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2.2 I meccanismi di trasmissione della politica monetaria giapponese

3.1.1 Il “Quantitative easing”

Il “Quantitative easing” segna il vero punto di svolta nel modo di condurre politica monetaria in Europa in quanto si passa da programmi che, per quanto espansivi, non prevedono la creazione ex nihilo di liquidità a un tipo di politica che invece lo prevede, e anzi usa questo fenomeno per aumentare la base monetaria. Il momento decisivo tuttavia è stato preparato da cambiamenti importanti sia nella comunicazione che nei programmi di politica monetaria immediatamente precedenti al “Quantitative easing”. Significativa è la posizione ufficiale del “Governing Council” riguardante le misure non convenzionali adottata nell’aprile 2013, in cui si rende noto che le politiche espansive perdureranno fino a quando sarà necessario. Tale pronunciamento ufficiale appare assai differente dal precedente che stabiliva che le misure non convenzionali fossero di natura temporanea246. Dal punto di vista dei programmi, il “Targeted Long Term Refinancing Operations” (abbreviato in “TLTRO”) messo in atto nel giugno 2014 può essere considerato un’anticipazione, non tecnica in quanto anche in questo caso la liquidità fornita è sterilizzata, ma almeno nelle intenzioni del “Quantitative easing”. Si tratta di piani di rifinanziamento a lungo termine preposti appositamente per le istituzioni non finanziarie con

244 Mitchell, B. 2012, "The ECB plan will fail because it fails to address the problem". http://bilbo.economicoutlook.net/blog/?p=20935

245 Alessandrini, P. 2015, “Economia e politica della moneta. Nel labirinto della finanza.” Il Mulino (Seconda edizione). 246 Rodriguez, C., Carrasco, C. 2014, “ECB Policy Responses between 2007 and 2014: a chronological analysis and a money quantity assessment of their effects”, FESSUD.

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l’obiettivo dunque di stimolare direttamente l’economia reale247. Il 22 gennaio 2105 Draghi annuncia

il primo lancio del “Quantitative easing”, prevedendo un’iniezione di liquidità sui mercati finanziari pari a 60 miliardi di euro mensili fino al raggiungimento di quota 1,1 trilione di euro entro settembre 2016. Lo scopo è di ristabilire la fiducia degli investitori, aumentare l’inflazione e deprezzare l’euro per incrementare le esportazioni e instaurare un processo di crescita. Gli asset acquistati appartengono anche al settore privato che quindi può avere un canale di accesso privilegiato al credito. Ovviamente questa nuova tipologia di politica non è ben vista dagli Stati “virtuosi” dal punto di vista fiscale, come la Germania, che vedono in ciò un tentativo di salvataggio degli Stati caratterizzati da alto deficit. Tuttavia, Draghi ha ribadito più volte che verrà valutato l’accesso al programma per quegli Stati che, come la Grecia, si trovino ad essere sotto la supervisione di speciali entità sovranazionali quali il Fondo Monetario Internazionale. Il motivo è da riscontrarsi nel fatto che la politica monetaria, secondo i vertici della Banca Centrale Europea, può solamente porre le basi della crescita, mentre spetta all’impegno dei singoli Governi tramite solide riforme istituzionali generare un clima di fiducia che porti alla ripresa consistente degli investimenti248.

In data 8 dicembre 2016249 il “Governing Council” ha deciso di prolungare il “Quantitative easing” fino a marzo 2017, annunciando inoltre un’estensione dello stesso programma da aprile a dicembre 2017 con acquisti di 60 miliardi di euro al mese, fino a quando non sarà raggiunta e mantenuta la soglia target di inflazione vicina al 2%. Il “Governing Council” si riserva anche la facoltà di aumentare il volume di acquisti o la loro durata se dovessero peggiorare le condizioni finanziarie, segnalando così una precisa linea di condotta per tutti gli attori economici circa il proprio operato. Specificando le novità introdotte dal prolungamento del “Quantitative easing”, Draghi ha affermato che l’acquisto dei titoli viene esteso ai bond con maturity che scende da 2 a 1 anno e si estende parallelamente la possibilità di acquistare titoli con un tasso inferiore al tasso dei depositi. Tutte queste misure potenziano l’operatività del “Quantitative easing” come strumento di stimolo per gli investimenti; tant’è vero che a questa altezza cronologica la BCE non ha ancora parlato di “tapering”, ossia di una sostanziale riduzione del programma in vista di una futura uscita dall’espansione monetaria. Inoltre,

247 “La BCE annuncia misure di politica monetaria volte a migliorare il funzionamento del meccanismo di trasmissione della politica monetaria”, Banca Centrale Europea, 2014.

https://www.ecb.europa.eu/press/pr/date/2014/html/pr140605_2.it.html

248“ECB unveils €1.1tn QE plan to stimulate eurozone economy”, The Guardian, 2015.

https://www.theguardian.com/business/2015/jan/22/ecb-unveils-1-trillion-qe-plan-stimulate-eurozoen-economy 249 “Monetary policy decisions”, European Central bank, 2016.

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sempre a questo periodo risalgono le stime positive su inflazione e PIL da parte della BCE che la inducono ad affermare che il pericolo deflazione sia scampato: il PIL viene stimato a 1,7% nel 2017 e a 1,6% nei due anni successivi; mentre l’inflazione stimata è del 1,3% nel 2017, 1,5% nel 2018 e 1,7% nel 2019250.

Il 26 ottobre 2017251 la BCE ha mosso il primo passo verso la normalizzazione del programma di “Quantitative easing” annunciando il dimezzamento dei titoli mensili acquistati, da 60 a 30 miliardi di euro, a partire dall’inizio del 2018. Questa decisione arriva in un momento in cui comunque si è ben lontani dall’obiettivo inflazionistico del 2%. A novembre 2017 l’inflazione tocca quota 1,5% e quella core 1,3%252. Tutto ciò fa supporre che Draghi si aspetta che la disoccupazione in calo si tramuterà in futuro in aumento dei prezzi. Questa relazione è nota come curva di Phillips, ma la sua stabilità è tipicamente di breve periodo, e in alcuni paesi come gli Stati Uniti è invertita.

La domanda legittima da porsi, e sulla quale si indagherà nei paragrafi successivi, è se gli Stati membri dell’Unione abbiano raggiunto dei presupposti di crescita tali da giustificare la normalizzazione dell’espansione monetaria che condurrà inevitabilmente alla fine della stessa politica monetaria espansiva.