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ERRORE RISCONTRATO NEI CASI ACCOLT

4) Disservizio: comprende un ristretto numero di casi (n 7, di cui 5 accoglimenti) in cui alcuni pazienti, che avevano prenotato visite ambulatoriali o altre

4.1 E PIDEMIOLOGIA DEI SINISTR

Dall’analisi della casistica inerente il periodo di gestione diretta dei sinistri scaturiscono alcune osservazioni che sembrano ovvie e tuttavia meritevoli, quantomeno, di un minimo di enfatizzazione. Anzitutto, considerato in assoluto il numero dei sinistri per cui è richiesto un risarcimento (media annua di 190 casi), nel confronto con il numero complessivo di prestazioni annue (nel 2015 sono state registrate: 53.381 ricoveri in degenza ordinaria; 47.947 accessi Day Hospital - Day Surgery, 127.676 accessi al Pronto Soccorso, circa 8.464.010 prestazioni ambulatoriali e diagnostiche) non può che notarsene la sostanziale esiguità (Incidenza: prestazioni -10.000.000/anno per 190 sinistri circa) = 0,00019% = 19: 1.000.000 prestazioni). Tale dato, ulteriormente merita enfasi appropriata, ricordando come circa il 20% è da riferire a sinistri di matrice extrasanitaria. Almeno per le strutture pubbliche, poi, non essendo nota la casistica di istanze risarcitorie per quanto attiene l’attività sanitaria libero-professionale, la sinistrosità annuale non mostra incrementi sostanziali ed anzi una tendenza evidentemente contraria, sostanzialmente in linea, peraltro, con quanto pubblicato nell’ultimo report Marsh, basato sull’analisi del contenzioso sanitario di 55 strutture ospedaliere italiane nel periodo compreso tra il 2004 ed il 201523 e dal report ANIA del 201424.

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esplorabili, essendo, tuttavia, indubbio che un almeno parziale conseguimento degli obiettivi sopra richiamati non può non aver inciso positivamente sulla considerazione dell’utenza verso la struttura sanitaria. È ben vero, d’altronde, che la casistica relativa ai sinistri denunciati non può identificarsi tout court con l’alternativa assenza di difetti di condotta o di danneggiamenti, che, per diverse motivazioni, non pervengano alla conoscenza degli organismi di contenzioso. Anche vero è, peraltro, che all’osservazione del CGS di Careggi pervengono anche le istanze presentate all’Ufficio Relazioni con il Pubblico, che non si associano sempre ad istanze risarcitorie, ed anch’esse sono assai contenute per anno, a dimostrazione che anche gli interventi indirizzati alla gestione del rischio clinico riescono ad ottenere positivi risultati nel limitare l’eventuale insoddisfazione dell’utenza.

In relazione ai tempi di chiusura della pratica, indubbiamente uno degli strumenti più indicativi per valutare l’efficienza di un CGS, appare doverosa la puntualizzazione circa le motivazioni per cui una percentuale importante di casi (44%) risulti ancora in via di definizione, condizione ascrivibile essenzialmente ai tempi di attesa di accordo con il legale, all’attesa di documentazione clinica richiesta o della stabilizzazione dei postumi, al sequestro di cartelle cliniche in corso di procedimento penale e all’attesa del parere dell’area tecnica nel valutare l’appropriatezza dei luoghi all’esterno di Careggi ove sono avvenute cadute o danni a cose: tali dati, esplicativi delle motivazioni che tendono a dilatare i tempi di gestione delle pratiche, se da un lato rappresentano un ambito sul quale riflettere al fine di apportare, ove possibile, perfezionamenti organizzativi, dall’altro inducono a ritenere, alla luce di tempi di chiusura che appaiono fin d’ora decisamente migliori rispetto alla precedente gestione assicurativa, che un primo obiettivo – quello relativo ad una solerte definizione dei casi – può già considerarsi raggiunto.

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siano riportate tempistiche di ben 4,93 anni per la chiusura di casi stragiudiziali e 6,5 anni per i procedimenti civili25, con un minimo riportato da altri autori di circa 18-19 mesi26, mentre ulteriori studi indicano una media complessiva di 4 anni, scesa a 2,4 anni dopo l’introduzione dei “Seven Pillars”, una metodologia analitica di approccio al contenzioso27, dovendosi pertanto valorizzare in maniera eminentemente positiva il dato della realtà fiorentina.

In termini di numero di sinistri per tipologia di disciplina, l’incidenza percentuale ricalca solo parzialmente le statistiche generali Marsh28, che vedono l’Ortopedia come primo reparto per sinistrosità, seguita da Chirurgia Generale, Pronto Soccorso e Ostetricia- Ginecologia, laddove nella casistica fiorentina le richieste di risarcimento a carico esclusivamente dei sanitari del Pronto Soccorso rappresentano una quota del tutto trascurabile e residuale del totale (n. 9 casi – 1% dei sinistri sanitari), a fronte di 152 casi ortopedici, 143 casi di chirurgia generale e 81 casi ostetrici.

Tali dati risultano sostanzialmente in linea sia con altre realtà italiane29, sia con studi omologhi internazionali: relativamente a questi ultimi, sebbene negli anni recenti l’attenzione si sia marcatamente spostata sull’aspetto economico e sulla tipologia di errore piuttosto che sulla disciplina coinvolta30, una delle più autorevoli ricerche americane sull’argomento, risalente al 2006, mostra una sinistrosità per disciplina sovrapponibile alla nostra realtà locale31, al pari di uno studio tedesco effettuato in tempi più recentemente su casistica giudiziaria32, mentre un’analoga ricerca cinese ha invece evidenziato un trend più vicino a quello del report Marsh, con l’Ostetricia a guidare l’elenco dei reparti maggiormente sinistrosi33.

Per quanto riguarda i procedimenti penali, da sottolineare come questi siano numericamente poco rilevanti nell’insieme di tutti i casi di ipotetica responsabilità professionale giunti alla nostra attenzione. La distribuzione nel tempo appare fluttuante,

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non essendovi evidenza di correlazione tra tipologia di danno e ricorso alla corte penale, andando a supportare l’ipotesi che vi sia sostanziale disinteresse nell’adire l’azione penale (con particolare riferimento alle lesioni personali colpose, la cui perseguibilità, giova ricordare, è a querela della Persona Offesa), in ragione di una scarsa personalizzazione della lite e di una mancanza di convenienza per la Parte, essendo ormai acclarato che l’azione penale non rappresenta in alcun modo un elemento di stimolo a vantaggio di una più rapida e/o favorevole risoluzione della controversia in sede civilistica.

Relativamente alla casistica extrasanitaria, il capitolo più rilevante dal punto di vista statistico risulta essere quello inerente le cadute all’esterno degli edifici dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria, ovvero quelle avvenute in prossimità degli stessi, ma all’esterno dei reparti. Risulta necessario sottolineare come tali casi interessano la Medicina Legale per quanto attiene la valutazione del danno eventualmente riportato, in quanto il parere sulla sussistenza o meno della cosiddetta “insidia” del manto stradale risulta essere di competenza dell’Area Tecnica dell’Azienda.

Al riguardo la Giurisprudenza è ricca di riferimenti, in particolar modo sulla sua definizione appare opportuno ricordare una Sentenza della Corte Costituzionale che recita che per insidia “… deve intendersi una situazione di fatto che rappresenti un pericolo occulto per l’utente della strada aperta al pubblico, evidenziata dal carattere oggettivo della non visibilità e da quello subiettivo della non prevedibilità del pericolo”34. La nozione di insidia stradale viene pertanto a configurarsi come una sorta di figura sintomatica di colpa, elaborata dall’esperienza giurisprudenziale mediante sperimentate tecniche di giudizio, in base ad una valutazione di normalità.

Appare utile, dunque, a fronte di un eventuale richiesta di risarcimento, sottolineare la differenza tra insidia e caso fortuito, ove quest’ultimo rappresenta un evento non prevenibile e non prevedibile da parte dell’Azienda che, pertanto, non ne risponde: nel

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caso invece di un’insidia, posti i predetti richiami definitori, una volta che il danneggiato avrà dimostrato la natura del danno riportato a seguito di una condizione da lui reputata insidiosa, spetterà all’Azienda stessa dimostrare, ove possibile, di non aver potuto rimuovere la situazione di pericolo.

Sul tema è bene precisare come tale situazione possa verificarsi anche negli ambienti interni degli edifici ospedalieri: la casistica dell’AOUC, infatti, ha messo in evidenza situazioni in cui si è verificato un danno a carico di soggetti degenti presso l’Azienda in conseguenza di una caduta causata da biancheria lasciata a terra o di pavimento bagnato, eventi da considerarsi anche questi come prevedibili e prevenibili, nei casi in cui sia accertata la inadempienza della ditta incaricata alle pulizie o di chi deve sorvegliare su questa.

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