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3. Il business del settore calcio

3.10 E i piccoli club?

Ci siamo intrattenuti fino ad ora con tante belle parole e tanti bei propositi, ma abbiamo quasi sempre parlato di società importanti che hanno fatto la storia del calcio grazie ai risultati conseguiti sul campo.

Club storici che muovono milioni di tifosi (o meglio, fruitori del prodotto calcio), con bacini di utenza larghissimi, quasi infiniti e indefiniti.

Queste società, però, rappresentano solo una piccola percentuale delle società appartenenti al mondo del calcio professionistico, composto per la maggior parte da società piccole o medie.

I piccoli club non hanno, per ovvi motivi, le capacità, le competenze, l'organico e la forza necessarie per poter ragionare in grande, e si trovano a doversi confrontare con una realtà ben diversa da quella descritta per Real Madrid, Barcellona, Bayern

Monaco, Manchester United, ecc.

Piazze come Cesena, Chievo Verona o Empoli, per citarne tre tra quelle ai nastri di partenza della Serie A 2014/2015, difficilmente riescono a mettere il naso al di fuori del contesto della propria città, con tutti i problemi e le difficoltà che ciò comporta. Il bacino di utenza è molto limitato, e il database di tifosi/clienti molto povero. Molte delle strategie di marketing di maggiore successo sono legate ad un pubblico vastissimo, che conferisce loro una risonanza poderosa.

Anche le comunicazioni di massa hanno poco successo in questi casi, poiché vi è quasi una conoscenza diretta, se non dei singoli tifosi, almeno dei vari gruppi e della loro provenienza.

Tutte queste sono metodologie che, quando si è alla guida dei progetti di marketing o si devono coordinare le sponsorizzazioni di un piccolo club, è bene accantonare, concentrando l'attenzione maggiormente su ciò che di più concreto e visibile si interpone tra i tifosi e la squadra.

Un percorso non sempre facile, costellato di difficoltà e di mine vaganti, spesso

impervio, ma allo stesso tempo uno dei percorsi che può dare maggiori soddisfazioni in termini di crescita raggiunta.

tangibili partendo da una società piccola e poco strutturata piuttosto che vedere miglioramenti consistenti in un club già all'apice del successo.

Quindi, quali sono gli appigli ai quali i piccoli club possono aggrapparsi per strutturare una campagna di marketing e gestire le sponsorizzazioni massimizzando i ricavi commerciali in maniera comunque soddisfacente?

Sono essenzialmente due le leve di riferimento che non dovrebbero mancare nello sviluppo dei progetti dei club medio-piccoli: l'appoggio della Lega di appartenenza e lo sviluppo di tutto ciò che si interseca con il marketing territoriale.

Se, da una parte, in Inghilterra hanno saputo creare un prodotto di eccellenza massimizzando a livelli estremi il connubio tra i club partecipanti e il brand Premier League, affiancando in primo luogo i marchi e successivamente sviluppando campagne di marketing congiuntamente, l'Italia, d'altra parte, non ha mai evidenziato una

considerevole unità di intenti e un riconoscimento forte di tutti i club nell'organo della Lega Serie A. Inoltre, non si è mai pensato di sviluppare campagne di marketing

sfruttando l'appeal del brand della Lega Serie A o, perlomeno, lo si è fatto in misura molto minore dell'ideale.

Va da sé che se la Lega Serie A, organo forte e riconosciuto a livello mondiale, apporterebbe un grosso valore aggiunto nel caso in cui decidesse di affiancarsi alle politiche di marketing e di sviluppo del brand dei piccoli club, permettendo l'utilizzo congiunto dei due marchi e lo sfruttamento del naming per accrescere l'appeal generale sul club e sulle sue attività.

Tutto ciò si configurerebbe come un appoggio ad un club da parte di un ente

sovrastante e, soprattutto nelle condizioni di difficoltà economica che caratterizzano il particolare periodo storico, risulterebbe di vitale importanza per il raggiungimento di risultati sempre migliori e di una maggiore brand identity anche di club come quelli precedentemente portati ad esempio (Cesena, Chievo Verona, Empoli).

Dall'altro lato, la leva del marketing territoriale rimane un valido strumento a disposizione del management delle piccole società di calcio professionistico.

Il riconoscimento del tifoso con i valori e la cultura di un territorio sono parametri più importanti di quanto si possa immaginare.

Per le persone appartenenti ad una certa popolazione o di una certa cultura, ritrovare i valori ispiratori della propria vita e della propria quotidianità anche nella condotta del

club di calcio risulta molto di impatto e di grande effetto.

Questa tendenza è molto più avvertita all'estero piuttosto che in Italia.

Proviamo a pensare al senso di appartenenza dei tifosi del Barcellona, i quali si riconoscono appieno nel popolo catalano e nella cultura e nelle tradizioni di questa regione della Spagna.

L'orgoglio di appartenere a tale regione si intensifica se anche la propria squadra del cuore ragiona in questi termini e fa della coltivazione del vivaio catalano il suo credo. Anche un altro club, l'Athletic Bilbao, si contraddistingue per l'elevatissimo grado di riconoscimento del tifoso con il club e il suo agire e per lo smisurato senso di

appartenenza che guida tanto i tifosi, quanto il club (tutti i giocatori che approdano in prima squadra sono ragazzi cresciuti a Bilbao).

Esempi che si possono definire esclusivamente utopistici per qualunque club in Italia. Forse, piano piano, qualcosa si sta comunque muovendo.

Le cosiddette provinciali stanno via via intensificando il proprio legame con il territorio e con gli abitanti dello stesso, che nella maggior parte dei casi, sono lo zoccolo duro dei tifosi più fedeli.

Le campagne abbonamenti improntate su di loro e sui loro dialetti, iniziative di

entertainment ed eventi creati ad hoc per avvicinare la squadra alla tradizioni paesane e agli scorci più importanti della città, sono alcune delle attività di cui da qualche anno hanno dovuto iniziare ad occuparsi gli uffici marketing dei piccoli club.