1.4.2. Il quadro legale dopo la l n 223/1991: la fattispecie licenziamento collettivo.
1.4.2.2. I requisiti numerico/temporali.
Accanto al requisito oggettivo o causale della “riduzione o trasformazione” dell’attività dell’impresa, la l. n. 223/1991 colloca un dato numerico/temporale: l’esistenza di almeno cinque licenziamenti nell’arco di centoventi giorni.
Come è facile intuire, appaiono relativamente più semplici le questioni concernenti gli elementi quantitativi, i quali consistono in sostanza in un numero minimo di recessi preventivati in un relativamente stretto arco temporale. In realtà si può affermare che di per sé i dati numerici non pongono particolari problemi di incertezze interpretative se non per quel che riguarda però la costruzione di una sorta di “ fattispecie a formazione progressiva”54, in forza della quale vengono attratti nell’ orbita della disciplina “ tutti i licenziamenti che, nello stesso arco di tempo e nello stesso ambito, siano comunque riconducibili alla medesima riduzione o trasformazione”. Questa previsione pone problemi sia sul piano sostanziale che su quello processuale.
Il nodo della questione è da individuarsi nel concetto di “intenzione” del datore di lavoro di procedere ai licenziamenti e in particolar modo se il rifermento operato dalla legge all’intenzione del datore di lavoro, possa ricondurre la vicenda ad un’ illimitata libertà di
esaurimento di singole fasi del lavoro in relazione alle maestranze impiegate in quella determinata fase.
(53) L’attività edile infatti è caratterizzata dal succedersi di lavori che richiedono personale di diverse specializzazioni, quali carpentieri, pavimentatori, la necessità del cui apporto viene meno all’esaurimento di ciascuna di esse.
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quest’ultimo di scegliere fra licenziamenti individuali per giustificato motivo e licenziamenti collettivi55.
Nell’economia della legge, sembrerebbe ovvia la circostanza per la quale “intenzione” sta per programma del datore di lavoro: la disciplina della l. n. 223/1991 troverebbe quindi applicazione in tutte quelle situazioni in cui il datore abbia programmato una scelta di ridimensionamento della propria impresa, che dia luogo ad almeno cinque licenziamenti nell’arco di centoventi giorni. Tale programma o “attività di programmazione” poi, non si esaurisce uno actu, bensì si estende nell’arco di tempo di centoventi giorni, ampliando così gli oneri di correttezza del datore. L’intenzionalità assume rilevanza diversa a seconda della fattispecie ex art. 4 ovvero ex art.24 della l. n. 223/1991: per la configurazione di un licenziamento collettivo senza previa CIGS, è sufficiente la semplice “intenzione” di licenziare almeno cinque lavoratori nell’arco di tempo e nell’ambito di luoghi determinati, di modo che la disciplina della l. n. 223/1991 si applica anche se alla fine della procedura, i licenziamenti collettivi siano meno di cinque o, al limite, sia uno solo56.
Qualche problema si pone in relazione all’estensione ulteriore degli oneri a tutti i licenziamenti che “nello stesso arco di tempo e nello stesso ambito, siano comunque riconducibili alla medesima riduzione o trasformazione”57
. Viene ribadito pertanto che la riconducibilità all’ “unica” scelta di ridimensionamento non può che
(55) La questione è ben semplificata in una fattispecie decisa dal Tribunale di Milano: Trib. Milano, 16 marzo 1994 e sul punto anche Pret. Milano, 22 febbraio 1993. Nel caso di specie erano stati licenziati progressivamente sei lavoratori nell’arco di centoventi giorni ed il collegio lombardo ha ritenuto che non si trattasse di licenziamenti collettivi ma di licenziamenti plurimi per g.m.o., assumendo l’autonomia causale dei singoli recessi. È pertanto evidente che tale ricostruzione presuppone anzitutto una lettura del concetto di intenzione in termini psicologici, quasi che si volesse valorizzare il motivo o intento dell’atto negoziale. (56) Pret. Frosinone, 17 febbraio 1995; Trib. Milano, 6 dicembre 1995, Dir. e lav., 1996, 641; Trib. Milano, 16 dicembre 1995; Pret. Milano, 16 gennaio 1996, Riv. it.
dir. lav., 1997, II, 197; Trib. Milano, 10 giugno 2000; Trib. Milano, 20 febbraio
2003, Dir. e lav. 2003, 38; Cass., 1 febbraio 2003, n. 1526, in Riv. giur. lav., 2004, II, 316.
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essere operata a posteriori confermandosi così la formazione progressiva della fattispecie. Coerente con tutte queste indicazioni è la giurisprudenza che, ai fini della riconducibilità della fattispecie alle previsioni di cui all’art. 24, assume che per il superamento della soglia delle cinque unità occorre far riferimento al “programma” datoriale, a nulla rilevando poi il numero dei licenziamenti effettivamente realizzati sia inferiore a cinque58.
Ulteriore questione da esaminare è ora quella riguardante i criteri di computo degli occupati ai fini della verifica del requisito minimo dei “quindici dipendenti” all’art. 24, 1° c. In proposito, secondo due soluzioni alternative, ci si deve riferire al momento in cui si manifesta oggettivamente l’intenzione di licenziare ovvero alla media occupazionale della stessa impresa negli ultimi sei mesi, con chiaro riferimento analogico alla disciplina fissata dall’ art.1 della l. n. 223/1991 per la Cassa integrazione. Questa soluzione appare anche la più logica se ci si pone nella prospettiva di tutela e antifrodatoria che ha sicuramente influenzato le scelte del legislatore del 1991, d’altro canto poi la stessa giurisprudenza non ha tardato ad orientarsi nel medesimo senso59.
Quanto invece alla ricomprensione di particolari tipologie di rapporti, quali quelli a termine, in prova, a tempo parziale, di formazione e lavoro, di apprendistato ecc, la giurisprudenza si è tendenzialmente mossa nel tracciato disposto dalla dottrina e dal Ministero del Lavoro60, nel senso della computabilità dei rapporti di apprendistato e di formazione lavoro, così come stabilito per la richiesta della CIGS dall’art.1 della l. n. 223/1991.
Con riguardo invece all’ambito territoriale di riferimento, la provincia, si è discusso se la disciplina di cui all’art. 24, l. n. 223/1991 risultasse
(58) Trib. Milano, 31 marzo 1995; Pret. Milano, 16 luglio 1993; Pret. Potenza, 6 ottobre 1993; Trib. Milano, 8 ottobre 1994.
(59) Pret. Pisa - San Miniato, 15 luglio 1992, Riv. it. dir. lav. , 1993, II, 340; Pret. Pisa - San Miniato, 1 dicembre 1992, Riv. crit. dir. lav., 1993, 844; Pret. Parma, 1 febbraio 1993, in Riv. it. dir. lav., 1993, II, 600; Pret. Frosinone, 8 ottobre 1993, in
Foro it., 1993, I, 1309.
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comunque applicabile considerando unità produttive non situate nella stessa provincia ma generalmente nell’intero territorio nazionale. Si tratta tuttavia di una proposta inaccoglibile che verrebbe a contrastare pienamente con la lettera della legge. Nel caso di personale dislocato in più province, si deve distinguere61 l’ipotesi concernente il personale occupato in più province della stessa regione da quella relativa al personale occupato in regioni diverse. Nel primo caso la competenza a promuovere l’accordo previsto dallo stesso articolo 4 spetta al Direttore dell’Ufficio regionale del Lavoro; nel secondo caso invece la competenza spetta al Ministero del Lavoro.
Sotto il profilo numerico possono altresì essere ricondotte alcune questioni quali il cosiddetto scaglionamento dei licenziamenti in un arco superiore ai centoventi giorni ma in considerazione di una “progettazione unitaria” ed altresì, l’intimazione dei licenziamenti “individuali” e il successivo superamento della soglia numerico - temporale con la conseguente riduzione dei primi licenziamenti ad un regime di inefficacia sopravvenuta.
In questo senso assume pieno rilievo la soluzione per la quale si deve far riferimento alla data della comunicazione dei licenziamenti piuttosto che al momento di acquisto di efficacia dei medesimi62. Una opinione a tal riguardo63 sussiste nel senso che il dato strettamente numerico pur nella sua indubbia rilevanza qualificatoria, non possa però offuscare il dato sostanziale della riduzione o trasformazione, non a caso richiamato immediatamente64. Nella stessa prospettiva sembra muoversi anche quella giurisprudenza che seppure espressasi per la maggior parte con riguardo a fattispecie solo contigue65, ha riconosciuto da un lato la configurabilità di un volontario
(61) Art. 4, comma 15, l. n. 223/1991.
(62) Cass., S.U., 21 agosto 1990, n. 8535; Pret. Como, 17 dicembre 1990; Pret. Firenze, 21 giugno1994.
(63) F.CARINCI, (commentario diretto da), Diritto del lavoro. Il rapporto di lavoro subordinato: garanzie del reddito, estinzione e tutela dei diritti.(a cura di) M.MISCIONE, seconda edizione, Utet, Milano, 2007.
(64) Art.24, 1° co., seconda parte.
(65) Pret. Milano, 16 marzo 1993, in Dir. e lav. , 1994, 89; Trib. Milano, 16 dicembre 1995, in Dir. e lav. ,1996,391.
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scaglionamento dei licenziamenti in un arco di tempo superiore ai centoventi giorni66 e nel contempo rende la prova dell’unico progetto di riduzione, quale discrimen tra liceità e illiceità di tali comportamenti, eccessivamente difficoltosa, alla stregua della dimostrazione dell’intento fraudolento dell’imprenditore.