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43 Poichè sotto la prima ipotesi si assume la perfetta dispersione del soluto

attraverso la validità della regola della leva, è possibile ricondurre la legge di conservazione della concentrazione di soluto sotto le ipotesi di validità dello schema (a), ritenendo quindi ancora validale l’equazioni (1.87)-(1.88).

Per descrivere matematicamente lo schema microstrutturale previsto dalla seconda ipotesi occorre invece modficare il termine sorgente che compare nella (1.77) definendo:

SA ∂t ρ1  f∂ C  ρk)C∂ρf∂t

Mentre, la relazione tra la temperatura e la concentrazione di fase risulta essere: T T T T³CC

³

1.10 Modelli a doppia fase basati su metodi di media delle variabili locali Come già affermato in precedenza i modelli trattati nei precedenti capitoli sono accomunati dal trattare la regione di mush come una terza fase (miscela solido- liquida) su cui vengono applicate le formulazioni valide su scala macroscopica nelle rispettive fasi.

Questo approccio comporta necessariamente il ricorso a ulteriori equazioni che permettano la chiusura perfetta del problema matematico permettendo di tenere in conto, nelle equazioni di macroscopiche di bilancio, anche di fenomeni che avvengono a livello microstrutturale.

Come visto queste equazioni aggiuntive si basano sui fondamenti teorici di base della metallurgia attraverso il ricorso a modelli interpretativi dei diagrammi di fase binari, mediante note formulazioni come la regola della leva o di Sheil.

La validità di queste formulazioni è strettamente vincolata da ipotesi di equilibrio termodinamico e chimico locale che, nei fenomeni di solidificazione comuni in campo industriali, risulta essere un assunzione non sempre adeguata.

Infatti, spesso, i fenomeni di solidificazione di leghe metalliche nei processi industriali avviene in condizioni di non equilibrio, con forti gradienti di concentrazione di specie nel solido e in presenza di forti sottoraffreddamenti della fase liquida in prossimità del fronte di solidificazione.

Questo scenario si presenta in particolare quando le condizioni di raffreddamento non sono controllate e la solidificazione della lega avviene sotto forma di dendriti equiassiche completamente circondate da liquido a temperatura di sottoraffreddamento. Sotto queste ipotesi la microstruttura nuclea e si accresce secondo leggi che non possono basarsi su assunti di equilbrio chimico e termodinamico.

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Partendo da queste considerazioni Ni , Beckermann [37] e Viskanta [38] a partire dai primi anni ‘90 cercano di individuare strumenti matematico-numerici in grado di calcolare in maniera esplicita gli effetti dei fenomeni microstrutturali che avvengono su piccola scala, cercando quindi di svincolare le formulazioni fino ad allora proposte dai limiti di validità delle ipotesi sopra citate.

L’approccio impiegato si fonda sulla definizione di equazioni di conservazione delle variabili su scala macroscopica ottenute mediando su un volume di controllo V0 tutte le equazioni che governano in maniera esatta i fenomeni che avvengono su scala microscopica.

Basandosi su un’analisi della scala dimensionale dei fenomeni microstrutturali (10-4- 10-5 m) rispetto alla dimensione caratteristica su scala macroscopica (100- 10-3) Ni e Beckermann individuano una dimensione caratteristica adeguata del volume di controllo V0 compresa tra 10-2 e 10-3 m.

Oltre al concetto di volume di controllo su cui effettuare le operazioni di media delle variabili locali viene introdotto anche un termine Ak che rappresenta la superficie di interfaccia tra i diversi volumi di fase Vk., avente vettore normale nk e velocità di avanzamento wk.

La formula generale su cui si basa l’ operazione di media della generica variabile Ψ riferita alla generica fase k viene espressa in questo modo:

¾Ψ¯À Á1

b ÂÄÅ ¯Ψ¯ÃÁ

(1.89)

Dove Xk, in analogia con le funzioni di forma dei metodi ad elementi finiti, risulta essere funzione di “fase” e viene assunta di valore uguale a 1 in corrispondenza della fase k e di valore nullo altrove.

Il valore medio intrinseco della fase k risulta: ¾Ψ¯À¯ Á1

¯b ÂÄÅ ¯Ψ¯ÃÁ

(1.90) Per Ψk=1dalla (1.89) si ottiene la frazione in volume della fase k:

Ư ÁÁ¯

Ç inoltre ne consegue che :

± Ư 1 ¯

e che ¾Ψ¯À Ư¾Ψ¯À¯

Viene così definito un termine fluttuante di Ψk:

Ψȯ Ψ¯ ¾Ψ¯À¯¯ (1.91)

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¾Ψ¯Φ«À¯ ¾Ψ¯À¯¾Φ¯À¯ ¾ΨȯΦȯÀ¯ (1.92)

E infine è possibile definire alcuni teoremi per la media della derivata: ¾∂Ψ∂t À « ∂¾Ψ∂t «À V1 hb Ψ« Ê Ë«· X«dA (1.93) ¾=Ψ¯À =¾Ψ«À V1 hb Ψ« Ê X«dA (1.94) ¾=Ψ¯À Ư=¾Ψ«À«V1 hb Ψ« Ê X«dA (1.95)

Attraverso gli operatori (1.89)-(1.9) appena descritti è quindi possibile considerare tutte le equazioni generali di conservazione scritte in forma esatta [37]su scala microscopica e integrarle sul volume V0 su si intende mediare le variabilli, ottenendo in questo modo un sistema composto da equazioni di conservazione su scala macroscopica per la singola fase k e un insieme di equazioni di bilancio globale delle variabili nelle interfacce di cambiamento di fase.

Attraverso questo approccio vengono ad essere considerati tutti gli aspetti che riguardano le interazioni tra le diverse fasi e che avvengono su scala microstrutturale, ovvero bilanci tensionali lungo le interfacce, scambi termici e di concentrazione.

Attraverso le equazioni di bilancio all’interfaccia è possibile descrivere in maniera esatta i fenomeni microscopici che avvengono in prossimità del fronte di solidificazione, senza dovere ricorrere come nel caso di modelli visti in precedenza ad equazioni costiutive aggiuntive.

Si sottolinea a questo punto come le potenzialità del modello appena descritto risiedano proprio nella possibilità di “manipolare” le equazioni di bilancio all’interfaccia che descrivono le interazioni delle variabili di fase potendo trasferire su scala macroscopica informazioni derivanti da modelli microstrutturali.

Rimandando a [37] per ulteriori approfondimenti sulle modalità di trattamento delle equazioni di bilancio all’interfaccia (equazioni costitutive) e le relazioni termodinamiche, la presente trattazione si limita a riportare il sistema di equazioni finali del modello proposto da Ni e Beckermann nel caso particolare in cui si

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intenda passare dalla formulazione generale a doppia fase alla formulazione basata sulle variabili di miscela solido-liquida :

Equazione di conservazione della massa: Ì

ÌÍ ƚΚ ƝΝ  = · ƚΚ¾QšÀš ƝΝ¾QÀ 0

Equazione di conservazione del momento della quantità di moto:

∂t ´gρ¾QÀ gρ¾QÀµ  = · ´gρ¾QÀ¾QÀ gρ¾QÀ¾QÀµ

g=¾pÀ g=¾pÀ = · µLÏ=g¾QÀ 4=g¾QÀ5  ¾QÀ=g =g¾QÀÐ

= · µLg=¾QÀ 4=¾QÀ5  gρ¾ÑÀ gρ¾ÑÀ

Equazione di conservazione dell’energia:

∂t ´gρ¾hÀ gρ¾hÀµ  = · ´gρ¾hÀ¾QÀ gρ¾hÀ¾QÀµ

= · ´kLg=¾TÀµ  = · kLg=¾TÀ

Equazione di conservazione della specie:

∂t ´gρ¾CÀ gρ¾CÀµ  = · ´gρ¾CÀ¾QÀ gρ¾CÀ¾QÀµ = · ´ÒLgρ=¾CÀµ  = · ÒLgρ=¾CÀ

Queste formulazioni generali, basate su ipotesi di miscela solido-liquida sono del tutto analoghe a quelle viste nei capitoli precedenti (Bennon ed Incropera), con la sostanziale differenza di riportare i valori delle variabili incognite mediati su un volume di controllo. Questo fa si che il sistema di equazioni non abbia bisogno di ultriori equazioni costitutive per descrivere il problema in maniera completa.

Nelle equazioni sopra enunciate non compaiono inoltre termini di bilancio delle variabili alle interfaccie di cambiamento di fase e le uniche variabili che compaiono sono variabili macroscopiche.

Il sistema di equazioni quindi è formalmente in grado di descivere in maniera completa il problema ma non è risolvibile per l’elevato numero di incognite e richiede, anche in questo caso, come nella formulazione classica basata sulla teoria della miscela, di conoscere a priori i legami costitutivi tra le diverse fasi.

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