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di Pier Federico Barnaba

Dipartimento di Scienze della Terra – Università Studi di Milano.

APVE – Associazione Pionieri e Veterani Eni; federico.barnaba@alice.it



Parole chiave ThIST: Italia, esplorazione petrolifera, stoccaggio del gas, impianto

sotterraneo, campo ad olio e gas, produzione, riserva, storia, Ente Nazionale Idrocarburi*

Keywords ThIST: Italy, petroleum exploration, gas storage, underground installations,

oil and gas fields, production, reserves, history, Ente Nazionale Idrocarburi*

Abstract - Historic outline on petroleum exploration in Italy

Petroleum exploration has been active in Italy since the second half of XIXth century, particularly in the Northern Appennines, where the oil seepages were very frequent. Agip was founded in 1926 and a very big success was the gas discovery of Caviaga, near Lodi, in 1944, the first large gas field in Western Europe.

In 1945 Enrico Mattei was encouraged to continue the exploration in the Po Valley, where the new seismic technology revealed many other interesting structures for the hydrocarbons exploitation.

The new gas discoveries pushed forward the birth of the natural gas industry in Italy and in Europe.

In 1953 Eni, Ente Nazionale Idrocarburi, was founded with Mattei as President. Oil and gas exploration was progressively developed in Central and Southern Italy through some international joint-ventures, with oil success in Sicily (Ragusa, Gela) and gas discoveries in the Northern and Central Adriatic Sea (Ravennate).

In 1959 the offshore exploration activity was opened. Subsequently new research plays were pursued, as Mesozoic carbonates, and good results were reached with Malossa oil field, Villafortuna-Trecate oil field, Val d’Agri, a group of oil fields, and Aquila oil field, completed in very deep waters.

The best period for exploration and production in Italy was the 1980’s decade. Afterwards, particularly between 1996 and 2010, the petroleum exploration in our Country went through a progressive decline. The 126 exploratory wells drilled in Italy in 1986 were reduced to 10 in 2005 and to 4 in 2011. Natural gas production decreased from 20,6 billion cubic meters produced in 1996 to 11 billion cubic meters in 2006 and to 8 billion in 2010.

Oil production was 5,2 millions tons in 1995 and 4,4 millions tons in 2010. The gas production decline and its consumption increase generated a substantial development of underground gas storage in depleted fields performed in some regions of Italy.

However, the actual Italian hydrocarbons reserves to be exploited are still important; potential gas reserves are estimated up to 120-200 billions cubic meters, while potential oil reserves are valuated between 0,4 and 1 billions barrels.

A particularly unlucky year for petroleum activities was 2010, when Macondo disaster in Gulf of Mexico dramatically affected the hydrocarbons industry around the world, causing anywhere hard restrictions to offshore upstream operations.

Il nostro Paese, pur non rientrando tra i grandi produttori di idrocarburi del mondo, ha vissuto in maniera particolarmente attiva le varie fasi di sviluppo dell’esplorazione petrolifera in questi ultimi 150 anni, partecipando in prima fila alla nascita ed all’evoluzione delle tecnologie applicate agli idrocarburi, con il risultato di poter disporre oggi di un notevole patrimonio energetico, rappresentato dai giacimenti di gas e di petrolio scoperti.

Nonostante la complessità geologica che caratterizza il territorio, sono oltre 450 i giacimenti finora rinvenuti in Italia, in terra e in mare; alcuni di questi sono ormai esauriti, ma la maggior parte sono in piena attività di coltivazione e altri ancora sono in attesa di entrare in produzione. L’Italia, secondo recenti valutazioni, possiede ancora nel proprio sottosuolo un volume di riserve di idrocarburi superiore a quasi tutti gli altri Paesi dell’Europa Occidentale. É tuttavia da ricordare che, nonostante questa invidiabile situazione, gli idrocarburi che vengono estratti dal nostro sottosuolo sono in grado di soddisfare soltanto parzialmente i consumi energetici nazionali, per cui il ricorso all’importazione dall’Estero è irrinunciabile.

Rivolgendo lo sguardo al passato, la storia dell’esplorazione petrolifera italiana ebbe inizio nella seconda metà del 1800 con qualche iniziativa isolata nell’Appennino emiliano (Ozzano, 1860) ed in Abruzzo (Tocco Casauria). L’abbondanza di manifestazioni superficiali di idrocarburi presenti sul suolo italiano sollecitò l’interesse e l’intervento di molti geologi in campo internazionale.

Nei primi anni del 1900 la SPI, Società Petrolifera Italiana di Fornovo-Parma, temporaneamente associata alla Esso, si rese promotrice e protagonista della ricerca e della produzione petrolifera

italiana, ottenendo apprezzabili risultati, con

l’impiego della perforazione a percussione, sostituita successivamente dal sistema a rotazione.

Nel 1926 lo Stato decise di intervenire nell’esplorazione petrolifera e costituì l’Agip che avviò una serie di campagne di ricerca non solo in Italia, ma anche in vari Paesi esteri: Albania, Romania, Libia, Eritrea, Somalia e Iraq. I risultati furono modesti, dati anche i mezzi di indagine del sottosuolo allora disponibili; i pozzi esplorativi venivano infatti ubicati in base ai soli dati geologici di superficie, con un contributo molto limitato della geofisica.

Un deciso passo avanti nelle tecniche esplorative fu determinato all’inizio degli anni 1940 dall’impiego del rilevamento sismico a riflessione, mediante il quale fu possibile acquisire, con l’indagine diretta in profondità, una migliore conoscenza delle caratteristiche strutturali del sottosuolo. Un primo grande successo di questo nuovo metodo geofisico si ebbe in Pianura Padana da parte dell’Agip, con la scoperta nel 1944 del giacimento gassifero di Caviaga presso Lodi, che fu il primo grande giacimento a gas scoperto

nell’Europa Occidentale.

Un anno dopo, nell’aprile 1945, con la nomina di Enrico Mattei a Commissario Straordinario, l’Agip diede ampio sviluppo alle ricerche in Pianura Padana che condussero all’individuazione di alcuni nuovi giacimenti, tra i quali Cortemaggiore, e da questi nacque la spinta che portò successivamente l’Italia a diffondere l’impiego del gas naturale, nuova importante fonte di energia, sia nell’ambito industriale che in quello urbano e domestico, attraverso la rete di condotte messe via via in opera dalla Snam.

Nel corso degli anni 1950 l’esplorazione petrolifera fu estesa anche al di fuori della regione Padana, che era un’area di esclusiva Agip, con l’obiettivo di esplorare nuovi temi di ricerca, quali le Prealpi friulane (Pozzo Bernadia), l’Appennino

marchigiano-abruzzese (Burano, Gubbio) la Fossa bradanica e alcune particolari situazioni

geologiche in Sicilia (Bacino interno e Bacino Pelagico al sud).

Nel 1953 fu istituita l’Eni, con Mattei alla Presidenza.

Seguirono numerose scoperte di gas nella Padana centro-orientale ed in Sicilia (Gagliano) e di olio a Ragusa (Gulf 1953), Gela (Agip 1956), Cigno (Gulf 1957), Vallecupa (Somicem-Agip 1957).

Nel 1959 si registrò un ulteriore importante passo avanti nell’esplorazione, con l’apertura della ricerca in mare e l’Italia anche in questa occasione fu ancora all’avanguardia; il primo pozzo offshore in Europa fu eseguito al largo delle coste siciliane, con lo scopo di controllare l’estensione in mare del giacimento di Gela (Agip 1959) cui seguirono, anni più tardi, i successi di Perla e Vega.

Fig.2 – Sezione sismica a riflessione (1945).

Fig.3- Perforazione del pozzo Burano, nell’ Appennino marchigiano (Somicem-Agip 1955).

La nuova legge sull’offshore incentivò la ricerca e portò a numerose e importanti scoperte di gas nell’Adriatico Ravennate, in particolare Ravenna Mare sud, Cervia Mare, Porto Garibaldi, Porto Corsini Mare ovest (Agip 1963-68) e nell’Adriatico Centrale, con il giacimento di S. Stefano Mare (Elf 1967).

Un’altra data da ricordare per la storia petrolifera mondiale fu quella dell’ottobre 1973 che, con la

guerra del Kippur tra Israele ed Egitto, causò un sostanzioso aumento del prezzo del greggio e diede nuova linfa alle ricerche.

Alla fine del 1973 l’Agip pervenne alla scoperta del giacimento a olio di Malossa (Treviglio) ad oltre 5.500 metri di profondità, nelle dolomie liassico-triassiche, aprendo così alla ricerca un nuovo tema esplorativo che consentì all’Agip di scoprire, undici anni più tardi, nel 1984, il più grande giacimento petrolifero

terrestre dell’Europa Occidentale, il giacimento di Villafortuna-Trecate, ad oltre 6.000 metri di profondità. Nel 1981 il pozzo Costa Molina 1 (Potenza) aprì all’interesse internazionale un altro obiettivo minerario, quello delle formazioni calcaree della Piattaforma Apula, che anni dopo furono rinvenute ampiamente mineralizzate ad olio nei giacimenti di Monte Alpi e di Tempa Rossa (Val d’Agri)in Basilicata, scoperti rispettivamente da Eni e Shell nel 1988 e dalla joint-venture Total, Exxon, Mobil nel 1989. Nell’offshore calabrese era stato nel frattempo scoperto il giacimento gassifero di Luna, nelle acque di Crotone.

Nei primi anni 1990 fu eseguito dall’Agip il primo pozzo in acque profonde oltre 800 metri, che scoprì il giacimento a olio di Aquila, al largo delle coste pugliesi.

Alla fine degli anni 1980 la produzione nazionale annuale di olio e gas raggiunse i 20 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio che, in Europa Occidentale, risultavano inferiori soltanto a Olanda e Regno Unito.

Fig.4 – Piattaforma di perforazione offshore.

Nel corso degli anni 1990 si registrò un progressivo rallentamento delle iniziative dell’esplorazione, mentre si intensificarono le operazioni di sviluppo e produzione, nonché le attività per lo stoccaggio del gas nei giacimenti esauriti o in via di esaurimento (Sergnano, Settala, Cortemaggiore, Minerbio e altri).

Nel gennaio 1997 furono liberalizzate le ricerche in Pianura Padana, a beneficio delle Compagnie straniere e delle minori, ma ciò non servì a rilanciare sensibilmente l’esplorazione. Si verificò invece l’abbandono temporaneo dell’Italia da parte di alcune importanti rappresentanze straniere: Shell per prima, seguita da Total, Elf, Chevron, Texaco, Lasmo.

Le cause di questi abbandoni vengono fatte risalire ai vari ostacoli burocratici ed ai tempi eccessivamente lunghi di attesa delle autorizzazioni da parte delle Autorità competenti; un esempio: il giacimento di Tempa Rossa, scoperto nel 1989, non entrerà probabilmente in produzione prima del 2012. In questo clima decadente si inserisce l’arresto forzato alla produzione di una quindicina di giacimenti a gas scoperti nell’Alto Adriatico, consistenti in 28 miliardi di mc di riserve, che fu deciso nel 1983 per motivi di rischio ambientale (subsidenza), a protezione delle aree costiere; è un blocco della produzione, forse eccessivamente prudenziale, che è tuttora vigente.

Le attività di ricerca furono proseguite, seppure con intensità ridotta, negli anni 2000 e portarono alla scoperta di qualche nuovo giacimento: Panda, nel Canale di Sicilia, a olio; Miglianico, in Abruzzo, a olio; Capparuccia e Anna Maria, nell’offshore Adriatico centrale, a gas. Nel 2006 furono scoperti 9 giacimenti, 3 nel 2007, 4 nel 2008, nessuno nel 2010.

Nel 2009, in attesa dello snellimento delle procedure burocratiche, risultavano già predisposti per l’esecuzione da parte delle Compagnie, tra le quali alcune “juniors” straniere, ben 58 progetti esplorativi, buona parte dei quali sono ancora in attesa di divenire operativi.

Nel 2010 venne decisa la costituzione di un’Agenzia, a livello Ministeriale, destinata ad occuparsi delle attività riguardanti le risorse minerarie e la sicurezza delle attività estrattive; il progetto prevede anche una nuova normativa per la valorizzazione delle riserve. É una decisione che fa seguito al drammatico blow out

dell’aprile 2010 avvenuto nel pozzo Macondo, nel Golfo del Messico, incidente che ha sconvolto l’intera industria degli idrocarburi, sia dal punto di vista dei riflessi sull’ambiente che dei rischi e delle responsabilità connesse con le attività operative. Le conseguenze di questo incidente sono ricadute su tutto il mondo dell’offshore e quindi anche in Italia, dove è stata decisa una drastica riduzione delle aree costiere aperte all’esplorazione ed alla produzione; da qui le immaginabili conseguenze negative sugli investimenti e sulla produzione. L’attività prevista nel 2011 risulta infatti limitata a 4 pozzi esplorativi e 14 pozzi di coltivazione.

Conclusioni

Riassumendo, dopo un avvio incerto registrato nella seconda metà del secolo XIX, l’esplorazione petrolifera in Italia ha avuto un importante sviluppo, maturato sulla base delle esperienze via via acquisite e con l’adozione di tecniche sempre più evolute; si è giunti così ad un periodo di massimo successo tra gli anni 1960 e la fine degli anni 1980.

A questo felice periodo ha fatto seguito un lento e continuo declino, negli anni 1990 e 2000, dovuto ad un progressivo rallentamento delle attività esplorative e di conseguenza di quelle legate alla produzione. I motivi di questo decadimento sono di varia natura: calo dell’interesse minerario del nostro Paese, rapporti non sempre facili tra Compagnie petrolifere ed Autorità, anche in relazione alle problematiche

ambientali, oltre a quelle di natura economica e gestionale; in questi ultimi anni si è aggiunto un notevole appesantimento dovuto alla crisi economica mondiale.

Non si possono poi dimenticare le possibili ripercussioni negative sull’attuale situazione causate dall’arresto delle attività di coltivazione dei giacimenti dell’Alto Adriatico e dagli interventi normativi conseguenti al triste episodio del Golfo del Messico. Saranno certamente necessari nuovi stimoli per ridare vigore alla ricerca di idrocarburi in Italia.

In questo panorama, attualmente non entusiasmante, del nostro mondo petrolifero, ci incoraggia ricordare che l’Eni, Ente Nazionale Idrocarburi, occupa un rispettabile sesto posto nella classifica dei grandi gruppi petroliferi, dopo Exxon-Mobil, Shell, BP-Amoco, Chevron-Texaco e TotalFinaElf, con una produzione complessiva, derivante dalle attività in Italia e in vari altri Paesi, che si sta avvicinando ai 2 milioni di barili equivalenti di petrolio al giorno.

Con l’ausilio delle elaborazioni di Assomin, Associazione Mineraria Italiana, riportiamo ora, qui di seguito, un insieme di dati statistici che evidenziano alcuni particolari aspetti delle attività svolte in questi ultimi decenni nell’ambito italiano degli idrocarburi.

Pozzi esplorativi: 126 eseguiti nel 1986, 8 nel 2002, 10 nel 2005.

55.000 metri perforati nel 2000, 24.000 nel 2001.

Produzione: la produzione complessiva di olio e gas copre attualmente circa il 7%

della domanda italiana di energia e il 9% del fabbisogno di idrocarburi.

Alla fine del 1998 erano stati prodotti 830 milioni di barili di olio e 650 miliardi di metri cubi di gas.

Nel 2001 i pozzi in produzione di idrocarburi erano 1.200; nel 2010 erano 770, di cui il 25% in offshore.

Nel 2010 le piattaforme in mare erano complessivamente 120.

La produzione annuale di olio: 5,2 milioni di ton nel 1995; 4,6 nel 2000; 4,4 nel 2010.

La produzione annuale di gas: 20,4 miliardi di mc nel 1995; 16,8 nel 2000; 12 nel 2005; 8 nel 2010.

Riserve (certe + possibili): 1,9 miliardi di barili di olio e 550 miliardi di mc di gas nel

2000; 1,8 miliardi di barili di olio e 350 miliardi di mc di gas nel 2011.

Investimenti: 900 milioni € nel 1998; 500 milioni € nel 2003; 880 milioni € nel

Prezzo del greggio: inferiore a 2 $/b fino al 1973; 40 $/b nel 1980; oscillazioni con

discesa fino a 10 $/b tra 1981 e 1998, poi risalita in seguito all’accordo tra Arabia S. e Iran; mediamente 80 $/b nel 2010; previsione 2011: 93 $/b.

Fig. 6 - Giacimenti di idrocarburi e rete dei metanodotti in Italia. Bibliografia

ASSOMINERARIA (1999) - “L’Italia, Paese di Idrocarburi”.

ASSOMINERARIA (1998-2011) - “Notiziario mensile dell’Associazione Mineraria Italiana”.

BARNABA P. F. (1998) - “Geologia degli Idrocarburi”, Università Studi Milano. ENI-AGIP DIVISION (2001) - “Advanced Technologies”.

ENI’S WAY (2004) - “Gli idrocarburi: origine ricerca e produzione”. MAGINI M. (1976) - “L’Italia e il petrolio tra storia e cronologia”.

NOVELLI L. E SELLA M. (2009) - “Il petrolio, una storia antica”, Silvana Editoriale. PIERI M. (1992) - “Petrolio”, Zanichelli.

In collaborazione con:

Università Studi di Milano – Dipartimento di Scienze della Terra Associazione Pionieri e Veterani Eni – APVE - San Donato Milanese

ISPRA, Roma: Convegno Geoitalia 2011 “Uomini e ragioni: i 150 anni della geologia dell’Italia unitaria”