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ulteriori proposte per un percorso ottimale di presa in carico del paziente con tumore

il materiale biologico al momento della diagnosi

Le proposte

(1) Per assicurare ai pazienti con carcinoma non a piccole cellule del polmone in fase avanzata una gestione diagnostica e terapeutica corretta e coerente con le attuali linee guida, si propone l’attivazione un modello assistenziale “cost-effective” che preveda la contemporanea esecuzione della caratterizzazione morfologica, immunofenotipica e biomolecolare in centri selezionati con volumi di attività tali da assicurare la tempestività e l’attendibilità necessarie per la pianificazione del miglior trattamento, garantendo la continuità assistenziale nelle strutture del SSN e riducendo il fenomeno della migrazione sanitaria.

Allo stato attuale la scelta del trattamento medico da proporre al paziente con malattia metastatica si basa sulle caratteristiche dello stesso e sulle caratteristiche biologiche della malattia. Per tale motivo le linee guida delle società di oncologia medica italiana, europee e americana impongono che per i pazienti affetti da carcinoma non a piccole cellule in fase metastatica debbano essere forniti all’oncologo medico non soltanto una precisa tipizzazione istologica, ma anche un pannello di markers biomolecolari necessari per pianificare il“miglior trattamento”.

Alcuni test molecolari, definiti non-in situ, richiedono DNA estratto da preparati istologici o citologici mentre i test in situ necessitano di sezioni di tessuto o cellule da destinare ad analisi immunoistochimiche e/o test FISH. Pertanto, la qualità e la quantità del materiale biologico tumorale rappresentano un punto critico in tutto il percorso diagnostico-terapeutico.

A tal proposito, circa due terzi dei pazienti con tumore al polmone non sono candidabili all’intervento chirurgico e dispongono soltanto di una minuta biopsia e/o di un prelievo citologico. Tale materiale, per quanto minimale, può permettere di effettuare indagini molecolari e consentire al paziente di essere trattato con farmaci mirati riconosciuti dall’AIFA, o eventualmente di entrare in trials clinici in cui specifiche analisi molecolari vengono richieste. Tuttavia, è importante sottolineare che, nel contesto di biopsie già di per sé minute, la componente neoplastica utile può risultare esigua e insufficiente oppure parzialmente sufficiente per i test molecolari. Particolarmente in questi casi, l’anatomopatologo ha la responsabilità clinica ed etica del tessuto in suo possesso e, sulla base del prelievo disponibile, dovrà decidere caso per caso quanti esami morfologici effettuare, inclusi i test immunoistochimici per la caratterizzazione tumorale, e quale priorità dare ai test molecolari.

Inoltre, va considerato che, sulla base delle conoscenze sempre più approfondite riguardo alle alterazioni geniche suscettibili di un trattamento farmacologico mirato e dei nuovi farmaci approvati per la pratica clinica, il numero dei test molecolari necessari per definire la migliore terapia sta progressivamente aumentando e conseguentemente aumenta anno dopo anno la quantità di tessuto necessaria per l’esecuzione delle indagini molecolari.

La terapia del tumore polmonare è stata notevolmente modificata dalla introduzione nella pratica clinica di farmaci biologici rivolti verso specifiche alterazioni geniche. Queste nuove acquisizioni hanno portato a cambiamenti anche nell’approccio

diagnostico per la corretta definizione del tipo istologico di tumore polmonare che

rappresenta lo snodo principale nell’iter terapeutico che il paziente dovrà affrontare11. Sia

la caratterizzazione morfologica che la individuazione di specifiche alterazioni molecolari (quali le mutazioni di EGFR e i riarrangiamenti del gene ALK1 e ROS1) sono necessarie per la scelta terapeutica e richiedono una adeguata disponibilità di materiale biologico. Oggi pertanto è indispensabile la determinazione dello stato mutazionale del gene EGFR per il trattamento di I linea con erlotinib, gefitinib o afatinib, e la determinazione della traslocazione del gene ALK/ROS1 per il trattamento con crizotinib.

Recentemente, l’anatomopatologo è chiamato a valutare anche altri marcatori, quali PDL1 e PD1, in funzione della immunoterapia, e altri biomarker (Kras, Braf, HER2, RET, MET) potrebbero a breve entrare a far parte della caratterizzazione molecolare del paziente con cancro polmonare avanzato. Tutto ciò implica la possibile difficoltà a rispondere compiutamente alle richieste per mancanza di materiale biologico.

E’ altresì necessaria la determinazione dello status di PDL1 per la selezione dei pazienti idonei al trattamento con il farmaco immunoterapico Pembrolizumab, dopo progressione a chemioterapia a base di platino e soprattutto a breve per il suo impiego in prima linea (in pazienti con PDL1 ≥ 50%).

Allo stato attuale presso la maggior parte delle strutture sanitarie questo processo diagnostico-terapeutico presenta le criticità qui di seguito esplicitate.

1. Nella prima fase la caratterizzazione morfologica della neoplasia viene effettuata su materiale istologico e/o citologico, preferibilmente ottenuto in corso di procedure diagnostiche a bassa invasività quali la broncoscopia tradizionale con biopsia e/o spazzolato mirato o trans- bronchiale, l’ecoendoscopia con agoaspirato linfonodale trans bronchiale, l’ago-biopsia/ago aspirato trans parietale TAC guidato o la semplice toracentesi eseguite cura del chirurgo toracico, dello pneumologo o del radiologo interventista in regime di ricovero ordinario (RO) o, preferibilmente, in day

hospital (DH) o in regime ambulatoriale.

Stante il carattere poco invasivo delle suddette procedure, il campione è inevitabilmente di ridotte dimensioni o esclusivamente citologico e pertanto il rendimento diagnostico e l’attendibilità sono fortemente condizionati non solo dalla esperienza specifica del patologo ma anche dal volume e dalla continuità di casi afferenti alla struttura, potendo qui definire come “attendibile” un Centro che effettui almeno 100 nuove diagnosi/anno di carcinoma del polmone su prelievi ottenuti da procedure a bassa invasività. 2. La semplice definizione dell’istotipo, già di per se condizionata da quanto

sopra esposto, non è più sufficiente al fine di effettuare la scelta terapeutica appropriata stante che oggi il carcinoma non a piccole cellule e non squamoso può beneficiare della terapia medica con farmaci biologici sulla base del profilo biologico della neoplasia per la cui caratterizzazione è necessario effettuare almeno i test biomolecolari sotto indicati:

a. mutazioni del gene EGFR e k-RAS, che possono essere eseguiti presso le UO di Anatomia Patologica attrezzate con laboratorio di biologia

11 The 2015 World Health Organization Classification of Lung Tumors, Journal of Thoracic Oncology, Volume

molecolare e/o presso i laboratori di biologia molecolare di strutture private o pubbliche del territorio, utilizzando ricetta rossa regionale; b. traslocazione del gene ALK/ROS1, che viene determinata presso le UO

di Anatomia Patologica attrezzate con metodica IHC e/o FISH;

c. status di espressione di PDL1, che viene determinata presso le UO di Anatomia Patologica attrezzate con metodica IHC.

3. Questo articolato processo diagnostico di tipizzazione istologica e caratterizzazione biomolecolare della neoplasia, avviene molto frequentemente in fasi successive, non coordinate e spesso in centri con insufficienti volumi di attività. Ciò comporta le seguenti ulteriori criticità:

a. mancata valutazione nella fase iniziale dell’adeguatezza del campione al fine di effettuare i test necessari per la scelta terapeutica con farmaci biologici;

b. ingiustificato consumo di gran parte del campione, di per sé già di piccola quantità, ai fini della sola diagnosi di istotipo;

c. studio molecolare effettuato solo in seconda battuta, su richiesta dell’oncologo, con necessità di rivalutare il campione e inviarlo da un laboratorio all’altro, in strutture regionali o extra-regionali diverse da quelle in cui è stata effettuata la prima diagnosi, con non pochi rischi di inattendibilità legati anche alla metodologia della prima processazione oltre che ad ingiustificabili ritardi nell’inizio della terapia;

d. forzata rinuncia da parte dell’oncologo ad iniziare rapidamente e in prima istanza, quei trattamenti che necessitano di una valutazione molecolare preventiva, non offrendo al paziente la migliore cura; e. necessità di sottoporre i pazienti ad ulteriori procedure diagnostiche

finalizzate alla caratterizzazione del profilo biomolecolare con aumento del rischio e dei disagi per i pazienti;

f. ritardo nei tempi;

Le proposte

(2) Tre possibili concomitanti strategie dovrebbero essere attuate.

a) Le sedi ospedaliere dovrebbero poter disporre di strumentazioni più moderne e sofisticate per i prelievi bioptici polmonari, fra le quali l’EBUS (Endo Bronchial Ultra Sound). La broncospia EBUS utilizzando un videobroncoscopio di ultima generazione, dotato di una microsonda ecografica, consente di prelevare campioni di tessuto (biopsie) con maggiore efficacia e precisione all’interno delle vie respiratorie, a differenza delle broncoscopie tradizionali, e di ottenere biopsie più rappresentative del tumore. L’EBUS offre la possibilità di una diagnosi più precisa in tutti quei pazienti affetti da patologie tumorali di piccole dimensioni sulle quali, fino a ieri, non era possibile fare biopsie con precisione millimetrica, se non con tecniche più invasive.

b) Tutti i centri di Anatomia Patologica dovrebbero gestire il materiale biologico in modo ottimale, seguendo quanto è riportato nelle recenti linee guida SIAPEC-AIOM per l’analisi mutazionale dei geni EGFR ed ALK. In particolare, per i prelievi citologici dovrebbero provvedere alla citoinclusione del materiale che permette di ottenere migliori risultati sia nel caso di analisi mutazionali che di esami FISH o immunoistochimici.

c) La determinazione di una tariffa regionale per ogni diagnosi su pazienti in ricovero ordinario (RO) o in day hospital (DH) o CAU omnicomprensiva (citologica, istologica, immunofenotipica e bio-molecolare). Alla luce di quanto già esplicitato riguardante le criticità per le UU.OO. di Anatomia Patologica derivanti dall’attuale inadeguatezza in diverse Regioni del tariffario appare opportuno prevedere che presso i Centri accreditati per la diagnosi integrata morfologica-immunofenotipica e bio-molecolare del carcinoma del polmone possa essere prevista un’unica voce regionale di “diagnostica morfologica e bio-molecolare delle neoplasie polmonari” che preveda una remunerazione omnicomprensiva (diagnostica cito-istologica, caratterizzazione immunofenotipica, ricerca di mutazioni del gene EGFR e ricerca di traslocazioni di ALK con metodica IIC) che si ritiene sufficiente ad oggi per una adeguata copertura dei costi in un Centro con adeguati volumi di attività a fronte di un significativo risparmio rispetto a quanto fino ad oggi erogato dal Sistema Sanitario per le sole analisi bio-molecolari erogate in regime ambulatoriale (se il paziente è ricoverato o in DH ed effettua biopsia polmonare, la tariffa del ricovero /DH deve ricomprendere ed essere sufficiente a remunerare anche tutti gli esami).

Inoltre, in tempi brevi, in tutti i laboratori le attività di diagnostica molecolare rivolte all’analisi degli acidi nucleici dovrebbero passare da test monomarker a test multimarker tramite sequenziatori di nuova generazione. Tale strategia di sequenziamento oggi consente analisi su DNA e RNA con pannelli multimarker che possono sostituire i convenzionali test molecolari, immunoistochimi e FISH, che richiedono maggiori quantitativi di tessuto o cellule, nonché permettere l’individuazione di ulteriori alterazioni molecolari per l’inserimento dei pazienti in trials clinici.

A questo proposito, occorre richiamare il problema della sostenibilità di tale attività, sostenibilità che si può ottenere attraverso maggiori rimborsi da un lato e economie di scala

dall’altro; queste sono raggiungibili da Centri con elevata produttività e dimostrata esperienza specifica. Per quanto apparentemente costoso possa essere un test diagnostico, tale onere è minimo se paragonato al costo della terapia e ai benefici che può dare ai pazienti attraverso l’inserimento in trials. Inoltre i trials clinici sono maggiormente presenti in quelle istituzioni pubbliche o private in cui operano i laboratori di Anatomia Patologica con maggiore throughput. Se è vero che uno dei maggiori problemi degli screening molecolari moderni che individuano aberrazioni rare è l’accesso ai farmaci sperimentali, è altrettanto vero che alzando il livello generale dell’attività si otterrebbe da parte delle aziende farmaceutiche maggiore accesso alle nuove molecole.

Infine, anche alla luce delle recenti conoscenze riguardo l’utilizzo della cd. “biopsia liquida” nello studio delle mutazioni, p. es. di farmaco-resistenza, insorte nel corso della progressione metastatica della malattia, sarebbe auspicabile che detti Centri possano centralizzare quei casi che, dopo la diagnosi di carcinoma polmonare, necessitano di più specifiche metodiche, al fine di evitare la dispersione del materiale e di razionalizzare i costi.

Le proposte

(3) Occorre programmare puntualmente le attività dei Centri che svolgono test di diagnostica molecolare, riducendone il numero (dei Centri) ma incrementando la loro produttività attraverso un livello migliore delle tecnologie disponibili, l’adozione di un modello hub & spoke, l’organizzazione del lavoro.

il materiale biologico alla progressione neoplastica

Le alterazioni geniche che condizionano i nuovi trattamenti oncologici sono di tipo sensibilizzante (il farmaco specifico ha una elevata efficacia in presenza di tali difetti genici) oppure responsabili dello sviluppo della resistenza farmacologica e per tali alterazioni sono stati sviluppati e recentemente riconosciuti dall’AIFA ulteriori specifici farmaci. Di fronte a queste nuove possibilità terapeutiche, che consentono un significativo prolungamento ed una soddisfacente qualità della vita, ogni sforzo deve essere messo in atto per effettuare indagini molecolari su un materiale biologico rappresentativo della malattia in evoluzione.

Le proposte

(4) A questo fine, è necessario, quando possibile, effettuare rebiopsie mirate per ulteriori analisi molecolari. In mancanza di nuovo tessuto tumorale per l’impossibilità di effettuare rebiopsie, l’AIFA ha recentemente approvato l’esecuzione di alcune indagini molecolari su DNA tumorale (biopsia liquida) liberato in circolo dal tumore stesso.

i Centri di riferimento per la diagnosi molecolare (CRDM)

Le indagini molecolari su tessuto o biopsia liquida possono essere condotte con accuratezza, qualità e costi più contenuti in centri di comprovata esperienza nel settore specifico che hanno superato controlli esterni di qualità nazionali (SIAPEC-AIOM) o

dall’altro; queste sono raggiungibili da Centri con elevata produttività e dimostrata esperienza specifica. Per quanto apparentemente costoso possa essere un test diagnostico, tale onere è minimo se paragonato al costo della terapia e ai benefici che può dare ai pazienti attraverso l’inserimento in trials. Inoltre i trials clinici sono maggiormente presenti in quelle istituzioni pubbliche o private in cui operano i laboratori di Anatomia Patologica con maggiore throughput. Se è vero che uno dei maggiori problemi degli screening molecolari moderni che individuano aberrazioni rare è l’accesso ai farmaci sperimentali, è altrettanto vero che alzando il livello generale dell’attività si otterrebbe da parte delle aziende farmaceutiche maggiore accesso alle nuove molecole.

Infine, anche alla luce delle recenti conoscenze riguardo l’utilizzo della cd. “biopsia liquida” nello studio delle mutazioni, p. es. di farmaco-resistenza, insorte nel corso della progressione metastatica della malattia, sarebbe auspicabile che detti Centri possano centralizzare quei casi che, dopo la diagnosi di carcinoma polmonare, necessitano di più specifiche metodiche, al fine di evitare la dispersione del materiale e di razionalizzare i costi.

Le proposte

(3) Occorre programmare puntualmente le attività dei Centri che svolgono test di diagnostica molecolare, riducendone il numero (dei Centri) ma incrementando la loro produttività attraverso un livello migliore delle tecnologie disponibili, l’adozione di un modello hub & spoke, l’organizzazione del lavoro.

il materiale biologico alla progressione neoplastica

Le alterazioni geniche che condizionano i nuovi trattamenti oncologici sono di tipo sensibilizzante (il farmaco specifico ha una elevata efficacia in presenza di tali difetti genici) oppure responsabili dello sviluppo della resistenza farmacologica e per tali alterazioni sono stati sviluppati e recentemente riconosciuti dall’AIFA ulteriori specifici farmaci. Di fronte a queste nuove possibilità terapeutiche, che consentono un significativo prolungamento ed una soddisfacente qualità della vita, ogni sforzo deve essere messo in atto per effettuare indagini molecolari su un materiale biologico rappresentativo della malattia in evoluzione.

Le proposte

(4) A questo fine, è necessario, quando possibile, effettuare rebiopsie mirate per ulteriori analisi molecolari. In mancanza di nuovo tessuto tumorale per l’impossibilità di effettuare rebiopsie, l’AIFA ha recentemente approvato l’esecuzione di alcune indagini molecolari su DNA tumorale (biopsia liquida) liberato in circolo dal tumore stesso.

i Centri di riferimento per la diagnosi molecolare (CRDM)

Le indagini molecolari su tessuto o biopsia liquida possono essere condotte con accuratezza, qualità e costi più contenuti in centri di comprovata esperienza nel settore specifico che hanno superato controlli esterni di qualità nazionali (SIAPEC-AIOM) o

internazionali e pertanto sono stati accreditati come centri di riferimento per una vasta area geografica (Centri di Riferimento di Diagnostica Molecolare: CRDM).

Una particolare attenzione è da prevedere per i Centri che non sono definibili come centri di riferimento ma che hanno ricevuto già un accreditamento. Probabilmente, in maniera progressiva è opportuno che tali Centri possano diventare di riferimento.

Le proposte

(5) Si suggerisce che nei Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali (PDTA) regionali vengano individuati i Centri di riferimento regionali per tali attività.

(6) Da quanto su esposto per ottimizzare i tempi di diagnosi e di trattamento, semplificare le procedure e ridurre i disagi per il paziente,

appare evidente l’indifferibile necessità di creare un PDTA integrato mediante il quale già in prima battuta possano essere fornite la diagnosi “tradizionale” e tutte le caratterizzazioni biomolecolari aggiuntive indispensabili per la pianificazione della terapia, con percorsi personalizzati in grado di offrire il miglior trattamento sulla base delle più aggiornate linee guida nazionale e internazionali e, in ultimo ma non meno importante, di ridurre i costi e il triste fenomeno della migrazione sanitaria.

a) adeguati volumi di attività: almeno 100 nuove diagnosi/anno di carcinoma polmonare su campioni provenienti da procedure diagnostiche a bassa invasività

b) essere in grado di avvalersi delle metodiche di biologia molecolare per la valutazione delle mutazioni di EGFR e k-RAS

c) essere in grado di avvalersi della metodica FISH o, in conformità con le linee guida di recente approvate dall’ AIFA, delle metodiche di immunoistochimica (in particolare tramite uso del clone D5F3), per la valutazione della traslocazione di ALK.

d) essere in grado di attivare in tempi molto brevi le metodiche per la valutazione di ROS1 e PDL1 per permettere all’oncologo di applicare gli idonei protocolli terapeutici recentemente approvati dagli organi competenti.

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