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Possibili cause dell’intervento americano

“politica-media”

3.3 Possibili cause dell’intervento americano

La spiegazione più comune che si dette per giustificare il perché dell’operazione Restore Hope fu che una copertura mediatica così intensa dei poveri cittadini somali ridotti alla fame portò gli addetti alla politica estera a prendere decisioni favorevoli all’intervento armato; in breve, che la decisione di intervento fu un caso inequivocabile e trasparente dell’effetto CNN ed, in particolar modo, della sua capacità di porre al vertice dell’agenda politica una data questione. Bernard Cohen affermò che la copertura televisiva riservata alla Somalia “mobilitò la coscienza delle istituzioni pubbliche nazionali spingendo il governo ad intervenire per ragioni umanitarie98.” Ricerche dei giornalisti Nik Gowing e Warren Strobel se da una parte sottolineano la molteplicità di fattori che hanno portato a causare l’intervento, dall’altra supportano la tesi di un forte effetto CNN nel caso specifico della Somalia. Gowing sostiene che la consumata frase “la televisione ha portato gli Stati Uniti in Somalia … e la stessa li ha tirati fuori dalla Somalia” regge alle prove99. Cita il Segretario stampa della Casa

Bianca Marlin Fitzwater per quanto riguarda la decisione di schierare truppe militari in Somalia:

97 Bush orders U.S troops to Somalia, http://www.history.com/this-day-in-history/bush-orders-u-s-troops-to-somalia, 4

dicembre 1992.

98Cohen, B., The View from the Academy in W. L. Bennett and D. L. Paletz (eds) Taken by Storm: The Media, Public Opinion and US Foreign Policy in the Gulf War, Chicago, IL: University of Chicago Pres, 1994, pp 8–11.

101 “Dopo le elezioni i media avevano parecchio tempo libero e in quel

momento iniziò ad esserci una forte pressione ... la sentivamo da ogni angolo, che qualcosa dovesse essere fatto. Alla fine la pressione fu troppo grande … non riuscivo a cenare guardando la televisione. Mi faceva stare male100.”

Anche Eagleburger ha rimarcato l’importanza della televisione affermando che lui stesso, dopo le immagini trasmesse ai vari telegiornali nazionali ed internazionali di bambini ridotti alla fame, era favorevole ad un intervento americano. Infine fu lo stesso presidente Bush, nel 1999, ad affermare che fu sostanzialmente la notevole copertura mediatica a spingerlo ad intervenire per cercare di risolvere la crisi in Somalia:

“Il presidente uscente Bush sabato ha ammesso che ha ordinato l’arrivo delle truppe americane in Somalia nel 1992 dopo aver visto le strazianti immagini trasmesse in televisione di bambini ridotti alla fame… Bush affermò che assieme a sua moglie Barbara e mentre guardava queste atroci immagini trasmesse dal continente africano, chiamò il Segretario della Difesa Dick Cheney ed il generale Colin Powell invitandoli alla Casa Bianca invitandoli a riflettere sul fatto che non si potesse più sostenere una situazione del genere. Gli Stati Uniti dovevano fare qualcosa101.”

Infine è possibile trovare un’altra spiegazione, che riguarda ancora una volta il ruolo svolto dai media, per l’intervento americano in

100Gowing, N., Real-time Television Coverage of Armed Conflicts and Diplomatic Crises: Does It Pressure or Distort Foreign Policy Decisions?, Harvard working paper, Cambridge, MA: The Joan Shorenstein Barone Center on the Press,

Politics and Public Policy at Harvard University, 1994, p.68.

101Hines, C., Pity, Not US Security, Motivated Use of GIs in Somalia, Bush Says, The Houston Chronicle, 24 October

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Somalia e questa ci è fornita da Cusimano. La studiosa sostiene che Bush ritenne che la situazione in Somalia rappresentasse una possibile opportunità per poter chiudere il suo mandato presidenziale in bellezza102. Se questo sia stato effettivamente vero, la Somalia rappresenterebbe dunque un caso in cui l’effetto CNN ha avuto la sua importanza laddove i policy-makers si sarebbero decisi ad intervenire nella speranza che, seguendo la copertura mediatica dedicata alla crisi, avrebbero raccolto buoni frutti.

Nonostante ciò è possibile trovare spiegazioni alternative che motivino l’intervento americano in Somalia e che non sono necessariamente connesse al livello di copertura mediatica che la crisi somala ricevette. In primo luogo vista la potente attività di lobby a favore dell’intervento americano in Somalia, portata avanti dal Congresso e dalle agenzie per gli aiuti umanitari, la decisione finale può essere facilmente spiegata dal punto di vista della politica interna dalle pressioni degli interessi collettivi. Un’altra possibile spiegazione riguarda l’idea che l’intervento umanitario in uno Stato “fallito” si adegua alla visione internazionalistica del Nuovo ordine mondiale nella quale la comunità internazionale ha il dovere di sostenere tutte le leggi internazionali ed in particolar modo quelle riguardanti il rispetto dei diritti umani. Altre interpretazioni danno come motivazione i principi cristiani del presidente Bush che lo portarono a credere che se gli Stati Uniti avessero potuto fare la differenza nel salvare vite umane allora avrebbero dovuto agire. In particolare Andrew Natsios, assistente dell’amministratore dell’ufficio per l’assistenza umanitaria ed alimentare presso l’agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale (USAID) ricorda la potente motivazione personale del presidente Bush nei confronti della carestia in Somalia:

103 “Nel dicembre 1992 ho assistito ad una conversazione tra il presidente

Bush e Phil Johnson (responsabile ONU delle operazioni umanitarie in Somalia e presidente dell’associazione CARE-US) nella quale il presidente Bush descriveva la sua visita con la First Lady e lo stesso Johnson ad un centro di nutrizione per bambini ridotti alla fame concentrati nella fascia di territorio dell’Africa sub-sahariana, in particolar modo in Sudan, nella metà degli anni Ottanta. Disse che, assieme a sua moglie, non si dimenticarono mai le tremende scene alle quali assistettero e che questo ricordo influenzò chiaramente la sua decisione di inviare truppe militari in Somalia103.”

Infine, si sostiene anche che una possibile causa di intervento possa trovarsi nel desiderio dell’amministrazione Bush di allontanare la pressione del Congresso di intervenire in Bosnia104.

È dunque opportuno capire che il punto centrale del discorso riguarda il fatto che ognuno di questi fattori potrebbe aver influenzato il processo di decisione politica indipendentemente dalla copertura mediatica dedicata alla crisi in Somalia.

Al fine di capire se effettivamente la decisione di intervenire in Somalia derivò esclusivamente dalla copertura mediatica ricevuta può essere utile applicare il modello di interazione “politica-media” al periodo decisionale. Secondo tale modello se una copertura mediatica critica e di parte va in parallelo con l’incertezza politica che precede la decisione di intervento, allora la copertura mediatica può divenire un fattore di rilievo per le delibere politiche. Al contrario, se la certezza politica e una copertura mediatica di parte e di sostegno sono presenti in previsione dell’intervento, allora la copertura mediatica non fa altro che riflettere e, eventualmente, creare consenso a favore delle

103Natsios, A., Illusions of Influence: The CNN Effect in Complex Emergencies in R. I. Rotberg and T. G. Weiss (eds) From Massacres to Genocide: The Media, Public Policy, and Humanitarian Crises, The Brookings Institution,

Washington DC,WA, and The World Peace Foundation, Cambridge, MA, 1996, p.168.

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politiche interventiste. Andiamo ora ad analizzare i livelli di certezza politica e di sostegno mediatico (media framing).

3.4 Il modello di interazione “politica-media” applicato