• Non ci sono risultati.

LE NUOVE REGOLE SULLA GESTIONE DELLE CRISI BANCARIE: IL CASO MPS

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "LE NUOVE REGOLE SULLA GESTIONE DELLE CRISI BANCARIE: IL CASO MPS"

Copied!
99
0
0

Testo completo

(1)

1

UNIVERSITA’ DI PISA

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

Corso di Laurea Magistrale in

Banca, Finanza Aziendale e Mercati Finanziari

TESI DI LAUREA

LE NUOVE REGOLE SULLA GESTIONE DELLE CRISI BANCARIE:

IL CASO MPS

Relatrice:

Candidato:

Prof.ssa Elena Bruno

Antonio Vernuccio

(2)

2

INDICE

PREMESSA ... 4

CAPITOLO 1 IL MECCANISMO DI RISOLUZIONE UNICO 1. Le forme tradizionali di gestione della crisi bancaria ... 6

2. L’Unione Bancaria Europea ... 12

2.1 Il Meccanismo di Vigilanza Unico... 16

2.2 Il Meccanismo di Risoluzione Unico ... 20

2.3 Il Sistema Europeo di Assicurazione dei Depositi ... 24

3. La direttiva 2014/59/UE ... 27

4. Gli strumenti di risoluzione ... 34

4.1 La vendita dell’attività d’impresa ... 36

4.2 L’ente ponte ... 38

4.3 La separazione delle attività ... 39

CAPITOLO 2 IL BAIL IN 1. Il passaggio dal bail out al bail in ... 45

2. Ambito di applicazione ... 49

(3)

3

CAPITOLO 3

IL CASO MONTE DEI PASCHI DI SIENA

1. La storica banca ... 65

2. Le origini della crisi... 67

3. Le tappe fondamentali della vicenda ... 76

3.1 Le pagelle dell’Eba ... 78 3.2 La soluzione di mercato ... 80 3.3 Il piano B ... 83 CONCLUSIONI ... 92 Bibliografia ... 95 Sitografia ... 96 RINGRAZIAMENTI ... 99

(4)

4

PREMESSA

Tra le innumerevoli direttive approvate negli ultimi anni dall’Unione europea, la più nota e temuta nel nostro paese è la cosiddetta BRRD, ovvero la Bank recovery and resolution

directive. Stiamo parlando della direttiva che dal 1° gennaio 2016, dopo l’approvazione

a maggioranza da parte del Parlamento italiano, disciplina le crisi bancarie.

Dopo il crack di Lehman Brothers del 2008, diverse cose sono cambiate nel panorama bancario europeo. Iniziando dall’istituzione dell’Unione Bancaria Europea, la cui struttura si è sviluppata nel tempo, dapprima nel 2013 con la costituzione di un Meccanismo di Vigilanza Unico (SSM) la cui regia è affidata alla Banca Centrale Europea, a cui solo nel 2015 è stato affiancato un Meccanismo Unico di Risoluzione delle Crisi (SRM); mentre è storia recente il tentativo di creazione di un Sistema di Garanzia dei Depositi accentrato a livello europeo (EDIS). L’istituzione dell’Unione Bancaria nasce dalla necessità di scindere il legame esistente tra banche e sovrano, fornendo inoltre una normativa più omogenea e meno frammentata possibile.

L’obiettivo di questo elaborato è quello di analizzare inizialmente quali sono gli strumenti e le modifiche introdotte dalla BRRD, volte ad evitare il ripetersi di maxi-salvataggi pubblici o del cosiddetto bail out. Dedicheremo un intero capitolo ad uno studio approfondito dello strumento principe, il bail in, ovvero il salvataggio “interno” che coinvolge azionisti, obbligazionisti e depositanti (fino alla soglia garantita dei 100.000 euro), avvalendoci anche della prima applicazione europea del bail in, nei confronti della banca austriaca Heta Asset Resolution AG, la banca della Carinzia, che eredita le spoglie della Hypo Alpe-Adria Bank.

(5)

5

Infine, analizzeremo il caso tutto italiano Mps, cercando di comprendere quale futuro si prospetta per l’ennesima difficolta della banca più antica d’Europa, alle prese con la complicata normativa derivante dalla BRRD, con l’obiettivo ultimo di evitare il bail-in.

(6)

6

CAPITOLO 1

IL MECCANISMO DI RISOLUZIONE UNICO

1. Le forme tradizionali di gestione della crisi bancaria

“Come in tutto il mondo, anche nel nostro paese le crisi bancarie non sono mai mancate.

Esse sono peraltro sempre state gestite in maniera ordinata, in modo tale da preservare la stabilità del sistema. Ciò secondo alcuni modelli e in attuazione di alcuni criteri fondamentali.”1

In questo paragrafo iniziale andremo ad analizzare la disciplina nazionale prima del recepimento e quindi dell’adozione del nuovo quadro normativo europeo per la gestione delle crisi delle banche e degli altri intermediari finanziari.

Iniziamo la nostra analisi col dire che, la disciplina relativa ad una crisi bancaria, rimane sottratta al diritto comune per via della specialità dell’attività assicurativa svolta dalle banche nei confronti dei depositanti e, per l’inalienabilità degli impieghi, considerando il fatto che le passività delle banche vengono usate come moneta, il che rende ancora più delicato il problema della stabilità di tali intermediari.

Il TUB (Testo Unico Bancario), ovvero l’insieme delle leggi in materia bancaria e creditizia, in attuazione della direttiva 1989/646/CE, è stato emanato con il d.lgs. n.

(7)

7

385/1993 ed è entrato in vigore il 1° gennaio 1994, in sostituzione della legge bancaria del 1936 che disciplina l’attività delle banche e della vigilanza su di esse.

Esso contiene sin dalla sua realizzazione un’articolata disciplina sulla crisi dell’impresa bancaria, proveniente dalla precedente legge bancaria del 1936. Difatti, i possibili strumenti in dotazione alla Banca d’Italia sono molteplici e si distinguono in base all’intensità del disordine in cui versa l’intermediario.

Le banche che non sono definite in dissesto ma che mostrano diversi segnali di criticità sono sottoposte ad una serie di misure: di carattere preventivodove la “Banca d’Italia

può convocare gli amministratori, i sindaci e il personale delle banche; ordinare la convocazione degli organi collegiali delle banche, fissandone l’ordine del giorno, e proporre l’assunzione di determinate decisioni; procedere direttamente alla convocazione degli organi collegiali delle banche quando gli organi competenti non abbiano ottemperato a quanto previsto dalla lettera…”2; di carattere correttivo,

riconducibile all’irrogazione di sanzioni o di provvedimenti specifici come la restrizione delle attività o della struttura territoriale e per ultimo misure di carattere straordinario, ovvero, limiti operativi o di distribuzione utili e chiusura di succursali. Ma in presenza di situazioni ben più gravi, quindi riconducibili ad una crisi bancaria, la disciplina del TUB prima del recepimento della direttiva, prevedeva principalmente l’utilizzo di due tipologie di strumenti:

A. l'amministrazione straordinaria;

B. la procedura di liquidazione coatta amministrativa.

(8)

8

Le procedure intervengono quando l'istituto si trova già in una situazione patologica e nello specifico si tratta nel primo caso di una procedura con il fine di risanamento dell’ente, cioè quando la crisi si presenta come reversibile, mentre, la seconda procedura ha un fine meramente liquidatorio in caso di crisi irreversibile.

Solo nei casi di eccezionale gravità la Banca d’Italia dà vita ad un vero e proprio iter valutativo per l’avvio delle procedure e solo a seguito di un risultato che dimostri la sussistenza dei presupposti attuativi delle procedure speciali, sarà il Ministero dell’Economia e delle Finanze a formulare una proposta per l’adozione del provvedimento di rigore.

L'attivazione dell'amministrazione straordinaria3 avviene quindi solo nel rispetto di

determinati presupposti riconducibili:

a) a gravi irregolarità nell'amministrazione;

b) a gravi violazioni delle disposizioni legislative, amministrative o statutarie; c) alla previsione di gravi perdite del patrimonio;

d) allo scioglimento che deve essere richiesto in sede di assemblea straordinaria.

Formalmente la procedura si avvia con un decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, su iniziativa della Banca d’Italia e solo allora il decreto dovrà essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e non potrà essere data comunicazione agli organi dell’istituto fino all’effettivo insediamento dei commissari straordinari.

Tale procedura si avvale di uno o più commissari straordinari, di un comitato di sorveglianza al cui interno è possibile trovare da tre a cinque membri, che nomineranno

(9)

9

secondo il principio della maggioranza il proprio presidente. Inoltre, alla Banca d’Italia viene riconosciuta la possibilità di sostituire o addirittura revocare le indennità degli organi della procedura. I compiti svolti dai commissari straordinari possono essere ricondotti alla4:

• Analisi delle situazioni aziendale; • Rimozione delle irregolarità;

• Definizione di soluzioni utili nell’interesse dei depositanti;

• Azione sociale contro gli organi amministrativi disciolti e il soggetto incaricato della revisione legale dei conti.

La procedura ha una durata pari ad un anno5 dalla data di emanazione del decreto del

Ministero del Tesoro e solo in casi eccezionali, è possibile aumentare la sua durata ad un periodo massimo di 6 mesi.

Tali presupposti risultano uguali alla procedura che viene attivata quando concorrono ragioni di estrema urgenza e che quindi non rendono possibile l’attivazione del processo tramite l’emanazione di un decreto ministeriale. Questo è il caso della gestione

provvisoria, ovvero una procedura con una durata massima di due mesi che tramite

provvedimento della Banca d’Italia, consente la nomina di uno o più commissari incaricati di assumere l’amministrazione dell’intermediario. Contemporaneamente avviene la sospensione delle funzioni degli organi di amministrazione e di controllo della banca.6

4 Art. 72 TUB

5 Art. 70 – comma 5 TUB

6 Anna Maria Antonietta Carriero, La Disciplina in tema di crisi delle banche e degli intermediari finanziari,

(10)

10

Inoltre, la procedura di amministrazione straordinaria può terminare con:

A. il risanamento dell’impresa e/o la rimozione delle irregolarità, dove in questo caso, i commissari promuovono la ricostituzione degli ordinari organi amministrativi e di controllo della banca;

B. l’impossibilità di raggiungere l’obiettivo di risanamento, dove viene riconosciuta ai commissari una duplice possibilità: ricorrere ad una procedura di liquidazione coatta, oppure individuare delle soluzioni alternative che, generalmente, si rifanno ad operazioni di aggregazione con una banca solida.

La liquidazione coatta amministrativa7 è una procedura concorsuale speciale che si

svolge sotto la supervisione della Banca d’Italia e che come accennato in precedenza, può essere avviata in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi nell’amministrazione straordinaria. Inoltre, la proposta può avvenire d’ufficio (come atto dovuto quando l’ente è stato dichiarato insolvente), su istanza motivata dell’organo amministrativo o infine, su istanza motivata dei commissari straordinario, come descritto prima.

Nello specifico devono essere raggiunti i seguenti presupposti:

a) irregolarità nell’amministrazione o violazioni di legge di eccezionale gravità; b) previsione di perdite del patrimonio di eccezionale gravità;

c) motivata istanza degli organi amministrativi, dell’assemblea straordinaria, dei commissari straordinari o dei liquidatori.

(11)

11

Con il decreto di sottoposizione a liquidazione coatta amministrativa si ha la revoca dell’autorizzazione all’attività bancaria e la conseguente cessazione delle funzioni degli organi amministrativi, di controllo e dell’assemblea, nonché la sospensione del pagamento delle passività di qualsiasi genere e le restituzioni di beni di terzi. In questo caso, a seguito dell’elevata complessità della procedura, i tempi di durata non sono stimabili e possono essere ricondotti a diverse pretesti, quali ad esempio le cause del dissesto, le dimensioni dell’intermediario e la tipologia degli attivi.

Anche in questo caso come nella precedente, tale procedura si avvale sempre di uno o più commissari e in tal caso non sono straordinari ma liquidatori, e di un comitato di sorveglianza al cui interno è possibile trovare da tre a cinque membri, che nomineranno secondo il principio della maggioranza il proprio presidente. Inoltre, i liquidatori possono essere anche delle società o altri enti. Per quanto concerne invece le loro funzioni sono essenzialmente due e sono riconducibili alla:

• Rappresentanza legale della banca;

• Presentazione annuale di una relazione sulla situazione contabile e patrimoniale della banca e sull'andamento della liquidazione alla BI, con allegato un rapporto del Comitato di sorveglianza.

Il processo si articola essenzialmente in tre fasi: la prima è l’accertamento del passivo, a cui segue la liquidazione dell’attivo e si conclude con la ripartizione dell’attivo realizzato e la chiusura della liquidazione coatta.

L’utilizzo di una disciplina “speciale” può essere giustificato innanzitutto dal rischio sistemico che una crisi bancaria può avere, difatti ‘è il rischio che l'insolvenza o il

(12)

12

fallimento di uno o più intermediari determini generalizzati fenomeni d'insolvenza o fallimenti a catena di altri intermediari apportano alla stabilità complessiva del sistema’8, inoltre, risulta di facile intuizione come i provvedimenti speciali contenuti nel

Testo Unico abbiano carattere prettamente preventivo rispetto alle procedure concorsuali previste dalla normativa civilistica per le imprese non bancarie.

Bisogna inoltre puntualizzare come andando ad osservare accuratamente i presupposti attuativi dettati dal TUB, tale testo normativo permetta l’utilizzo di procedure speciali anche per diversi casi che non includono come condizione necessaria lo stato di insolvenza. Stiamo parlando quindi di tutti quei casi di irregolarità amministrative o di semplice violazione di disposizioni di legge, individuando come obiettivi primari la prevenzione e la risoluzione della crisi.

2. L’Unione Bancaria Europea

L’Unione Bancaria Europea è uno dei quattro pilastri della politica finanziaria dell’euro, insieme a quello fiscale, economico e politico, costituita a seguito della recente crisi finanziaria del 2007/2008 e della conseguente crisi del debito sovrano riguardante alcuni paesi europei, mettendo alla luce come la vulnerabilità ed i problemi di un sistema bancario possano diffondersi in maniera rapida in altre parti del sistema finanziario europeo, prevalentemente all’interno della zona euro.

(13)

13

Quindi, a seguito dell’Unione monetaria nata con l’introduzione dell’euro, dell'adozione di una politica monetaria unica e di una banca centrale europea (BCE), l'Unione europea ha deciso di costituire anche l'Unione bancaria.

La sua struttura si è sviluppata nel tempo, dapprima nel 2013 con la costituzione di un Meccanismo di Vigilanza Unico (SSM) la cui regia è affidata alla Banca Centrale Europea, a cui solo nel 2015 è stato affiancato un Meccanismo Unico di Risoluzione delle Crisi (SRM); mentre è storia recente il tentativo di creazione di un Sistema di Garanzia dei Depositi accentrato a livello europeo (EDIS).

L’intento dei Capi di Stato e di governo appartenenti all’area euro è stato quello di perseguire determinati obiettivi, sia di carattere congiunturale che strutturale.

I primi sono riconducibili al legame esistente tra banche e sovrano, inteso da un lato tramite le difficoltà di alcuni sistemi bancari dotati di tecniche di vigilanza blande, che hanno determinato un rapido deterioramento delle condizioni di finanza pubblica, ponendo quindi le basi per la crisi di quegli emittenti sovrani e per il contagio ad altre economie e ad altri sistemi bancari; dall’altro lato invece, come nel caso di un paese sottoposto a tensioni di finanza pubblica, dove le risorse per salvaguardare la stabilità del sistema finanziario possono ritenersi scarse, con la limitata possibilità di utilizzare meccanismi di risoluzione nazionali. Ne consegue in questo ultimo caso, che le condizioni delle banche dipendono strettamente da quelle del sovrano.

Mentre, gli obiettivi di carattere strutturale possono essere ricondotti alla presenza di una interconnessione tra mercati e intermediari, specie nei casi di operatività

cross-border, che permette un rapido contagio dei rischi in capo agli intermediari di un paese

(14)

14

Inoltre, la crisi finanziaria ha determinato una marcata frammentazione dei mercati a causa di un aumento della percezione del rischio di controparte in capo agli intermediari, generando un crollo di fiducia tanto sulle condizioni degli intermediari, quanto su quelle delle finanze pubbliche, facendo registrare un deflusso di capitali dai paesi periferici a quelli ritenuti solidi (flight-to-quality)9.

Possiamo riassumere le motivazioni della nascita dell’Unione bancaria essenzialmente a:

• spezzare il legame tra rischio sovrano e fragilità dei sistemi bancari nazionali; • rafforzare l'integrazione tra i sistemi bancari in Europa;

• dare una dimensione europea all'attività di supervisione sulle banche, attraverso un nuovo assetto istituzionale nello svolgimento dell'attività di vigilanza sul sistema bancario europeo.

Quindi si cerca di introdurre competenze uniformi in materia di vigilanza, risoluzione e finanziamento a livello dell'Unione Europea e di armonizzare le norme per le banche dell'Eurozona, che devono inoltre assicurare un’assunzione calcolata dei rischi da parte delle banche e che paghino il prezzo, fino alla chiusura, degli eventuali errori commessi.

Le motivazioni alla base della nascita dell’Unione bancaria sono elencate in modo chiaro all’interno di questo grafico creato dalla Farnesina.

9 Signorini Luigi Federico, L’UNIONE BANCARIA, audizione del direttore centrale per l’area vigilanza e

(15)

15

Fonte: www.esteri.it

Inoltre, è lo stesso Mario Draghi, ad affermare come l’obiettivo principale sia stato quello di rompere “i circoli viziosi tra stati e banche”. La combinazione tra banche dell’Eurozona in possesso di grandi quantità di debito pubblico e mercati delle obbligazioni sovrane, soggetti a elevate pressioni, ha generato un circolo vizioso: la situazione del settore bancario era destinata a peggiorare in seguito all’aumento dei rendimenti dei titoli di stato, ed allo stesso tempo gli stati sono stati oggetto di pressioni elevate dai mercati a seguito dei bail out bancari10.

(16)

16

2.1 Il Meccanismo di Vigilanza Unico

Nel settembre 2012 la Commissione europea, in linea con il processo di rafforzamento dell’integrazione economica, finanziaria e fiscale dell’Unione Bancaria Europea, ha presentato diverse proposte legislative con il fine ultimo di creare un sistema di vigilanza bancaria unificata nell’area euro.

È questo lo scenario in cui viene istituito con il Regolamento UE n. 1024/2013, il Meccanismo di Vigilanza Unico (MVU), facente parte del progetto dell’Unione Bancaria europea di cui parlavamo pocanzi.

Completata solo ad aprile 2014 con il Regolamento UE n.468/2014 e il Regolamento n. 469/2014 della Banca Centrale Europea (BCE), il MVU diventa operativo il 4 novembre 2014 e costituisce il “primo pilastro” del progetto di Unione Bancaria che si fonda inoltre come già accennato nel paragrafo precedente, sull’istituzione di un Meccanismo di Risoluzione Unico, già operativo, e di un sistema europeo di assicurazione dei depositi “terzo pilastro”, ancora in fase di attuazione e di cui parleremo in seguito.

È possibile definire il Meccanismo di Vigilanza Unico come un sistema di vigilanza prudenziale sugli enti creditizi nella zona euro (che vi partecipano automaticamente) e negli Stati membri dell’Unione Europea non appartenenti alla zona euro che scelgono di aderirvi attraverso l'instaurazione di una "cooperazione stretta".

Ma quali sono gli obiettivi perseguiti da tale sistema? È possibile individuarne alcuni, come:

• un sistema bancario europeo solido e sicuro;

(17)

17 • una vigilanza coerente;

• uno sviluppo delle migliori prassi di vigilanza già esistenti, in cooperazione con l'Autorità bancaria europea, il Parlamento europeo, l'Eurogruppo, la Commissione europea e il Comitato europeo per il rischio sistemico nell'ambito dei rispettivi mandati, nonché con tutte le parti interessate e altri organismi internazionali e organi di normazione11.

L’insieme di questi obiettivi conduce all’obiettivo principe di ridare fiducia al settore bancario e di rafforzare quella solidità messa alle strette durante la recente crisi finanziaria, evitando quindi, il tanto temuto rischio sistemico.

Per il raggiungimento di tali obiettivi, la Banca Centrale Europea segue determinati principi quali l’indipendenza, l’impiego delle prassi migliori, l’approccio basato sul rischio e la proporzionalità delle funzioni svolte dagli organi quali BCE e delle Autorità di Vigilanza Competenti nello svolgimento di tutte le loro funzioni.

Il MVU basa la sua operatività sulle competenze della BCE in materia di stabilità macroeconomica e finanziaria e sulle conoscenze e competenze delle ANC (Autorità

nazionali competenti) in merito alla vigilanza sulle banche delle rispettive giurisdizioni.

Per questo motivo, tale meccanismo ha comportato un vero e proprio trasferimento di funzioni dalle istituzioni nazionali a quelle sovranazionali, difatti il ruolo della vigilanza bancaria di grandi società finanziarie passa nel caso Italiano dalla Banca d’Italia alla BCE.

(18)

18

Per far sì che venga assicurata una vigilanza efficiente, la suddivisione si basa sulla “significatività” dei soggetti sottoposti a vigilanza. Come sappiamo, un istituto di credito viene considerato “significativo” se soddisfa determinate condizioni, quali:

• il valore totale delle attività supera i 30 miliardi di euro, a meno che il valore totale delle attività sia inferiore a 5 miliardi, supera il 20% del PIL nazionale; • sia uno dei tre enti creditizi più significativi in uno Stato membro;

• riceva assistenza diretta dal meccanismo europeo di stabilità (MES);

• il valore totale delle attività superi i 5 miliardi di euro e il rapporto tra le attività transfrontaliere in più di un altro Stato membro partecipante e le attività totali è superiore al 20% o il rapporto tra le passività transfrontaliere in più di un altro Stato membro partecipante e le passività totali è superiore al 20%12.

La vigilanza diretta su tutti gli enti classificati come “significativi” viene quindi esercitata dalla BCE ed attualmente sono circa 120 i gruppi che soddisfano tali requisiti e che rappresentano un numero superiore alle migliaia in termini di singoli soggetti vigilati con l’assistenza delle ANC.

Alle autorità nazionali competenti rimane la funzione di attività di vigilanza diretta sugli enti residuali, circa 3700 soggetti, sempre sotto la supervisione della BCE, alla quale viene riconosciuta la possibilità, in qualsiasi momento, di assumere la vigilanza di particolari soggetti al fine di garantire la coerente applicazione di standard di vigilanza elevati. La classificazione degli istituti di credito significativi è stata resa nota dalla Banca Centrale Europea (BCE), ed al loro interno è possibile trovare ben 14 gruppi bancari

(19)

19

italiani: Banca Carige, Banca Monte dei Paschi di Siena, Banco Popolare, Banco Popolare dell’Emilia, Banco Popolare di Milano, Banco Popolare di Sondrio, Banco Popolare di Vicenza, Barclays Bank, Icrea Holding, Intesa Sanpaolo, Mediobanca, Unicredit, Unione di Banche Italiane, Veneto Banca.

La creazione di tale meccanismo, nella pratica, implica che i processi di supervisione chiave siano generalmente i medesimi per tutti gli enti creditizi, sia che siano “significativi” che “meno significativi”, e che coinvolgano sia la BCE che le ANC. Il motivo della separazione può essere riconducibile al livello di esperienza dei due organi, in quanto la BCE, risulta più specializzata in ambito di stabilità macroeconomica e finanziaria, mentre le autorità nazionali competenti hanno una conoscenza approfondita della giurisdizione del proprio territorio nazionale.

Inoltre, la Banca Centrale Europea ha istituito nel corso degli anni quattro Direzioni Generali (DG) apposite per svolgere i compiti di vigilanza conferitegli in cooperazione con le ANC, e stiamo parlando della:

• DG Vigilanza microprudenziale I e II a cui è assegnata la vigilanza diretta su base giornaliera degli enti significativi;

• DG Vigilanza microprudenziale III incaricata della supervisione della vigilanza condotta dalle ANC sugli enti meno significativi;

• DG Vigilanza microprudenziale IV dotata di funzioni orizzontali e specialiste nei confronti di tutti gli enti creditizi sottoposti a vigilanza dell’ambito dell’MVU;

(20)

20

• Segretariato che offre supporto al Consiglio di vigilanza nello svolgimento delle sue attività, fornendo un servizio di assistenza nella preparazione delle riunioni e per le questioni giuridiche correlate13.

2.2 Il Meccanismo di Risoluzione Unico

Lo scopo del Meccanismo di risoluzione unico è quello di garantire una risoluzione ordinata delle banche in dissesto, con costi minimi per i contribuenti e per l'economia reale. Tutto questo è reso possibile dal fatto che, un decisore a livello centralizzato consente che le decisioni siano efficienti e tempestive minimizzando l'impatto sulla stabilità finanziaria, inoltre, se tale decisore è dotato di esperienze e competenze può avere maggiori possibilità di successo rispetto alle singole autorità nazionali.

Tale meccanismo risulta essere composto da alcune Autorità di risoluzione nazionali (NRA) e dall’organo principale decisionale, ovvero il Comitato di risoluzione unico (SRB) che non è altro che un’agenzia europea istituita nel 2015, con sede a Bruxelles nel cui organigramma sono presenti anche i rappresentanti delle autorità nazionali; stiamo parlando quindi della nuova Autorità di risoluzione delle crisi dell’Unione bancaria europea che risulta essere un elemento chiave dell’Unione bancaria e del Meccanismo di risoluzione unico.

(21)

21

Sarà quindi Banca d’Italia la nostra Autorità di risoluzione nazionale, che oltre a far parte del comitato unico di risoluzione avrà il compito di attuare tutte le direttive con gli strumenti messi a disposizione dalla normativa europea.

Il comitato si riunisce in sessione esecutiva o plenaria e decide in merito ai programmi di risoluzione per le banche in dissesto, inoltre:

- è direttamente responsabile delle fasi di pianificazione e risoluzione delle banche transfrontaliere e delle grandi banche dell'Unione bancaria, soggette alla vigilanza diretta della Banca centrale europea;

- è responsabile di tutti i casi di risoluzione, indipendentemente dalle dimensioni della banca, qualora per la risoluzione si debba ricorrere al Fondo di risoluzione unico;

- ha la responsabilità ultima per tutte le banche dell'Unione bancaria e può quindi decidere in qualsiasi momento di esercitare i suoi poteri nei confronti di qualunque banca14.

Come già anticipato pocanzi, vi è la possibilità di ricorrere al Fondo di risoluzione unico, ovvero un fondo istituito a livello sovranazionale per il finanziamento dei programmi di risoluzioni in caso di dissesto delle banche; ciò avviene quando le altre opzioni, come ad esempio lo strumento del bail in di cui parleremo nel capitolo successivo, non sono utilizzabili.

Difatti, a partire dal 1° gennaio 2016 ed entro il 31 dicembre 2023 (durata di 8 anni), tale fondo deve raggiungere una dimensione pari almeno all'1% dei depositi garantiti

(22)

22

nell’Unione bancaria, circa 55 miliardi di euro. Il singolo contributo dovuto da ciascuna banca viene calcolato in percentuale dell'ammontare delle sue passività (esclusi i fondi propri e i depositi protetti), in relazione alle passività aggregate (esclusi i fondi propri e i depositi protetti) di tutti gli enti creditizi autorizzati negli Stati membri partecipanti. I contributi saranno inoltre adattati in proporzione ai rischi assunti da ciascun ente.

Il fondo quindi costituisce un vero e proprio patrimonio autonomo, indipendente a tutti gli effetti dal patrimonio della Banca d’Italia e da ogni altro patrimonio dalla stessa gestito o da quello di ciascun soggetto che ha fornito le risorse raccolte nel Fondo medesimo.

Ma come funziona il fondo di risoluzione unico?

Una condizione preliminare per l'accesso al fondo è l'applicazione delle norme di bail in e dei principi stabiliti nella direttiva sul risanamento e la risoluzione delle banche e nel regolamento sul meccanismo di risoluzione unico. È una condizione necessaria per garantire il rispetto di un principio fondamentale dell'Unione bancaria: il costo dei dissesti bancari deve essere a carico del settore finanziario e non dei contribuenti.

Le banche degli Stati membri aderenti all’Unione bancaria hanno contribuito nella costituzione nel 2015 del fondo di risoluzione nazionale, pertanto, tali risorse sono confluite al fondo di risoluzione unico nel 2016 grazie ad un accordo intergovernativo distinto tra gli Stati membri che aderiscono all'Unione bancaria. Tale decisione è stata presa dal Consiglio per fornire massima certezza giuridica, tenuto conto delle preoccupazioni di natura giuridica e costituzionale in alcuni Stati membri.

(23)

23

Il fondo sarà inizialmente costituito da "comparti nazionali" che verranno poi gradualmente unificati durante tutta la durata, partendo dal 40% nel primo anno e di un ulteriore 20% nel secondo anno, per poi aumentare di un importo costante per i restanti anni, finché i comparti nazionali non cesseranno di esistere. Tale meccanismo viene illustrato chiaramente dalla seguente infografica.

(24)

24

2.3 Il Sistema Europeo di Assicurazione dei Depositi

Dopo la vigilanza unica della BCE e il sistema europeo di risoluzione delle crisi bancarie, la nascita di tale sistema (terzo pilastro dell’Unione Bancaria Europea) può essere ricondotto al 24 novembre 2015 con l’emissione di una proposta legislativa da parte della Commissione Europea15 al fine di rafforzare il sistema europeo di garanzia dei

depositi e tutelare i correntisti, il cd. EDIS. Tale proposta nasce anch’essa con la nobile intenzione di sancire la rottura del legame tra rischio bancario e rischio sovrano. Tale sistema sarà amministrato dal Comitato Unico per la Risoluzione delle crisi e diverrà obbligatorio solo per gli Stati membri che partecipano all’Unione Bancaria.

L’EDIS diventerà pienamente operativo al termine di un periodo transitorio che si articola in tre fasi e che vedrà il suo termine nel 2024. Su tale annuncio si è pronunciato il commissario degli affari Jonathan Hill, secondo cui “La crisi ha rivelato le debolezze

dell'architettura della moneta unica, sa allora, abbiamo creato un supervisore unico e una autorità unica di risoluzione. Ora dobbiamo fare un ulteriore passo in avanti verso un meccanismo unico di garanzia dei depositi. Lo faremo passo passo, facendo attenzione che la riduzione del rischio sia associata alla condivisione del rischio. Questo è il nostro obiettivo”16.

Le caratteristiche del sistema europeo di assicurazione dei depositi sono molteplici tra cui:

15che dovrà essere approvata a maggioranza qualificata dal Consiglio Ue in accordo con l'Europarlamento.

16 Romano Beda, COMMISSIONE EUROPEA, PRESENTATO UN PIANO PER LA GARANZIA UNICA DEI

(25)

25

o si baserà sul sistema del fondo già esistente17, costituito da sistemi nazionali di

garanzia dei depositi; i singoli depositanti continueranno quindi a godere dello stesso livello di protezione riconducibile ad euro 100 000 euro;

o l’introduzione in maniera graduale (termine previsto per il 2024);

o la neutralità in termini di costi per il settore bancario in quanto viene riconosciuta la possibilità di dedurre i contributi a tale sistema dai loro contributi ai sistemi nazionali di garanzia dei depositi;

o il carattere obbligatorio verso gli Stati membri della zona euro le cui banche sono attualmente coperte dal meccanismo di vigilanza unico ma, cosi come per i precedenti pilastri, sarà aperto a tutti gli stati membri che aderiscono in modo facoltativo all'Unione bancaria18.

Tre sono le fasi evolutive che conducono al sistema europeo di assicurazione dei depositi (EDIS), ovvero la fase di ri-assicurazione fino al 2020, dove i fondi nazionali di garanzia dei depositi potranno utilizzare la liquidità del nuovo sistema di garanzia, solo in caso di esaurimento delle proprie risorse e soltanto se il fondo nazionale risulta in linea con il livello di contribuzione stabilito; la fase di co-assicurazione, che dovrebbe iniziare nel 2020 fino al 2024, dove il fondo comune interviene, con il 20%, non appena è necessario rimborsare i correntisti, senza la condizione presente nella precedente fase di esaurimento preventivo delle risorse presenti nel fondo nazionale. Ed infine, la terza fase con la piena operatività del fondo comune, operativa dal 2024 quando sarà

17 In Italia i fondi attualmente operativi sono due: Il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi è un

consorzio al quale aderiscono le banche spa e le ex banche popolari, sono circa 202 le banche che vi partecipano; Il Fondo di Garanzia dei Depositanti è un consorzio al quale aderiscono le banche di credito cooperativo, con una partecipazione di circa 343 banche.

18 Zaccaria Laura, IL NUOVO QUADRO REGOLAMENTARE E PRUDENZIALE NELLO SCENARIO DELL’UNIONE

(26)

26

pienamente operativo il nuovo sistema e sarà difatti l’unico responsabile della garanzia dei depositi bancari nella zona euro. Va tuttavia ricordato, che ogni singolo istituto di credito non vedrà aumentare i propri costi, in quanto essi andranno a finanziare il proprio fondo nazionale che a sua volta finanzierà il nuovo sistema in modo graduale. Le tre fasi sono riassunte all’interno del seguente grafico:

Fonte: www.esteri.it

La scelta di dilazionare nel tempo il suo ingresso a pieno regime, può essere ricondotto alla linea rigida adottata dalla Germania sin dalla costituzione del primo pilastro dell’Unione bancaria europea, che la vede contraria a questa nuova filosofia di condivisione del rischio. In altri termini, l'EDIS sarà adoperato ogni qualvolta una banca nazionale abbia la necessità di essere salvata e quindi i conti correnti tutelati, sia essa tedesca o italiana. Ciò significa, ad esempio, che il contributo versato all’Edis dalle banche tedesche potrebbero andare a rimborsare clienti di banche italiane, spagnole o greche.

(27)

27

3. La direttiva 2014/59/UE

Il quadro normativo che con tale direttiva19 si cerca di raggiungere è riconducibile alla

volontà di assegnare alle autorità competenti un pacchetto di strumenti più ampio in ambito di crisi bancarie. Si sta cercando quindi, di ridurre al minimo il rischio sistemico in modo tale da rafforzare quanto più possibile la stabilità dell’intero sistema. Possiamo affermare che lo scopo principale è quello di ridisegnare la gestione delle crisi bancarie, che come già accennato nei paragrafi precedenti è risultata inadeguata per via dell’elevato ricorso all’utilizzo delle risorse pubbliche per ricapitalizzare gli istituti di credito in dissesto che a sua volta erano dotati di una fitta rete di relazioni con altri operatori finanziari.

Il dissesto o il rischio di dissesto della banca costituiscono la condizione necessaria. Si tratta di una nuova categoria ben diversa da quella che genericamente si definisce crisi, o insolvenza che si manifesta in una banca solo in presenza di un dissesto particolarmente grave. A precisarlo è l’Art. 17 comma 2 del d.lgs. n. 180/2015, che enuncia: “La banca è considerata in dissesto o a rischio di dissesto in una o più delle

seguenti situazioni:

a) Quando risultano irregolarità nell'amministrazione o violazioni di disposizioni

legislative, regolamentarie o statutarie che regolano l'attività della banca di

19 La direttiva non ha un carattere di eccezionale novità, ma anzi ripropone delle soluzioni già viste e

sperimentate sia nei paesi anglosassoni subito dopo la crisi del 2008, con il Banking Act inglese e con il Dodd-Frank Act statunitense e poi successivamente recepite nei “Key Attributes” elaborati dal Financial Stability Board.

(28)

28

gravità tale che giustificherebbero la revoca dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività;

b) Quando risultano perdite patrimoniali di eccezionale gravità, tali da privare la banca dell'intero patrimonio o di un importo significativo del patrimonio;

c) Quando le sue attività sono inferiori alle passività;

d) Quando essa non è in grado di pagare i propri debiti alla scadenza;

e) Quando elementi oggettivi indicano che una o più delle situazioni indicate nelle lettere a), b), c) e d) si realizzeranno nel prossimo futuro;

f) Ed infine, quando è prevista l'erogazione di un sostegno finanziario pubblico straordinario a suo favore, fatto salvo quanto previsto dall'articolo.

Solo quando vi è la previsione che tali situazioni si possano verificare in futuro la banca è considerata a rischio di dissesto. Inoltre, nel caso in cui non sia ragionevolmente possibile prospettare delle misure idonee a superare e risolvere la crisi in tempi adeguati, attraverso l’intervento di uno o più soggetti privati o di un sistema di tutela istituzionale o per mezzo di un’attività di vigilanza, la BI in qualità di autorità di risoluzione, procederà alla individuazione della procedura che risulta più idonea a contrastare e risolvere il dissesto20.

Negli ultimi anni il dispendio di risorse pubbliche per il salvataggio di istituti di credito in dissesto sono stati la principale causa del continuo aumento del debito pubblico di circa

20 Bruno Inzitari , BRRD, bail in, risoluzione della banca in dissesto, condivisione concorsuale delle perdite

(29)

29

250 miliardi di euro in Germania, di circa 60 miliardi di euro in Spagna e di circa 4 miliardi di euro in Italia21.

Le autorità competenti sono essenzialmente in grado di far fronte a tale fattispecie su tre livelli:

➢ preparazione e prevenzione dei rischi; ➢ intervento precoce per evitare l’insolvenza;

➢ risoluzione delle crisi attraverso il risanamento o la liquidazione della banca.

La prima fase di prevenzione richiede a tutte le banche nell'UE di dotarsi di appositi piani di risanamento22 contenenti le misure che le banche utilizzeranno in caso di un grave

deterioramento, inoltre, tale piano dovrà essere aggiornato con una cadenza annuale oppure a seguito di cambiamenti della struttura giuridica o organizzativa, dell’attività o della situazione finanziaria dell’ente, che comunque possano influire in misura considerevole sul piano di risanamento o renderne necessaria la modifica. L’organo di amministrazione di ciascun ente esamina e approva il piano di risanamento prima di sottoporlo all’autorità competente che a sua volta lo sottoporrà ad una attenta analisi. In caso di anomalie, si procede con la comunicazione all’ente di presentare entro un limite di due mesi (estensibile a tre) un piano con i rispettivi accorgimenti dettati dall’autorità competente, o in che modo si stia procedendo per porvi rimedio. Ma

21 LA NUOVA NORMATIVA SULLA GESTIONE DELLE CRISI BANCARIE, www.rizzolieducation.it

22 Direttiva 2014/59/UE, Art. 5 – comma 1, Gli Stati membri assicurano che ciascun ente, il quale non sia

parte di un gruppo soggetto a vigilanza su base consolidata ai sensi degli articoli 111 e 112 della direttiva 2013/36/UE, prepari e tenga aggiornato un piano di risanamento che preveda l’adozione da parte dell’ente di misure volte al ripristino della sua situazione finanziaria dopo un deterioramento significativo della stessa. I piani di risanamento sono considerati un dispositivo di governance ai sensi dell’articolo 74 della direttiva 2013/36/UE.

(30)

30

occorre precisare che la richiesta di modifica del piano di risanamento è preceduta da una richiesta di chiarimento in merito a tali anomalie.

Inoltre, nel caso in cui il piano di risanamento modificato non sia adeguato, o in caso di mancata presentazione o ancora, in caso di impossibilità di correzione anche a seguito di una ingiunzione ad apportare modifiche, l’autorità competente impone all’ente di individuare in tempi considerati ragionevoli le modifiche che può apportare alla sua attività al fine di porre rimedio alle carenze o agli impedimenti all’attuazione del piano stesso.

Spetterà invece alle Autorità nazionali di risoluzione stilare per ciascuna banca un piano di risoluzione23 (cd. Resolution Plans) dove si predispongono le misure che le suddette

banche dovrebbero adottare ai fini della risoluzione, ed anche in questo caso il piano dovrà essere periodicamente aggiornato. La sua finalità è quella di semplificare il più possibile l’utilizzo degli strumenti di risoluzione e rispettare la filosofia di tale direttiva, ovvero quella di evitare che il dissesto di un singolo ente possa provocare una crisi sistemica e/o compromettere la continuità delle funzioni essenziali dell’ente stesso.

Inoltre, come accennato precedentemente ogni stato dovrà dotarsi di un fondo di risoluzione ex ante, da utilizzare in caso di fallimento bancario.

Nella seconda fase, il cd. ‘intervento precoce’ viene riconosciuta alle autorità nazionali di risoluzione il potere di intervenire prima che il grado di disordine superi il limite della

23 Direttiva 2014/59/UE, Art. 7 – comma 1, Gli Stati membri provvedono a che l’impresa madre nell’Unione

prepari e presenti all’autorità di vigilanza su base consolidata un piano di risanamento di gruppo. I piani di risanamento di gruppo consistono in un piano di risanamento per l’intero gruppo facente capo all’impresa madre nell’Unione. Il piano di risanamento di gruppo individua le misure che potrebbe essere necessario attuare a livello dell’impresa madre nell’Unione e di ogni singola filiazione.

(31)

31

diseconomicità, ovvero quando l’ente non rispetti i requisiti prudenziali stabiliti dalla normativa comunitaria oppure rischi di violarli a causa:

o di un rapido deterioramento della situazione finanziaria; o del peggioramento della situazione di liquidità;

o del rapido aumento dei livelli di leva finanziaria;

o dei crediti in sofferenza o della concentrazione di esposizioni, così come valutato sulla base di una serie di indicatori.

La direttiva all’art. 27 comma 1 individua diverse modalità di intervento, qui di seguito ne riportiamo solo alcune:

- la richiesta di attuazione di riforme urgenti;

- la richiesta alla banca di elaborare un piano per la ristrutturazione del debito con i propri creditori;

- la modifica della gestione della banca e quindi la nomina amministratori straordinari o amministratori temporanei;

- rimozione o sostituzione di uno o più membri dell’organo di amministrazione, qualora non siano ritenuti idonei a svolgere i loro compiti24;

- amministratore temporaneo25.

24 Direttiva 2014/59/UE, Art. 28 – comma 1, Qualora si verifichi un significativo deterioramento della

situazione finanziaria di un ente oppure vi siano gravi violazioni di disposizioni legislative, regolamentari o dello statuto dell’ente o gravi irregolarità amministrative, … , gli Stati membri provvedono a che le autorità competenti possano esigere la rimozione dell’alta dirigenza o dell’organo di amministrazione dell’ente, nella sua totalità o per quanto riguarda singole persone. La nomina della nuova alta dirigenza o dell’organo di amministrazione è eseguita conformemente al diritto nazionale e dell’Unione ed è soggetta all’approvazione o al consenso dell’autorità competente.

25 Direttiva 2014/59/UE, Art. 29 – comma 1, Gli Stati membri provvedono a che le autorità competenti

possano nominare uno o più amministratori temporanei dell’ente, qualora la sostituzione dell’alta dirigenza o dell’organo di amministrazione ai sensi dell’articolo 28 sia ritenuta insufficiente … Secondo un principio di proporzionalità e in base alle circostanze, le autorità competenti possono nominare un amministratore temporaneo in sostituzione temporanea dell’organo di amministrazione dell’ente, ovvero

(32)

32

Tutto questo con il fine ultimo di assicurare la continuità dei servizi essenziali della banca ed il suo successivo risanamento. Mentre dell’ultimo livello parleremo accuratamente nel paragrafo successivo.

Il recepimento in Italia della direttiva principe “Bank Recovery and Resolution Directive” avviene il 6 novembre 2015 con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale di due Decreti Legislativi emanati dal governo:

• Decreto Legislativo n. 180 • Decreto Legislativo n. 181

Il primo meglio noto come “Decreto BRRD” recepisce essenzialmente le previsioni della BRRD sulla risoluzione. Con tale decreto, si assegna l’esercizio dei poteri di risoluzione all’autorità nazionale di risoluzione che in Italia è stata individuata nella banca nazionale ovvero la Banca d’Italia. Sarà quindi l’autorità nazionale nei casi di dissesto o rischio di dissesto di un ente o anche in presenza delle altre condizioni richieste, ma previa approvazione del MEF, che adotta un programma di risoluzione che deve individuare gli specifici strumenti di risoluzione applicabili e le modalità di un eventuale ricorso al fondo di risoluzione.

Sempre grazie a tale decreto, la Banca d’Italia si arricchisce di una nuova unità al suo interno, denominata Unità di Risoluzione e Gestione delle Crisi a cui sono assegnati i poteri di risoluzione e delle funzioni esercitate dalla Banca d’Italia in veste di autorità

in affiancamento temporaneo all’organo di amministrazione stesso, specificando la propria decisione all’atto della nomina. Se nomina un amministratore temporaneo da affiancare all’organo di amministrazione dell’ente, l’autorità competente ne specifica all’atto della nomina ruolo, doveri e poteri unitamente a eventuali obblighi dell’organo di amministrazione dell’ente di consultarsi con l’amministratore temporaneo, o di ottenerne il consenso, prima di assumere specifiche decisioni o iniziative. L’autorità competente è tenuta a rendere pubblica la nomina dell’amministratore temporaneo ...

(33)

33

nazionale di risoluzione. Inoltre, l’Unità è competente per le procedure speciali di liquidazione coatta amministrativa, nei casi dove le funzioni di intervento precoce restano in capo al Dipartimento di Supervisione Finanziaria della Banca d’Italia. Allo scopo di assicurare l’indipendenza operativa ed evitare conflitti d’interesse tra le funzioni di risoluzione e quelle di supervisione della Banca d’Italia, la nuova Unità di Risoluzione e Gestione delle Crisi dovrà riferire direttamente al Direttorio della Banca d’Italia26.

Mentre il secondo decreto, noto come “Decreto Modifiche” modifica il Testo unico bancario27 (TUB) e il Testo unico della finanza28 (TUF) con l’obiettivo di recepire dalla

direttiva le previsioni sui piani di risanamento e introdurre le successive modifiche connesse al nuovo regime della risoluzione. I piani di risanamento accennati pocanzi nella descrizione della direttiva, richiedono un elevato sforzo organizzativo interno in quanto le banche e le Sim dovranno:

• mappare la propria struttura legale e di business;

• individuare i settori attinenti al «core» business che devono essere preservati in caso di dissesto;

• individuare i rami d’azienda/società che potrebbero essere ceduti in caso di dissesto;

• delineare gli scenari che la recovery plan si propone di affrontare.

26 Mamome Maria Grazia, Di Falco Claudio, L’ATTUAZIONE DELLA BRRD IN ITALIA, www.dirittobancario.it 27 d.lgs. 1 settembre 1993 n. 385

(34)

34

In altre parole, la differenza rispetto al regime normativo italiano precedente sta nell’essere in grado di risanare una banca nella sua fase ancora fisiologica, senza la necessità che questa arrivi alla sua fase patologica.

4. Gli strumenti di risoluzione

Relativamente al Meccanismo di Risoluzione Unico, l’Autorità nazionale di risoluzione della crisi, nonché la Banca d’Italia, ha istituito al suo interno l’Unità di Risoluzione e gestione delle crisi, che coopera oltre che con il Dipartimento di Vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d’Italia, con il Comitato di risoluzione unico e il Fondo di risoluzione unico. Essa, in presenza di una banca default o a rischio di default sarà in grado di adottare quanto enunciato precedentemente nell’ultimo dei 3 livelli, ovvero la risoluzione delle crisi attraverso il risanamento o la liquidazione della banca. Tale livello merita una maggiore attenzione, perché esso rappresenta sia la vera novità della BRRD insieme alla filosofia di unione ed armonizzazione delle strategie e della regolamentazione ovvero, dotare ogni stato di un numero ben preciso di strumenti uguali da attivare in condizioni di crisi e sia perché assieme alla proposta del terzo pilastro è uno dei temi che ha causato numerosi dibattiti.

Gli strumenti innovativi messi a disposizione alle autorità di risoluzione sono:

1. la vendita di una parte dell’attività della banca in crisi ad acquirenti privati; 2. la cessione delle azioni della banca in crisi o delle sue attività e passività a

(35)

35

3. il trasferimento delle attività deteriorate ad una società veicolo che ne gestisca la liquidazione in tempi ragionevoli;

4. l’applicazione del bail-in, ovvero il c.d. salvataggio interno di cui parleremo dettagliatamente nel capitolo successivo.

È inoltre possibile effettuare una prima disamina di tali strumenti classificandoli in due macro categorie. La prima riguarda quegli strumenti con una filosofia di gone concern e ne fanno parte: la vendita di una parte dell’attività della banca in crisi ad acquirenti privati; la cessione delle azioni della banca in crisi o delle sue attività e passività a un’entità ponte (bridge bank); il trasferimento delle attività deteriorate ad una società veicolo che ne gestisca la liquidazione in tempi ragionevoli; cioè tutte quelle attività utilizzabili quando l’ente non ha più possibilità e comportano il venir meno della banca come entità giuridica e la sua ristrutturazione in modo da ridurre gli effetti negativi sui vari stakeholders con il salvataggio delle sole aree di business non influenzate dalla crisi. Mentre la seconda categoria riguarda quelle misure “going concern”, e comprende la sola operazione bail-in con l’obiettivo di lasciare in vita l’entità giuridica e ripristinare la situazione di equilibrio originaria.

Passiamo adesso ad un’analisi puntuale dei vari strumenti, tralasciando l’analisi del bail-in al secondo capitolo, essendo l’ultimo bail-in termbail-ini temporali ad entrare bail-in vigore ed essendo l’unico strumento con un distinto carattere d’innovatività.

(36)

36

4.1 La vendita dell’attività d’impresa

La prima misura di gone concern, con lo scopo di assorbire le perdite e garantire il rispetto dei principi della direttiva, è lo strumento di vendita dell’attività d’impresa che viene regolato dall’Art. 38 della CRRD, il quale enuncia che “Gli Stati membri provvedono

a che le autorità di risoluzione dispongano del potere di cedere a un acquirente diverso da un ente-ponte:

• azioni o altri titoli di proprietà emessi da un ente soggetto a risoluzione;

• tutte le attività, i diritti o le passività, o una parte di essi, dell’ente soggetto a

risoluzione.”

Con tale strumento si mira a garantire un rapido trasferimento delle unità di business della banca ad un soggetto terzo, al fine di assicurarne il mantenimento delle funzioni critiche svolte dagli istituti di credito.

Questo strumento prevede due modalità di esecuzione classificate in base alla tipologia di diritto trasferito: la prima coincide con la vendita delle attività e passività mentre la seconda si rifà alla vendita diretta delle azioni e altri titoli di proprietà che appartengono sia agli azionisti che alle altre categorie di soggetti titolari del diritto di proprietà. In altri termini nella seconda modalità ci troviamo di fronte ad una vera e propria espropriazione dei proprietari, rifacendosi al principio che i soci sopportano per primi le perdite, difatti tale operazione avviene senza il loro consenso.

Va sottolineato, che il sacrificio di tali soggetti deve essere legittimato ex ante da una valutazione trasparente e dall’interesse pubblico volto a evitare le procedure

(37)

37

concorsuali ordinarie in ragione della continuità del funzionamento del mercato creditizio e finanziario29.

Inoltre, al comma 2 vengono precisati dei requisiti per far sì che tale operazione avvenga senza arrecare alcun pregiudizio ai titolari del diritto proprietà; nello specifico enuncia come la cessione sia effettuata a "condizioni commerciali" che a loro volta prevedono l'assenza di conflitti di interessi e di una negoziazione basata sul criterio del valore congruo e della trasparenza, al fine di massimizzare il prezzo di vendita. Mentre, nel comma successivo viene riconosciuta una possibilità che vale la pena citare, ovvero che “dopo aver applicato lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa, le autorità di

risoluzione possono, con il consenso dell’acquirente, esercitare i poteri di cessione in relazione ad attività, diritti o passività ceduti all’acquirente, al fine di ritrasferire le attività, i diritti o le passività all’ente soggetto a risoluzione, ovvero le azioni o altri titoli di proprietà ai proprietari originari, e l’ente soggetto a risoluzione o i proprietari originari sono obbligati a riprendere tali attività, diritti, passività, azioni o altri titoli di proprietà30”.

29 Vittorio Santoro, PREVENZIONE E “RISOLUZIONE” DELLA CRISI DELLE BANCHE,

www.regolazionedeimercati.it

(38)

38

4.2 L’ente ponte

Il secondo strumento a disposizione delle Autorità di risoluzione sempre nell’ottica della risoluzione delle crisi irreversibili è l’ente-ponte.

Quest’ultimo, possiamo definirlo come una versione rivisitata dello strumento della vendita dell’attività d’impresa, difatti, anche in questo caso, al primo comma si ribadisce la possibilità riconosciuta alle autorità di risoluzione delle crisi di cedere sia attività che diritti o passività ad un altro soggetto, senza la necessità di un consenso degli azionisti dell’ente soggetto al regime di risoluzione.

È possibile individuare la peculiarità di tale strumento al 2 comma31, secondo cui: “Per

«ente-ponte» s’intende una persona giuridica che soddisfa tutti i requisiti seguenti:

• è interamente o parzialmente di proprietà di una o più autorità pubbliche che

possono includere l’autorità di risoluzione o il meccanismo di finanziamento della risoluzione ed è controllata dall’autorità di risoluzione;

• è costituita al fine di ricevere e detenere, in tutto o in parte, le azioni o altri titoli

di proprietà emessi da un ente soggetto a risoluzione, ovvero la totalità o parte delle attività, diritti e passività di uno o più enti soggetti a risoluzione al fine di mantenere l’accesso alle funzioni essenziali e vendere l’ente o l’entità …”

Si tratta quindi di un’entità giuridica interamente o parzialmente di proprietà di una o più autorità pubbliche, specificamente costituita allo scopo ultimo di permettere la

(39)

39

continuazione di determinate operazioni e di servizi, e di procedere alla liquidazione definitiva dell’ente soggetto a risoluzione.

Inoltre, l’ente ponte cesserà di esistere quando si verificano determinate azioni, come vendita della totalità o della sostanziale totalità delle attività, diritti o passività dell’ente-ponte a un terzo (fusione o acquisizione). La sua estinzione non è espressa ma si uniformerà alla richiesta di supporto e assistenza che il nuovo ente formulerà, quindi l’ente ponte avrà una scadenza determinata non definibile a priori, ma sicuramente di carattere temporaneo.

Va inoltre precisato quanto enunciato al comma 5, ovvero che “Se non si verifica nessuno

dei risultati di cui al paragrafo 3, lettere a), b), c) ed e), l’autorità di risoluzione pone fine il prima possibile al funzionamento dell’ente-ponte e in ogni caso, due anni a decorrere dalla data in cui è stata effettuata l’ultima cessione da un ente soggetto a risoluzione conformemente allo strumento dell’ente-ponte.” Quindi, quel carattere temporaneo ha

un limite posto dal legislatore pari a 2 anni, mentre quest’ultimo limite è soggetto a modifiche o meglio a proroghe nei casi in cui risulta necessaria per raggiungere i normali requisiti per la sua estinzione, o risulta necessaria per assicurare la continuità di servizi bancari o finanziari essenziali.

4.3 La separazione delle attività

L’ultimo strumento a disposizione delle Autorità di risoluzione rimanendo nella sottocategoria delle misure gone concern è lo strumento della separazione delle attività.

(40)

40

Cosi come gli strumenti che lo procedono anche quest’ultimo concede la possibilità all’autorità di risoluzione di cedere a uno o più veicoli di gestione sia delle attività, sia dei diritti o passività di un ente soggetto a risoluzione o anche di un ente-ponte. Anche in tale misura ci si avvale di un soggetto terzo, o meglio una società veicolo che in questo caso può anche non essere una banca anche se notoriamente prende il nome di bad

bank.

Bisogna inoltre precisare che la bad bank non è paragonabile ad una banca, infatti da un lato assume moneta sotto forma di depositi e dall’altro la eroga sotto forma di prestiti;

in poche parole è quello che in gergo viene definito Special Purpose Veicle, cioè un veicolo societario al quale la “good bank”, trasferisce i suoi crediti sofferti. Così facendo la good bank, si ritroverà alleggerita da quelle mole di assets che avvelenano i suoi bilanci tornando nuovamente a svolgere la propria attività di raccolta ed erogazione di capitali dai depositanti e sottoscrittori di obbligazioni.

La modalità di trasferimento delle sofferenze avviene a titolo oneroso. Tecnicamente vengono costituite SPV a cui una banca cede uno o più pacchetti di crediti deteriorati, ovvero mutui, prestiti al consumo. La SPV paga la banca con l'emissione di obbligazioni ABS, ossia Asset backed securities, cioè titoli obbligazionari da collocare sul mercato, ed i proventi verranno utilizzati al fine del soddisfacimento sia dei diritti incorporati nei titoli ABS e sia al pagamento dei costi della relativa cartolarizzazione. Queste obbligazioni, verranno a sua volta suddivise in diverse tranche, in merito alla rischiosità, ottenendo la tranche junior, mezzanine e senior.

Inoltre, recentemente il Governo italiano a seguito di numerose dibattiti e negoziazioni tra la Commissione Europea e il MEF ha approvato il Decreto Legge n. 18 del 14 febbraio

(41)

41

2016 cd. “Decreto”, con il quale viene istituita la famosa GACS32 allo scopo di agevolare

gli istituti di credito allo smobilizzo degli NPL33; tutto ciò grazie alla non classificazione

da parte della commissione europea di tale schema come aiuto di stato.

La motivazione con la quale la commissione ha autorizzato sia lo schema Italiano, che il simile schema Ungherese è la seguente: “Se uno Stato membro interviene come farebbe

un investitore privato ed ottiene una remunerazione per il rischio assunto equivalente a quella che avrebbe accettato l'investitore privato, l'intervento non costituisce un aiuto di Stato. Pertanto la Commissione ha concluso che le misure dell'Ungheria e dell'Italia non comportano aiuti di Stato ai sensi della normativa dell'Unione europea.”34

Tale schema opera su concessione del ministro dell’economia e delle finanze su determinate passività derivate dal processo di cartolarizzazione a condizione che gli assets sottostanti siano:

• crediti pecuniari classificati come sofferenze;

• oggetto di cessione da parte di banche aventi sede legale in Italia35.

I titoli garantiti sono stati individuati nella tranche senior (ovvero quella più sicura), mentre al MEF viene concesso un periodo pari a 18 mesi dal 14 febbraio 2016, data di emissione del decreto, per concedere tale garanzia. Il periodo è prorogabile con un ulteriore decreto previa approvazione della commissione europea.

32 Garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze

33 NPL acronimo di “non performing loans”, sono crediti la cui riscossione è incerta sia in termini di rispetto

della scadenza che per ammontare dell’esposizione.

34 Comunicato stampa – Commissione Europea, Aiuti di Stato: la Commissione approva le misure di

gestione delle attività deteriorate per le banche in Ungheria e Italia, 10 febbraio 2016

35 Lo Schema di garanzia statale italiano per i titoli senior emessi nell’ambito delle operazioni di

(42)

42

Anche se regolato dall’articolo 42, nel precedente articolo 37 al comma 5 è possibile leggere come “Le autorità di risoluzione possono applicare lo strumento della

separazione delle attività solo abbinandolo a un altro strumento di risoluzione”, questo

perché, tale strumento a differenza dei precedenti consente sì il trasferimento delle attività ma non quelle riguardanti le aree di business con ancora elevate probabilità di successo ma bensì le attività colpite dal dissesto.

Quindi, anche in questo caso l’ente che ancora è in possesso delle attività deteriorate sarà sottoposto a liquidazione. Se viceversa, lo strumento della separazione delle attività venisse utilizzato singolarmente, l’intermediario sarebbe sottoposto a liquidazione nella sua totalità: una parte subito dopo la separazione ed una parte nel lungo termine, quando il veicolo di gestione vende gli asset di cui è in possesso.

Tale strumento non è del tutto nuovo in Italia in quanto è stato adoperato per la sistemazione delle passività incagliate nel caso del salvataggio del Banco di Napoli accaduto intorno agli anni 9036.

Va inoltre precisato che la bad bank nasce non con il fine di gestione come nel caso dell’ente ponte ma con il fine ultimo di massimizzare il valore delle attività al momento della vendita finale, basandosi sul presupposto che le condizioni di mercato sono tali che una liquidazione delle attività in questione tramite le ordinarie procedure di insolvenza potrebbe incidere negativamente su uno o più mercati. Tale condizioni vengono espressamente indicanti dall’Art. 42, comma 5, la quale enuncia: “Le autorità di

(43)

43

risoluzione possono esercitare il potere di cedere attività, diritti o passività, di cui al paragrafo 1, solo se:

• la situazione del particolare mercato per le attività in questione è tale che una

loro liquidazione con procedura ordinaria di insolvenza potrebbe incidere negativamente su uno o più mercati finanziari;

• tale cessione è necessaria per assicurare il corretto funzionamento dell’ente

soggetto a risoluzione o dell’ente-ponte; oppure

• tale cessione è necessaria per massimizzare i proventi della liquidazione…”

Va precisato infine, che a sostegno dell’approvazione di tale garanzia, interviene una variabile determinante, ovvero l’assenza di un mercato per operazioni di questo tipo e di conseguenza esiste una certa discrezionalità nel decidere se questa operazione sia o meno di mercato. È sempre il comunicato ad individuare tre elementi che garantiranno le condizioni di mercato, ovvero:

A. lo Stato assumerà un rischio limitato in quanto come enunciato precedentemente la garanzia da esso concessa si applicherà esclusivamente alla tranche senior, e sarà un'agenzia di rating indipendente approvata dalla BCE a garantire che i titoli che compongono la tranche senior, indipendentemente dalla garanzia statale, siano di alta qualità creditizia (investment grade);

B. sarà il mercato a testare e confermare la distribuzione del rischio delle tranche e l'assetto dei veicoli di cartolarizzazione prima che lo Stato assuma un qualsiasi rischio. Difatti la garanzia statale sulla tranche senior diventerà effettiva solo dopo che sarà stata venduta sul mercato a operatori privati più della metà della tranche junior, che non è garantita e presenta un rischio più elevato;

(44)

44

C. la remunerazione dello Stato per il rischio assunto sarà quindi ai livelli di mercato. Basandosi su un valore di riferimento del mercato come un paniere di prezzi di credit default swap di società con sede in Italia, corrispondente al livello e alla durata del rischio che lo Stato assume offrendo la garanzia. Di conseguenza la commissione di garanzia aumenterà nel tempo, in linea con la durata dell'esposizione da parte dello Stato.

Questa struttura della commissione di garanzia, unita alla designazione di un gestore esterno, mira ad aumentare l'efficienza e la probabilità del recupero dei prestiti in sofferenza.

(45)

45

CAPITOLO 2

IL BAIL IN

1. Il passaggio dal bail out al bail in

È la direttiva BRRD a segnare un cambiamento epocale nelle metodologie di gestione dell’insolvenza, passando da una logica di bail out a una logica di bail in. Come ampiamente discusso nel capitolo precedente, con la presente direttiva si fa continuamente ricorso ad un termine mai utilizzato all’interno del nostro ordinamento, ovvero la “risoluzione”. Essa è una procedura gestita dalle autorità indipendenti, con l’obiettivo di evitare eventuali interruzioni dei servizi forniti dalla banca alla propria clientela, ripristinando la solidità dell’istituto.

Ma andiamo per gradi, iniziando dal predecessore. Il bail out è una procedura di salvataggio di istituti prossimi al fallimento, effettuata con l’utilizzo di denaro pubblico, meglio conosciuta come salvataggio dall’esterno. Le ragioni di tale cambiamento sono innumerevoli e le analizzeremo tutte, ma possiamo innanzitutto affermare che l’allarme nasce a seguito dello spropositato utilizzo di tale procedura a partire dalla crisi dei mutui sub prime.

Iniziamo la nostra analisi da un punto di vista normativo. Risulta possibile riscontrare che, prima del recepimento della direttiva BRRD, ed a causa della recente congiuntura nel sistema finanziario, il corpo normativo in tema di gestione dell’insolvenza non

Riferimenti

Documenti correlati

L’analisi dello stato di fatto parte dalla definizione dell’area di studio, che è stata individuata a partire da elementi naturali e artificiali che circoscrivono nettamente

State estimates are obtained by six different data fusion pro- cesses: classic EKF with non-delayed measurements, clas- sic EKF with delayed measurements, Recalculation, EKF-

Come si può vedere dal frammento di codice in figura 2-59, viene verificato che alla richiesta della pagina per creare un nuovo evento (“/eventi/crea”) con un

I grafici rappresentati in figura sono una rappresentazione bidimensionale (2D) della Forza di separazione assiale descritta dal modello predittivo in funzione dei parametri

L’esperienza di stage svolta presso il Centro Residenziale di Cagiallo (Ingrado) ha sollecitato l’autrice ha porsi costanti interrogativi rispetto alle varie limitazioni di

Following the SIA need for true integration of economic, environmental and societal issues across policy areas at a meaningful spatial scale (CEC, 2005; CEU, 2006), SENSOR

Budker Institute of Nuclear Physics (SB RAS) and Novosibirsk State University, Novosibirsk, Russia 35 Institute for High Energy Physics (IHEP), Protvino,

[r]