Conciliare responsabilità familiare e lavoro remunerato è la parola d’ordine delle politiche sociali nazionali ed europee all’intersezione delle politiche del lavoro e di quelle delle pari opportunità.
a. <<Le politiche per la conciliazione rappresentano un importante fattore di innovazione dei modelli sociali, economici e culturali e si ripropongono di fornire strumenti che, rendendo compatibili sfera lavorativa e sfera familiare, consentano a ciascun individuo di vivere al meglio i molteplici ruoli che gioca all'interno di società complesse. Esse interessano gli uomini, le donne e le organizzazioni, toccano la sfera privata, ma anche quella pubblica, politica e sociale e hanno un impatto evidente sul riequilibrio dei carichi di cura all'interno della coppia, sull'organizzazione del lavoro e dei tempi delle città nonché sul coordinamento dei servizi di interesse pubblico. La realizzazione di tali politiche risulta, perciò, prioritaria per la qualità della vita delle famiglie tanto che, sia a livello nazionale che europeo, sono state avviate molteplici iniziative, orientate a favorire il radicamento e lo scambio delle migliori esperienze, nonché la sperimentazione di nuovi modelli di organizzazione del lavoro. In Italia la normativa cardine in materia è rappresentata dalla legge 8 marzo 2000, n. 53 che, oltre a introdurre i congedi parentali, favorendo un maggior coinvolgimento dei padri nella cura dei figli, ha focalizzato l'attenzione delle regioni e degli enti locali sull'importanza di riorganizzare i tempi delle città ed ha promosso, tramite l'art. 9, la sperimentazione di azioni positive per la conciliazione sul luogo di lavoro, sensibilizzando in tal senso aziende e parti sociali.
L'articolo 9 della legge 8 marzo 2000, n. 53
La norma ha carattere sperimentale e, di conseguenza, ha subìto nel tempo diverse modifiche finalizzate a meglio adattarla all'evoluzione del contesto di riferimento, così da intercettare i nuovi bisogni di conciliazione emersi nel corso dell'attuazione.
L'ultima modifica, contenuta nell'art. 38 della legge 18 giugno 2009, n. 69, ha ampliato la platea dei potenziali beneficiari ed aggiornato il novero degli interventi finanziabili, rendendo necessaria la stesura di un nuovo regolamento di attuazione, che è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 101 del 3 maggio 2011 (serie generale) ed è entrato in vigore il 18 maggio 2011.
Sono previste misure di conciliazione distinte in favore dei lavoratori dipendenti (art. 9, comma 1) e dei soggetti autonomi (art. 9, comma 3).
Cosa è cambiato rispetto al passato
La conciliazione per i dipendenti (art. 9, comma 1)
In base alla nuova disciplina, il 90% delle risorse annualmente disponibili è riservato al finanziamento di datori di lavoro privati, purché iscritti in un pubblico registro (es. registro delle imprese, albi professionali, ecc.), e, ove residuino fondi, alle aziende sanitarie locali e alle aziende ospedaliere, anche universitarie, che intendano attivare, in favore dei propri dipendenti, una delle seguenti misure di conciliazione:
a) nuovi sistemi di flessibilità degli orari e dell'organizzazione del lavoro, quali part-time reversibile, telelavoro, orario concentrato, orario flessibile in entrata o in uscita, flessibilità su turni, banca delle ore, ecc. (lettera A);
b) programmi e azioni per il reinserimento di lavoratori/lavoratrici che rientrano da periodi di congedo di almeno 60 giorni (lettera B);
c) servizi innovativi ritagliati sulle esigenze specifiche dei lavoratori e delle lavoratrici (lettera C). Quest'ultima tipologia di azione è attivabile anche da parte di una pluralità di datori di lavoro consorziati, con l'obiettivo di promuovere lo sviluppo di reti territoriali che per un verso consentono di allargare il bacino d'utenza del servizio, abbattendone i costi, e per un altro verso permettono l'integrazione con altre politiche, aventi ricadute sui tempi di vita, realizzate a livello locale.
I destinatari degli interventi progettati possono essere i dipendenti con figli minori o con a carico un disabile, un anziano non autosufficiente o una persona affetta da documentata grave infermità. La conciliazione per gli autonomi (art. 9, comma 3)
nell'esercizio della propria attività da un soggetto in possesso di adeguati requisiti professionali, autonomamente selezionato. Questa misura si caratterizza, quindi, per la peculiarità di essere destinata ad un unico beneficiario, che è anche il soggetto proponente. Può essere attivata esclusivamente per esigenze legate alla genitorialità, per un periodo massimo di 12 mesi (che può essere spalmato nell'arco di 2 anni e ripartito tra i due genitori, laddove entrambi siano lavoratori autonomi).>>9
b. PIANO NAZIONALE DI POLITICHE FAMILIARI IN ITALIA
L‟Italia, contrariamente ad altri Paesi europei, non ha sinora avuto un Piano nazionale di politiche familiari, inteso come un quadro organico e di medio termine di politiche specificatamente rivolte alla famiglia, cioè aventi la famiglia come destinatario e come soggetto degli interventi.
<<Hanno largamente prevalso interventi frammentati e di breve periodo, di corto raggio, volti a risolvere alcuni specifici problemi delle famiglie senza una considerazione complessiva del ruolo che esse
Per ovviare a questa lacuna il Piano nazionale si ispira, quindi colloca le politiche familiari, alla definizione dell'OCSE: “Si definiscono politiche per la famiglia quelle che aumentano le risorse dei nuclei familiari con figli a carico; favoriscono lo sviluppo del bambino; rimuovono gli ostacoli ad avere figli e alla conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare; e promuovono pari opportunità nell‟occupazione”.
I contenuti del Piano (i principi ispiratori) sono:
• • cittadinanza sociale della famiglia, intendendo la famiglia quale soggetto su cui investire per il futuro del Paese, valorizzando la sua funzione per la coesione sociale e per un equo
rapporto tra le generazioni;
• politiche esplicite sul nucleo familiare: finora nel nostro Paese gli interventi a favore delle famiglie sono stati o dettati dall’emergenza e quindi necessariamente frammentati e disorganici, o indiretti, cioè riflesso a volte inconsapevole di altre politiche. Si tratta invece ora di delineare un quadro organico di interventi che abbiano la famiglia come destinatario • sussidiarietà e sviluppo del capitale umano e sociale, nel senso che gli interventi devono essere attuati in modo da non sostituire ma sostenere e potenziare le funzioni proprie e autonome delle famiglie, in una logica di empowerment delle famiglie stesse e dei loro membri, anziché di mero assistenzialismo, facendo leva sulla loro capacità di iniziativa
sociale ed economica
• solidarietà, intesa anche come rafforzamento delle reti associative delle famiglie, 9. www.politichefamiglia.it
soprattutto quando si tratti di associazioni che non solo forniscono servizi alla persona, ma costituiscono sostegno e difesa dalla solitudine, luogo di confronto e di scambio.
Le priorità individuate dal Piano su cui intervenire con maggior urgenza sono: • le famiglie con minori, in particolare quelle numerose;
• le famiglie con disabili o anziani non autosufficienti; le famiglie con disagi conclamati sia nella coppia, sia nelle relazioni genitori-figli.
Gli interventi si articolano secondo le seguenti direttrici:
• equità economica (fiscalità generale, tributi locali, revisione dell’ISEE); • politiche abitative per la famiglia;
• lavoro di cura familiare: servizi per la prima infanzia, congedi, tempi di cura e interventi sulla disabilità e non autosufficienza;
• pari opportunità e conciliazione tra famiglia e lavoro; • privato sociale, terzo settore e reti associative familiari;
• servizi consultoriali e di informazione (consultori, mediazione familiare, centri per le famiglie);
• immigrazione (sostegni alle famiglie immigrate);- alleanze locali per le famiglie; • monitoraggio delle politiche familiari.>>10