La soluzione apriorista del problema della giustificazione del metodo
6.1 Popper sullo scopo della scienza e le norme metodolo- metodolo-giche
Seguendo Lakatos (1974), è opportuno richiamare l’attenzione su un aspetto molto controverso della teoria della scienza elaborata da
Pop-per nella Logica della scoPop-perta scientifica: questa teoria, caratterizza-ta dal tencaratterizza-tativo di dimostrare che «il vecchio ideale scientifico del-l’episteme [...] si è rivelato un idolo» (Popper 1934/1959, p. 311), nonché dalla correlativa insistenza sulla natura costitutivamente con-getturale della conoscenza umana, assegna alla scienza uno scopo me-ramente negativo. Il compito prescritto da Popper alla comunità scien-tifica si riduce infatti, in concreto, allo smascheramento dei difetti del-le teorie che di volta in volta vengono sottoposte alla sua valutazione critica. Così, anche se in un momento dato una teoria T viene consi-derata il migliore risultato mai conseguito dall’ingegnosità umana, in virtù del fatto che ha superato numerosi e severi controlli, T rimane pur sempre una mera congettura: quando viene contraddetta da un’ipotesi falsificante corroborata, la comunità scientifica la dichiara subito fal-sificata.
Se un ricercatore è persuaso che T sia ciò nonostante ancora pro-mettente, nulla gli impedisce di apportarvi modifiche; ma la teoria che risulta da tali modifiche – che qui si indicherà con “Tm” –, anche se queste dovessero essere di minore portata, va considerata una teoria completamente nuova: nessuno dei meriti acquisiti in precedenza da T può essere ascritto a Tm, cosicché i controlli di quest’ultima devono partire da zero. Prima o poi, anche Tmconoscerà il medesimo destino di T, che è comune a tutte le teorie scientifiche. Quindi, osserva Laka-tos, alla luce della filosofia falsificazionista, il progresso scientifico «consiste in un’accresciuta consapevolezza dell’ignoranza piuttosto che nella crescita della conoscenza» (1974, p. 196).1
Una delle obiezioni sollevate da Lakatos contro la caratterizzazio-ne delle regole del gioco della scienza proposta da Popper concercaratterizzazio-ne la nozione di progresso scientifico – e quindi la concezione dello scopo del gioco – che ne deriva. Infatti, se gli venisse posta una domanda
di-1
Si veda il paragrafo 2.1, dove si sono enunciati i principi (P1)-(P4), alla base della teoria della scienza presentata nella Logica della scoperta scientifica, e si so-no discusse le critiche di Lakatos ai principi (P3)-(P4).
retta, «la risposta istintiva di Popper sarebbe [...] che lo scopo della scienza è effettivamente la ricerca della Verità» (ibidem); d’altra par-te, se si accettano le regole metodologiche da lui raccomandapar-te, il gio-co della scienza risulta gio-completamente svingio-colato dal suo sgio-copo, poi-ché è impossibile mostrare che la scienza progredisce verso la sua rea-lizzazione: «si può solo nutrire la pia speranza che le cose stiano così» (ibidem). In effetti, alla luce della filosofia della scienza falsificazio-nista, nulla consente di congetturare che Tm– o qualsiasi altra teoria – costituisca, rispetto a T, un progresso verso la verità; contro le inten-zioni di Popper, la sua posizione si risolve dunque non in una forma sofisticata di fallibilismo, bensì nello scetticismo estremo. Quindi, prosegue Lakatos, Popper
può ovviamente credere, indipendentemente dalla propria logica della scoperta, che esista il mondo esterno, che ci siano leggi na-turali e anche che il gioco della scienza produca proposizioni sempre più vicine alla Verità; ma non c’è nulla di razionale in queste credenze metafisiche; si tratta di mere credenze di tipo animale. Non c’è nulla nella Logik der Forschung con cui lo scettico più radicale debba trovarsi in disaccordo (ivi, p. 197).
Il Popper della Logica della scoperta scientifica sembrerebbe dunque costretto ad ammettere che il gioco della scienza viene giocato per il puro gusto di giocarlo: gli scienziati devono cercare teorie informati-ve e procedere a controllarle seinformati-veramente allo scopo di trovare teorie informative e procedere a controllarle severamente. Ai fini della no-stra esposizione, è particolarmente importante osservare che alcune norme metodologiche popperiane2possono essere giustificate per via analitica. Per esempio, allo scienziato che ambisce a teorie altamente informative e falsificabili, Popper raccomanda di non fare ricorso a ipotesi ad hoc. In questo caso, la connessione tra la proprietà P (le teo-rie scelte sono informative) e la propteo-rietà Q (le teoteo-rie scelte sono
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ad hoc) risulta giustificata, in base a considerazioni puramente aprio-ristiche, sostanzialmente perché, considerato il significato attribuito da Popper alle espressioni “teoria informativa” e “ipotesi ad hoc”, l’uso di ipotesi ad hoc rende inevitabilmente meno informative o ri-schiose le teorie (si veda il paragrafo 4.4).
Lakatos riconduce l’esito scettico della teoria della scienza presen-tata nella Logica della scoperta scientifica alla circostanza che «nel 1934 la teoria della verità come corrispondenza era in declino» (ivi, p. 196). Se a quell’epoca ne avesse conosciuta una formulazione soddi-sfacente, Popper l’avrebbe prontamente sottoscritta, ma in mancanza di una simile formulazione si vide costretto a un atteggiamento più cauto; è per questa ragione che in un passo della sua opera si legge: «nella logica della scienza delineata qui è possibile evitare l’uso dei concetti “vero” e “falso”» (Popper 1934/1959, p. 302).
Tuttavia, non molto tempo dopo la pubblicazione della Logica del-la scoperta scientifica, Popper viene a conoscenza deldel-la teoria corri-spondentista della verità elaborata da Tarski, che non esita a far pro-pria: in una nota all’edizione inglese dell’opera, risalente al 1959, vie-ne infatti spiegato che i principi fondamentali del falsificazionismo «si rivelarono [...] coerenti con la teoria tarskiana» (ivi, p. 303, nota *1), e che la concezione della scienza difesa nell’edizione tedesca del 1934 «non ne fu sostanzialmente modificata, ma anzi, ne risultò chia-rificata» (ibidem). Lakatos, d’altro canto, sostiene che l’adozione del-la teoria tarskiana «cambiò radicalmente il tono generale» (1974, p. 197) dell’epistemologia popperiana. Grazie a questa teoria Popper ha infatti la possibilità di introdurre, tra la fine degli anni cinquanta e l’inizio degli anni sessanta, la nozione di verisimilitudine, che gli con-sente di «definire il progresso anche per una sequenza di teorie false» (ibidem), e di proporre la tesi secondo cui il principale fine cognitivo della ricerca scientifica è la costruzione di teorie altamente informati-ve che possiedono un elevato grado di informati-verisimilitudine o approssima-zione alla verità. Alla luce di tale noapprossima-zione, sostiene Lakatos, le regole del gioco della scienza proposte da Popper subiscono una
reinterpre-tazione radicale: le teorie corroborate che prendono il posto di quelle falsificate possono essere considerate «ipotetici passi avanti nell’avvi-cinamento alla verità» (ibidem).
Qualunque sia la risposta corretta alla domanda se la teoria tarskia-na è già implicita nella – o coerente con la – Logica della scoperta scientifica, ovvero determina una reinterpretazione radicale della con-cezione della scienza delineata in quell’opera, di fatto Popper elabora la nozione di verisimilitudine dopo aver conosciuto i risultati di Tar-ski e averli fatti propri. È difficile sopravvalutare l’importanza della verisimilitudine per la filosofia della scienza falsificazionista: infatti, questa consente a Popper di fare un uso molto preciso del concetto di progresso scientifico.
Secondo la definizione di Popper (1963, pp. 400-401), una teoria Tnè più vicina alla verità di una teoria Tn-1se Tnha più conseguenze vere e meno conseguenze false di Tn-1. La verisimilitudine, dunque, permette un notevole miglioramento della posizione originariamente difesa da Popper: prima della sua introduzione, questi poteva sostene-re, tuttalpiù, che la ricerca scientifica
tende sempre verso lo scopo infinito, e tuttavia raggiungibile, di scoprire problemi sempre nuovi, più generali e più profondi, e di sottoporre le sue risposte, sempre date in via di tentativo, a controlli sempre rinnovati e sempre più rigorosi (1934/1959, p. 311).
A partire dai primi anni sessanta, invece, Popper afferma:
nella ricerca della conoscenza, ci proponiamo di trovare teorie vere, o per lo meno più vicine delle altre alla verità, che corri-spondano meglio ai fatti (1963, p. 387).
Naturalmente, l’uso della nozione di verisimilitudine non dissuade Popper dall’insistere sul carattere costitutivamente congetturale della conoscenza umana, né può esimere gli scienziati dal compito di
con-trollare con severità le teorie; tuttavia, sostiene ora Popper, «l’idea stessa di errore, e di fallibilità, comporta quella di una verità oggetti-va, come modello che possiamo essere incapaci di eguagliare (in que-sto senso, l’idea di verità è regolativa)» (ivi, p. 393). Pertanto, la ri-cerca di teorie altamente verisimili costituisce, per Popper, il principa-le fine cognitivo dell’impresa scientifica.
A seguito dell’introduzione della nozione di verisimilitudine, Pop-per si trova Pop-però a dover affrontare due problemi. Innanzitutto, circa un decennio dopo la pubblicazione di Congetture e confutazioni, Da-vid Miller (1974) e Pavel Tichý (1974) dimostrano, indipendentemen-te l’uno dall’altro, che la definizione popperiana di verisimilitudine è errata, in quanto sulla base di tale definizione una teoria falsa, cioè una teoria con almeno una conseguenza falsa, non può mai essere più vicina alla verità di un’altra teoria.3In secondo luogo, si pone la que-stione se le norme metodologiche del falsificazionismo possano esse-re considerate strumenti efficaci per il raggiungimento del fine cogni-tivo della scienza. A questo proposito, Popper afferma:
Il sottoporre a controllo le teorie scientifiche è parte della loro discussione critica [...]. La discussione critica non può mai sta-bilire ragioni sufficienti per pretendere che una teoria sia vera; non può mai “giustificare” la nostra pretesa di conoscenza. Ma la discussione critica può, se siamo fortunati, stabilire ragioni sufficienti per la seguente pretesa: “Questa teoria sembra al presente alla luce di una discussione critica completa e di con-trolli severi e ingegnosi di gran lunga la migliore (la più forte, la meglio controllata) e così sembra quella più vicina alla veri-tà fra le teorie in competizione” (1972, pp. 113-114).
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I risultati di Miller e Tichý hanno favorito la nascita di una vivace tradizione di ricerca sui problemi logici ed epistemologici della nozione di verisimilitudine; il lavoro di autori come Oddie (1986), Kuipers (1987; 2000) e Niiniluoto (1987) mo-stra che è possibile esplicare in modo soddisfacente l’idea di approssimazione alla ve-rità – una circostanza che, come si è ricordato in precedenza, Laudan sembra voler ignorare contro ogni evidenza.
Secondo Popper, dunque, date due teorie T1e T2, e dati i risultati del-la discussione critica dei loro meriti fino al momento t, se T2 risulta maggiormente corroborata di T1, allora bisogna preferire T2e ritenere che questa sia più vicina alla verità di T1. Tale raccomandazione sol-leva un problema importante. Infatti, per giustificare la preferenza ac-cordata a T2, occorre assumere che il grado di corroborazione di T2 co-stituisca una misura o un’indicazione, sia pure fallibile, della sua ve-risimilitudine. Tuttavia, in svariate occasioni Popper ribadisce che il grado di corroborazione è solamente un resoconto di come una teoria è riuscita a resistere ai controlli passati, e che non se ne devono rica-vare inferenze circa il modo in cui questa si comporterà in occasione di nuovi controlli. Evidentemente, questa affermazione è dettata dal-l’antinduttivismo di Popper, che, dunque, si priva della possibilità di argomentare che la scelta di teorie di successo è un mezzo per pro-muovere la scelta di teorie dotate di un elevato grado di verisimilitu-dine. Come si vedrà nel prossimo paragrafo, la correlazione tra suc-cesso empirico e verisimilitudine costituisce un aspetto caratterizzan-te della metodologia non falsificazionista di Kuipers.
6.2 La metodologia della valutazione ipotetico-deduttiva di