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Le passività a cui non è applicabile ed i suoi limiti

Tale procedimento non impegna tutte le passività dell’istituto, alcune di esse sono escluse così come sancito dall’articolo 49 del decreto. In particolare, le seguenti:

• depositi protetti (conti correnti, conti deposito anche vincolati, certificati di deposito nominativi) di ammontare non superiore a 100.000 euro;

• passività garantite (incluse le covered bond);

• altre passività derivante dal fatto che la banca detiene attività o liquidità per conto del cliente (valori e oggetti depositati nelle cassette di sicurezza; attività o liquidità dei clienti detenute da o per conto di organismi di investimento collettivo in valori mobiliari o fondi di investimento alternativo);

44 Sezione III, Capo IV, Titolo IV, d.lvo 180/2015, Art. 50 – comma 2 “ Il requisito da rispettare su base

individuale e' determinato dalla Banca d'Italia, se del caso previa consultazione con la Banca Centrale Europea quale autorita' competente, avendo riguardo a: (a) la necessita' di assicurare che la banca possa essere sottoposta a risoluzione in modo da conseguire gli obiettivi indicati all'articolo 21; (b) la necessita' di assicurare che la banca, in caso di applicazione del bail-in, abbia passivita' sufficienti per assorbire le perdite e per assicurare il rispetto del requisito di capitale primario di classe 1 previsto per l'autorizzazione all'esercizio dell'attivita' bancaria, nonche' per ingenerare nel mercato una fiducia sufficiente in essa; (c) la necessita' di assicurare che, se il piano di risoluzione prevede che certe categorie di passivita' possono essere escluse da bail-in, la banca abbia passivita' sufficienti per assorbire le perdite e assicurare il rispetto del requisito di capitale primario di classe 1 previsto per l'autorizzazione all'esercizio dell'attivita' bancaria; (d) le dimensioni, le caratteristiche operative, il modello di finanziamento e il profilo di rischio della banca; (e) la misura del contributo al finanziamento della risoluzione da parte di un sistema di garanzia dei depositi ai sensi dell'articolo 86; (f) le ripercussioni negative sulla stabilita' finanziaria che deriverebbero dal dissesto della banca, anche per effetto del contagio di altri enti.”

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• altre passività sorte in virtù di un rapporto fiduciario tra l’ente, in veste di fiduciario e un’altra persona, in veste di beneficiario, a condizione che quest’ultimo sia protetto nelle procedure concorsuali;

• altre passività interbancarie con scadenza originaria inferiore a sette giorni; • passività con durata residua inferiore a sette giorni derivanti dalla partecipazione

a sistemi di pagamento;

• e tutte quelle passività sorte verso: dipendenti, nei limiti delle alle passività riguardanti la retribuzione fissa, i benefici pensionistici o altra componente fissa della remunerazione; fornitori di beni o servizi necessari per il normale funzionamento dell’istituto; e verso i sistemi di garanzia dei depositanti, limitatamente ai contributi dovuti dall'ente sottoposto a risoluzione per l'adesione ai sistemi.

Inoltre, la Banca d’Italia si tiene la possibilità di escludere dal bail in, in casi di eccezionali, ulteriori categorie di passività. Nel dettaglio, potrà escluderle nel caso in cui:

• vi sia l’impossibilità di applicare il bail in a tali passività entro un tempo ragionevole;

• l’esclusione serva a preservare le funzioni essenziali dell’ente;

• l’esclusione serva a evitare il rischio di un contagio con conseguenti gravi turbative all’economia nazionale;

• l’esclusione serva a evitare una distruzione di valore che aumenterebbe le perdite sopportate da altri creditori.

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Risulta inoltre molto interessante un’indagine svolta dalla Banca d’Italia e pubblicata nel rapporto di stabilità del 1 aprile 2016; In modo particolare l’indagine risulta corredata da due importanti e significative tavole. La prima è la seguente:

Fonte: Rapporto di stabilità 2016, BI

Dove si evince come il portafoglio delle famiglie sia aumentato dal primo anno considerato dall’indagine (2008) all’ultimo (2015), segnando una crescita dell’1,8 per cento pari a circa 70 miliardi. Ma il dato interessante è la risposta che le famiglie italiane hanno dato a questa nuova regolamentazione in tema di bail in. Difatti, si sta abbassando il possesso diretto di obbligazioni bancarie ovvero quei titoli inseriti nella “lista gerarchica” di partecipanti a sopportare le perdite.

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Fonte: Rapporto di stabilità 2016, BI

Mentre dalla seconda tavola, si possono constatare nel dettaglio gli investimenti delle famiglie in depositi e obbligazioni emesse dalle banche. Questi dati confermano quanto enunciato sull’analisi del grafico precedente, ovvero si è registrato un calo dal 2012 ad oggi di quasi sei punti percentuali. Il calo è riconducibile principalmente ai mancati rinnovi e alle vendite di obbligazioni, per le quali è venuto meno il trattamento fiscale di favore rispetto ai depositi bancari e postali. L’aliquota di imposta sulle obbligazioni bancarie è aumentata dal 12,5 al 20 per cento nel gennaio 2012 e al 26 per cento nel luglio 2014, come per gli altri strumenti finanziari diversi dai titoli di Stato e dai buoni fruttiferi postali. È possibile quindi stimare che il totale degli investimenti delle famiglie in strumenti (diversi dalle azioni) che potrebbero essere inserite nella logica di bail in, in caso di risoluzione rappresenti circa il 10% delle attività finanziarie delle famiglie italiane. Nello specifico, le obbligazioni subordinate pesano per meno dell’1%, quelle senior non garantite per il 4,3% e i depositi superiori a 100.000 euro per il 5,6%. Va inoltre precisato, che nei casi di eventuale bail in, la ricchezza delle famiglie dipende da diversi fattori, quali:

60 • dimensioni della banca in dissesto, • valore delle perdite;

• ammontare di capitale detenuto; • necessità di ricapitalizzazione; • decisioni dell’autorità di risoluzione.45

È bene ricordare, come le misure devono potersi applicare anche agli strumenti già emessi prima dell’entrata in vigore ufficiale del 1 gennaio 2016. E’ sempre Banca d’Italia in tutta l’informativa che ha preceduto l’introduzione di tale strumento a specificare come gli investitori debbano riporre molte attenzione nelle proprie scelte di investimento, indirizzando gli istituti ad offrire alla clientela al dettaglio che intende sottoscrivere titoli della banca, quei certificati di deposito coperti dal Fondo di garanzia in luogo delle obbligazioni, soggette a bail in; riservando invece, ad una clientela più esperta, gli strumenti di debito diversi dai depositi, quali per esempio i subordinati, ossia quei titoli che si trovano in “seconda posizione” in ordine gerarchico per sopportare le perdite in caso di bail in.

Sembra possibile prefigurare l’emergere, nel prossimo futuro, di una tensione, fra l'autorità da un lato e le singole banche dall'altro, in materia di determinazione del livello di MREL che ciascuna di esse deve raggiungere: l’emissione di passività ammissibili ha infatti un costo, poiché il titolare di una passività “sacrificabile” pretenderà un tasso di interesse maggiore. Dunque, l’imposizione di un livello di MREL più elevato per un intermediario sortisce l’effetto di porlo in una situazione di svantaggio competitivo

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rispetto ad un altro intermediario che, a parità di condizioni, sia tenuto a rispettare requisiti meno stringenti in termini di MREL.

Questo alimenta la preoccupazione che il nuovo meccanismo di gestione delle crisi bancarie provochi un aumento dei costi di provvista per gli intermediari finanziari, anche se tutto questo può non derivare dal nuovo sistema della risoluzione, ma è essenzialmente una conseguenza dell’approccio che ha ispirato l’intervento del legislatore europeo. Ovvero, far gravare sui soggetti privati i costi delle crisi bancarie in modo tale che questi costi, in futuro, non possano gravare sui contribuenti.

Allo stesso tempo il Financial Stability Board ha pubblicato nel novembre 2014 un documento di consultazione che individua un nuovo requisito di passività minime (TLAC46) in grado di permettere alle banche sistemiche (G-Sib) di assorbire le perdite in

caso di risoluzione e limitare quindi il rischio contagio all’interno del sistema finanziario. Si prevede un livello minimo47 TLAC pari al 16-20% delle attività ponderate per il rischio

(RWA), che comunque non devono essere inferiori al doppio del livello minimo di leverage ratio, fissato da Basilea 3 al 3% dell’esposizione complessiva.

Anche nel caso del TLAC viene applicato il principio del no creditor worse off. L’applicazione di tale requisito avverrà dal 1° gennaio 2019.

È storia recente il primo salvataggio europeo effettuato utilizzando la tecnica del bail in, e non parliamo di una banca tricolore ma bensì una banca austriaca.

46 total loss-absorbing capacity, ovvero capacità complessiva di assorbimento delle perdite. 47 Pillar 1

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La banca austriaca è la bad bak, Heta Asset Resolution AG, la banca della Carinzia, che eredita le spoglie della Hypo Alpe-Adria Bank. Le autorità austriache hanno deciso ad aprile 2016 di utilizzare il nuovo strumento introdotto dalla BRRD, ed è operativo da pochi mesi.

La Hypo Alpe Adria risultava essere notevolmente esposta nei mutui fondiari e nell'Est Europa, esposizione che a seguito della crisi finanziaria ha presentato il conto, con un elevatissimo rischio da parte dell’istituto.

Rischio che si è materializzato solamente a marzo 2015, con un buco in bilancio di circa 9 miliardi a fronte di debiti per 11 miliardi, il governo austriaco però aveva deciso di tirarsi indietro a differenza di quanto fatto dalla regione Carinzia, che nella prima fase delle difficoltà ne aveva garantito il debito. L’aggravarsi della situazione rende impossibile l’intervento regionale, rendendo necessario l’intervento del Governo ma senza assunzione di tutte le garanzie della regione.

L’operazione vide l’azzeramento delle obbligazioni subordinate, mentre i bond senior furono tagliati del 53,98%. Anche gli interessi sono stati oggetto di modifiche, nello specifico tutti gli interessi sono stati eliminati a decorrere dall’1 marzo del 2015, data del salvataggio della vecchia banca o meglio data in cui fu sottoposta al meccanismo di risoluzione.

Vi è stato anche un’armonizzazione delle scadenze e di rinvio al 31 dicembre del 2023. Non è quindi del tutto casuale che l'Austria abbia anticipato al 1 gennaio 2015 l'adozione della Direttiva UE, così come ha fatto la Germania.

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Tutto ciò, apre però un dibattito sul prolungamento dei tempi a seguito dei numerosi dibattiti giuridici nati dallo spossessamento dei titoli. Sono le stesse autorità austriache a confermare che le dispute legali si chiuderanno non prima del 2023 e solo per allora sarà possibile la distribuzione degli assets bancari tra i creditori.

Il caso austriaco, sia per la sua elevata quantità di nodi da sciogliere, sia per il crollo di fiducia riscontrato verso le banche, non è pubblicizzato abbastanza nel nostro paese, forse per non suscitare ulteriore timore verso i risparmiatori.

Nello specifico, le dispute sono figlie della garanzia rilasciata dalla provincia della Carinzia sugli assets della vecchia Hypo per 11 miliardi di euro, per cui la stessa Vigilanza ritiene che vi sarebbero in vista contestazioni da parte dei creditori per ottenere dall’ente locale 6,4 miliardi, ovvero il valore cancellato dei bond senior. Nonostante questo, il governo austriaco assume una posizione ben precisa, il rimborso non è possibile, perché violerebbe le nuove regole europee48.

Anche per tale motivo, alcuni commentatori hanno evidenziato come l’applicazione di tale strumento deve avvenire con la massima cautela al fine di evitare effetti negativi. Avgouleav e Goodhart sostengono che in caso di crisi di grandi gruppi bancari transfrontalieri, l’utilizzo del bail in potrebbe provocare rischi di instabilità sistemica, dovuti, alla perdita di valore di una o più categorie di attività finanziarie a seguito della svendita sul mercato secondario da parte dei detentori in prossimità dell’apertura della procedura di risoluzione49.

48 Giuseppe Timpone, Bail-in: prima banca fallita con le nuove regole, tagliati pure i bond senior,

www.investireoggi.it

49 Sebastiano Laviola, Il nuovo regime europeo di risoluzione delle crisi bancarie: un’analisi comparata

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Questo evento, può provocare l’avvio di unmeccanismo imitatore da parte dei creditori di istituzioni finanziarie simili per dimensione o tipologie di attività commerciali. Questi ultimi, potrebbero essere indotti a vendere gli stessi titoli provocando una paralisi dei mercati. Rispetto a ristrutturazioni bancarie effettuate attraverso bail out, con il bail in vi potrebbe essere un incremento del tasso di litigiosità, con un conseguente aumento dei tempi e costi delle procedure, come riscontrato infatti nel recente caso austriaco del 2015.

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CAPITOLO 3

IL CASO MONTE DEI PASCHI DI SIENA

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