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Perequazione, compensazione e diritto di proprietà Il rapporto con il principio di legalità e il problema della legittimità costituzionale alla luce

Il Piano Regolatore Generale.

2.5. I modelli di amministrazione concordata: la perequazione e la compensazione nella pianificazione urbanistica.

2.5.4. Perequazione, compensazione e diritto di proprietà Il rapporto con il principio di legalità e il problema della legittimità costituzionale alla luce

della riserva di legge statale ex art. 42 Cost.

Un quesito particolarmente interessante che ha per anni destato l’attenzione degli interpreti, producendo tra questi un vivace dibattito, attiene alla sussistenza, e in ogni caso alla necessità, in ossequio al principio di legalità di cui all’art. 42 Cost. in materia di contenuti e limiti al diritto di proprietà, di un riferimento normativo che legittimi il ricorso da parte della P.A. alle tecniche perequative e conformative, in considerazione dell’evidente idoneità di queste ultime ad incidere sul contenuto del diritto di proprietà.

Quanto alla verifica della sussistenza di tale riferimento, occorre accertare la presenza nella legislazione nazionale di principi fondamentali ai quali le Regioni devono conformarsi. A ben vedere, non possono considerarsi leggi di principio quelle che contengono disposizioni particolari, come la Legge n. 308/2004, in cui sono previsti crediti compensativi in caso di vincolo ambientale sopravvenuto, né, per la laconicità che le caratterizza, le disposizioni delle Leggi finanziarie per il 2008 e per il 2009.

In merito, invece, alla necessità di un riferimento normativo generale, la giurisprudenza ha risposto in termini negativi, osservando come la tecnica della perequazione rappresenti una estrinsecazione del potere di pianificazione rimesso alla discrezionalità della pubblica amministrazione.92 Anche la dottrina si è espressa in termini analoghi rilevando, in particolare, come la perequazione

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Cfr. T.A.R. Emilia Romagna Bologna, sez. I, 14.1.1999, n. 22; T.A.R. Campania Salerno, sez. I, 5.7.2002, n. 670, in Foro amm., 2002, 2653; Cons. St., sez. sez. IV, 16.10.2006, n. 6171, in Foro amm. CDS, 2006, X, 2776; Cons. St. 8.6.2010, n. 4545, in Giornale Dir. Amm., 2010, IX, 964.

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urbanistica trovi giustificazione alla stregua del principio di equità distributiva e, quindi, come già evidenziato, degli artt. 3 e 97 della Carta costituzionale.

Si tratterebbe, pertanto, di un modello coerente con il sistema e con i principi che lo caratterizzano e non derogatorio rispetto ad essi. D’altra parte, l’esigenza di rinvenire un preciso referente normativo che abiliti le amministrazioni ad utilizzare la tecnica perequativa si è progressivamente attenuata per effetto del moltiplicarsi delle leggi urbanistiche regionali che disciplinano tale modello, malgrado la legittimità non possa dedursi dalla sussistenza di normative locali abdicando al sistema delle fonti.

Significativo riconoscimento può ravvisarsi nella menzionata sentenza della Corte costituzionale n. 179 del 20 maggio 1999 che, come sopra ampiamente evidenziato, ha introdotto il principio dell’indennizzabilità dei vincoli almeno in caso di loro reiterazione a seguito della prima scadenza quinquennale. Precisamente, la Corte ha osservato come la legittimità della disciplina perequativa si regga “su due pilastri fondamentali, entrambi ben noti al nostro ordinamento: da un lato, la potestà conformativa del territorio di cui l’amministrazione è titolare nell’esercizio della propria attività di pianificazione e, dall’altro, la possibilità di ricorrere a modelli privatistici e consensuali per il perseguimento di finalità di pubblico interesse”.93

Cionondimeno, a seguito della modifica costituzionale del Titolo V, il modello rispetto al quale verificare il richiamato principio può essere tratto sia dalla normativa nazionale che da quella regionale, sicché il Comune può modificare la disciplina di dettaglio degli strumenti urbanistici a condizione che ciò non comporti una deviazione dal modello legale rispetto alla “causa” ovvero al “contenuto”, in ossequio all’art. 117, ult. co., Cost. che attribuisce ai Comuni la potestà regolamentare nelle materie di loro competenza.

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In altre sentenze, si evidenzia l'ammissibilità della perequazione e la sua compatibilità con il sistema in quanto appartenente al novero dei poteri conformativi della proprietà privata di spettanza della Pubblica Amministrazione, in linea con la tendenza del coinvolgimento dei privati e il rafforzamento della dimensione negoziale.94 Il metodo perequativo in ambito urbanistico, si osserva, “è conforme (…) ai principi costituzionali in materia di tutela della proprietà privata” e precisamente al principio per il quale “i benefici e gli oneri derivanti dalla pianificazione vengano distribuiti in modo rigidamente proporzionale alla consistenza ed all’estensione delle singole proprietà”.95

Si fa altresì strada in giurisprudenza la consapevolezza dell’utilità concreta della compensazione urbanistica quale strumento alternativo all’espropriazione e ai costi della liquidazione monetaria dell’indennizzo. Significativa al riguardo è una recente riflessione giurisprudenziale che è entrata nel merito dell’opportunità dell’istituto, osservando che il modello perequativo consente di procedere all’acquisizione di aree aventi destinazione pubblica “evitando il procedimento espropriativo mediante la loro cessione al Comune e ovviando, in tal modo, al contenzioso derivante dalla reiterazione dei vincoli di destinazione pubblica” 96, anche in virtù della promozione della collaborazione e della partecipazione dei privati proprietari con progetti e piani urbani di riqualificazione.

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T.A.R. Puglia Lecce, sez. I, 28.4.2004, n. 2711, in Foro amm. TAR, 2004, 1172; T.A.R. Campania Salerno, sez. I, 5.7.2002, n. 670, in RGE, 2003, I, 812; T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 17.9.2009, n. 4671, in Urbanistica e appalti, 2010, III, 353.

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T.A.R. Lombardia Brescia, 20.10.2005, n. 1043, in Foro amm. TAR, 2005, X, 3088, ove i giudici escludono, invece, dagli obiettivi della perequazione urbanistica la finalità di redistribuzione della ricchezza fondiaria tra i vari proprietari di aree comprese nel comparto, con l’obiettivo di pervenire ad una distribuzione egualitaria dei benefici economici derivanti dalla pianificazione.

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Attraverso la perequazione urbanistica, proseguono i giudici, si persegue l’obiettivo di “eliminare le disuguaglianze create dalla funzione pianificatoria e in particolare dalla zonizzazione e dalla localizzazione diretta degli standards”. Sembra allora, in conclusione, di poter osservare come l’assenza di una normativa statale che disciplini espressamente i principi generali in tema di perequazione non sottragga alle Regioni il potere di legiferare in materia. In questo senso, oltre agli indici sopra evidenziati, possiamo richiamare la giurisprudenza costituzionale, la quale ha avuto occasione di precisare che “la mancanza di una espressa e specifica disciplina statale contenente i principi fondamentali di una determinata materia di competenza legislativa concorrente non impedisce alle Regioni di esercitare i propri poteri in quanto in ogni caso i principi possono e devono essere desunti dalla preesistente legislazione statale”.97

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Capitolo III

L’evoluzione degli strumenti negoziali di pianificazione del