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Peripezie e viaggi – al seguito di Tiziano – tra Mantova, Bologna, Roma e Venezia Lettera di Conte Vecellio al padre Antonio Vecellio, 26 giugno

Un fondo romano ad oggi trascurato e alcuni documenti vecelliani inedit

3.5 Peripezie e viaggi – al seguito di Tiziano – tra Mantova, Bologna, Roma e Venezia Lettera di Conte Vecellio al padre Antonio Vecellio, 26 giugno

(?)

BNCRm, Autografi, 1819n. 276976

Fig. 55. Lettera di Conte Vecellio al padre Antonio Vecellio, 26 giugno 1532 (?).

602 Filippo Salamon fu ser Pietro venne eletto dalla Serenissima capitano il 21 settembre 1527 e resse il

castello di Pieve di Cadore fino al 27 giugno 1530. Il capitano era l’esecutore degli ordini provenienti da Venezia e convocava e presiedeva il Consiglio comunitario; cfr. SACCO, La vita in Cadore…, cit., p. 73.

195 Al verso, della stessa mano: “Al prudente homo messer Antonio Vecelio padre suo onorandisimo in la Pieve de Cadore sia data. In Cadore”.

“Padre carisime, la innoracia mia fano esere tardi verso603 la nobilità vostra, non poso

aver tenpo a star con simili signori: stando con il duca de Mantova non poteva aver far cosa alcuna, et Dio el sa quel pre’ aveva in casa sinora (?) suua signoria per me mal servir io circava da partirme, ma la ventura volse che, secundo el inperado in Mantova lu andete a trovar el inperado in Castel, ch’el pioveva grandamente, so signoria me dete la bareta a portar; et quando lui zonsi al castel mi fu tardi, con la bareta lui mi dice: “va con Dio mai più non li andate avanti vene messer Ticiano a Mantova; lui mi voleva coniar (?) un’ altra volta, mi non volsi tornar andesemo a Bologna con messer Ticiano lui mi diceva che mi voleva menar a Venecia; io lo rispose che non voleva andar in Venecia. Lui mi dice: “non so che far, ma al partir del imperador e del papa lui parlo con uno zintilomo de monsignor de Medici, seben alcuna persona che ve si de bisogno del fato mio fano (?) uno zintilomo che como messer Ticiano voleti meter questo vostro parente a star con un zentilomo concemolo con lo gardinal; messer Ticiano gi dice el veneran a Roma con voi circa farme aver alcun profito ma fire (?) con fano colori che no voia de a<n>dar per el mondo ancora che questa, ma pacencia, io mi diliberai da venir a Roma, ma pur la ventura mia volse che conosceva uno messer Beltrame, el qual messer pre’ Antoni Viecelio lo conose che son da Cividal, che li parlo che604 li dise chi era lui, mi dice che conesceva el padre mio. Et lui per amor de la patria

parlò al gardinal del fato mio. El gardinal gi dise se era parente de messer Ticiano; gi dice che ariemo cosini. Suua signoria se fece grana maravilga di messer Ticiano che aveva parlato del fato mio ma so signoria dice a messer Beltrame che de do fui mi fese aver utrimenti605 mi le

fe stafar per per più apreso so signoria mi consite a Rimeno. Et tendo a servir di inote me ricordo del ben pasato. Zonti che fusimo in Roma me vene de penna (?) che che stite in lito 45 zorni, me uno fato granda fortuna giaveva do <s>cudi che me dete messer Ticiano, le quali ereno uno de arzento non veleva cosa alcuna Dio me aiuto et fin (?) stava male sia ringraciato Dio son gurito et ben in nordine, tuto de veluto vistito, pur sanità non avea cha vestimenti et bone spese ma gran fadica (?) stano sino sulo averà (?) non se poria contar qual che lui fano: da novo el papa vano in Francia et el gardinal de’ Medici andemo tuti di 25

603 Segue parola cancellata. 604 Segue de depennato. 605 Segue parola cancellata.

196

zugno606 se partiremo (?) non altro da novo datime mutivi del nostro ben star, […] datime

ala mia carisima madre et a tuti607 li nosti amici.

Adì 26 zugno 1522.

Chrivite, non fate falo falo, ricomandatum messer barba Gregol. Io, Conte, vostro fiol”.

Al verso, di mano presumibilmente del secolo XVII : 1522608. 26 giugno. Lettera di

Conte Veccellio a suo padre Antonio Veccellio. Segue, della medesima mano ad inchiostro,

probabile segno tabellionale di un notaio B. V., da individuarsi forse in Bartolomeo Vecellio figlio di Toma Tito.

La lettera inedita (fig. 55) sembra contenere elementi curiosi ma la capacità scrittoria di Conte è così povera nel limitarsi a riportare discorsi diretti infarciti di nomi di persone e di luoghi, che non si riesce a cogliere il corretto senso generale. Non si tratta solo di un problema di natura paleografica ma anche interpretativa, dovuto a sovrascritture varie che non rendono distinguibili le parole, tanto che non è possibile redigerne un regesto preciso. Conte, cugino primo di Tiziano609, si rivela un

Vecellio illetterato che lega tra loro le parole sbagliate e si esprime in maniera sconclusionata610. Lui stesso si rende conto della sua inadeguatezza quando afferma

606 Segue 1522 depennato. 607 Segue parola cancellata. 608 Corretto su precedente 1622.

609 Conte, fratello di Toma Tito e cugino di Tiziano, sposò una certa Girolama.

610 É nota un’altra lettera di Conte, del 9 aprile 1544, inviata al fratello Tito ai Biri di Venezia e che

mostra la stessa difficile calligrafia. Si deve a Lionello Puppi la notizia della presenza dell’autografo presso la Fondazione Custodia di Parigi dal 1986 e proveniente da un incartamento cadorino (cfr. PUPPI, Per un corpus di documenti…, cit., p. 164). Ringrazio Ilona van Tuinen e Maria Giovanna Coletti per aver reso accessibili le riproduzioni delle 29 lettere vecelliane ivi conservate. Per i rapporti tra Conte e il fratello Toma Tito si faccia riferimento al sommario del testamento di Daria Coltrini dell’8 marzo 1562, redatto da Vincenzo Vecellio (che Lionello Puppi cita nel Breve Compendio alle pp. 67-68 e nell’articolo su Giacomo Coltrini inzegnere traendolo dal ms. 284 conservato a Vigo di Cadore, Biblioteca Storica Cadorina, cc. 152-153) ma in realtà si trova anche in Taddeo Jacobi, fascicolo V, c. 34v. e che si riporta per complezza: “L’egregia Sig.ra Daria q. Ser Giacomo Coltrini fu’ ingegnere del Ven.o

Dom.io , e moglie rel. dello Sp. Signor Antonio q. Ser Conte Vecelli nodaro, revocando il suo passato

testamento dell’anno 1558. 26 febbraio, dispone delle cose sue in questo modo: che sia il suo corpo sepolto nel tumulo di suo marito, che le siano fatte l’esequie nel modo che parerà agli eredi, che siano fatte celebrare per una sol volta le Messe Gregoriane, che cadauno de’ suoi Eredi facciano celebrare ogn’anno al tempo della sua morte s. messe, o in vece far tante elemosine ai poveri; che il di lei figlio

197 di non essere all’altezza a star con simili signori. I gentiluomini nominati nella missiva sono per l’appunto il Duca di Mantova, il cardinal De Medici, identificabile con Ippolito, e un certo messer Beltrame che doveva provenire da Cividal, ovvero da Belluno. É ricordato anche un certo pre Vecellio, che non trova riscontro negli studi genealogici della famiglia.

Perfino le città nominate nel testo lasciano intuire che Conte fosse informato sugli spostamenti di Tiziano e dei grandi potenti del momento: “da novo el papa vano in Francia et el gardinal de’ Medici andemo tuti di 25 zugno se partiremo”. Si nominano Mantova, Bologna, Venezia, Roma e quindi la Francia. Il cugino sembra essere un accompagnatore delegato dallo stesso Tiziano: quasi una persona di bisogno di cui servirsi (si veda il termine servir) e che, reclama, a più persone, il fato mio che non si comprende però quale sia611. L’unica questione chiara è purtroppo la

notizia che egli rimase a letto ammalato per 45 giorni riuscendo a sopravvivere con i due scudi che gli aveva lasciato Tiziano: uno dei quali d’argento e che no valeva cosa

alcuna.

Insomma se il contenuto è solo intuibile non ci viene in soccorso neppure l’indicazione della data che, al momento, rimane dubbia e crea confusione perfino sugli incontri di Tiziano con l’imperatore e con Federico Gonzaga, inserendosi così in una vicenda già problematica di per sé612.

La lettera di Conte “sembra” datata 26 giugno 1522 ma, dal punto di vista paleografico, si nota che entrambe le cifre (2) del 1522 sono più artificiose delle altre presenti nel testo e meno spontanee. Quel che non è chiaro è se possa trattarsi di un refuso (ripetuto più volte) di Conte o se qualcuno, incerto, abbia operato il cambio

Toma Tito non possa essere in alcuna forma molestato dall’altro suo figlio Conte per occasione della sua facoltà esistente in Brescia, da lui amministrata, ossia per il denaro ricevuto per mantenere i di lui figlioli allo studio di Brescia, e che in fine esso Toma Tito, che sempre à tenuto conto di essa ne’ i di lui figli siano tenuti ad alcuna resa di conto. Nel resto peri di tutti i di lei beni esistenti in Brescia istituisce i suoi figliuoli quale eredi.”

611 Ci si può domandare se c’entri qualcosa l’affare delle terre del Trevigiano oppure se possa avere a

che fare con l’invio dei do oratori mandati dalla Magnifica Comunità di Cadore a Bologna da Carlo V per cercare di recuperare gli statuti del Cadore trafugati durante le guerre cambraiche: “per la recupreation delli statuti, che molto importa, vadit pars che se facia do oratori che se presentano alli magnifici ambasciatori della illustrissima Signoria per accompagnar la sacra Cesarea Maestà et far ogni experientia che se abbi ditti statuti dallo Herbset, et etiam a ricordare che sia datta la tratta de animali et biave per lo paese, come etiam loro hanno de li vini”. AMCC, Archivio antico, Parti del Consiglio 1513-1537, c. 182r; ZANDERIGO ROSOLO, Ampezzo imperiale (1511?) …, cit., p. 567.

198 perché non riusciva a decifrarne l'anno. Se la data fosse effettivamente 1522, si avvallerebbe l’ipotesi di retrodatare la nascita di Tiziano attorno al 1577 e non al 1584-90 poiché vorrebbe dire che Tiziano non era un giovinetto, in quel momento, bensì un pittore affermato al seguito di duchi, papi e imperatori.

Sappiamo inoltre che le prime tracce di un rapporto tra Federico Gonzaga e Tiziano, nella documentazione, compaiono solo dal dicembre del 1522613, così come

il rapporto tra Tiziano e Carlo V viene dai studi recenti datato in un lasso di tempo che si colloca attorno al 1532-33 e non prima614. Oltre a ciò il Gonzaga nella lettera

viene definito Duca e il primo a diventare tale, innalzandosi da marchese, è solo Federico II, nel 1530; Ippolito de Medici, infine, venne nominato cardinale solamente nel 1529, da Clemente VII. Tutti gli elementi portano dunque a ipotizzare che si tratti del 1532 (o del 1533) e, per di più in prossimità della seconda discesa di Carlo V a Bologna615, elevando la lettera quale una delle rare attestazioni che

collocano Tiziano nella scena bolognese al 1532-33. Il sospetto che la lettera sia un abile contraffazione rimane, anche se lo dubitiamo fortemente data la coincidenza della calligrafia con altri documenti e la disorganizzazione mentale che regna su tutto.

613BODART, Tiziano e Federico II Gonzaga…, cit., p. 43.

614 G.SASSU, Il ferro e l’oro. Carlo V a Bologna, Bologna, 2007, p. 150. Sassu ritiene che molti degli

episodi più celebri raccontati da Giogior Vasari e collocati nell’ambito dell’Incoronazione del 1530, si siano svolti in realtà nel contesto della “seconda volta”.

615 Si veda G. SASSU, La seconda volta. Arte e artisti attorno a Carlo V e Clemente VII a Bologna nel 1532-33,

“e-Spania. Revue interdisciplinaire d’études hispaniques médiévales et modernes”, 2012. http://e- spania.revues.org/21366, consultata nel maggio 2015.