La procedura di mobilità
2.2. Il campo di applicazione e le ipotesi di esclusione Premessa.
2.2.4. La posizione di dirigenti e funzionari.
In relazione alle categorie dei prestatori di lavoro si sono poste varie questioni interpretative. L’art. 4, 9° comma, richiamato dall’art. 24, prevede espressamente la possibilità di collocare in mobilità, all’esaurimento della procedura, “gli impiegati, gli operai e i quadri eccedenti”. Dall’analisi di questo dato letterale si è ritenuto che la categoria dei dirigenti potesse essere esclusa dall’applicazione della legge n. 223/1991.
L’esclusione veniva peraltro ad essere motivata, oltre che dal riferimento al dato letterale, anche in base all’esclusione della categoria dei dirigenti dalla disciplina limitativa del licenziamento individuale riconfermata dalla legge n. 108 del 1990, che costituirebbe ulteriore conferma della specialità di tale categoria, non assoggettabile a vincoli in ordine al recesso126.
Vi è tuttavia una tesi difforme, che propende per l’applicabilità anche ai dirigenti della disciplina sui licenziamenti collettivi127. Tale
(124) P. LAMBERTUCCI, La disciplina delle eccedenze di personale tra legge e
contrattazione collettiva: prime riflessioni sull’art. 2, ventottesimo comma, legge 23 dicembre 1996, n. 662, in Arg. Dir. lav., 1997, n. 5, p. 249 ss, spec. p. 275;
SCARPELLI, Il campo di applicazione delle discipline dei licenziamenti collettivi
e gli interessi tutelati, in AIDLASS, Il sistema delle fonti nel diritto del lavoro,
Milano, Giuffrè, 2002, p. 287. In giurisprudenza, Cass., 25 luglio 2001, n. 10171, in Foro it., 2001, I, c. 2747.
(125) Trib. Arezzo, 11 giugno 1994; Pret. Arezzo, 9 settembre 1993.
(126) Aderiscono alla tesi dell’esclusione dei dirigenti dall’applicazione della l. n. 223/1991, LISO 1991a, 4; F. MAZZIOTTI, 1992b, 104; ZOPPOLI A., 1993, 153; DEL PUNTA, 1993a, 280; CARABELLI, 1994,236; LAMBERTUCCI, 2006b, 1111. In giurisprudenza, Pret. Catanzaro, 18 luglio 1996.
(127) SPAGNUOLO VIGORITA L., GUAGLIONE, SCARPELLI, 1994, 1110; DE MARCO, 1994, 117, il quale distingue le ipotesi di licenziamento collettivo ed individuale con riguardo ai dirigenti richiamando Corte Cost. 22 maggio 1987, n. 180, secondo cui la differenziazione di regolamentazione giuridica del
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opinione contrasta con l’idea che vi sia un rapporto di specialità tra
licenziamento collettivo e licenziamento individuale che
consentirebbe di trarre dalla legge n. 108 del 1990 la regola generale del recesso ad nutum del dirigente. Le due discipline sono infatti, concepite come diverse fattispecie, rientranti nell’ampio genus del recesso dal rapporto di lavoro.
Secondo autorevole dottrina128 si propone l’applicazione anche ai dirigenti di alcuni tratti della disciplina dei licenziamenti collettivi, escludendone altri e mantenendo su alcuni, dubbi di applicabilità. In particolare si esclude l’inserimento del dirigente dalla vicenda della mobilità, mentre si ritiene che il licenziamento del dirigente debba essere oggetto anch’esso di informazione e consultazione sindacale, così come si ritengono utilizzabili i criteri di scelta di cui all’art. 5. I dubbi maggiori riguardano le conseguenze sanzionatorie del licenziamento illegittimo del dirigente, per i quali si propone il ricorso alle regole di diritto comune. Sul punto si è recentemente pronunciata la Corte di Giustizia dell’Unione Europea129, la quale con la sentenza 13 febbraio 2014 ha affermato che l’esclusione dei dirigenti dalle procedure di mobilità non è in linea con la Direttiva 98/59/CE sul riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi. L’Italia è stata dunque dichiarata inadempiente poiché non tutela tutte le categorie di lavoratori. La direttiva sopracitata, il cui ambito di applicazione si estende a tutti i lavoratori senza eccezione, non risulta correttamente recepita dalla legge 223/1991, la quale ammette a beneficiare delle garanzie da essa prevista unicamente gli operai, gli impiegati e i quadri, escludendo i dirigenti. La Corte ha ritenuto pertanto che la normativa e i contratti
licenziamento dei dirigenti non è estensibile al licenziamento collettivo, nel quale non viene in rilievo il rapporto di fiducia, ma l’esigenza obiettiva dell’economicità della gestione; peraltro la Corte ha ritenuto giustificata la disparità di trattamento prevista da una legge regionale nel regime del recesso, valorizzando le peculiarità giuridiche del dirigente.
(128) F. CARINCI, (Commentario diretto da), Diritto del lavoro. Il rapporto di
lavoro subordinato: garanzie del reddito, estinzione e tutela dei diritti. (a cura di
M. MISCIONE), 2° ed., Utet giuridica, 2007, Milano. (129) Corte di Giustizia UE, 13 febbraio 2014, C- 596/12.
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collettivi italiani riguardanti specificatamente i dirigenti non colmino tali lacune. Parte della dottrina ha avanzato l’ipotesi di una “interpretazione comunitariamente orientata” ma il dibattito sul punto, rimane ancora sostanzialmente aperto.
Altra questione riguarda invece, la computabilità dei dirigenti ai fini del raggiungimento della soglia prevista perché possa parlarsi di licenziamento collettivo. In dottrina sembra prevalere l’opinione negativa che viene argomentata sia in ragione dell’interpretazione letterale dell’art. 4, 9° comma, sia in forza del dato sistematico deducibile dal principio di libera recedibilità legale dal rapporto di lavoro dirigenziale130. Peraltro, oggi tale esclusione è testualmente confermata dal nuovo testo dell’art. 4, comma 9 della l. n. 223/1991 che fa esplicito riferimento, quale ambito di applicabilità, alle figure degli operai, impiegati e quadri intermedi.
Altra questione, alla quale però sembra doversi dare risposta positiva, è quella che attiene alla computabilità dei dirigenti nel normale organico dell’impresa. Il problema è infatti diverso da quello dell’applicabilità della disciplina, potendo ipotizzarsi un licenziamento del dirigente per ragioni di tipo occupazionale a cui non venga applicata la disciplina della l. n. 223/1991. Si è infatti ritenuto che, qualora il licenziamento del dirigente venga esplicitamente motivato con riferimento alla riduzione del personale, di questo si deve tenere conto ai fini del computo dei licenziamenti collettivi, indipendentemente dalla disciplina concretamente utilizzabile e applicabile a quel singolo licenziamento131.
Incertezze sono poi sorte circa l’applicabilità della normativa alla categoria dei funzionari, tipica del settore del credito ed assicurativo: l’assoggettabilità al licenziamento collettivo dipende dalla categoria legale cui si ritiene essi debbano appartenere, ossia a quella degli impiegati ovvero, dei dirigenti. La giurisprudenza,
partendo dal presupposto dell’esclusione dei dirigenti
dall’applicabilità della disciplina, si è posta il problema anche
(130) Cfr. in rapporto al dirigente bancario, Cass., 24340/2010. (131) DEL PUNTA, 1993a, 280.
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dell’applicabilità di questa in relazione ai funzionari, che a volte vengono equiparati ai dirigenti, il cui rapporto è regolamentato dal medesimo contratto collettivo, altre volte invece, agli impiegati, in quanto categoria a cui far ricorso quando le norme non dispongono altrimenti. Sul punto esistono una serie di pronunce che non delineano un quadro omogeneo132.