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I VOCs sono sostanze aventi uno scheletro carbonioso che hanno pressioni di vapore significative a temperatura ambiente. La legislazione italiana definisce composti organici volatili quei composti organici che, alla temperatura di 293,15 K (20 °C), abbiano una pressione di vapore di 0,01 kPa o superiore.

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I composti organici volatili possono essere generati sia da attività antropiche che di origine naturale, come ad esempio olii essenziali vegetali. I VOCs possono avere un ruolo di notevole importanza per la chimica dell’atmosfera terrestre, molti di essi infatti contribuiscono in maniera significativa all’effetto serra, sia per la loro attività nell’infrarosso che per le loro proprietà ossido-riduttive. Inoltre altri VOCs, ad esempio quelli alogenati, possono contribuire all’assottigliamento dello strato di ozono. I VOCs devono quindi essere rilevati sia per non avere ripercussioni sull’ambiente, ma anche per altri motivi (economici, clinici, sicurezza61,62,63). La loro presenza può infatti portare alla formazione di atmosfere infiammabili o tossiche.

La difficoltà nel realizzare dispositivi ottici per la determinazione dei VOCs sta nel trovare un sistema che sia selettivo per certi composti, che sia attivo anche per bassissime concentrazioni (ppb/ppm) e che dia una risposta accurata e semplice. Negli anni le tecnologie a film sottile sono state largamente sfruttate per creare dei sistemi in grado di riconoscere un’ampia gamma di composti volatili anche per concentrazioni dell’ordine di pochi mg/L64. Il successo di questa tecnica sta nel fatto che questi film sottili possono essere posizionati su differenti superfici; inoltre i VOCs sono in grado di penetrare all’interno del film e quindi interagire con i coloranti organici dispersi o legati all’interno e dare una risposta, elettrica o ottica, veloce. Per gli esempi in cui la risposta ottica viene efficacemente trasdotta in un segnale elettrico determinabile si può parlare di sistemi che vengano chiamati “nasi elettronici”.

La progettazione di nuovi materiali fluorescenti, sensibili ai vapori, costituiti da miscele di fluoroforo-polimero, si basa sulle interazioni tra fluoroforo e analita che devono essere più forti di quelle di un semplice adsorbimento fisico. Infatti, l'energia dello stimolo è correttamente trasdotto in variazioni ottiche (cioè assorbimento, emissione, indice di rifrazione) in funzione di interferenze esterne. Chimicamente i fluorofori reattivi rientrano generalmente in tre classi: (a) fluorofori con grandi dipoli permanenti che rispondono alla polarità locale (ad esempio caratteristiche solvatocromiche dei fluorofori), (b) indicatori di pH che rispondono ad acidità/basicità di Brønsted, (c) fluorofori con la mobilità modulabile che rispondono alla viscosità locale (ad esempio ACQ e AIE).

Negli anni si pensa di sfruttare sistemi polimerici contenenti composti organici per l’individuazione di VOCs dal momento che questi presentano un elevato effetto vapocromico che li rende interessanti come indicatori ottici di tipo on/off.

I primi studi hanno impiegato questi coloranti per l’individuazione di composti nitroaromatici (NAC) volatili dato che questi composti sono presenti in molti esplosivi come

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ad esempio il TNT. L’individuazione di tali composti è possibile mediante l’utilizzo di molecole ad alta coniugazione π. Le molecole elettronpovere dei NAC posso interagire con le diimmine (Figura 1.16) inibendo la diseccitazione per fluorescenza47.

Figura 1.16: Struttura chimica della diammina utilizzata per la rilevazione dei NACs

Le forti interazioni π-π tra l’anello elettronricco della diimmina e l’anello del DNT favoriscono infatti una diseccitazione non radiativa così da poter rilevare la presenza di un esplosivo attraverso il “quenching” della fluorescenza.

Un'altra strategia è basata sull’impiego di coloranti aggregacromici (ACQ, AIE) che interagendo con specifiche molecole di VOCs vengono solvatati inducendo una diversa risposta ottica. Una classe di tali composti è stata sintetizzata all’interno del Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università di Pisa46. In questo studio sono state sintetizzate molecole AIE della classe di benzildene malononitrili ed in particolare 9-(2- (1H,1H,2H,2H-perfluorodecancarbalcossi)-2-cianovinil)julolidina (CCVJ) (Figura 1.17).

Figura 1.17: Formula di struttura di 9-(2-(1H,1H,2H,2H-perfluorodecancarbalcossi)-2- cianovinil)julolidina (CCVJ)

Questo fluoroforo è stato quindi disperso in polistirene in concentrazione in peso dello 0.05% ed esposto a vapori di cloroformio. L’utilizzo di ridotte quantità di fluoroforo è consentito dall’elevata luminosità di quest’ultimo e risulta benefico in termini di costi. L’interazione cloroformio-polimero porta ad un rilassamento delle catene e quindi ad un aumento del volume libero. Per questo motivo il fluoroforo è più libero di muoversi e quindi è favorita la dissipazione di energia non radiativa dello stato TICT. Conseguentemente, questo porta ad una diminuzione di efficienza quantica e quindi ad un abbattimento

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dell’emissione di fluorescenza. Per questo motivo questi sistemi possono essere utilizzati per l’individuazione di solventi altamente volatili.

Figura 1.18: Sovrapposizione degli spettri di emissione (λexc = 450 nm) acquisiti su un film di polistirene

spesso 140 μm contenente CCVJ dispersa allo 0.05% in peso esposto a vapori di cloroformio46

In particolare l’utilizzo di una catena per-fluorurata sul fluoroforo consente alla molecola durante la fase di evaporazione del solvente di distribuirsi maggiormente presso la superficie di contatto polimero-aria in modo da avere una risposta il più veloce possibile una volta che il materiale viene esposto ai VOCs.

Uno sviluppo di questa tecnica è stato fatto sempre all’interno dell’Università di Pisa65, in questo caso il rotore molecolare a base di julolidina è stato direttamente copolimerizzato con stirene mediante una polimerizzazione radicalica. In particolare, questo è stato possibile grazie all’aggiunta di un gruppo polimerizzabile (metacrilato di metile) al derivato julolidinico (Figura 1.19).

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Figura 1.20: Sovrapposizione degli spettri di emissione (λexc = 430 nm) acquisiti su un film di

copolimero JCAEM/polistirene allo 0.06% in peso esposto a vapori di cloroformio46

È possibile notare come in questo studio la velocità di risposta ai vapori è molto più breve, questo probabilmente è da attribuire al fatto che ci sia una maggiore omogeneità all’interno del film e quindi una maggiore esposizione delle molecole organiche responsabili del cambiamento di fluorescenza.