• Non ci sono risultati.

La peculiarità del giudice costituzionale di fronte al linguaggio e il ruolo della

Nei paragrafi precedenti si è fatto riferimento all’ “interprete” inteso in senso onnicomprensivo, come operatore giuridico.

In questa sede invece si tratterà, in particolare, della Corte costituzionale.

10 J.PELIKAN, Interpreting the Bible and The Constitution, Yale University Press, New

Haven and London, 2004, 85.

11 R.BIN, L’ultima fortezza, cit., 63. 12 R.BIN, L’ultima fortezza, cit., 63 ss.

13 U.SCARPELLI, Il problema della definizione e il concetto di diritto, Istituto Editoriale

Cisalpino, Milano, 1955, 27. Lo stesso Autore, nella Prefazione, sottolinea come: «Il di- ritto è nella vita dell’uomo troppo importante perché gli studiosi che ne trattano non deb- bano cercare, mediante una preliminare analisi delle parole, di porsi nelle migliori condi- zioni per giudicarne». In questo senso, «l’analisi linguistica non è fine a sé stessa, ma preparazione alla discussione e controllo di giudizi», ibidem, 6.

-

45 -

Nella vicenda del matrimonio omosessuale, da cui prende le mosse questo la- voro, è evidente la funzione interpretativa esercitata, in prima battuta, dai giudici a

quibus, attraverso una riflessione ricca e articolata all’interno delle ordinanze di rimessione le quali, indubbiamente, costituiscono il prezioso materiale che la Cor- te si trova a esaminare14. Tuttavia il ruolo del giudice costituzionale nella vicenda (anche letta attraverso la chiave narrativa sopra individuata) è peculiare.

La Corte costituzionale infatti, in quanto interprete qualificato della Costituzio- ne, partecipa della speciale aura di quest’ultima che, come ha specificato Pelikan nel passaggio sopra citato, conferisce una speciale autorità al testo costituzionale nei confronti della comunità di riferimento.

Di conseguenza, la Corte costituzionale oltre ad esercitare – come è ovvio - il ruolo di giudice e interprete, costituisce parte della narrazione costituzionale. Po- tremmo dire, infatti, che essa incarna il ruolo del narratore esterno, privo di una soggettività definita all’interno della fabula e dell’intreccio e che tuttavia parteci- pa, sia pure indirettamente, degli avvenimenti15.

14 Sulla ricchezza degli spunti presenti nelle ordinanze di rinvio, sia consentito rinviare a

L.CONTE, La sentenza costituzionale n, 138/2010: profili linguistici di interesse giuridi- co, in B.PEZZINI,A.LORENZETTI, Unioni e matrimoni same-sex dopo la sentenza 138 del 2010, cit., 210 ss. In particolare, tutte le ordinanze di rinvio (Tribunale di Venezia e Corte di Appello di Trento e, successivamente, Corte di Appello di Firenze e Tribunale di Fer- rara, presentano uno schema che si articola nel costante dialogo tra la “definizione acqui- sita” di matrimonio («unione di un uomo e di una donna») confortata da una «consolidata e ultramillenaria tradizione», e una pluralità di definizioni di matrimonio “proposte” dai giudici a quibus e che invocano un’accezione maggiormente inclusiva di matrimonio, qualificato come diritto fondamentale, e sottolineando la rapida trasformazione della so- cietà e dei costumi, negano il valore precettivo della tradizione, e, d’altro canto, indivi- duano nel matrimonio una posizione costrittiva “che non ha eguali nell’ordinamento” (Corte di Appello di Firenze), se pure temperata dall’insostituibilità dello status di coniu- ge e dall’emersione di nuovi bisogni legati all’evoluzione della cultura e della civiltà “che sollecitano tutela e riconoscimento, imponendo un’attenta mediazione tra sulla persistente compatibilità di della normativa vigente con i principi costituzionali” (Tribunale di Ferra- ra).

15 Per l’indicazione di alcuni esempi che coinvolgono il ruolo della Corte costituzionale

come narratore esterno si rinvia, nel presente Capitolo, ai successivi paragrafi 2.3. e 2.4. Per un inquadramento dei concetti di fabula (l’insieme degli elementi di una storia nel lo- ro ordine logico e cronologico) e intreccio (l’insieme degli elementi di una storia, nella successione in cui l’autore li dispone), cfr. M.BACHTIN, Epos e romanzo in V.STRADA

(a cura di), Problemi di teoria del romanzo: metodologia letteraria e dialettica storica. Scritti di G. Lukács, M. Bachtin e altri. Einaudi, Torino, 1978,70 e T.TODOROV,G.L.

-

46 -

A questa affermazione si potrebbe obiettare che tale ruolo male si adatterebbe ad un organo dotato di un rilevantissimo potere decisionale, in primis quello di di- chiarare l’incostituzionalità di una legge o di un atto avente forza di legge.

Se però si guarda all’attività interpretativa della Corte costituzionale in un con-

tinuum temporale non soltanto nel momento della formulazione del dispositivo, risulta chiaro che l’attività di sistematizzazione e di sintesi operata da quest’ultima all’interno delle singole vicende costituzionali cui essa partecipa nella misura del caso concreto portato alla sua attenzione ben si può identificare con la posizione del “narratore esterno”16.

A questo punto è utile verificare con quale tipologia di linguaggio la Corte pos- sa confrontarsi nell’esercizio del suo ruolo di giudice-interprete e di narratore.

Tradizionalmente si distingue tra linguaggio descrittivo e linguaggio prescritti- vo17: una distinzione che richiama quella sopra ricordata tra letteratura e diritto e – come ricordato da Magris - tra i valori “caldi” e i valori “freddi” di cui ora l’una ora l’altra sarebbero espressione. Mentre il linguaggio descrittivo serve a registra- re esperienze, il linguaggio prescrittivo definisce «a soggetti direttamente indivi- duati o a soggetti che si trovino in date situazioni, linee e modi di comportamen- to»18.

BRAVO (a cura di), I formalisti russi. Teoria della letteratura e metodo critico, Einaudi, Torino, 2003, 12.

16 Il ruolo del “narratore esterno” trova il suo sviluppo iniziale all’interno della narrativa

degli exempla medievali, modelli culturali e letterari ad un tempo, di cui, a partire dal XII secolo si diffondono repertori (gli Specula Historiae di Vincenzo di Beauvais, il Tracta- tus de diversiis materiis predicabilibus di Stefano di Borbone, l’Alphabetum narrationum di Arnoldo di Liegi). L’exemplum, che «trae la sua validità proprio dall’avere il carattere di “secolare ed avita sapienza”, divenendo agli occhi del pubblico degno di fede, autore- vole (…) cerca di fondarsi su auctoritates universalmente accettate», oppure, «si preoc- cupa di attestare che il fatto è realmente accaduto allegando testimoni oculari o almeno la voce pubblica. Per ciò stesso l’esperienza individuale dello scrivente o del parlante viene messa in secondo piano», S.GUGLIELMINO,H.GROSSER, Il sistema letterario. Guida alla storia letteraria e all’analisi testuale, Principato, Milano, 1995, I A, Duecento e Trecen- to, 87 - 88.

17 U.SCARPELLI, Il problema della definizione e il concetto di diritto, cit., 15 ss. Per una

distinzione tra “definizioni persuasive” e “definizioni politiche”, L.LANTELLA, Pratiche definitorie e proiezioni ideologiche nel discorso giuridico in A.BELVEDERE,M.JORI,L.

LANTELLA (cur.), Definizioni giuridiche e ideologie, Giuffrè, Milano, 1979, 98 ss. 18 U.SCARPELLI, Il problema della definizione, cit., 23.

-

47 -

La distinzione tra linguaggio descrittivo e linguaggio prescrittivo - piuttosto la- bile al di là delle indicazioni fornite dagli analisti del linguaggio - in relazione all’attività del giudice costituzionale si rivela particolarmente utile: le pronunce della Corte partecipano infatti di entrambi i linguaggi (descrittivo nel Ritenuto in fatto e nel c.d. “fattino” - con cui si apre il Considerato in Diritto e che, rispetto al Ritenuto in fatto, può manifestare alcune significative differenze - e descritti- vo/prescrittivo nel Considerato in diritto), ambedue utilizzati nella redazione della pronuncia.

Il linguaggio descrittivo, nella prospettiva del giudice (costituzionale), potrebbe apparire recessivo e limitato all’esposizione dei fatti. Così però non è, in quanto la descrizione, e quindi la narrazione operata dalla Corte costituzionale, ha un ri- lievo peculiare nell’ordinamento: è spiegazione della realtà costituzionale, da par- te di un organo dotato di massima autorevolezza, in relazione a un caso concreto e contestualmente determinato.

In particolare, è stato rilevato come, all’interno del giudizio di legittimità costi- tuzionale, il confronto tra disposizione impugnata e parametro non integri unica- mente un «confronto logico – astratto tra due disposizioni (legislativa e costitu- zionale)», ma determini altresì «un controllo fortemente condizionato dalla realtà oggetto della disciplina impugnata»19.

In quest’ottica, il ruolo della Corte consiste nell’elaborazione continua del pro- prio testo di riferimento (la Costituzione) che, come tutti i testi, costituisce una «macchina presupposizionale» la quale «esige dal lettore un fiero lavoro coopera- tivo per riempire spazi di non - detto o di già - detto rimasti, per così dire, in bian- co»20.

19 G.BRUNELLI,APUGIOTTO, Appunti per un diritto probatorio nel processo costituzio-

nale: la centralità del “fatto” nelle decisioni della Corte, in P.COSTANZO (a cura di), L’organizzazione e il funzionamento della Corte costituzionale, Giappichelli, Torino, 1996, 249. Cfr., da ultimo, M.AINIS, Sul rilievo dei «fatti» nel giudizio di legittimità co- stituzionale. Appunti per una ricerca, in Studi in onore di Franco Modugno, cit., I, 7 ss., il quale distingue, in tema di fatti rilevanti, tra fatti naturali, economici, scientifici, politi- ci, amministrativi e sociali: in questi ultimi «esercita un peso decisivo l’evoluzione del costume, o più in generale della cultura collettiva».

20 U.ECO, Lector in fabula. La cooperazione interpretativa nei testi narrativi, Bompiani,

-

48 -

In una prospettiva non dissimile, è stato sottolineato, con riferimento alle nor- me costituzionali di principio, il fatto che queste ultime postulino «un ragiona- mento interpretativo che si muove tra due termini di raffronto: da un lato le e- spresse dichiarazioni della Costituzione e dall’altro la situazione di fatto in cui il giudizio della Corte si colloca»21. Questa situazione determina, inoltre, il grande rilievo da attribuirsi all’uso, da parte della Corte «di quei poteri conoscitivi che consentano al giudice delle leggi di garantire l’effettività della tutela dei diritti co- stituzionali», accertando «in modo attendibile se le limitazioni legislativamente poste alle libertà civili non conducano ad una illegittima compressione o riduzione del diritto»; il riferimento agli elementi di fatto permette inoltre una maggiore controllabilità del percorso argomentativo seguito dalla Corte costituzionale all’interno della pronuncia22.

Individuando le “condizioni elementari di una sequenza narrativa”, U. Eco ri- chiama alcuni requisiti fondamentali proposti dalla Poetica aristotelica23. Essi so-

21 G.BRUNELLI,A.PUGIOTTO, Appunti per un diritto probatorio nel processo costituzio-

nale: la centralità del «fatto» nelle decisioni della Corte, cit., 256.

22

G.BRUNELLI,A.PUGIOTTO, Appunti per un diritto probatorio nel processo costituzio- nale: la centralità del «fatto» nelle decisioni della Corte, cit., 258. La necessità di una emersione chiara, all’interno delle ordinanze di rimessione, «[de]i fatti percepiti dal re- mittente» come condizione affinché possa esercitarsi un controllo, da parte della Corte costituzionale, sulla plausibilità delle argomentazioni dei giudici a quibus è rilevata da P. VERONESI, I poteri davanti alla Corte. “Cattivo uso” del potere e sindacato di legittimità costituzionale, Giuffrè, Milano, 1999, 182, il quale sottolinea come «anche per la rilevan- za, come per i presupposti dei decreti legge, per i conflitti ex art. 68, o promossi contro atti del potere giudiziario, o avverso atti legislativi del Governo, l’analisi della Corte si affianca a una sfera di valutazioni che essa stessa considera riservata ad altri soggetti, e quindi non ritiene di poter sostituire in toto». Lo stesso Autore ricorda i casi (in particola- re, le sentenza nn. 29 e 161 del 1995, nn. 84, 270 e 330 del 1996 e l’ordinanza n. 432 del 1996, citate, ivi, in nota 77, pagina 180) in cui la Corte costituzionale ha rivendicato la propria competenza «a sindacare l’esistenza dei presupposti della decretazione, o meglio, di poterne verificare, appunto “l’evidente mancanza”», utilizzando con frequenza i per- corsi argomentativi utilizzati nella giurisprudenza sui conflitti, ritagliando l’ambito dei propri interventi nello svolgimento dell’attività di controllo per evitare il rischio di «so- vrapp[osizione] delle proprie valutazioni a quelle riservate alla competenza di altri poteri dello Stato», ivi, 181.

-

49 -

no: a) un agente; b) uno stato iniziale; c) una serie di mutamenti orientati da cau- se; d) un risultato finale (anche se transitorio o interlocutorio)24.

Questa serie di requisiti «permette di individuare un livello narrativo (una

fabula) anche in testi che apparentemente narrativi non sono»25.

Risulta evidente l’applicabilità di questi requisiti tanto alla vicenda del proces- so costituzionale complessivamente intesa [soprattutto in riferimento all’elemento

sub d) in quanto il risultato finale, “anche se transitorio o interlocutorio”, ben può identificarsi con la soluzione del “caso” formulata dalla Corte], quanto alle singo- le pronunce del giudice costituzionale. Queste ultime saranno oggetto di analisi nel paragrafo che segue.

2.3 La narrazione costituzionale del matrimonio: complessità ed esiti di alcune