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Il raggiungimento di un tasso di interesse pari a zero segna il limite delle misure convenzionali di politica monetaria. Se raggiunto tale valore la situazione economica non migliora, si ricorre a misure non convenzionali. Generalmente, quando il tasso di policy è zero si possono ottenere ulteriori stimoli monetari in tre modi tra di loro complementari: 1) indirizzando le aspettative sui tassi di interesse di medio e lungo termine, 2) alterando la composizione del portafoglio della Banca Centrale, 3) espandendo in dimensione il portafoglio della Banca Centrale120. Tutte queste misure hanno un elemento in comune: sono concepite per migliorare le condizioni di finanziamento non solo per i tassi interbancari a breve, ma anche per tassi a più lunga scadenza. Le misure non convenzionali dunque modificano direttamente il costo e la disponibilità di finanziamenti esterni per banche, imprese e famiglie. I finanziamenti possono essere erogati sotto forma di liquidità della Banca Centrale, prestiti, titoli a rendimento fisso. Le misure non convenzionali di solito cercano di ridurre la differenza tra i tassi di interesse interbancari overnight e i tassi interbancari a medio-lungo termine che rappresentano il “costo” dei finanziamenti. Appena dopo lo shock Lehman Brothers, lo spread tra il tasso EURIBOR

118 Nakaso, 2017.

119 Ito, T., Mishkin, F. 2006, “Monetary Policy under Very Low Inflation in the Pacific Rim”, University of Chicago Press. 120 Smaghi, B., L. 2009.

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a tre mesi121 e il tasso overnight EONIA122 è aumentato vertiginosamente, segno che la liquidità nei

mercati finanziari si stava prosciugando. Un alto tasso di interesse indica infatti che le banche sono più restie a concedere prestiti, nonostante posseggano liquidità, e dall’altra parte diminuisce il numero di imprese che, essendo in grado di sostenere un simile tasso, può accedervi. Come si nota dal seguente grafico, anche durante il periodo di crisi del debito sovrano (2011-2013) vi è un innalzamento del differenziale.

Figura 2123- Differenziale tra tasso EONIA ed EURIBOR a 3 mesi

Una politica monetaria convenzionale, basata sulla manipolazione del tasso di interesse ufficiale, non sarebbe stata efficace in queste circostanze. Un modo in cui la Banca Centrale può influenzare le condizioni del credito è andando ad agire sulle condizioni di mercato di diverse tipologie di asset, ad esempio bond governativi, titoli di debito societario, carte commerciali124 o asset stranieri. Ciò avviene tramite politiche dette di “Quantitative easing”, in cui la Banca Centrale decide di espandere le dimensioni del proprio portafoglio con l’acquisto di asset, tipicamente titoli di Stato a lunga scadenza

121 “Il tasso di interesse Euribor a 3 mesi è il tasso di interesse al quale una selezione di banche europee si concede reciprocamente prestiti in euro per un periodo di 3 mesi”. “Tasso Euribor”, Global-rates. http://it.global-rates.com/tassi- di-interesse/euribor/tasso-di-interesse-euribor-3-mesi.aspx

122 “L’Eonia (Euro OverNight Index Average) è il tasso di interesse medio al quale una selezione di banche europee si concede reciprocamente prestiti in euro per un periodo di 1 giorno.” “EONIA”, Global-rates. http://it.global- rates.com/statistiche-economiche/statistiche-economiche.aspx

123 Fonte: rielaborazione di dati tratti da “Global rates”. http://it.global-rates.com/statistiche-economiche/statistiche-

economiche.aspx

124Strumento di finanziamento a breve termine, con una durata generalmente entro un anno.” “Glossario”, La voce. http://www.lavoce.info/suggerimenti/glossario/34C.html -1,00% 0,00% 1,00% 2,00% 3,00% 4,00% 5,00% 2006 2008 2010 2012 2014 2016 2018 2020 ta ss o in p erce n tru ale Anno Fiscale

Spread EONIA overnight vs EURIBOR 3 mesi

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comprati dalle banche125. L’idea sottostante è duplice: con l’acquisto di titoli di Stato a lunga scadenza

i rendimenti dei titoli privati diminuiscono parallelamente a quelli dei titoli di Stato, data l’interrelazione esistente tra i titoli di Stato e quelli privati. Una diminuzione dei rendimenti implica un minor onere per i debitori e dunque un più facile accesso a forme di finanziamento. Inoltre, l’acquisto massiccio di asset a lunga scadenza provocherebbe anche il crollo dei tassi di interesse a lungo termine (data la relazione inversa tra prezzo e tasso di interesse), e ciò indurrebbe un aumento degli investimenti di lungo periodo e quindi della domanda aggregata. Questa è la ragione per cui le banche giocano un ruolo fondamentale nel “Quantitative easing”, vendendo titoli alla Banca Centrale ed erogando la liquidità ricevuta sotto forma di prestiti alle imprese. Tuttavia, se permane un clima di incertezza le banche possono trattenere la liquidità ricevuta come precauzione contro possibili shock finanziari, impedendone dunque la circolazione nel circuito dell’economia reale. La stabilità bancaria è dunque una precondizione essenziale al successo di qualsiasi politica di “Quantitative easing”. Diversi studiosi, tra cui Hausman e Wieland (2014), e Kaneko Sadayoshi (2016) hanno proprio individuato nel settore bancario giapponese un motivo di critica alla prima fase di politica monetaria espansiva (Il “Quantitative and Qualitative easing” lanciato nel 2013) del Governo Abe, dato che l’ingente quantità di liquidità fornita dalla Banca del Giappone rimaneva confinata nel circuito bancario, senza intaccare l’economia reale126. La Banca del Giappone del resto aveva svolto in

precedenza un ruolo pioneristico in materia di “Quantitative easing”, con l’attuazione di tale politica per ben un quinquennio, dal 2001 al 2006. Le caratteristiche portanti erano: cambiamento del target operativo per le operazioni di mercato monetario dal tasso interbancario overnight al saldo detenuto dalle banche presso la Banca del Giappone; acquisto definitivo di bond giapponesi; esplicito e pubblico impegno a mantenere questa condotta fino a quando non si fosse raggiunta la stabilità dei prezzi. Durante tutto questo periodo, molti accademici dibatterono sul fatto che in realtà l’uscita del Giappone dalla deflazione sarebbe potuta avvenire solamente e semplicemente permettendo allo yen di deprezzarsi per frenare la caduta dei prezzi. Questo è il succo della famosa teoria di Lars Svennson, “The Foolproof Way”127. Tuttavia, tale assunto sottovaluta l’enorme difficoltà di influenzare le

aspettative e l’attività economica quando il funzionamento del sistema finanziario è compromesso. Infatti, i fallimenti nella ristrutturazione del settore finanziario e aziendale e nella ricapitalizzazione

125 Smaghi, B., L. 2009.

126 Hausman, J.K., Wieland, J.F., 2014; 金子 貞吉,2016.Si veda l’introduzione.

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bancaria sono stati ampiamente riconosciuti come cause principali dei tassi di crescita anemici del Paese e dei prezzi in declino, cause sulle quali la Banca del Giappone ha poca presa128.

Il “Quantitative easing” prevede che la Banca Centrale acquisti direttamente asset in cambio di moneta129. Ciò implica che la Banca Centrale detiene gli asset fino alla scadenza della maturity, o a una eventuale rivendita, e quindi si assume una certa dose di rischio sul proprio portafoglio. Una misura non convenzionale alternativa, chiamata “Indirect Quantitative/Credit easing”, permette all’Autorità monetaria di aumentare la dimensione del proprio portafoglio attraverso prestiti di lunga durata alle banche, in cambio di garanzie che includono asset i cui mercati siano temporaneamente compromessi130. Questo tipo di policy influisce direttamente sull’orizzonte della curva dei rendimenti in cui vengono condotte le operazioni di policy. Ad esempio, operazioni di politica monetaria con una maturity di sei mesi hanno un impatto diretto sui mercati monetari interbancari a sei mesi, soprattutto se le operazioni sono condotte a tasso fisso e con piena aggiudicazione degli importi131. L’aumento della base monetaria viene determinato in maniera endogena dal sistema bancario, in base alle proprie condizioni finanziarie. È chiaro che in periodi di crisi, il portafoglio della Banca Centrale aumenti, data la crescente domanda di liquidità da parte delle banche. Un altro aspetto di questo tipo di policy riguarda la qualità dei collaterals. Allargando il ventaglio di collaterals accettati dalla Banca Centrale, le banche si avvantaggiano di un accesso maggiormente facilitato al credito, e possono pertanto erogare con più facilità prestiti alle imprese. Inoltre, molto spesso sono le stesse banche a decidere che tipo di collaterals usare nelle operazioni di rifinanziamento con la Banca Centrale. È logico dunque che in periodi di stress dei mercati si assisterà ad una tendenza naturale delle banche ad usare come collaterals asset di qualità inferiore.

Nell’Eurozona, a partire dal 2008 si è deciso di adottare una policy di “Indirect credit easing” in cui la liquidità viene erogata ad un tasso fisso per periodi che variano da una settimana a sei mesi.132

Allo stesso tempo sono aumentate anche le tipologie di asset accettate come collaterals, allentando ancora di più le condizioni di accesso alla liquidità. Nel 2008 infatti il pool di collaterals accettati è aumentato del 17,2% se paragonato con l’anno precedente. Tutto ciò è servito ad attenuare in qualche misura l’impatto della crisi economico finanziaria del 2008. Questo tipo di policy non può essere definito “Quantitative easing” tout court, dal momento che l’obiettivo principale è di ampliare i

128 Hiroshi, U. 2006, “Effects of the Quantitative Easing Policy: A Survey of Empirical Analyses”, Bank of Japan WP Series.

129 La moneta della Banca Centrale è chiamata tipicamente “moneta ad alto potenziale” per il suo massimo grado di liquidità. 130 Smaghi, B.L. 2009.

131 Questo tipo di operazioni è noto in letteratura come “fixed rate, full allotment”. 132 Smaghi, B.L., 2009.

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collaterals bancari e allentare le rigidità del finanziamento ai privati, di modo che siano le banche ad espandere l’offerta di credito. Data dunque l’importanza che il settore bancario riveste in questo caso nell’offrire credito all’economia, è opportuno enfatizzare il fatto che le politiche monetarie che possono rendere al meglio nell’ Eurozona differiscono in termini di ampiezza e profondità d’azione rispetto a quelle adottate in Paesi avanzati come gli Stati Uniti, caratterizzati da un sistema finanziario maggiormente deregolamentato. Un esempio calzante è fornito dal fatto che nel 2007 l’ammontare di prestiti concessi dal settore bancario ai privati era pari a circa il 145% del PIL nell’Area Euro, mentre negli Stati Uniti solo al 63%. Ciò riflette anche una problematica già affrontata in questo lavoro, riguardante la crescente instabilità del settore finanziario dovuta anche al fatto che in certe economie, e quella statunitense è paradigmatica, stanno aumentando considerevolmente le istituzioni finanziarie che svolgono servizi tipicamente bancari, ma con minor regolamentazioni e garanzie133.