all’istituto familiare, questo segue un cammino di svi- luppo che, seppure contraddistinto da una sorta di stabile “ritmo naturale”, è costellato dalla presenza di molteplici momenti destabilizzanti e fasi di cambiamento importanti, i quali possono essere ad esempio il matrimonio, la nascita di un figlio, il divorzio o la sopravvenuta morte di un caro. Tutti questi momenti certamente contribuiscono, se ade- guatamente superati, alla crescita e al rafforzamento delle relazioni familiari, le quali si ripercuotono a cascata sulle dinamiche aziendali.
Con le dovute differenze, anche l’azienda segue un percorso evolutivo multi- forme e mai standardizzabile, contraddistinto da periodi di relativa stabilità seguiti da altri di instabilità e cambiamento, le cui dinamiche concorrono a definirne i caratteri dimensionali e le traiettorie future di crescita. A questo riguardo, innumerevoli sono i contributi presenti in letteratura e quasi impossibile sarebbe fornirne un’esaustiva disa- mina in queste pagine; ci si limita perciò a sintetizzare alcuni concetti maggiormente utili, presenti in uno fra i tanti modelli teorizzati, il modello di Greiner, il quale, elabora- to nel 1972, pur mostrando tutti i limiti attribuibili a qualsivoglia tentativo di schematiz- zazione di un fenomeno complesso come quello in parola, fornisce alcune linee guida utili ai fini della presente analisi (Figura 3.2):
Figura 3.2 - Processo di sviluppo aziendale secondo Greiner
In particolare, sebbene la convinzione dello studioso secondo cui la crescita in- tesa in senso dimensionale passi inevitabilmente da una rigida sequenza di fasi da attra- versare sia opinabile, ciò che appare principalmente interessante di questo modello è l’idea che ogni azienda - e, a parere di chi scrive, anche ogni famiglia - sia in un certo qual modo “obbligata” ad attraversare momenti di crisi e rivoluzione se vuole effetti- vamente camminare sui sentieri della crescita. Si può in questo senso affermare che, seppur una family business possieda tutte le caratteristiche idonee a intraprendere un cammino di sviluppo, non vi possa essere crescita senza cambiamento, il quale non deve necessariamente essere traumatico o distruttivo - come visto quando si è trattato del pas- saggio generazionale - ma che di certo è individuale e collettivo allo stesso tempo.
Detto ciò, occorre interrogarsi su quali “linee” la crescita di un’azienda fami111 - liare possa concretamente realizzarsi.
Premesso che a questa domanda non è sicuramente semplice dare una risposta univoca, alcuni studiosi suggeriscono due modalità prevalenti, quella per linee interne 112 e quella per linee esterne, dove l’obiettivo ultimo è l’entrata in nuovi mercati e l’apertu- ra a processi di internazionalizzazione. Nella prima categoria rientrano tutte quelle mo- dalità di crescita cosiddette “organiche”, dove a fungere da elemento trainante sono quelle risorse umane, materiali, immateriali e finanziarie interne, a vario titolo impiega- te in azienda, mentre nella seconda categoria si annoverano modalità di crescita basate sull’acquisizione dall’esterno di risorse e competenze non già possedute, le quali fungo- no poi da leva per il successivo arricchimento e implementazione di quelle interne. Nel- lo specifico, si considerano facenti parte della prima categoria principalmente strategie di diversificazione, integrazione produttiva e modernizzazione tecnologica, mentre ap- partenenti alla seconda categoria strumenti come le fusioni e le acquisizioni, le joint
venture, i consorzi e le associazioni temporanee d’impresa (ATI), di cui si approfondirà
più avanti nel corso del presente capitolo.
Bonti M., Una, nessuna e centomila. Varietà dei percorsi di sviluppo nelle piccole e medie imprese, 111
FrancoAngeli, Milano, 2012, p. 99.
Boldizzoni, Serio, 1996; Costa, Giubitta, 2008; Bonti M., 2012. 112
A questo proposito, il rapporto annuale condotto dall’Istat sulle condizioni 113 strutturali e congiunturali del nostro tessuto economico e produttivo mostra come, alla vigilia dell’attuale crisi economica conseguente alla pandemia da Covid-19, almeno il 50% delle imprese prese a campione privilegi modelli di crescita del primo tipo e il re- stante 50% sia indirizzato verso percorsi del secondo tipo, oltreché circa il 90% delle stesse abbia dichiarato l’intenzione di investire su questi sentieri di crescita nel prossi- mo biennio. Interessante è poi l’osservazione fatta dallo stesso Istituto che queste 114 tendenze siano presenti, con lievi differenze, in “tutte le classi dimensionali d’impresa”, puntualizzando peraltro che “nonostante il maggiore dinamismo si associ spesso ad una maggiore dimensione aziendale, nel caso delle piccole imprese questo può accompa- gnarsi a livelli di performance superiori” (Istat, 2020). Questa precisazione ci permette di ribadire ancora una volta come, grazie alla disponibilità di nuovi strumenti e compe- tenze, è convinzione di chi scrive che le family business di qualsiasi dimensione siano oggi messe nelle condizioni di intraprendere vari percorsi di crescita da intendersi in senso lato, in grado di far loro superare lo stadio cognitivo e tecnico “elementare-arti- gianale” (Bonti M., 2012, p. 127), spesso accreditatogli a ragione da una parte della co- munità scientifica , mettendole così nelle condizioni di competere sui mercati globali. 115 Quando si parla di modelli e variabili di crescita, non bisogna dunque intenderli come principalmente o esclusivamente quantitativi - seppure questa dimensione sia di fatto preminente - ma altresì qualitativi, convinti che nel contesto contemporaneo risulti sempre più importante ripensare le logiche aziendali alla luce della qualità piuttosto che solo della quantità, nonostante le diverse forme di capitalismo post-moderno variamente dominanti cerchino continuamente di propinarci il contrario.
È convinzione di chi scrive che la crescita e lo sviluppo delle aziende familiari non possa, in definitiva, prescindere da un’evoluzione progressiva della relazione tra famiglia e business, la quale si connota - come si vedrà nei prossimi paragrafi - per una continua opera di mutuo aggiustamento tra necessità di conservazione del caratteristico
Per ulteriori approfondimenti si veda: Censimento permanente Istat, Capitolo 4, Il sistema delle impre
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se, elementi di crisi e resilienza, 2020; consultabile sul sito www.istat.it.
Ibidem, p. 16. 114
Ad esempio il filone di studio di matrice statunitense, di cui i maggiori esponenti sono, tra gli altri: 115
patrimonio tecnico e conoscitivo esistente e le nuove esigenze di “professionalizzazio- ne” nonché l’apertura a nuovi modelli e strumenti in grado di accrescerne la competiti- vità nel contesto internazionale.
3.2 La necessità di “professionalizzarsi”
Diversi studiosi sono soliti evidenziare, all’interno di recenti contributi aventi ad og116 - getto le aziende familiari, la necessità e le criticità connesse al tema della “professiona- lizzazione”. Si tratta di un’esigenza che appare oggi più che mai un requisito ineludibile affinché si possa intraprendere un cammino di crescita e sviluppo.
È necessario innanzitutto comprenderne il significato per poi poterne valutare le implicazioni ascrivibili al fenomeno in parola. A questo riguardo, seppure sia difficile fornire un’univoca definizione di professionalizzazione, essa si configura, in linea gene- rale, come un processo di aggiornamento, responsabilizzazione e perfezionamento con- tinuo dei soggetti preposti alla gestione degli assets aziendali - anche attraverso l’ausilio di professionisti esterni - volto all’acquisizione e all’implementazione delle capacità manageriali che si concretizzano nell’efficiente “pianificazione, organizzazione e con- trollo delle risorse, per renderle maggiormente efficaci e funzionali a sostenere i percor- si di sviluppo aziendali” (Del Bene, 2016).
Il termine “professionalizzazione” è dunque a pieno titolo assimilabile a quello di “managerializzazione” e in quanto tale implica sia una dimensione tecnico-speciali- stica degli attori coinvolti - acquisibile tramite percorsi di formazione appositi - sia una dimensione personale-professionale , la quale è invece idiosincratica. 117
La finalità principale di questo percorso “professionale” risiede nella possibilità di sopperire alla continua necessità di miglioramento delle condizioni operative azien- dali attraverso diverse modalità e strumenti di management che, sebbene non presentino particolari criticità in aziende non familiari, nelle family business - se non adeguatamen-
Tra gli altri: Dyer W.G. (1989), Schein E.H. (1968), Del Bene L. (2008). 116
Del Bene L., Aziende familiari ed esigenze di professionalizzazione, in: Del Bene L., Aziende familiari 117
ed esigenze di professionalizzazione, in: Anselmi L., Lattanzi N., a cura di, Il family business made in Tuscany, FrancoAngeli, Milano, 2016, p. 145.
te compresi e implementati - possono generare pericolosi conflitti intra-familiari capaci di indebolire l’efficacia complessiva delle gestione.
Riguardo a queste principali modalità attraverso cui un’azienda familiare può professionalizzarsi, dalla disamina della letteratura in materia si propongono sinteti118 - camente le seguenti tipologie:
• l’introduzione di strumenti tecnici di supporto all’attività manageriale (sistemi in- formativi direzionali ed operativi, sistemi di controllo delle risorse umane e delle performance economico-finanziarie, etc.);
• l’inserimento di soggetti esterni e indipendenti dalla famiglia all’interno degli organi di governance e/o nel ruolo di manager (cosiddetta professionalizzazione per “linee esterne”);
• lo sviluppo di competenze manageriali da parte dei membri interni alla famiglia nonché dei collaboratori già presenti in azienda attraverso piani di formazione acca- demica integrati da programmi di training on the job specificatamente progettati (cosiddetta professionalizzazione per “linee interne”);
• la partecipazione a reti (network) d’impresa attraverso le quali sia possibile condivi- dere competenze ed esperienze utili.
La professionalizzazione assume dunque una natura “multidimensionale” , il 119 cui approfondimento ha permesso ad alcuni studiosi di classificare le aziende familia120 - ri in quattro possibili categorie, di seguito riportate:
• autocratica; • configurazione domestica; • ibrida amministrativa; • ibrida compatta. Ibidem, p. 153. 118
Amato S., Governance e ricambio generazionale, in: Lattanzi N., a cura di, Le aziende familiari. Ge
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nerazione, società, mercato, Giappichelli Editore, Torino, 2017, p. 90.
Dekker-N J., Lybaert T., Steijvers B., Depaire R., The effect of family business professionalization as a 120
multidimensional construct on firm performance, Journal of Business Management, 2015. Si veda anche
Dekker J., Lybaert T., Steijvers B., Deoaire R., Mercken, Family firm Types Based on the professionaliza-
La prima tipologia raggruppa tutte quelle family business caratterizzate da un basso livello di managerializzazione, dove la famiglia proprietaria pratica un controllo totale e stringente sulla gestione aziendale, la presenza di manager esterni è scarsa o nulla e i meccanismi di controllo delle risorse umane e delle performance economico- finanziarie sono prevalentemente informali.
Le aziende familiari riconducibili alla seconda categoria presentano pressapoco lo stesso grado di coinvolgimento della famiglia nella gestione ascrivibile alla tipologia precedente, sennonché hanno sperimentato l’implementazione di strumenti di controllo delle risorse umane e finanziarie maggiormente formali, i quali permettono di fatti di elevare l’asticella della professionalizzazione un po’ più in alto.
La terza categoria fa poi riferimento a family business nelle quali il livello di professionalizzazione è il più elevato possibile - nonostante il coinvolgimento diretto della famiglia sia minore delle tipologie precedenti -; in esse è preponderante la presen- za di manager esterni, vi è un notevole grado di delega ma soprattutto sono stati imple- m e n t a t i e s c l u s i v a m e n t e s i s t e m i d i c o n t r o l l o “ a d e l e v a t o g r a d o d i formalizzazione” (Amato, 2017).
Fanno infine parte della quarta categoria aziende familiari molto simili alla tipo- logia precedente, con la precipua differenza che il controllo viene esercitato sia attraver- so sistemi formali che informali, mantenendo in tal modo un ambiente interno per così dire maggiormente “familiare”.
È utile a questo punto ricercare le potenziali motivazioni che possono spingere un’azienda familiare a professionalizzarsi, sebbene sia facilmente intuibile come possa- no essere di per sé innumerevoli e non è certo intenzione - a parere di chi scrive - for- nirne in questa sede un indice esaustivo. Detto ciò, ci sembra, tra gli altri, particolar- mente interessante il contributo fornito da W. Gibb Dyer (1989), il quale ne identifica 121 principalmente tre: l’assenza di competenze manageriali e risorse adeguate da parte del- la famiglia proprietaria, il necessario cambiamento di alcune norme e valori inerenti al- l’operatività aziendale, l’inadeguatezza attuale o prospettica del successore designato, che implica il necessario inserimento di figure professionali esterne negli organi apicali.
Dyer G.W., Integrating Professional Management into a Family Owned Business, Family Business 121
Queste tre potenziali motivazioni, sebbene possano presentarsi con gradi di in- tensità differenti, non è detto che si escludano vicendevolmente ed è dunque necessario che la famiglia proprietaria valuti continuamente l’efficacia della/e soluzione/i tecniche adottata/e, anche e soprattutto in termini di contributo fornito alle performance azienda- li. A questo riguardo non vi è peraltro unanime consenso all’interno della comunità scientifica circa l’affermazione dell’impatto esclusivamente positivo sulle performance aziendali dovuto all’inserimento di manager esterni alla famiglia. Alcuni studiosi in122 - fatti sostengono come la presenza di tali soggetti, in concordanza con gli assunti di base della teoria dell’agenzia, sia addirittura controproducente, in quanto si manifesterebbero divergenze in ordine agli obiettivi da perseguire. Altri, tra cui Martinez et al. , sosten123 - gono alternativamente che non vi siano significative correlazioni tra il coinvolgimento di manager esterni e la crescita dei parametri economico-finanziari nelle family busi-
ness.
A parere di chi scrive, non è dunque utile cadere in facili generalizzazioni affer- mando che, in nome del seppur reale e urgente bisogno di “professionalizzazione” ad- debitato in particolare al nostro tessuto produttivo, ogni strumento o modalità sia valido in assoluto e a priori; sembra invece evidente quanto sia necessario “calare” la singola modalità o il singolo strumento all’interno dello specifico contesto aziendale considera- to, dimodoché risultino in un certo qual modo coerenti con le condizioni culturali e am- bientali interne ed esterne allo stesso. Tuttavia, ciò non significa che le modalità di pro- fessionalizzazione prescelte debbano in tutto conformarsi alla cultura familiare o al- l’ambiente dominante, in quanto, se questo avvenisse, perderebbero di fatti la loro fun- zione migliorativa.
In conclusione si può a ragione affermare che la “professionalizzazione”, nelle sue molteplici manifestazioni, rappresenti indubbiamente un’opportunità di crescita ol- tre che, come detto, una necessità legata alla sopravvivenza dello stesso fenomeno aziendale. Essa non prevede necessariamente il ridimensionamento del ruolo della fa- miglia nella gestione ma anzi tende a valorizzarne le caratteristiche positive, quali fra
Tra gli altri: Jensen M. e Meckling W. (1976), Fama E. (1980). 122
Del Bene L., La funzione imprenditoriale e la funzione manageriale, in: Del Bene L., Lattanzi N., Li
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beratore G., a cura di, Aziende famigliari e longevità economica. Modalità di analisi e strumenti operati-
tutte la creatività, l’imprenditorialità e la flessibilità organizzativa, qualità fuor di 124 dubbio imprescindibili al fine di definire una formula imprenditoriale di successo. Certamente tutto ciò non si esaurisce nella mera attuazione di uno o più strumenti sug- geriti dalla letteratura - la cui conoscenza è però indiscutibilmente necessaria - ma pre- vede un processo di continua revisione e rilettura critica del rapporto intercorrente tra impresa e famiglia, il quale, se coerente, dovrebbe condurre quest’ultima a reinterpreta- re sé stessa più come un “coordinatore di risorse” che un semplice proprietario delle 125 stesse.
3.3 Innovarsi nel solco della tradizione
Negli ultimi anni diverse family business hanno mostrato la capacità di ottenere perfor- mance importanti in arene competitive sempre più complesse e internazionali, oramai molto differenti da quelle con cui si dovevano confrontare appena un ventennio prima. Ciò, in un certo senso ha scardinato quel pregiudizio molto diffuso in passato che tac- ciava questa particolare tipologia di impresa di non essere capace, vista la natura diffu- samente conservatrice, a rinnovare i propri obiettivi strategici e la propria formula im- prenditoriale al mutare delle condizioni di contesto.
A mio avviso, se è pur vero che la presenza della famiglia nella proprietà e/o nella gestione conferisca caratteri di stabilità e generale avversione al rischio, questo non ha evidentemente impedito a molte aziende di sviluppare le capacità innovative e di adattamento strategico necessarie a proiettarsi nel futuro. Le competenze e la vision ne- cessarie a soddisfare le attese di consumatori sempre più esigenti e che guardano all’ac- quisto non più come mero atto ma come “esperienza edonistica totalizzante” non può 126 infatti prescindere dal tracciare sempre nuovi percorsi innovativi che, d’altro canto, non sembrano trovare ostacolo, ma bensì coniugarsi in maniera ottimale, nelle straordinarie
Molteni M., Direzione aziendale e proprietà di fronte al cambiamento, in: Invernizzi G., Molteni M., 124
Corbetta G., Management imprenditoriale, FrancoAngeli, Milano, 1990. In questo contributo, lo studioso ne fornisce una definizione dai connotati “shumpeteriani”, identificandola come: “la capacità di uno o più attori aziendali di elaborare e realizzare una sintesi economicamente valida tra un bisogno individuato e le risorse atte a soddisfarlo, sintesi dotata di caratteristiche innovative”.
Compagno C., a cura di, Piccole e medie imprese in transizione, Utet, Torino, 2003, p. 51. 125
Cognetti F., Azienda familiare: la differenza del prodotto unico ed esclusivo, in: Lattanzi N., a cura di, 126
capacità creative ed artigianali tipiche delle nostre family business, frutto di un meravi- glioso patrimonio culturale intriso di storia e territorio.
È proprio sulla base di questo apparente paradosso di “innovazione nel solco 127 della tradizione” che è possibile altresì identificare un ulteriore punto di forza delle 128 aziende familiari, le quali, se sono capaci di ben governarne le implicazioni, riescono ad offrire esperienze d’acquisto che vanno oltre il singolo prodotto o servizio e che si ag- ganciano ad una dimensione oserei dire quasi metafisica, a cui il cliente contemporaneo chiede in maniera crescente di partecipare. Esse sono strette fra il continuo bisogno di mantenere un’identità coerente attraverso i diversi passaggi generazionali e la necessità di adattarsi ai cambiamenti dell’ambiente circostante.
A questo riguardo, non è un ossimoro affermare che, al fine di mantenere questo tipo di vantaggio competitivo per il futuro nonché di inserirsi in un percorso di crescita e sviluppo, sia necessario che le aziende familiari investano ulteriori e ingenti risorse finanziarie, materiali ma soprattutto umane, “nell’industrializzare la propria artigianali- tà”, ovvero puntare su automazione, tecnologia e alta formazione, mantenendo però in- tatto quel sentimento di intimo orgoglio e amore per il “lavoro fatto a regola d’arte” ; 129 caratteristica riconosciuta al nostro tessuto produttivo da ogni parte del mondo. È con- vinzione di chi scrive come lo sviluppo di competenze e conoscenze nuove non pregiu- dichi automaticamente l’efficacia di quelle tradizionali, ma che, anzi, i nuovi strumenti tecnici e gestionali messi oggi a disposizione delle famiglie proprietarie rendano possi- bile effettuare una loro proficua integrazione.
Roy Suddaby e Peter Jaskiewiez in uno straordinario contributo dal titolo “Managing traditions: A 127
critical capability for Family Business success, Family Business Review, 2020” esprimono questo parti-
colare concetto rifacendosi al cosiddetto “paradosso di Teseo”, del quale scrivono: “The nuanced inter-
play of change and continuity between structure and meaning is perhaps best illustrated by Plutarch’s (1914) description of the paradox of Theseus: The ship on which Theseus sailed with the youths and re- turned in safety, the thirty-oared galley, was preserved by the Athenians down to the time of Demetrius Phalereus. They took away the old timbers from time to time, and put new and sound ones in their places,