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L’approfondimento sul tema della medicina personalizzata portato avanti da FAVO insieme a Walce ha coinvolto 11 pazienti con malattia oncologica polmonare, in fase di trattamento.

Sono state condotte 5 interviste di profondità a pazienti in cura in strutture localizzate al sud (2 Bagheria e 3 a Messina), un focus group con 4 pazienti al nord (Torino) e 2 interviste di profondità su Roma. Sono stati scelti in prevalenza centri che non svolgono internamente le analisi molecolari oggetto dell’indagine.

Per la realizzazione delle interviste è stato preso come riferimento il questionario elaborato dal gruppo di lavoro di Federsanità, con la ricostruzione del percorso vissuto dai pazienti dalla diagnosi fino ad oggi, con particolare riguardo alla chiarezza informativa, al processo seguito, alle difficoltà incontrate e alle tempistiche della diagnosi e dell’inizio delle terapie.

Le principali evidenze emerse possono essere di seguito riassunte.

Un primo elemento che merita di essere sottolineato è il differente fabbisogno informativo dei pazienti del centro-sud rispetto a quelli di Torino. I primi hanno rappresentato le difficoltà incontrate nel comprendere il percorso diagnostico, che hanno portato a ritardi in qualche caso importanti sulla definizione della diagnosi, mentre i pazienti che hanno partecipato al focus group di Torino hanno descritto un’esperienza di malattia, fin dai suoi esordi, molto ricca di informazioni ricevute e dati inerenti il percorso di diagnosi e di cura nei diversi passaggi che lo hanno caratterizzato, oltreché nelle difficoltà riscontrate; mentre gli altri pazienti intervistati (7/11) hanno segnalato difficoltà informative, innanzitutto nel primo stadio del percorso diagnostico-terapeutico.

Sulla base dei racconti dei pazienti è molto difficile disegnare un percorso tipo: sin dall’accertamento della diagnosi si evidenzia una forte varianza nei singoli cammini narrati. Dalle interviste emerge che è di solito il medico di base ad orientare il paziente nella definizione dei primi accertamenti ma, per quasi la metà dei casi, la scelta delle indagini da fare è avvenuta con il supporto di un medico specialistico.

Il tempo trascorso dall’insorgere del sintomo fino alla definizione del percorso è pertanto risultato molto variabile.

Emerge come proprio in questa fase di accertamento vi sia ancora un ampio spazio di miglioramento, perché il risultato che ciascun paziente ha ottenuto è stato molto condizionato dal contesto di riferimento e, fortemente influenzato, dalla difficoltà di orientamento dei pazienti.

Nessun paziente conosce il significato del PDTA per il tumore: soltanto un intervistato ne ha sentito parlare, ma non ha saputo descrivere di cosa si trattasse.

Alla domanda: “quanti giorni sono trascorsi dal momento della richiesta del medico di base alla prima visita specialistica”, 9 pazienti su 11 hanno risposto meno di 15 giorni, ma il tempo trascorso prima di arrivare alla visita specialistica in 3 casi su 11 è stato superiore ai 60 giorni.

A partire da questo momento tutti i pazienti sono stati sottoposti a TAC, PET e Broncoscopia. Su 11 pazienti, 9 sono stati sottoposti ad indagine molecolare.

1. l’esame istologico avviene nella struttura in cui è in cura il paziente; in questo caso il processo è lineare ed avviene nei tempi stabiliti (massimo 3 settimane per gli esiti);

2. l’esame istologico avviene in altra struttura rispetto a quella dove è in cura il malato, ma la richiesta ed il trasferimento dei vetrini sono gestiti direttamente dal personale sanitario;

3. l’esame istologico avviene in altra struttura rispetto a quella dove è in cura il malato, ma è il paziente che si deve fare carico di portare l’impegnativa ed i vetrini alla struttura che fa l’indagine molecolare, con un significativo aggravio nelle tempistiche di risposta.

Ai pazienti cui è stata riscontrata la presenza di un’alterazione molecolare in periodi successivi alla diagnosi è stata spiegata, e motivata, la necessità di ulteriori accertamenti (sebbene riferiscano nello specifico di non aver saputo che tipo di indagine venisse effettuata), oltreché il significato clinico e terapeutico delle indagini molecolari che si sarebbero andate a compiere.

Nel focus group i pazienti hanno riferito di aver ricevuto un’informazione chiara, adeguata e puntuale di quanto emergesse in corso di accertamenti, hanno evidenziato che in taluni momenti ci sono state delle incomprensioni legate ad aspetti “concettuali” (per esempio è stato confuso il concetto di terapia “mirata” con il concetto di terapia più “leggera” in riferimento alle tossicità). Nelle interviste di profondità è invece emersa una poca chiarezza sull’utilità delle analisi molecolari rispetto alla scelta terapeutica da seguire. In particolare il paziente non sa bene cosa comporta la terapia molecolare, specialmente in termini di possibile efficacia ed effetti collaterali, né sa per quanto tempo dovrà assumerla.

Nessuno dei pazienti intervistati conosce i test a cui sono stati sottoposti i loro campioni. Rispetto alla domanda sulla restituzione dei vetrini:

 solo ad un paziente sono stati restituiti i vetrini spontaneamente dal

laboratorio di ricerca;

 mentre qualcuno è stato informato dalla struttura che il materiale biologico

era stato completamente usato per l’esame istologico.

L’80% dei pazienti sottoposto ad indagine molecolare ha svolto in sequenza KRAS, EGFR, ALK ROS1. In termini di tempistica più del 60% dei pazienti ha indicato che i risultati dei test sono arrivati entro 20 giorni, ma 3 casi su 9 hanno indicato un tempo superiore ai

30 giorni con tempi protratti fino a due mesi di attesa.

Tutti i pazienti intervistati sono stati sottoposti a chemioterapia. Circa l’80% dei pazienti ha iniziato la chemioterapia entro 20 giorni dalla completa definizione del quadro clinico. Ovviamente, laddove i ritardi per le analisi radiologiche si sono sommati a quelli legati all’esame istologico, si sono registrare anche attese superiori ai due mesi dalla diagnosi di tumore.

Sulla base delle interviste svolte si osserva una significativa varianza nelle tempistiche fra centro-sud e nord effettive in larga parte dovuta:

1. alle difficoltà iniziali di individuare il percorso diagnostico da seguire;

2. ai ritardi nel processo di indagine istologico dovuti all’assenza di raccordo fra strutture sanitarie.

Emerge senza dubbio una necessità informativa maggiore rispetto a questi temi ancora sconosciuti al fine di poter garantire una migliore partecipazione del paziente al percorso terapeutico, limitando elementi di stress dettati dalla poca chiarezza del percorso.

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