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pertanto, ha avuto presente la qualificazione di tassa per i tri­ buti ipotecari la Commissione Centrale quando con la pronuncia 26 mar

zo 1947, n. 88816 sez. VI, ha affermato che le trascrizioni da compiere per le permute di immobili, nei pubblici registri immobiliari sono due e, conseguentemente, due devono essere le tassi ipotecarie da pagare tenuto conto che la tassa costituisce il corrispettivo del servizio che è reso con la trascrizione.

3. — Melius re perpensa, è da rilevare, però, che vi sono dei casi nei quali ricorrono insieme gli elementi costitutivi della tassa e

dell’im-Ma altre decisioni di questa Commissione Centrale hanno affermato in­ vece che si tratta di vere e proprie imposte. Tra le altre la decisione 11 dicem­ bre 1941j n. 48711, richiamandosi all’art. 12 della legge sulle tasse ipotecarie allora vigente (30 dicembre 1923, n. 3272), il quale stabilisce che per la riscos­ sione di esse e per la risoluzione delle controversie si applicano le norme della legge di registro, afferma la natura di imposta di tali tributi, ma non potendo disconoscere il carattere di pubblicità che a mezzo della trascrizione è dato all’acquisto della proprietà, osserva che devesi tenere conto nell’àdot- tarlo della natura e autonomia delle imposte stesse.

C’è da aggiungere che in favore del carattere di imposte del tributo in parola — oltre la stessa denominazione della legge che nel testo del 1923 le denomina « tasse ipotecarie » mentre nell’ultima legge 25 giugno 1943, n. 540 le denomina « imposte ipotecarie » vi è il fatto che la trascrizione è elemento essenziale per il trasferimento della proprietà immobiliare rispetto ai terzi e che la legge impone la obbligatorità della trascrizione dei contratti che tra­ sferiscono la proprietà di beni immobili ecc. (art. 2643 c.c.).

La soluzione sulla natura di tali tributi si può trovare nel fatto che

an-posta senza — come avverte la dottrina — che sia chiaro a quale di essi debba darsi la prevalenza nell’analisi della intrinseca natura del rapporto tributario (A. D. Giannini, op. cit., pag. 45).

B non è raro il caso in cui nell’ordinamento tributario si riscon­ trano delle forme tributarie che la dottrina qualifica miste, vale a dire aventi gli elementi caratteristici e della tassa e della imposta.

Il caso tipico del genere è offerto proprio dai tributi di registro. Così per i trasferimenti immobiliari inter vivos lo Stato, nel percepire il tributo, pone in essere una attività che riveste il carattere di tassa giacché, proprio con l’annotare l’atto di trasferimento nel registro pub­ blico, attesta la esistenza dell’atto dal punto di vista legale e ne rende certa la data di fronte ai terzi esplicando, quindi, una vera e propria attività a beneficio dei privati contraenti (art. 3 L.R. 30 dicembre 1923, n. 3269; art. 2074 cod. civ. A Berliri, Le leggi del registro, II I ediz., Mi­ lano 1952, pagg. 25 e 79).

Nel caso suddetto è evidente che si riscontrano gli elementi carat­ teristici ed essenziali della tassa e della imposta. Difatti si ha il ser­ vizio reso al cittadino relativo alla registrazione dell’atto contenente il trasferimento e per cui vi è un corrispettivo che viene percepito dall’am­ ministrazione finanziaria e pagato dalla parte interessata, e si ha il movimento della ricchezza che viene assoggettato al tributo (imposta) con riferimento alla capacità contributiva di chi ha posto in essere l’affare.

Analogamente, nei tributi ipotecari, è dato ravvisare, come in quelli di registro, la esistenza di imposta congiunta alla tassa e quindi la presenza di una forma tributaria mista giacché vi è la corresponsione di un tributo con riferimento al servizio reso (tassa) e la corresponsione di altro tributo che incide sulla manifestazione della ricchezza e quindi

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che nei tributi ipotecari vi è, come in quelli di registro, la compenetrazione nell’imposta anche di una tassa per cui in essi vi è una parte che corrisponde al servizio reso, (il solo servizio ha per corrispettivo la tassa fissa), ed una parte che colpisce la manifestazione della ricchezza e cioè il compimento del­ l’affare come indice della capacità contributiva di chi lo compie, donde la imposta proporzionale al valore della ricchezza.

Questa caratteristica, che già si rileva ampiamente nelle imposte di re­ gistro, in cui alla tassa per il servizio reso, costituito dalla conservazione dell’atto sottoposto a registrazione e dalla data certa, si aggiunge la imposta sul trasferimento come indice dello stato economico del contribuente, si rileva anche nelle imposte di trascrizione in cui alla tassa per il servizio della pub­ blicità si aggiunge la imposta con lo stesso carattere sopradetto. Esso appa­ risce chiaro, ad esempio, nel caso di trascrizione in cui debbano compiersi più formalità in località diverse, per cui è dovuta la imposta proporzionale per una sola formalità mentre per le altre è dovuta la tassa fissa (art. 6 della legge e 4 della tariffa A).

Ciò posto, nel quesito specifico se sia da pagare una sola imposta

ipote-sulla convenzione posta in essere, indicativa della capacità contributiva del singolo (imposta). Nel primo caso si ha l’imposta fissa nella misura di L. 200. Nel secondo caso P imposta proporzionale per le iscrizioni (2,50 % ); per le rinnovazioni di iscrizione (1,25 % ); per le trascrizioni di atti e sentenze portanti trasferimenti di proprietà di immobili o di diritti capaci di ipoteca (1 % per valore fino a L. 5.000 ; 2% per valore superiore a L. 5.000); per la trascrizione di certificati per denunciata successione (2 % ); ecc., e l’imposta graduale per gli annoiamenti per trasferimenti di crediti a causa di morte, per gli annoiamenti ed iscri­ zioni per postergazione o cessione di proprietà o di ordine ipotecario

(5 per mille).

^• -M-d venendo a disamina piu particolare, quid juris quando ci si trova in presenza di due tributi che coesistono in una prestazione unica ?

Beve ritenersi sussistere in tal caso tassa o imposta?

Per la risoluzione del quesito deve, indubbiamente, aversi riguardo al criterio della prevalenza.

A. D. Giovannini, nel rilevare che quando i due tributi si conglobano in una prestazione unica e indistinta può essere dubbio se a questa deb­ ba giuridicamente attribuirsi il carattere di tassa o di imposta, avverte che, in questo caso, la constatazione che la quota dell’imposta soverchia di gran lunga quella della tassa, se pure non è un elemento decisivo per­ chè si accolga la prima soluzione, può essere un notevole indizio dell’iu- tendimento del legislatore di attribuire, nella configurazione del tri­ buto, la prevalenza del presupposto dell’imposta di fronte a quello della tassa. Quindi, non la misura del tributo in se stessa, ma la prevalenza del presupposto proprio dell’imposta, quale si rileva anche più

chiara-caria sulla eccedenza di valore o due e cioè sul valore di ciascuno degli im­ mobili, è da rilevare che la permuta importa un reciproco trasferimento delle proprietà di cose tra due contribuenti (art. 1552 c.c.).

Due sono quindi gli immobili da trasferire ; onde se si dà il carattere di tassa, cioè del corrispettivo di una prestazione, effettivamente, due forma­ lità dovendo eseguirsi, due tasse dovrebbero pagarsi giusta la decisione ci­ tata del 26 marzo 1947, n. 88816.

Ma è da ricordare che, come si è detto, il tributo ha carattere di imposta e che sebbene la formalità si riferisca agli immobili, ciò che è soggetto a trascrizione è l’atto. Come per il registro è l’atto che và sottoposto alla regi­ strazione così per la trascrizione si rendono pubblici gli atti che importano trasferimento di immobili, giusta come espressamente si esprimono sia il co­ dice civile (art. 1936) sia la legge sulle imposte ipotecarie (art. 1). E’ poi sul valore risultante dall’atto che si applica l’imposta.

Ora la legge dice come vanno trattati, agli effetti della imposta sulle trascrizioni, gli atti contenenti trasferimenti di immobili e di altri diritti

mente in alcune applicazioni legislative dei tributi in questione, costi­ tuisce — conclude il Giannini — l'elemento decisivo per la loro classi­ ficazione fra le imposte (A. D. Giannini, Istituì, di dir. trib. cit. pag. 46). Così nella legislazione sul bollo appare evidente che non può par­ larsi di tasse di bollo ma appare' più proprio parlare di imposta di bollo in quanto l’elemento della volontarietà non è il solo che caratte­ rizza la struttura del tributo, sussistendo spesso quello della obbliga­ torietà, non potendo certo disconoscersi, anche in tesi generale, che la obbligatorietà ricorre quando il tributo è dovuto per una attività che molte volte l’ente pubblico esplica per la rilevante attività ex oficio come avviene nella giurisdizione penale (A. 1). Giannini,.Ist. di dir. trib. cit., pag. 44).

Onde più che giusto appare il rilievo espresso dal Morselli, con ri­ ferimento alla parziale improprietà della espressione «tasse di regi­ stro » di fronte al maggior elemento dell’imposta presente nella preva­ lenza dei casi, che di tale improprietà di lingua ormai quasi più non ci si deve lagnare in quanto, oltre che per l’imposta di registro, l'imprc- prietà si era lungamente verificata anche per altri tributi sugli affari e, qualche volta, anche per quelli sui consumi e che, opportunamente, nella nota riforma per gli ordinamenti tributari, venne sostituita al­ l’antica denominazione di tassa quella imposta tanto per i tributi di re­ gistro che per quelli di successione, e lo stesso legislatore è andato fa­ cendo, nelle stesse occasioni di riforma, per altri tributi cui spetta la denominazione di imposte (E. Morselli, Le imposte in Italia, volume secondo del Corso di scienza della finanza pubblica, quarta edizione ag­ giornata con la giurisprudenza più notevole, Padova 1953, pag. 237 e nota n. 1 a pag.- 238).

Così impropriamente risultavano qualificate tasse nel nostro diritto positivo oltre quelle di bollo (D. 30 dicembre 1923, n. 3268) le imposte

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capaci di ipoteca, deve aversi riguardo al valore su cui si applica l’imposta di registro (art. 4 secondo comma e annotazioni all’art. 5 della tariffa all. A).

E la norma adattata per le permute dalla legge di registro è quella del- l’art. 51 che stabilisce che su tali negozi la tassa si applica « alla parte dei beni immobili permutati che ha maggiore valore », considerando tale eccedenza come vendita e come tale soggetta alla imposta di trasferimento.

Poiché si tratta di imposte della stessa natura e con identico contenuto e cioè di tributi in cui è compenetrata, insieme con la parte relativa alla uti­ lità apportata al contribuente (tassa), anche il prelievo della ricchezza in ragione della presunta capacità contributiva risultante dal negozio concluso (imposta propriamente detta), identico deve essere il criterio per addivenire alla tassazione.

Ciò tanto più che per l’art. 7 della legge le suddette imposte devono essere pagate agli Uffici del registro nello stesso termine stabilito per il pagamento delle imposte di registro e che, giusta l’art. 10 della stessa legge (art. 12 della legge del 1923, n. 3272), per la loro riscossione e per il modo di decidere le con­

sulle successioni, sulla manomorta, sulle carte da gioco, sulla circola­ zione dei titoli e le altre in surrogazione del bollo e del registro (DD. 30 dicembre 1923, n.ri 3270, 3277, 3280) oltre, come rileva il Giannini, al­ cuni di questi tributi, con il D.L. 7 agosto 1936, n. 1639 sono stati desi­ gnati col nome di imposte : così nell’art. 14 si parla di « imposte sui tra­ sferimenti della ricchezza », nell’art. 15 di « imposte di successione e di registro », ecc., e alcune volte, per indicare una imposta, la legge adopera l’espressione « diritto erariale » : così il D. 30 dicembre 1923, n. 3276 che approva il testo di legge dei diritti erariali sugli spettacoli e il D.L. 25 febbraio 1930, n. 105, che riguarda i diritti erariali sugli apparecchi au­ tomatici di accensione (A. D. Giannini, Istituz. di dir. triò. cit. pag. 39. nota n. 6).

5. — Per l’anzidetto non può esistere dubbio sul carattere di impo­ ste dei tributi ipotecari.

La rilevata esistenza della tassa relativa al servizio reso al citta­ dino con la esecuzione delle formalità relative alla trascrizione degli atti relativi a trasferimenti di immobili nei pubblici registri immobi­ liari e alla iscrizione e trascrizione relativa a ogni altra esecuzione di formalità, e la riscossione del corrispettivo dovuto con riferimento al valore dell’atto o della convenzione e, quindi, con riferimento alla ma­ nifestazione di ricchezza e al compimento dell’affare come indice della capacità contributiva dell’agente, dimostrano la esistenza di una forma tributaria mista e convincono, in base al rilevato criterio della preva­

lenza, che, dovendo ritenersi prevalente la quota dell’imposta di fronte a quella della tassa, i tributi ipotecari devono essere qualificati come vere e proprie imposte.

La classificazione dei tributi predetti fra le imposte è poi offerta dalla loro sistemazione attuale nel campo legislativo e nel campo dot­ trinario.

traversie si applicano le disposizioni relative alle leggi di registro.

Si aggiunga che tale criterio di applicazione della imposta di trascrizione alle permute è già stato da tempo ammesso dall’Amministrazione fin da quando erano vigenti le leggi ipotecarie e di registro anteriori al 1923 come risulta dalla normale n. 84 dell’anno 1899.

Deve, pertanto, ammettersi che nel caso in esame la imposta di trascri­ zione va applicata con le stesse norme stabilite dalla legge di registro per le permute e cioè, giusta l ’art. 51, sulla parte dei beni immobili permutati che ha maggior valore; onde la decisione impugnata va confermata. — (Omissis).

Nel campo legislativo, se è vero che si riscontra la denominazione di tasse ipotecarie nel D. 30 dicembre 1923 modificato dal D. L. 15 novem­ bre 1987, n. 1924 all. B, è pur vero che con la L. 25 giugno 1943, n. 540, risulta adottata ufficialmente la denominazione di « imposte ipotecarie », tenuta ferma con la successiva legge 15 febbraio 1949, n. 33.

Nel campo dottrinario la denominazione e qualificazione di « im­ poste ipotecarie » è adottata dal De Stefani, (Manuale di finanza, Bolo­ gna 1943, pag. 339); dal Giannini (Istituz. di dir. trib. cit., pag. 420); dal Liguori (Elementi di scienza delle finanze e di diritto finanziario, III edizione, Napoli 1952, pag. 150); dal Morselli (Compendio di scienza delle

fin. cit., pag. 253 e Le imposte in Italia, cit., pag. 242).

6. — In aderenza alle premesse contenute nella decisione della Com­ missione Centrale ed alla esatta qualificazione di imposte dei tributi ipo­ tecari appare logica e giuridicamente esatta la conseguenza relativa ai criteri di tassazione delle permute ai fini dell’applicazione dell’imposta dovuta per la formalità della trascrizione.

Non può, difatti, con stretto riferimento a una qualificazione non rispondente, quale quella di «tassa », richiedersi l’applicazione del tri­ buto sui due trasferimenti e, quindi, sul valore di tutti e due gli immo­ bili, ma deve, invece, l’imposta stessa essere applicata alla parte dei beni immobili permutati avente maggiore valore conformemente a quan­ to prescrive l’art. 51 della legge a registro in punto ad applicazione dell’imposta alle permute (D. 30 dicembre 1923, n. 3269). Non può esservi un diverso principio animatore. Identico deve ritenersi il fondamento del trattamento tributario disposto dal legislatore per la tassazione della prestazione nella permuta che ha appunto stabilito doversi tenere conto solo della prestazione di una parte e precisamente di quella le cui prestazioni sono, nel loro insieme, maggiori (A. Berliri, op. cit.., pag. 203). E tale principio non contrasta con il rilevato carattere e la rilevata qualificazione dei tributi ipotecari che, nel loro campo di ap­ plicazione, manifestano evidenti analogie con i tributi di registro e ven­ gono finanche riscossi dagli Uffici del registro all’atto della registrazione delle convenzioni.

Giu se ppe Greco

COMMISSIONE CENTRALE sez. IV, 21 marzo 1950, n. 11454.

I.C.E. — Abbonamento — Determinazione dell’ imponibile —> Ammissibilità del metodo induttivo — Incompetenza della Comm. Centrale relativa­ mente alla pena pecuniaria — Inapplicabilità dell’ indulto di cui al d. p. 23 die. 1949, n. 930.

L'attuale legislazione in materia di I.G.E. prevede il pagamento mediante canoni ragguagliati al volume degli affari, a differenza della legge istitutiva

che colpiva soltanto i singoli atti economici (1).

L’Amministrazione ha quindi una potestà di valutazione discrezionale del movimento degli affari compiuti dal singolo contribuente, purché parta da elementi e dati di fatto attendibili da indicare al contribuente e che sono

sindacabili in sede di merito (2).

La C.G. non ha competenza a pronunciarsi in relazione alla pena pecu­

niaria (3).

L’indulto dì cui al D.P. 23 dicembre 1949, n. 930, non si applica, per espres­

sa disposizione di legge (art. 4) alla materia finanziaria, ma solo a quella

penale. Non è quindi ammissibile il condono della sopratassa (4).

(Omissis). — In ordine alla prima censura sollevata dal ricorrente oc­

corre osservare che essa non tiene conto della struttura particolare che il legislatore ha dato all’imposta generale sull’entrata quando, con l’art. 10 del D.L.L. 19-1-1944, n. 384, ha introdotto il sistema della corresponsione della imposta stessa mediante canoni annui ragguagliati al volume degli affari.

La legge istitutiva di questa imposta, (R.I).L. 9 gennaio 1940, n. 2, e legge di conversione 19 giugno 1940, n. 762), prevedeva la corresponsione del­ l’imposta medesima in relazione ad ogni singolo atto economico che rien­ trasse nel suo ambito : di qui la particolareggiata disposizione dell’art. 8 della legge medesima. Solo in linea eccezionale tale articolo dava facoltà al Ministero per le Finanze di determinare, in relazione a particolari strutture

(1 ) Sul potere discrezionale dell’Amministrazione finanziaria.

Le massime di cui nella decisione della Commissione Centrale che annotiamo, ci sembrano degne di approvazione.

E’ ammesso ora (come è noto) il pagamento dell’imposta sull’entrata « mediante canoni ragguagliati al volume degli affari ». Quindi potere da parte dell’amministrazione finanziaria di valutare il volume degli affari.

Il potere (come dice la decisione) è discrezionale, ma bisogna in­ tenderci sulla portata del potere discrezionale. Potere discrezionale non è certamente potere arbitrario. Tra gli amministrativisti si è svolta una contestazione interessante (alcuni l’hanno chiamata perfino fonda- mentale) sul concetto di discrezionalità. Quando la legge pone come con­ dizione per l’esercizio del potere amministrativo una data circostanza,

ed esigenze aziendali, speciali forme e modalità di pagamento, mentre il successivo art. 10 prevedeva, anche esso in linea eccezionale e solo quando fosse intervenuto un accordo con le competenti associazioni sindacali, la pos­ sibilità di una riscossione mediante concordato annuale. Fin quando ebbero vigore queste disposizioni nella loro integrità, il principio fondamentale era effettivamente quello indicato dal ricorrente ed era indubbiamente necessario dimostrare resistenza di un atto economico per poter pretendere il paga­ mento dell’I.G.E. : sulla base di queste premesse si spiegano, fra l ’altro, le varie disposizioni del regolamento per l’esecuzione della cennata legge che in più casi prescrivevano l’adozione e la tenuta di registri-bollettari.

Il D L.L. n. 348 del 1946, invece, innovò molto sensibilmente in argo­ mento, poiché esso consentì col citato art. 10, una speciale forma di riscos­ sione che evitasse una particolare e analitica dimostrazione e documenta­ zione: quella, cioè, mediante il pagamento di un canone annuo. L’articolo

(il cui campo di applicazione si è andato via via sempre più 'allargando in virtù delle disposizioni contenute nell’art. 9 del D.L. 7 giugno 1945, n. 386, nell’art. 12 del D.L. 27 die. 1946, n. 469, nell’art. 13 del D.L. 3 maggio 1948, n. 799, e, da ultimo, nell’art. 11 della legge 7 gennaio 1949, n. 1) così testual­ mente si esprime: « I l Ministro può disporre che le entrate derivanti dal­ l’imposta siano corrisposte mediante il pagamento di canoni ragguagliati al volume degli affari, in base a dichiarazioni del soggetto ovvero mediante l’applicazione di quote o aliquote condensate in rapporto al presunto numero degli atti economici imponibili ».

In relazione a questa disposizione — è anche opportuno rilevare subito — la legislazione relativa all’I.G.E. ha subito tutta una ulteriore evoluzione, anche per quanto concerne la materia del contenzioso (DD.LL., n. 649 del 1946, e n. 799 del 1948), che si è ritenuto di affidare alle valutazioni di merito, delle commissioni amministrative per le imposte, alla stregua della maggior parte delle altre imposte indirette.

Il concetto che sta a base della norma sopra trascritta è nettamente di­ verso da quello che stava a base della legge istitutiva e che continua a per­ manere in tutti i casi nei quali non si applica il sistema del canone annuo. La legge, parla, invero, e molto esplicitamente, di « volume degli affari », di «presunto numero degli atti economici imponibili». Non si guarda più — e

si può passare attraverso una gamma di casi di discrezionalità. La legge può esprimersi riferendo l’esercizio del potere a un fatto o ad una circostanza certa o legalmente accertabile e allora si parla non più di potere discrezionale ma di attività vincolata. Ma talvolta si pone come condizione per l’esercizio del potere un fatto che dipende da un apprezzamento che ne deve fare l’amministrazione. Allora (p. es.: uti­ lità pubblica) si parla d’un suo potere discrezionale. Ma questo potere discrezionale può essere sottoposto a controllo, perchè l’apprezzamento bisogna che corrisponda al concetto voluto dal legislatore. Il vizio da cui può essere infetto l'atto amministrativo che viola il presupposto da

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non lo si potrebbe — ai singoli atti economici, ciascuno considerato in sè e per sè, isolatamente e indipendentemente da ogni altro, ma si guarda, invece,

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