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PERCEZIONE SOGGETTIVA DEL SUONO

Nel documento ACUSTICA APPLICATA (pagine 48-57)

3. CENNI DI ACUSTICA FISIOLOGICA

3.2. LIVELLI SONORI

3.3.2. PERCEZIONE SOGGETTIVA DEL SUONO

La valutazione soggettiva del suono da parte dell’uomo è influenzata dall’ampia gamma di pressioni e frequenze entro la quale l’orecchio percepisce segnali utili.

L’area di sensibilità acustica, ossia l’insieme di valori all’interno del quale l’orecchio può funzionare, è delimitata a bassi livelli di pressione sonora dalla soglia di udibilità e ad alti livelli dalla soglia di non-comfort, disturbo, dolore (oltre i 120 dB).

L’organo dell’udito ha però delle limitazioni anche nella percezione delle frequenze: il “range” delle frequenze udibili viene denominato campo di udibilità.

Per le alte frequenze si usa convenzionalmente fissare il limite dei 20.000 Hz (anche se questo limite può variare molto da individuo ad individuo) mentre per le basse frequenze il limite è di 20 Hz; al di sotto le onde sonore si percepiscono come vibrazione del corpo piuttosto che come sensazione sonora vera e propria.

Abbiamo detto che la minima pressione sonora di un tono capace di provocare una sensazione acustica è chiamata soglia di udibilità.

Questa è funzione della frequenza ma dipende anche dal modo in cui viene riprodotto il suono (cuffie , altoparlanti) e dal punto in cui viene misurata la pressione sonora.

Una soglia misurata in presenza di altre fonti di rumore viene definita mascherata: è la pressione sonora alla quale un suono coperto da altri, cioè mascherato, comincia ad essere percepito.

La soglia di non comfort è stata ricavata sperimentalmente e fissata intorno ai 120 dB, livello con il quale si prova una forte sensazione di fastidio.

Intorno ai 110 dB è fissata la soglia di disturbo con sensazioni di prurito dell’apparato uditivo; a 120÷130 dB si raggiunge la soglia del dolore che può comportare la sordità temporanea o permanente anche per brevi esposizioni.

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Figura 43: Confronto fra le curve fonometriche e l’Audiogramma normale

3.4. LIVELLI DI PRESSIONE PONDERATI- LE SCALE FONOMETRICHE

Nella valutazione del rumore si ha spesso a che fare con i cosiddetti livelli ponderati. I moderni strumenti per la misurazione presentano infatti dei filtri di pesatura denominati A, B, C. Esiste anche una scala denominata D utilizzata per misure di rumorosità in zone aeroportuali.

Come abbiamo già visto, la sensibilità dell’udito è incostante col modificarsi della frequenza e del livello sonoro; si presenta allora, per chiunque voglia eseguire delle misure di rumore attendibili, la necessità di adottare una strumentazione che emuli la caratteristica dell’organo uditivo.

La sensibilità dello strumento viene così regolata secondo tre curve conosciute come curve di

ponderazione A, B, C che presentano andamenti della sensibilità leggermente diversi tra di loro

anche se tutti decrescenti verso gli estremi del campo uditivo.

Le curve di ponderazione derivano da considerazioni sull’audiogramma di Fletcher e Munson e presentano una forte analogia con le isofoniche misurate in Phon, vedi Figura 43.

Il fonometro é costituito da sezioni elettroniche ben precise: microfono, amplificatore di segnali di ingresso, filtri, amplificatore di uscita e indicatore di segnali (sia analogico che digitale). Nella Figura 44 é riportata una schematizzazione di assemblaggio di un moderno fonometro capace di effettuare anche analisi spettrali (FFT, bande larghe, ...) di un suono.

I livelli misurati con queste correzioni si indicano in dB anche se talvolta può succedere di incontrare la forma dB(A) per il livello ponderato A.

Quest’ultimo è il più utilizzato perché ritenuto dagli addetti maggiormente indicativo nelle misurazioni più comuni e quello meglio correlato al disturbo.

Siamo arrivati così a definire univocamente il disturbo attraverso una sola grandezza che lega assieme il dato oggettivo, la misura del rumore come ci arriva dalle sorgenti, al dato soggettivo, ciò che un ascoltatore medio percepisce come suono.

Figura 44: Diagramma a blocchi di un fonometro e un moderno modello commerciale

La scelta delle curve A, B e C si giustifica con la necessità di simulare il comportamento dell’orecchio umano medio ai livelli bassi, medi e alti, come rappresentato in Figura 43.

Nella Tabella 6 si riporta l'azione di filtraggio del fonometro (Scala A) e in basso, in Figura 45 si ha la modificazione spettrale (a banda di ottava) dovuta alla curva di ponderazione A.

Si osservi come il segnale originario resta immutato nella banda di ottava a 1000 Hz mentre viene attenuato sia alle basse che alle alte frequenze. I valori in dB differiscono di circa 5 dB.

Ricordando che l’azione dei filtri di pesatura è quella di simulare il comportamento dell’orecchio umano si conclude che l’effetto di captazione e trasmissione sonora da parte dell’orecchio comporta un’attenuazione non trascurabile del segnale originario.

L’orecchio è, a tutti gli effetti, un filtro passa banda con attenuazione pronunciata verso le frequenze di taglio.

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Tabella 6: Attenuazioni dei filtri di pesatura A

Figura 45: Spettro a banda di ottava del segnale non filtrato e di quello filtrato

3.5. LIVELLO EQUIVALENTE (LEQ)

Il livello equivalente, per il suo significato fisico, viene quasi universalmente utilizzato come riferimento nelle varie normative in materia di inquinamento acustico ambientale.

Tale parametro, essendo associato all’energia sonora di un fenomeno acustico, viene influenzato dai livelli sonori a maggior contenuto energetico ovvero dai livelli di picco; per questo motivo risulta un buon descrittore del rumore, così come il DPCM 1/3/91 lo ha definito.

L’andamento storico del Leq orario offre delle informazioni interessanti, come per esempio la possibilità di distinguere se le sorgenti che lo hanno causato sono naturali o artificiali.

Figura 46: Andamento del LPS, Leq, L picco non pesato.

Il Livello equivalente è definito dalla relazione: 2 2 0 0 1 ( ) 10 log T A A p t Leq dt T p

[52] ove:  T = tempo di osservazione

pt = pressione sonora istantanea ponderata A

p0 = pressione sonora di riferimento

Nella Figura 46 si ha l’andamento temporale del livello di pressione sonora (in dB) e del livello equivalente (calcolato per un intervallo di 1 s e riportato sullo stesso diagramma del LPS): si può osservare come i picchi non siano più visibili nella sequenza temporale di Leq ma solo i valori medi.

3.6. LOCALIZZAZIONE ACUSTICA

L’ascolto del suono dalle due orecchie non serve solamente ad avere un effetto stereofonico del suono ma anche (e forse soprattutto) alla sua localizzazione spaziale.

Va precisato, inoltre, che i due lobi del cervello non lavora allo stesso modo ma quello di sinistra è specializzato nell’elaborazione di suoni complessi (ad es empio consonanti) mentre quello di destra elabora i suoni più semplici (ad esempio le vocali). I

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Figura 47: Localizzazione della sorgente sonora

Il nostro cervello elabora i segnali che arrivano dalle due orecchie e dal loro sfasamento temporale determina la direzione di provenienza con buona precisione.

Qualora il suono provenga frontalmente vengono utilizzati anche i segnali che provengono dalle vibrazioni corporee (ad esempio della testa o delle cartilagini dell’orecchio) per determinare la posizione verticale della sorgente.

Questa capacità di localizzazione acustica è oggi molto utilizzata negli effetti surround dei sistemi di riproduzione sonora.

In questo caso si fa variare di poco la fase dei segnali provenienti dalle casse acustiche in modo da ottenere una sensazione equivalente allo spostamento della sorgente attorno al capo.

Gli studi di psicoacustica hanno portato a meglio comprendere l’interpretazione sonora da parte del nostro cervello e a creare dispositivi artificiali (protesi acustiche) con prestazioni sempre più vicine a quelle dell’orecchio. E’ recente la notizia dell’applicazione di protesi elettroniche che, sostituendo l’orecchio, hanno consentito ai soggetti non udenti di sentire.

Si osservi, ancora, che il cervello si sincronizza con l’onda acustica che per prima raggiunge l’orecchio, cioè con l’onda diretta. Le onde successive a questa sono considerate di rinforzo se il loro ritardo non è superiore a 200 ms. Oltre tale limite il cervello considera i suoni separati e ciò giustifica la formazione dell’eco.

Oltre all’azione di rinforzo sopra citata, il ritardo temporale fra la prima onda e le successive gioca un ruolo fondamentale nella psicoacustica del suono. Si è mostrato, infatti, che le onde aventi un ritardo di 15÷25 ms (corrispondenti a riflessioni da superfici distanti entro 6÷8 m dall’ascoltatore e che sono dette onde di riflessione laterale vicine) oltre a rafforzare l’onda primaria contribuiscono a creare una sensazione di spazialità (orizzontale o verticale a seconda del piano di provenienza) e quindi provocano una sensazione di allargamento della scena. Il suono sembra avvolgere l’ascoltatore che ne trae anche una sensazione di benessere acustico, di piacere dell’ascolto.

E’ per questo motivo che l’ascolto della musica dal vivo è ben diverso da quello di una registrazione, per quanto fedele, fatta in cuffia: si perdono tutte le informazioni di spazialità (vedi capitolo sull’Acustica delle Sale) che fanno parte del suono originario.

Le riflessioni successive ai primi 25 ms sono onde di riverbero che, pur fornendo un rafforzamento del suono iniziale, non rivestono l’importanza fondamentale delle riflessioni vicine.

3.7. SPECIALIZZAZIONE DELL’UDITO

Recenti studi hanno mostrato una specializzazione dell'udito nel senso che i suoni complessi vengono sintetizzati nella parte destra del cervello mentre quelli più semplici dalla parte sinistra.

Ciò significa, visti i collegamenti incrociati, che l'orecchio sinistro é specializzato nell'ascolto di suoni ad alto contenuto informativo (ad esempio le consonanti) mentre l'orecchio destro é specializzato nei suoni semplici (ad esempio le vocali). L'ascolto complessivo del suono é in pratica proporzionale alla correlazione mutua dei segnali captati dalle due orecchie.

Se si effettuata l'autocorrelazione di un segnale secondo la relazione: 1 ( ) lim ( ) ( ) 2 T T T p t p t dt T      

L’autocorrelazione di un segnale al tempo iniziale è pari alla potenza del segnale.

Y. Ando ha studiato l’andamento della funzione di autocorrelazione per alcuni segnali musicali e per la voce umana (lettura di una poesia da parte di una donna), vedi Tabella 7.

I segnali sono indicati in ordine a partire dalla lettera A fino alla lettera K. Il parlato è indicato separatamente.

Procedendo dalla lettera A verso la K si hanno segnali (brani musicali) via via più ricchi di note e più rapidi. Si passa, infatti, da un pavane di Gibbons (una sviolinata settecentesca) al IV movimento della sinfonia K-V 551 Jupiter di Mozart (criticata alla presentazione come musica eccessivamente ricca di note). Gli andamenti delle funzioni di autocorrelazione sono riportati nella Figura 48.

Le funzione di autocorrelazione per alcuni tipi di brani musicali e per una lettura di una poesia sono riportate in figura. Il tempo di autocorrelazione é quello necessario a far ridurre il valore della funzione di autocorrelazione all'1% del valore massimo. Un tempo di correlazione basso indica la necessità di una maggiore rapidità nella comprensione del segnale. Il parlato ha tempi di autocorrelazione più bassi rispetto ai brani musicali e per questo motivo i brani più rapidi hanno tempi più ridotti dei brani lenti.

Il brano a) (pavane del settecento) ha un tempo di autocorrelazione di circa 100 ms, il brano b) (brano sinfonico lento) circa 50 ms, il brano d) (tratto dalla Jupiter di Mozart) ancora 50 ms mentre la lettura della poesia, brano e), presenta un t=15 ms.

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Tabella 7: Brani musicali analizzati da Y. Ando

I brani F e G della Tabella 7 sono musiche di T. Okamoto e sono riportati a fianco sia lo spartito che l’andamento delle funzioni di autocorrelazione.

Y. Ando ha poi definito la funzione di correlazione incrociata fra orecchio sinistro e destro, detta IACC, che risulta molto importante per la definizione della qualità acustica di una sala.

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Nel documento ACUSTICA APPLICATA (pagine 48-57)