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per la protezione dell’ambiente

Nel documento Compartecipazioni e tariffe (pagine 30-35)

La tariffa di un servizio pubblico dovrebbe, in generale, essere in grado di coprire i costi del servizio che possono essere raggruppati in due categorie: i costi di produzione e

gestio-ne e i costi ambientali. I primi sono composti da tutti i costi fissi (per esempio quelli

provo-cati dall’acquisto e dall’uso delle attrezzature) e variabili (tutti quelli correlati ai volumi trattati) e sono quindi, in linea di massima, facilmente determinabili; i costi ambientali, che riguardano tutti gli impatti prodotti dal servizio erogato, come l’inquinamento dei

parti ambientali, l’impatto visivo sul paesaggio prodotto dalle infrastrutture, i rischi ambientali, sono invece spesso difficilmente quantificabili (per semplicità, di seguito, consi-deriamo compresi nei costi di produzione e gestione del servizio anche i costi ambientali).

Inoltre, se si ipotizza che l’Agenzia per la protezione dell’ambiente eroghi un servizio di controllo che faccia parte integrante del servizio pubblico stesso, anche il costo di que-sta funzione deve essere inserito nei costi totali, in modo da internalizzare i costi dell’in-quinamento prodotto dal consumatore/inquinatore, che pagherà, di conseguenza, una tariffa più elevata.

I costi del servizio, che devono essere coperti dalla tariffa, subisce, quindi, uno sposta-mento verso l’alto in misura pari alla parte di costo sostenuto dall’Agenzia per svolgere il controllo che viene imputata alla tariffa.

Formalmente C

t=Cp+Ccontrollo(f,i)

dove i costi totali (Ct) sono pari ai costi tradizionali di produzione e gestione del servi-zio (Cp) a cui vengono sommati i costi del controllo dell’Agenzia (Ccontrollo(f,i)), limitata-mente a quella parte di costo che viene coperta dalla tariffa.

Infatti, solo una parte del costo del controllo viene imputato alla tariffa: tale parte viene identificata in base agli altri finanziamenti che riceve l’Agenzia (f) e in base alla responsabilità del servizio nell’impatto ambientale (i).

In particolare, i costi del controllo coperti dalla tariffa dovrebbero essere espressi in funzione degli altri finanziamenti (effettivi o potenziali) di cui beneficia l’Agenzia (f) per-ché questi – e, principalmente, i trasferimenti- coprono la maggior parte dei costi fissi, che quindi non dovrebbero essere imputati a questa attività di controllo, almeno, dovrebbero essere imputati solo quelli esclusi dalla copertura dei trasferimenti.

Secondariamente, l’imputazione del costo del controllo alla tariffa dovrebbe essere cor-relata alla responsabilità del servizio nell’impatto ambientale, cioè dovrebbe tener conto della presenza o meno di altri soggetti responsabili dell’inquinamento. La responsabilità nell’inquinamento può essere correlata a parametri fisici e chimici che esprimano l’impat-to ambientale del servizio, oppure alla presenza del servizio pubblico sul terril’impat-torio, o anco-ra agli sforzi già sostenuti dal gestore del servizio per limitarne il suo impatto. Estremizzando, la quota di costi finanziata tramite tariffa dovrebbe essere il 100% nel caso in cui tutto l’inquinamento possa essere imputato al servizio (come nel caso dell’inquina-mento elettromagnetico prodotto interamente dai servizi radiotelevisivi e di telefonia) e una quota compresa fra lo 0 e il 100% (estremi esclusi) nel caso in cui i responsabili dell’in-quinamento siano più di uno23(per questo motivo i costi del controllo sono espressi in fun-zione della responsabilità dell’inquinamento prodotto (i)).

In realtà, dato che la determinazione della tariffa dovrebbe essere collegata alla qua-lità ambientale del servizio, ai costi del controllo dell’Agenzia andrebbero sommati i costi delle attività di ricerca sempre svolte dall’Agenzia per sviluppare tecnologie a minore impatto ambientale.

Seguendo questa impostazione (e ricordando la difficoltà di stimare comunque i costi del controllo), la quantificazione della compartecipazione diviene estremamente comples-sa. È quindi probabile che il finanziamento dell’Agenzia avvenga tramite la destinazione di una quota del gettito generato dalla tariffa, ad esempio nella forma di una convenzione tra Agenzie e fornitori del servizio di pubblica utilità, piuttosto che nella forma di una com-partecipazione, che quindi prevede il pagamento congiunto di un prezzo per il servizio di pubblica utilità e un prezzo per il servizio del controllo ambientale. Anche perché,

derando l’Agenzia e il fornitore del servizio come un’unica impresa multiprodotto l’indivi-duazione della tariffa darebbe risultati non accettabili per la natura pubblica pura di una dei due servizi: infatti, secondo la regola dei prezzi di Ramsey-Boiteaux le tariffe dovreb-bero essere inversamente proporzionali all’elasticità della domanda dei singoli servizi, ma nel caso di una domanda completamente rigida il servizio pubblico assorbirebbe la totalità della tariffa24.

Nel caso in cui venga scelta questa strada, è opportuno tener conto del fatto che l’in-troito percepito dalle Agenzie potrebbe non rispecchiare gli effettivi costi operativi affron-tati da queste nello svolgimento delle funzioni.

È anche possibile ipotizzare che il settore pubblico voglia tutelare gli utenti da aumen-ti delle tariffe, perché male accettaaumen-ti dalla colletaumen-tività o per moaumen-tivi di sostenibilità sociale, e che, quindi, i costi del controllo svolto dall’Agenzia vengano coperti da altri strumenti (per esempio dalla fiscalità ambientale), in questo caso, tuttavia, anche se non verrebbe a mancare il controllo esercitato dall’Agenzia, mancherebbe l’incentivazione ad un uso mag-giormente sostenibile della risorsa indotto tramite l’aumento della tariffa come presenta-to nel paragrafo precedente.

2.3 Le compartecipazioni alla tariffa del servizio idrico integrato

2.3.1 Il Servizio Idrico Integrato e il ruolo delle Agenzie

Per poter delineare le attività di controllo e monitoraggio svolte dalle Agenzie regio-nali all’interno dell’intero ciclo idrico, e dunque configurare le ipotesi di finanziamento mediante la compartecipazione alla tariffa del servizio, è necessario delineare il quadro dell’attuale struttura del sistema di fornitura dell’acqua.

Negli ultimi anni, il Servizio Idrico Integrato è stato oggetto di una profonda revisione degli aspetti organizzativi e gestionali grazie alla portata innovativa della c.d. Legge Galli25. La riforma, la cui implementazione è ancora oggi in corso, si è posta l’obiettivo di un generale riassetto dei servizi idrici superando la frammentazione esistente nelle gestio-ni in economia effettuate dai singoli Comugestio-ni a favore dell’adozione di un modello orga-nizzativo di tipo imprenditoriale in grado di garantire la gestione integrata ad una scala ottimale.

Uno dei punti fondamentali della riforma è rappresentato dall’individuazione di Ambiti Territoriali Ottimali all’interno dei quali la gestione dell’intero ciclo idrico, inteso come l’in-sieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione, distribuzione di acqua potabile, di fognatura e di depurazione delle acque reflue, viene svolta da un unico gestore.

La Legge prevede inoltre l’istituzione di un soggetto, l’Autorità d’Ambito, con il com-pito di regolatore nei confronti del futuro gestore unificato, e dunque chiamato sia alla verifica delle condizioni economiche applicate da quest’ultimo alla clientela, sia alla defi-nizione e aggiornamento del sistema tariffario. Quest’ultimo aspetto, che costituisce un altro elemento innovativo introdotto dalla Legge Galli, ha imposto uniformità delle tarif-fe all’interno di ciascun ATO e la loro definizione sulla base di un metodo tariffario stan-dardizzato improntata alla copertura dei costi di esercizio e di investimento approntati dal gestore, con possibilità di una loro revisione temporale ispirata al metodo price-cap.

All’interno di questo nuovo quadro organizzativo e gestionale del Sistema Idrico Integrato si pone l’attività svolta dalle Agenzie regionali e provinciali per l’ambiente lungo

l’intero ciclo dell’acqua volta ad assicurare, di concerto con i gestori del servizio idrico, il raggiungimento degli standard normativi di sicurezza e qualità.

Il ruolo delle Agenzie può essere in prima approssimazione separato in due attività distinte, ma collegate: la prima, a monte del ciclo idrico, di monitoraggio e controllo su corpi idrici superficiali, acque profonde e sotterranee, volte ad accertare la possibilità di captazione dell’acqua; la seconda, a valle, di controllo, verifica, e analisi delle acque di sca-rico per la loro reimmissione nei corpi idrici (Fig. 2.3).

Tale distinzione trova poi maggiore specificazione all’interno delle singole legislazioni regionali, a cui il Decreto Legislativo 152/99 in materia di tutela delle acque e di inquina-mento ha rimandato sia per l’individuazione delle caratteristiche specifiche dei corpi idrici da sottoporre a monitoraggio, sia per l’attribuzione dei compiti specifici che Enti locali, Autorità d’Ambito e Agenzie devono svolgere.

Prendendo come esempio il caso della Toscana, l’attuazione delle disposizioni del decre-to legislativo 152/99 si è concretizzata nella definizione del Piano di Monidecre-toraggio delle Acque Toscane26, con il quale si sono indicate le specifiche attività demandate ad ARPAT all’interno delle due categorie prima evidenziate.

Il Piano di Monitoraggio costituisce uno strumento conoscitivo utile alla classificazione dei corpi idrici regionali e funzionale all’implementazione dei successivi Piani di Tutela per

26Contenuto nella delibera 858 del 2001 e rivisto prima con delibera del Consiglio regionale n°219 del 2002 poi con delibera 225 del Marzo 2003

Figura 2.3 LE ATTIVITÀ DI CONTROLLO ESERCITATE DALLE AGENZIE AMBIENTALI NEL SERVIZIO IDRICO INTEGRATO

Captazione Fognatura Ditribuzione Adduzione Depurazione CORPO IDRICO FUNZIONE AGENZIA: Controllo, verifica e analisi delle acque di scarico

FUNZIONE AGENZIA: monitoraggio e controllo sui corpi idrici superficiali profondi e sotterati

i singoli bacini fluviali mediante i quali si dovrà provvedere al risanamento e al ripristino di condizioni di qualità ambientale dei corpi idrici. La gestione del piano è stata affidata, secondo quanto stabilito dalle due delibere precedenti, all’Agenzia toscana che ha prov-veduto, con proprio decreto, a definire l’attività di monitoraggio e di campionamento sulle tre classi specifiche di acque interessate a tale attività: le acque superficiali interne, le acque sotterranee e quelle marino costiere (di quest’ultime ometteremo la trattazione).

Per la prima delle classi indicate, ARPAT effettua analisi chimiche e biologiche indivi-duando i punti di monitoraggio dei corpi idrici significativi e minori di propria competen-za territoriale e, nel caso specifico di acque destinate alla potabilizcompeten-zazione, l’Agenzia prov-vede sia all’analisi microbiologica delle acque prelevate dal gestore del servizio, sia al cam-pionamento e allo studio delle acque dei pozzi e della rete acquedottistica. Ugualmente nel caso delle acque sotterranee ARPAT provvede a definire una rete di monitoraggio che interessa sia le falde delle zone pianeggianti che le risorse presenti nelle zone collinari e montane.

Nello svolgimento di tale attività l’Agenzia può concordare, solamente per gli aspetti esecutivi, forme di collaborazione con le Autorità d’Ambito e con gli stessi gestori del ser-vizio idrico.

Una forma di cooperazione affine si ritrova anche nella fase finale del ciclo idrico, nelle attività di campionamento e controllo svolte dall’Agenzia relativamente agli scarichi degli impianti di depurazione delle acque reflue urbane e industriali. Il controllo di conformità di tali impianti, infatti, può essere svolto alternativamente da ARPAT o dal gestore dell’im-pianto stesso (il gestore unico del Servizio Idrico Integrato all’interno dell’Ambito Territoriale di riferimento), allorquando quest’ultimo provveda alla sottoscrizione di una convenzione (protocollo d’intesa) con l’Agenzia.

Per poter aderire a tale convenzione il gestore, oltre a disporre di un sistema di rileva-mento dati adeguato, deve sottostare ad alcune indicazioni riportate nella normativa sta-tale27, ovvero:

• eseguire analisi di laboratorio presso un istituto dotato di idonee attrezzature; • dotarsi di strumenti di campionamento automatico delle acque reflue per impianti

con potenzialità inquinante superiore ai 15000 AE;

• rispettare i parametri analitici definiti nella legislazione nazionale;

• per ogni parametro analitico effettuare i controlli previsti per Legge e rispettare la ripartizione di compiti con l’Agenzia;

• mettere a disposizione di ARPAT i risultati delle analisi di autocontrollo e segnalare l’eventuale superamento dei limiti di Legge.

Si può dunque ipotizzare che la scelta dell’autocontrollo da parte del gestore dipenderà dai costi per l’implementazione di un valido sistema di monitoraggio e dalle spese soppor-tate per conferire ad un laboratorio esterno l’attività di analisi dei dati ottenuti. Nella mag-gior parte dei casi il gestore del servizio idrico e l’Agenzia competente provvederanno ad un accordo definendo i controlli minimi, che il primo dovrà assicurare (protocollo di auto-controllo), e quelli comunque affidati all’ARPA.

Le attività finora trattate sono complessivamente riconducibili ai programmi istituzionali delle Agenzie ovvero indicate specificatamente in normative regionali e dunque finanziate mediante trasferimenti e fondi locali. L’ipotesi di una compartecipazione alla tariffa del servi-zio richiederebbe quindi l’individuaservi-zione di attività svolte “ecceservi-zionalmente” dalle Agenzie al di fuori del programma istituzionale, ovvero controlli che esulino da quelli indicati o verifiche straordinarie legate a situazioni di emergenza o a particolari esigenze di tutela.

Il tema del controllo, a prescindere dal tipo di relazione instaurata fra il soggetto che lo svolge e il gestore del servizio pubblico, e, quindi, della qualità dell’acqua è una questione non secondaria nella gestione dei servizi idrici ma anche nella gestione della risorsa stessa. Tuttavia il soggetto gestore può essere indotto alla riduzione dei costi a discapito della qualità dell’acqua per tre ordini di motivi che si rafforzano a vicenda:

• il soggetto gestore agisce in situazione di monopolio: non esiste quindi per l’utente la possibilità di rivolgersi ad un altro soggetto erogatore nel caso in cui il servizio offerto sia ritenuto scadente;

• l’elasticità della domanda alla qualità del servizio offerta è molto bassa;

il meccanismo del price cap incentiva l’erogatore ad abbassare i costi del servizio; Affrontare il problema dei controlli svolti e della qualità dell’acqua erogata è quindi una questione molto importante nell’ambito del servizio idrico.

L’attuale struttura tariffaria, definita dalle Autorità d’Ambito sulla base delle indicazioni della Legge Galli e delle normative regionali attuative, appare però abbastanza rigida e dun-que difficilmente adattabile a modifiche che possano tener conto di una quota specifica da destinare al finanziamento delle Agenzie. Nel caso in cui questa operazione fosse estrema-mente difficoltosa rimarrebbe sempre aperta la possibilità di definire (come è stato già sug-gerito nel paragrafo precedente) una quota del gettito complessivo da destinare alle Agenzie.

2.3.2 La tariffa del Servizio Idrico Integrato e la compartecipazione a

Nel documento Compartecipazioni e tariffe (pagine 30-35)