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Il processo di integrazione sociale degli immigrati è tipicamente visto come un’importante strategia che deve essere adottata dai Paesi ospitanti per mantenere un adeguato livello di coesione sociale e prosperità96. L’Unione Europea (UE) promuove l’integrazione tra gli Stati membri e fornisce loro un quadro di riferimento per svilupparne le politiche97.

L’integrazione nelle politiche europee

L’UE è divenuta un importante forum di orientamento, per la creazione di normative comuni negli Stati in materia di integrazione dal 200398.

Attraverso il Consiglio Direttivo 2003/109/EC99, l'Unione europea ha creato uno status unico per i soggiornanti di lungo periodo non appartenenti all’UE. La direttiva ha armonizzato le leggi dei paesi membri ed ha assicurato la parità di trattamento in tutta l'Unione. Secondo le norme UE, a tutti i cittadini non comunitari che risiedono legalmente nel territorio di un paese dell'UE da almeno cinque anni (ovvero, soggiorno

96 Busquin, Vitorino, Diamantopoulou (2003) p. 84. 97

Direzione generale della Comunicazione, Informazioni per i cittadini (2014), Le politiche dell’Unione

Europea, Migrazione e Asilo, Pubblicazione della Commissione Europea, Bruxelles, p. 12.

98 Pennix Rinus, Spencer Dimitrina, Van Hear Nicholas (2008), Migration and Integration in Europe: The

State of Research, University of Oxford, Oxford, p. 18.

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Il testo completo è disponibile al seguente link: http://eur-lex.europa.eu/legal- content/EN/TXT/PDF/?uri=CELEX:32003L0109&from=EN.

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legale continuativo), è garantito lo status di “residente di lungo periodo”. Nello stesso anno (2003) l’UE ha adottato una direttiva per il ricongiungimento familiare, secondo la quale i cittadini non-UE, residenti legalmente, possono portare i loro figli e il coniuge (cittadini extracomunitari), nello Stato UE in cui dimorano100.

Nel 2005 la Commissione Europea ha creato un’”Agenda comune per l’integrazione e un quadro di riferimento per l’integrazione dei cittadini terzi nell’Unione Europea101”, per l’attuazione dei principi fondamentali comuni102 in tutti gli Stati membri. Inoltre, l’Agenda ha costruito una serie di strumenti e meccanismi di sostegno all’UE, per promuovere l’integrazione e facilitare lo scambio tra gli attori dell’integrazione stessa103.

Dopo la quarta Conferenza Ministeriale sull’Integrazione del 2010, la Commissione Europea ha avviato lo sviluppo di un progetto pilota con l'Eurostat104 e gli Stati membri, per le politiche di monitoraggio dei risultati di integrazione, tra cui lo sviluppo di una serie di indicatori comuni fondamentali volti a migliorare la comparabilità e a rafforzare il processo

100

https://ec.europa.eu/migrant-integration/main-menu/eus-work/policy-areas.

101 Il testo completo è disponibile al seguente link: http://eur-lex.europa.eu/legal-

content/EN/TXT/PDF/?uri=CELEX:52005DC0389&from=EN.

102

Common Basic Principles on Integration, testo disponibile al seguente link: http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/en/jha/82745.pdf.

103

https://ec.europa.eu/migrant-integration/main-menu/eus-work/actions.

104

L’Eurostat è l’ufficio statistico dell’Unione Europea, situato a Lussemburgo. Eurostat è stata fondato nel 1953 per rispondere alle esigenze della Comunità del Carbone e dell'Acciaio (CECA). Nel corso degli anni il suo compito è stato ampliato e quando la Comunità europea è stata fondata nel 1958, Eurostat è diventato una direzione generale (DG) della Commissione europea. Ruolo chiave di Eurostat è fornire statistiche per altre DG e mettere a disposizione per la Commissione e le altre istituzioni europee dati, in modo da poter definire, implementare e analizzare le politiche comunitarie. Le statistiche fornite permettono confronti tra Paesi e Regioni all’interno dell’Unione e consentono di fare valutazioni negli stessi. (http://ec.europa.eu/eurostat/about/overview).

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di apprendimento europeo verso l’integrazione (gli ultimi risultati del progetto sono stati pubblicati nel Giugno 2015)105.

Successivamente, nel 2011 la Commissione Europea ha proposto un’”Agenda Europea per l'integrazione dei migranti non comunitari106”, concentrandosi sulle azioni per aumentare la partecipazione economica, sociale, culturale e politica degli immigranti e mettendo l'accento sull’azione locale. Questa Agenda ha anche esplorato il ruolo dei paesi di origine nel processo di integrazione. L'Agenda Europea è stata accompagnata da un documento che dettagliava le iniziative dell'UE a sostegno dell’integrazione dei cittadini di paesi terzi107.

Gli impegni dei Paesi UE sono stati ribaditi nel 2014 alla conclusione del Consiglio di Giustizia e degli Affari Interni. Nelle conclusioni del Consiglio, l’integrazione è definita come un processo dinamico e bidirezionale di accomodamento da parte di tutti i migranti e i residenti degli Stati membri. Tale processo richiede lo sforzo sia da parte dei migranti che dalle società riceventi ed è fondamentale per ottenere il potenziale dell’immigrazione e per migliorare la coesione sociale108; l’integrazione è riaffermata come un processo multi - sfaccettato e a lungo termine, che include il rispetto per la diversità e i valori fondamentali dell’Unione Europea (come i diritti umani e la democrazia)109.

105

https://ec.europa.eu/migrant-integration/main-menu/eus-work/actions.

106 Il testo dell’Agenda è disponibile in 22 diverse lingue al seguente link: http://eur-lex.europa.eu/legal-

content/EN/ALL/?uri=CELEX:52011DC0455.

107

https://ec.europa.eu/migrant-integration/main-menu/eus-work/actions.

108 Justice and Home Affairs (2014), Council conclusions of the Council and the Representatives of the

Governments of the Member States on the integration of third-country nationals legally residing in the EU, Luxemburg.

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L’ultimo Piano d’Azione per l’integrazione è del giugno 2016, esso fornisce un quadro globale per sostenere gli sforzi degli Stati membri nello sviluppo e nel rafforzamento delle proprie politiche di integrazione. Il Piano prevede azioni in tutti i settori cruciali per l’integrazione; tra le altre, misure per preparare i migranti e le comunità locali al processo di integrazione, la partecipazione attiva e l’inclusione sociale, e l’impiego e la formazione professionale. Il Piano presenta inoltre strumenti di coordinamento tra i vari attori dell’integrazione, che lavorano a differenti livelli (nazionale, regionale, locale)110.

In ambito di Trattati, l’Europa, dopo il Trattato di Amsterdam del 1997 (che contiene alcune disposizioni correlate con il tema dell’integrazione), nel 2007 ha adottato il Trattato di Lisbona, che per la prima volta ha previsto una base giuridica per la promozione dell’integrazione a livello di UE; l'articolo 79.4 di questo Trattato afferma che «Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, possono stabilire misure volte a incentivare e sostenere l'azione degli Stati membri al fine di favorire l'integrazione dei cittadini di paesi terzi che risiedono legalmente nel loro territorio, ad esclusione di qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri»111.

Nei Programmi Pluriennali del Consiglio Europeo si comincia a parlare di integrazione a partire dal Programma di Tampere (1999-2004), in cui è richiesta una politica di immigrazione comune per garantire l’integrazione di cittadini terzi residenti nell’UE; anche nel Programma

110

https://ec.europa.eu/migrant-integration/main-menu/eus-work/actions.

111

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successivo (L’Aia, 2004-2009), si sottolinea l’importanza di politiche di integrazione coordinate tra le nazioni; nel Programma di Stoccolma (2009- 2014) è stato adottato un ambizioso progetto in materia di integrazione. Esso afferma che «le politiche di integrazione degli Stati membri dovrebbero essere sostenute attraverso l'ulteriore sviluppo di strutture e strumenti per lo scambio di conoscenze e il coordinamento con altri settori politici pertinenti, quali l'occupazione, l'istruzione e l'inclusione sociale»112.

Nella nuova strategia Europea per il 2020, tre dei cinque obiettivi sono rilevanti per l’integrazione degli immigrati e riguardano l’inclusione sociale, l’educazione e l’impiego lavorativo113.

Sebbene la Commissione Europea abbia creato un quadro normativo di riferimento, rimane agli Stati membri la competenza per le politiche di immigrazione degli immigrati114.

L’integrazione nelle politiche greche

I cambiamenti nel modello di migrazione in Grecia a partire dagli anni ’90 hanno creato la necessità di adozione di nuove politiche migratorie. Queste politiche hanno dovuto essere formulate in modo da affrontare l'afflusso senza precedenti di immigrati per lo più clandestini che nella loro maggioranza provenivano dall'Albania; allo stesso tempo

112 https://ec.europa.eu/migrant-integration/main-menu/eus-work/mandate. 113 https://ec.europa.eu/migrant-integration/main-menu/eus-work/mandate. 114 https://ec.europa.eu/migrant-integration/main-menu/eus-work/actions.

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queste politiche dovevano essere in accordo con le linee guida dell'Unione Europea115.

Alla fine del 2004 la Grecia non aveva ancora incluso nella legislazione interna le direttive europee116, in effetti il governo venne colto di sorpresa dalle improvvise ondate di immigrati del decennio precedente ed aveva attuato una filosofia legislativa più orientata al controllo di polizia117.

La Grecia mantenne a lungo un atteggiamento di negazione nei confronti del suo nuovo status di Paese di immigrazione, a indicare questa tendenza è stata la nuova legge migratoria 1975/1991 (che sostituì la legge 4310/1929118 in vigore da oltre sessanta anni) intitolata “Entrata - uscita, permanenza, occupazione, espulsione di stranieri, procedura di riconoscimento dei rifugiati stranieri e di altre disposizioni”. Questa legge era prevalentemente interessata al controllo dei flussi di manodopera straniera, alla penalizzazione e alla deportazione di coloro che erano entrati in Grecia illegalmente, mentre c'era poco o nessuno spazio per la politica di integrazione119.

La legge prevedeva la creazione di un meccanismo repressivo per il controllo dell'immigrazione, che coinvolgeva le frequenti operazioni di polizia e un massiccio numero di arresti e deportazioni di migranti privi di

115 Droukas (2010) pp. 347-365. 116

Gropas Ruby , Triandafyllidou Anna (2008), Discrimination in the Greek workplace and the challenge

of migration, European Commission, Athens p. 32.

117 Glytsos P.Nicholas (2005), Stepping from Illegality to Legality and Advancing towards Integration: The

Case of Immigrants in Greece, Ed. Wiley, New York, pp. 819-840.

118

Droukas (1998) pp. 347-365.

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documenti, queste operazioni sono state rinominate con il termine profondamente offensivo 'skoopa' (dalla parola greca skoύpa, ' scopa')120.

La seconda risposta alla migrazione è arrivata con la politica di regolarizzazione del 1997, implementata nel 1998121.

La legge 2482/1997 è stata preceduta da l’accordo bilaterale tra la Grecia e l’Albania che prevedeva la possibilità di invio di lavoratori albanesi stagionali, che ha però coinvolto un numero limitato di persone122.

La stragrande maggioranza degli immigrati che aveva attraversato illegalmente la frontiera, o ai quali erano scaduti visti, non aveva avuto alcuna possibilità di fare domanda per la regolarizzazione fino al 1997. Le uniche eccezioni riguardavano i discendenti di origine greca. La vita in stato clandestino ha comportato il lavorare in modo informale e un sentimento di insicurezza costante (la paura di essere arrestati dalla polizia, il nascondersi e limitare la propria presenza pubblica)123.

Il primo programma di amnistia del 1997 fu segnato da diversi problemi che hanno escluso molti immigrati da questo processo di regolarizzazione iniziale: i più comuni di questi problemi erano la separazione del processo in due differenti fasi124, i costi finanziari di regolarizzazione, la richiesta di documenti che dovevano essere rilasciati dai paesi di origine, le procedure burocratiche e i notevoli ritardi nel

120 Hatziprokopiou (2006) p. 340 121 Cavoudinis (2004) pp. 35-59. 122 Hatziprokopiou (2006) p. 340. 123 Hatziprokopiou (2005) p. 20. 124

La prima fase riguardava il rilascio della “White Card” temporanea, seguita dal rilascio di un permesso di durata più lunga, “Green Card”, per candidati che soddisfacevano determinati requisiti (Hatziprokopiou, 2006, p. 340).

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rilascio dei permessi di soggiorno, e l’incombenza del lavoro nero che non permetteva alla maggior parte degli immigrati di raccogliere il numero di timbri di sicurezza sociali necessari per l'applicazione al programma, per la

cosiddetta “Green Card”125.

Per avere diritto a richiedere la “Green Card”, un immigrato doveva infatti dimostrare di aver svolto regolare attività lavorativa per un minimo di quaranta giorni dal 1° gennaio126. Alla fine del 2001, 219,024 migranti ricevettero una “Green Card”127.

Il secondo programma di regolarizzazione è stato introdotto nel 2001, dalla legge 2910/2001128, con il titolo “Ingresso e soggiorno degli stranieri nel territorio greco, naturalizzazione e altre misure”, ed era volto soprattutto ad attirare coloro che non avevano partecipato al primo. Con questa legge lo Stato greco riconosceva la presenza degli immigrati come una realtà di fatto e riconsiderava l'immigrazione non più come una questione nazionale puramente di sicurezza, ma come materia collegata ai problemi del mercato del lavoro greco. Inoltre, la legge prevedeva misure volte all'integrazione degli immigrati e disposizioni per il ricongiungimento familiare129.

Quando la data ufficiale di questo secondo programma di regolarizzazione è scaduta nel mese di Agosto del 2001, è stato riportato

125 Hatziprokopiou (2005) p. 20. 126 Cholezas, Tsakloglou (2008) p. 38. 127 Hatziprokopiou (2006) p. 340. 128

Le modifiche più importanti rispetto alla regolarizzazione precedente sono state: la condizione di un contratto ufficiale da parte del datore di lavoro che confermasse l'impiego del migrante per un determinato periodo di tempo; la conferma delle assicurazioni sociali per almeno 200 giorni lavorativi (che potevano essere pagate dai migranti stessi) e il pagamento di 147 euro a persona, sopra i 14 anni di età (Papadopolous, Kasimis, 2007, pp. 99-127).

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che 351,110 migranti avevano presentato i loro documenti per l'acquisizione di un permesso di lavoro, precondizione per la fornitura del permesso di soggiorno130. Ma poiché i permessi erano rilasciati inizialmente solo per un anno, causando seri problemi di tempo e denaro alle autorità e agli immigrati, il programma è stato rivisto nel gennaio 2004 (Legge 3202/2003) per fornire un permesso di due anni e, quindi, facilitare la procedura131.

Il passo successivo è stato un piano d'azione di tre anni introdotto nel 2001 dal titolo “Piano di Azione per l'integrazione sociale degli immigrati” (per il periodo 2002-2005), che includeva misure nel tentativo di facilitare l'integrazione degli immigrati nel mercato del lavoro greco, garantire loro l'accesso ai servizi sanitari, promuovere l'interazione culturale e combattere la xenofobia e il razzismo all'interno della società greca, ma il Piano d’Azione è stato eclissato dal 2004 a causa dei Giochi Olimpici che hanno richiamato l’attenzione132.

Un altro tentativo di affrontare l'immigrazione ha avuto luogo ad Agosto 2005, quando una nuova legge sull'immigrazione (3386/2005) è stata approvata dal Parlamento greco, con il titolo “Ingresso, soggiorno e integrazione dei cittadini di paesi terzi in Grecia”. Gli articoli 65 e 66 di questa legge introducono una strategia per l'integrazione sociale degli immigrati sulla base del rispetto dei loro diritti fondamentali, con l'obiettivo della loro integrazione nella società greca133. I critici di questo disegno di legge fanno notare che la norma ha continuato a ignorare quasi

130 Papadopolous, Kasimis (2007) pp. 99-127. 131 Cholezas, Tsakloglou (2008) p. 38. 132 Cholezas, Tsakloglou (2008) p. 38. 133

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Il 70% degli immigrati irregolari in Grecia non permettendo loro di ottenere permessi di soggiorno. Nonostante questo, il processo di regolarizzazione ha aiutato la maggioranza degli immigrati a garantirsi un certo grado di dignità all'interno della società greca e facilitato molti aspetti pratici della loro vita134.

Ai bambini stranieri nati in Grecia non era garantita automaticamente la cittadinanza greca ed erano registrati sul permesso dei loro genitori come figli a carico della famiglia, in base alle disposizioni di ricongiungimento familiare, o erano registrati con un permesso di soggiorno per studenti stranieri. Dopo il completamento degli studi i possessori di questo soggiorno dovevano abbandonare la Grecia o veniva rilasciato loro un permesso di soggiorno che seguiva le procedure di regolarizzazione eseguite dagli immigrati adulti135.

La situazione giuridica è significativamente migliorata con una nuova legge in materia di asilo e migrazione irregolare (legge 3907/2011); tuttavia la sua realizzazione ha avuto inizio soltanto nella primavera del 2011, in particolare alcuni provvedimenti temporanei erano stati predisposti per l’elaborazione di circa 40.000 casi arretrati136.

Il periodo tra il 2010 e il 2015 è stato caratterizzato da una serie di sviluppi strutturali e politiche rivoluzionarie, come la liberalizzazione dei visti d'ingresso per i cittadini albanesi che entrano nell'UE, la crisi economica e una forte tendenza di de-regolarizzazione, così come lo

134

Cholezas, Tsakloglou (2008) p. 38.

135 Konsta Anna Maria, Lazaridis Gabriella (2010), Civic Stratification, ‘Plastic’ Citizenship and ‘Plastic

Subjectivities’ in Greek Immigration Policy, JIMI Springer, online, pp. 365-382.

136

Triandafyllidou Anna, Ambrosini Maurizio (2011), Irregular Immigration Control in Italy and Greece:

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status incerto della seconda generazione di immigrati. Gli interventi legislativi, mirati da un lato alla limitazione dei movimenti irregolari, hanno fornito l'impulso per altre forme di irregolarità come l'occupazione informale. Tuttavia, l'attuazione del Codice di Migrazione (legge 4251/2014) prevede di limitare la traiettoria della de-regolarizzazione, fornendo l'occasione per ritornare alla regolarità per tutti coloro che l’hanno persa, introducendo il permesso di soggiorno per la seconda generazione e, infine, stabilendo il permesso di soggiorno di lungo periodo137.

Allo stesso tempo, è stato applicato un diverso insieme di misure ai migranti di etnia greca. Tuttavia, il quadro per i greci etnici è piuttosto frammentato, e contiene disposizioni diverse per i diversi gruppi.

I greci Pontini138, provenienti dalle ex repubbliche sovietiche sono stati trattati come “migranti di ritorno” e alla maggior parte di loro è stata immediatamente concessa la cittadinanza, mentre alcuni sono passati attraverso un programma speciale di accoglienza e sostegno per l'integrazione. Per i greco-albanesi, la situazione era piuttosto ambigua nei primi anni ’90, a causa di disposizioni poco chiare e instabili, ma la loro condizione è migliorata fino al suo stato attuale, in quanto tutti coloro che sono stati in grado di dimostrare legalmente le loro origini greche hanno ottenuto la “Carta d'identità speciale per coloro [che sono] di etnia greca”,

137

Gemi (2015) p. 48.

138

I greci del Ponto sono originari delle coste della regione del Ponto, sul Mar Nero, dove i greci antichi fondarono delle colonie. https://it.wikipedia.org/wiki/Greci_del_Ponto.

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che dà loro alcuni diritti, una sorta di “mezza cittadinanza” e non solo un semplice permesso di soggiorno139.

In generale, come affermano Cholezas e Tsakloglou (2008), la politica migratoria greca sembra manchi di giustificazione sociale, nel senso che essa non prevede l'effettiva integrazione degli immigrati nella società greca (soprattutto per quanto concerne la sicurezza sociale e i diritti sociali e umani)140.

In accordo con Tryandafillidou et al. (2014), le politiche migratorie greche degli anni ‘90 e 2000 sono state in gran parte caratterizzate da un approccio reattivo all’immigrazione irregolare e all'occupazione informale nel mercato nero del Paese. Le misure di integrazione sono state per lo più stampate sulla carta, ma in pratica piuttosto scarse141.

Prescindendo dalle politiche migratorie del Paese, il processo di integrazione può avvenire anche in maniera inconsapevole, quando gli immigrati attraverso gli impieghi lavorativi (nel nostro caso gli immigrati irregolari che lavorano informalmente) entrano in contatto con la popolazione locale e si relazionano gli uni con gli altri, creando “coesione sociale”, termine che è stato ampiamente usato in sostituzione di integrazione142 . Che il lavoro informale determini l’integrazione è quello che ho voluto dimostrare nella mia tesi di ricerca.

139

Hatziprokopiou (2006) p. 340.

140 Cholezas, Tsakloglou (2008) p. 38. 141

Triandafyllidou Anna, Maroufof Michaela, Dimitriadi Angeliki (2014), Migration in Greece. Recent

Developments in 2014. OECD, Paris, p. 34.

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CAPITOLO IV

Integrazione attraverso il lavoro informale

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