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dal regolamento della impugnativa dell’atto affetto da incompe

tenza per territorio. Promanando l’atto da uno degli organi dell’Ammini­ strazione finanziaria competenti per materia e per grado, il privato non ha un vero e proprio diritto di impugnativa sperimentabile avanti l’au­ torità giudiziaria ordinaria, ma soltanto un interesse legittimo aziona­ bile avanti il giudice amministrativo, il quale — al pari dell’Ammini­ strazione nel caso di annullamento d’ufficio — non può procedere alla rimozione dell’atto quando questo abbia già prodotto i suoi effetti e quando vi può procedere e vi procede non pone nel nulla tutti gli effetti già prodotti, ma lascia in vita quelli già consunti perchè non suscetti­ bili di annullamento.

4. Derogabilità della competenza territoriale degli uffici delle imposte dirette e degli uffici del registro, in particolare. — A) Per quanto più da vicino concerne gli uffici delle imposte dirette e gli uffici del regi­ stro, pur potendosi applicare gli stessi principi d’ordine generale fin qui illustrati, è necessario tuttavia considerare in particolare il recente mutamento d’indirizzo seguito dal Berliri, al fine di stabilire se vi sono elementi nuovi e speciali che per altre ragioni consiglino di accogliere la tesi della derogabilità.

Come si è detto innanzi (35), il Berliri, il quale in un primo momento aveva ritenuto che la competenza territoriale degli uffici del registro fosse derogabile, di recente ha aderito alla tesi della inderogabilità.

L’autorevole scrittore ha preso le mosse dalle decisioni della Com­ missione Centrale, con le quali fu affermato che « la competenza terri­ toriale degli uffici delle imposte dirette è di ordine pubblico, onde la sua violazione è rilevabile d’ufficio in qualunque stadio della contestazio­ ne » (36) ed ha trasferito gli stessi principi anche nei riguardi degli uffici del registro, ritenendo : « che le norme sulla competenza territoriale

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(35) V. nota 3 e nota 7.

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degli uffici del registro siano dettate non solo e non tanto nell’interesse dei contribuenti, quanto nell'interesse della pubblica amministrazione » e cbe questa regola « risulta oltre cbe dai principi generali su ricordati e dalla lettera dell’art. 89 della vigente legge del registro, anclie dalle norme relative alla tenuta del repertorio degli atti pubblici ».

Procedendo per questa via, poi, ha ricbiamato il disposto degli artt. 126, 127, 130 e, in particolare, l’art. 132 della stessa legge del registro, traendone queste conclusioni : « Ora non è cbe troppo mani- « testo come tale norma presupponga cbe i pubblici ufficiali obbligati alla « tenuta del repertorio registrino tutti i loro atti presso l’ufficio del « registro nel cui distretto hanno sede, giacché solo in tal caso l’ufficio « del registro, cui il repertorio viene semestralmente esibito (quello del « distretto in cui risiedono), potrà riscontrare se le indicazioni del « repertorio siano in tutto concordi con quelle trascritte sul registro « di formalità.

« Ohe se invece, il notaio, il cancelliere, ecc., potessero registrare i « loro atti presso un ufficio del registro diverso, tale controllo sarebbe « indubbiamente inattuabile, non essendo l'ufficio del registro, a cui « viene esibito il repertorio, in possesso dei registri di formalità su cui « sono annotati gli estremi della registrazione ».

E, sempre riportandosi alle decisioni della C. C. — nel caso, alla dee. 15-2-1947, n. 87750 — conviene nell’ammettere : che competente a registrare un atto non presentato volontariamente alla registrazione sia sempre e soltanto l’ufficio che sarebbe stato competente ove l’atto fosse stato presentato volontariamente alla registrazione; e che compe­ tente ad accertare un tributo supplementare sia sempre e soltanto l’uffi­ cio che ha già registrato l’atto con errore nella tassazione, trattandosi in quest’ultimo caso di una competenza funzionale.

Però, per quanto riguarda la competenza territoriale relativa agli accertamenti presuntivi, in base, cioè, a quei fatti che sono da conside­ rare come determinanti il sorgere del rapporto d’imposta, il Berliri ritiene che siano competenti tutti gli uffici del registro, attesoché in que­ sti casi la Finanza non è in possesso dell’atto e si ignora dove l’atto è stato posto in essere.

Infine, per quanto riflette la ripartizione delle attribuzioni tra uffici del registro a rami divisi (uffici per gli atti pubblici, per gli atti pri­ vati, ecc.) l’autorévole scrittore ammette che « la giurisprudenza sembra « orientata nel senso di attribuire a tale ripartizione efficacia meramente « interna con la conseguenza di ritenere pienamente valido l’atto di « spettanza di un ufficio conferito ad altro ufficio » (37).

(Continua)

L . Pastello

(37) Cass. 9-6-1946, Soc. Italo-Americana del Petrolio c. Finanze, in Giur.

PRIVILEGIO DELLO STATO E RESPONSABILITÀ’ SOLIDALE

1. Natura e presupposti del privilegio speciale. — L’art. 2759 codice civile dispone che « i crediti dello Stato per l’imposta di ricchezza mobile, dovuta pei l’anno in corso e per il precedente, in dipendenza dell’esercizio di commercio, industria, arte o professione, hanno privilegio sopra i mo­ bili che servono a tale esercizio e sopra le merci che si trovano nel locale adibito all’esercizio stesso o nell’ abitazione del contribuente, in confor­ mità della legge speciale », cioè in conformità dell’art. 62 della legge 24 agosto 1877, n. 4021, in forza del quale il privilegio si esercita « quantun­ que i beni mobili e le mercanzie non siano di proprietà del debitore del­ l'imposta, salvo che si tratti di oggetti rubati o smarriti, ovvero di depo­ siti provvisori di merci destinate a solo fine di lavorazione, o di merci di transito munite di regolare bolletta doganale ».

Il privilegio speciale si estrinseca in un diritto dello Stato a riva­ lersi sul capitale destinato all’esercizio, qualora da parte del contribuente si venga meno all’obbligo di far compartecipe lo Stato agli utili dell’eser­ cizio, mediante il prelevamento sotto forma d’imposta, nella misura che gli organi competenti avranno determinato; perciò ben si può dire che il privilegio speciale costituisce un diritto di prelazione dello Stato — ve­ rificandosi la circostanza del mancato pagamento del tributo — su tutti i beni materiali che servono alla produzione del reddito.

I presupposti del privilegio speciale sono : a) debito d’imposta di ric­ chezza mobile per esercizio di commercio o d’industria o di professioni o di arti; b) beni mobili o merci che si trovano nell’esercizio assoggettato ad imposta o merci che si trovano nell’abitazione del contribuente; c) merci e mobili che debbono servire all’esercizio.

2. Connessioni e relazioni tra gli articoli 62 e 63 di ricchezza mobile. — E’ evidente la connessione fra gli articoli 62 e 63 di ricchezza mobile, che si completano a vicenda, poiché hanno la stessa ragion d’essere: eli­ minare la frode dei contribuenti; e mirano allo stesso scopo: garantire la riscossione dell’imposta; pur costituendo essi due garanzie distinte e indipendenti, svolgentisi su campi di applicazione diversi. Questa con­ nessione venne già messa in rilievo dal Quarta (1) che rilevò che per porre un margine ed un freno alle coperte vie ed ai fraudolenti artifici

(1) O. Quarta, Commento alle leggi sull’imposta di R. M., voi. I li, pag. 260. Ed. Libraria, Milano, 1902.

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degli evasori che purtroppo erano riusciti a pregiudicare gravemente gli interessi della Finanza, si pensò dall’una parte di stabilire la responsa­ bilità personale del cessionario per l’imposta dovuta da tutti gli ante­ riori esercenti per l’anno in corso e per l’anno precedente (art. 63), e dall’altra, affinchè questa responsabilità non fosse del tutto illusoria, si stimò necessario costituire ancora una responsabilità, o meglio, una ga­ ranzia reale, per l’adempimento dell’obbligazione imposta, estendendo il privilegio su tutti i beni mobili e sulle merci che servono all’esercizio del­ l’industria, che si appartengano o che non si appartengano all’esercente, purché in suo possesso (art. 62).

Quando vi è passaggio del reddito o del cespite produttore da un soggetto ad un altro, la cessazione del reddito, seguita dalla cessione, produce l’estinzione di un’obbligazione e la nascita di un’altra; come diremo meglio in seguito, la prima obbligazione non si estingue se non nasce l’altra, poiché è la nuova obbligazione che, novando la precedente, la estingue. Donde evidente, in tal caso, il legame tra cessazione e ces­ sione. Qui la cessazione genera la cessione, ma fino a qqqndo la cessione non viene denunciata non si può dar luogo alla cessazione. Si tratta per­ ciò di un rapporto di interdipendenza. Una denuncia di cessazione non presentata dà come non avvenuta la cessione e coinvolge la piena respon­ sabilità del cessionario, che è ignorato dalla Finanza e deve sottostare al privilegio che l’art. 62 della legge accorda sui mobili e sulle merci che si trovano nell’esercizio. In questo caso veramente non si tratta di respon­ sabilità del cessionario sancita da disposizioni di legge; ma la respon­ sabilità è una conseguenza della mancata denuncia di cessazione e ces­ sione, che chiama in causa, volente o nolente, il nuovo esercente. In questo caso, mancando al nuovo esercente il riconoscimento della qualità di ces­ sionario, esso non soggiace alla responsabilità personale sancita dall’art. 63 della legge di r.m., ma risponde con i beni pervenutigli a seguito della cessione, in base all’art. 62. Poiché i casi sono due: o la cessione è denun­ ciata e quindi è produttiva di effetti o non è denunciata e quindi è im­ produttiva di effetti. In questo caso il cessionario, non avendo veste giu­ ridica di contribuente, risponde in luogo e nella misura del cedente. Nel primo caso invece ognuno dei due contraenti si trova di fronte alle pro­ prie dirette responsabilità. La responsabilità del cedente, come di qual­ siasi contribuente, è fissata dall’art. 62 e tale responsabilità riguarda le imposte già iscritte a ruolo; la responsabilità del cessionario è fissata dall’art. 63 e riguarda, come sappiamo, non solo le imposte già iscritte a ruolo, ma — sotto determinate condizioni — anche quelle che saranno iscritte: entrambe le responsabilità sono contenute nei limiti di tempo fissati dai rispettivi articoli.

Si abbia una cessione avvenuta il 1° luglio 1950 e denunciata in ter­ mini; l’imposta del 1950 iscritta nel ruolo principale, l’imposta del 1M9 e del 1918 iscritta nei ruoli suppletivi di I serie 1950 e l’imposta per il 1947 iscritta nei ruoli suppletivi di I I serie 1919, e siano dette imposte in parte o in tutto non ancora corrisposte al momento della cessione. L’esat­ tore può agire contro il cessionario per l’imposta dovuta per il 1950 e per

il 1949; contro il cedente, in via privilegiata, per tutte le imposte in ri­ scossione; ma poiché il privilegio colpisce solo i mobili e le merci atti­ nenti all’esercizio ceduto, sia che si trovino in casa (merci), sia che si trovino nell'esercizio (mobili e merci), praticamente viene a ridursi d’ef­ ficacia. Infatti, essendo l’esercizio passato al cessionario ed il cedente non più detentore dei mobili e delle merci in esercizio, il privilegio spe­ ciale si restringe alle merci che ancora si trovassero nell’abitazione del cedente. Quindi le due garanzie s’integrano sempre e qualche volta si som­ mano quando il cedente viene ancora a trovarsi in possesso dei beni sottoposti al privilegio. Il diritto dell’Amministrazione Finanziaria di accertare l’anno in corso ed i quattro precedenti può talvolta manife starsi un diritto privo di contenuto, in quanto mancante della garanzia necessaria perchè possa produrre gli effetti che la legge si prefigge. Un contribuente, quel tipo di contribuente contro cui la Finanza ha inteso premunirsi con gli articoli 62 e 63 della legge di ricchezza mobile, vistosi accertare il reddito di cinque anni, fino a quel momento occultati, e per cui non ha ancora pagato una lira d’imposta, reclama e, nelle more del giudizio, cede Msercizio e si crea uno stato d’insolvenza. Il cessionario sa che risponde soltanto di due annualità d’imposta (meno, se la ces­ sione avviene nel decorso dell’anno) e non di cinque e si cautela per lo scoperto. La Finanza vede sfumare così tre e più annualità d’imposta. Ed il giuoco potrebbe ricominciare. Poiché si tratta in questi casi di dare garanzia alla Finanza contro quei contribuenti che tentano ogni fi ode possibile pur di non pagare, non sarebbe inopportuno ampliare ulteriormente la responsabilità del cessionario, chiamandolo a garantire per tutte le imposte che il cedente ha lasciato insolute. Il cessionario, nel contrattare il prezzo d’acquisto, sa che deve tener conto di un de­ terminato ammontare d’imposta e può computarlo sia considerandolo un maggior prezzo di quello sborsato al cedente, se egli assume in proprio la responsabilità solidale di colui, sia considerandolo come un ammon­ tare da diffalcare dal prezzo di cessione e da trattenere presso di sé, per garantirsi dal pagamento delle imposte che gli può essere richiesto in luogo e per conto del cedente. Noi riteniamo che una disposizione in tal senso costituirebbe una ulteriore remora alle evasioni fiscali, perchè costringerebbe l’esercente o a pagare l’imposta o a liquidare prima che intervenga l’esattore. Ora è difficile trovare chi per guadagnare l’im­ posta rinunci al guadagno che gli può venire da una regolare cessione in confronto di una liquidazione, spesso affrettata per battere sul tempo l’esattore. Questa evasione comunque non sarebbe mai riuscita ad essere totale, perchè la riscossione dell’imposta risultava assicurata fino al­ l’ammontare della cauzione commerciale, in forza dell’art. 13 della legge 16 giugno 1939, n. 942; senonche, invece di rafforzare le garanzie per il pagamento dell’imposta mobiliare, si è provveduto ad un indebolimento con l’art. 1 della legge 12 luglio 1950, n. 591, che abolisce l’obbligo della cauzione già imposto per il rilascio di licenza di vendita al pubblico, sia all’ingrosso che al minuto, dall’art. 2 del r.d.l. 16 dicembre 1926, n. 2174 e per il commercio ambulante dall’art. 8 della legge 5 febbraio 1934» n. 327.

3. Estensione del privilegio. — E’ chiaro che il privilegio riguarda l’imposta dovuta per i redditi di categoria B e di categoria 0/1. Può ritenersi però che esso riguardi pure l’imposta dovuta sui redditi di categoria C/2 di rivalsa, dato che la legge parla di imposta dovuta in

dipendenza dell’esercizio. L’esercente che per l’imposta di ricchezza mo­ bile dovuta dai propri dipendenti assume la figura di sostituto d’imposta, pur senza esserne il soggetto passivo, ne è il debitore principale ed è l’unico soggetto tenuto all’adempimento dei doveri formali. Egli inoltre è tenuto all’obbligo della rivalsa, mancando la quale — e solo allora — il soggetto passivo dell’imposta viene chiamato direttamente in causa, senza per questo che il sostituto d’imposta possa richiedere la ripeti­ zione dell’imposta pagata, che viene in tal caso ad assumere nettamente la caratteristica di sanzione.

ITn dubbio può essere avanzato per quanto riguarda l’imposta do­ vuta per i redditi di categoria A (ex redditi di categoria B), in quanto procedenti da avulsione del cespite produttore dall’ordinario movimento di affari dell esercizio, dal momento che dall’esercizio stesso è avulso il cespite produttivo del reddito su cui grava l’imposta. Con l’avulsione il rapporto cespite produttore — reddito — imposta rimane immutato, ma viene sostanzialmente mutato il rapporto di coordinazione tra quel cespite produttore ed il complesso aziendale, che costituiva in origine il pressuposto oggettivo dell’imposta di categoria B.

4. Limiti del privilegio nello spazio. — Il diritto di prelazione è limitato nello spazio, perchè non su tutti i beni predisposti alla pro­ duzione del reddito, dovunque essi si trovino, esso si esercita, bensì soltanto sui mobili che si trovano nell’esercizio e sulle merci che si tro­ vano tanto nei locali d’esercizio quanto nell’abitazione del contribuente e che servono all’esercizio stesso. Mobili e merci, in forza del diritto reale sancito a favore dello Stato, rispondono dell’imposta a chiunque si appartengano. Per 1 esistenza del privilegio non interessa perciò che i beni predetti siano di proprietà del soggetto passivo dell’imposta, salvo che non si tratti di oggetti rubati o smarriti o di merci in transito mu­ nite di bolletta doganale, interessa bensì la loro ubicazione. Ma i beni mobili assoggettati al privilegio sono quelli esistenti nei locali desti­ nati all’esercizio e che servono all’esercizio stesso. Quindi non basta badare alla loro ubicazione. Una ulteriore limitazione è posta dalla loro destinazione. Essi debbono essere beni strumentali per la produzione del reddito. Però ad escludere il privilegio non basterà dimostrare che un determinato mobile non è strettamente attinente all’esercizio; occorrerà dimostrare invece che esso è assolutamente inutile all’ercizio. Analoga­ mente avviene per le merci che si trovano nei locali d’esercizio e nell’abi­ tazione del contribuente. Esse debbono essere attinenti all’esercizio. La legge parla semplicemente di merci che si trovano, ma riteniamo sia indispensabile all’esistenza del privilegio, per il rapporto che esiste tra merci dell’esercizio e reddito dell’esercizio e quindi tra merci ed imposta, l’attinenza delle merci all’esercizio; occorre cioè che le merci

Questa ulteriore limitazione del privilegio, ammessa da molti scrittori e clie trova il suo fondamento nella logica della disposizioine legislativa, non può farsi facilmente valere, per la difficoltà di dimostrare che si tratti di merci effettivamntè estranee all’esercizio. Si potrebbe affermare facilmente che non esistono merci estranee all’esercizio se in quell’eser­ cizio rinvenute; mentre uguale affermazione non può farsi per le merci rinvenute nell’abitazione del contribuente: basterà che questi dimostri che si tratta di merci che non furono mai prodotte o commerciate nel­ l’esercizio per cui si riscuote l’imposta. Mobili e merci, al momento del­ l’esecuzione, debbono però essere in possesso del debitore, per potersi esercitare il privilegio. Ohe il debitore dell’imposta non ne sia il pro­ prietario è irrilevante per l’esercizio del privilegio; indispensabile è che ne sia il detentore. « Il privilegio, non essendo un diritto di garanzia

reale, come il pegno e l’ipoteca, sibbene soltanto causa di preferenza di fronte ad altri creditori, non può esercitarsi di regola se non in quanto i beni, sui quali cade, si trovino tuttora in proprietà e possesso del de­ bitore al momento dell’esecuzione : sui beni legalmente alienati il pri­ vilegio più non sussiste, salvo che esso si riconnetta ad un credito avente carattere di onere reale » (2), quale è appunto il caso del privilegio sta­ bilito dall’art. 62 di ricchezza mobile sulle cose che ne sono colpite, per cui basta la semplice detenzione da parte del debitore.

Dal principio che i mobili dell’esercizio commerciale sono soggetti al privilegio solo per il fatto di trovarsi nell’esercizio, consegue che è in­ differente l’epoca in cui i mobili siano acquistati da terzi. Che ciò sia pacifico emerge dallo stesso disposto dell’art. 62: il privilegio sussiste anche se i mobili e le mercanzie non sono di proprietà del debitore. Quello che conta è la loro ubicazione e, sotto certi riguardi, la loro destinazione. Se così non fosse sarebbe facile la frode, intestando i mobili dell’eser­ cizio ad un compiacente terzo con un fìnto contratto di vendita, anteriore non solo alla pubblicazione del ruolo, ma all’accertamento del reddito, sottraendo così al privilegio imposto dalla legge quei mobili che servono a produrre il reddito. Espediente questo che sarebbe d’altra parte fru­ strato qualora si ammettesse, come abbiamo altrove sostenuto (3), la prevalenza del soggetto economico dell’azienda sul soggetto giuridico, perchè si potrebbe fondatamente concludere che l’intestatario dell’eser­ cizio in tali casi starebbe semplicemente a fare da paravento al proprie­ tario dell’esercizio.

Altresì è indifferente che i mobili che servono all’esercizio e le merci che si trovano nei locali addetti all’esercizio o in casa del contribuente non siano di proprietà del contribuente stesso; perciò per l’esercizio del privilegio non è necessario indagare se l’imposta sia dovuta sul red­ dito prodotto nel tempo in cui i mobili siano serviti all’esercizio, o sia

(2) Dusi, Istituzioni di diritto civile, voi. II, pag. 195. Ed. Giappichelli, Torino, 1944.

(3) Rivista di dir. fin. e Se. delle finanze, 1952, fase. 2 : La franchigia nelle

dovuta sul reddito dipendente dallo stesso esercizio, ma prodotto in altro tempo o in altro locale. L’unità dell’esercizio non viene meno col muta­ mento del locale, il quale non modifica affatto il rapporto giuridico d’im­ posta esistente, che tiene esclusivamente conto del contenuto speciale dell’industria o commercio e delle persone nel cui interesse (soggetto economico) — non nel cui nome (soggetto giuridico) — quella o questo

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