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Premessa

Nel documento La governance nelle società di calcio (pagine 71-76)

Il presente capitolo si pone l’obiettivo di analizzare la governance delle imprese sportive professioniste, prendendo le mosse dallo studio della funzione-obiettivo di tali realtà imprenditoriali secondo il paradigma della razionalità obiettiva.

Con riferimento alla funzione-obiettivo delle imprese, utili suggerimenti possono essere colti dal contributo di Berle e Means81,

secondo i quali l’avvento della grande impresa manageriale è stato caratterizzato dalla scissione tra proprietà e governo dell’azienda e dall’assunzione del controllo gestionale da parte di manager senza capitale con motivazioni e strategie non sempre coerenti con gli interessi degli azionisti. In tale contesto, la funzione-obiettivo del manager si presenterebbe multiorientata e, pertanto, differente da quella che generalmente caratterizza le teorie economiche sul funzionamento dell’impresa, che si fondano sulla massimizzazione del profitto.

Studi successivi hanno evidenziato che i manager tendono ad assegnare all’impresa gli obiettivi che rappresentano i mezzi migliori in grado di soddisfare ragionevolmente i propri bisogni. Tra questi obiettivi,

81 A.A.BERLE JR.,G.C.MEANS, The modern corporation and private property, MacMillan, New York, 1932.

particolare rilievo assumono l’incremento delle vendite82, un elevato

tasso di sviluppo dimensionale83, l’appagamento del desiderio di

sicurezza84 e la massimizzazione della funzione di utilità85.

A ben vedere, i modelli manageriali in questione incorporano la medesima ipotesi fondamentale, e cioè la massimizzazione della funzione-obiettivo del gruppo dirigente, col vincolo rappresentato dal profitto minimo da realizzare e postulano un comportamento da parte del manager fondato sul paradigma della razionalità obiettiva.

Quest’ultimo si basa sul presupposto che il comportamento di una qualsiasi azienda possa essere interpretato secondo un modello adattivo rispetto all’ambiente scomponibile in quattro fasi, di cui la prima consiste nella realizzazione del processo decisionale; la seconda, nello svolgimento dell’azione sulla base delle decisioni prese; la terza, nella verifica degli esiti delle azioni intraprese posti in relazione con quelli programmati; la quarta, nell’utilizzo delle suddette verifiche al fine di modificare il processo decisionale attraverso azioni correttrici su di esso.

Nello schema di comportamento delineato, il processo decisionale appare l’elemento fondamentale che muove il complesso aziendale ed in funzione del quale è strutturata l’organizzazione.

In generale, le decisioni non vengono considerate come atti a sé stanti, ma come il frutto di un articolato processo decisorio comprendente diverse fasi successive e logicamente collegate:

82 W.BAUMOL, Business behaviour, value and growth, MacMillan, New York, 1959. 83 R.MARRIS, The economic theory of managerial capitalism, MacMillan, London, 1964. 84 K.W. ROTHSCHILD, Price theory, and oligopoly, in Economic Journal, 1947.

85 O.E.WILLIAMSON, Managerial discretion and business behaviour, in American Economic Review, vol. 53, 1963.

1) individuazione del problema da risolvere o specificazione degli obiettivi da conseguire;

2) raccolta delle informazioni sull’ambiente esterno ed interno per impostare e definire il problema o enucleare in modo chiaro l’obiettivo;

3) sviluppo di corsi alternativi d’azione;

4) individuazione e valutazione delle conseguenze associate alle alternative in funzione del sistema valutativo di colui che decide;

5) scelta dell’alternativa migliore.

Secondo i dettami della teoria della razionalità obiettiva, l’uomo razionale (uomo economico) si trova, nel compimento del processo decisionale, nelle seguenti condizioni:

a) conosce perfettamente tutte le alternative possibili nella realtà per risolvere il problema che ha di fronte o per conseguire l’obiettivo che si è posto;

b) è in grado di individuare esattamente tutte le conseguenze associate a ciascuna alternativa di comportamento;

c) è capace di valutare, sulla base di una ben definita “funzione di utilità cardinale”, le conseguenze collegate ad ogni alternativa; d) sceglie l’alternativa cui è collegato il sistema di conseguenze

preferito, alternativa che massimizza la sua “funzione di utilità”.

L’approccio esposto è stato di notevole importanza per lo studio delle decisioni in condizioni di rischio e di incertezza: ad esso, infatti, si deve

lo sviluppo della teoria dei giochi e della teoria statistica delle decisioni, cui sono sostanzialmente riconducibili i contributi di Von Neumann, Nash, Axelrod ed altri86.

Sebbene tale modello abbia il merito di porre in evidenza alcuni aspetti caratteristici del processo decisionale inerente le imprese di calcio professionistiche, non sembra in grado di cogliere a pieno la complessa e variegata realtà di tali aziende, rendendo necessario il ricorso ad altri sistemi interpretativi.

Tra questi, merita particolare attenzione il paradigma della razionalità limitata, che condivide con il precedente la centralità del processo decisionale nell’analisi del comportamento delle aziende, allontanandosene, tuttavia, nei presupposti basilari.

In particolare, i teorici della razionalità limitata muovono le seguenti critiche principali al modello della razionalità obiettiva:

1) il decisore (uomo amministrativo) non è in grado di individuare tutte le alternative possibili nella realtà per risolvere il problema o per raggiungere l’obiettivo che si è proposto;

2) il decisore può non conoscere con precisione tutte le possibili

conseguenze associate alle varie alternative

comportamentistiche;

3) il decisore non ha una conoscenza perfetta della propria funzione di utilità anche perché essa può variare dal momento

86 Sul tema si vedano, tra gli altri, i lavori di R.AXELROD, Giochi di reciprocità, Milano Feltrinelli, 1985; A.M.COLMAN, Game theory and its applications, New York, Routledge, 1999; J. VON NEUMANN, O. MORGENSTERN, Theory of games and economic behavior, Princeton University Press, Princeton, 1947; R. SCHLAIFER, H. RAIFFER, Applied statistical decision theory, Harvard University, Boston, 1967; L.SAVAGE, The theory of

in cui egli la stabilisce a priori a quello in cui è chiamato a prendere effettivamente una decisione;

4) alla luce di quanto affermato, il decisore non può normalmente effettuare scelte massimizzanti la propria funzione di utilità, per cui si limita a ricercare e porre in essere obiettivi e linee comportamentistiche soddisfacenti; in altri termini, la massimizzazione richiede l’individuazione dell’alternativa in assoluto migliore; conseguire esiti “soddisfacenti” implica la scelta di un’alternativa che supera un certo criterio o obiettivo.

Alla luce di quanto esposto, nel prosieguo, si effettuerà un’analisi teorica della funzione-obiettivo delle società di calcio professionistiche sulla base del paradigma della razionalità obiettiva; successivamente, si sottoporrà a verifica la sostenibilità degli assunti alla base di tale paradigma nell’ambito della gestione delle imprese calcistiche.

In particolare, verrà posta in evidenza la circostanza che la funzione- obiettivo di tali tipologie di imprese si presenta polimorfa e multiorientata e che il suo studio non può prescindere dall’analisi della qualità delle relazioni che si istaurano nel tempo tra di esse e i propri stakeholder di riferimento, secondo un approccio contingente che privilegi gli interlocutori che, di volta in volta, assumono un ruolo cruciale nella gestione.

Si proporrà, infine, un modello di governance basato sul paradigma della razionalità limitata e sulla valorizzazione del capitale intellettuale, il cui punto di forza risiede nell’attitudine a interpretare in

modo maggiormente aderente alla realtà le attuali tendenze evolutive del settore in cui operano le imprese di calcio professionistiche.

2.2 La funzione-obiettivo delle società di calcio professionistiche

Nel documento La governance nelle società di calcio (pagine 71-76)