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La prestazione artistica, ai sensi della normativa europea, è soggetta ad aliquota IVA ridotta al 10%, mentre si applica l’aliquota del 22% ai compensi corrisposti nel rapporto tra chi produce lo spettacolo e

Nel documento DISEGNODILEGGE SenatodellaRepubblica (pagine 141-153)

Capo II Misure per la sicurezza

Comma 13 La prestazione artistica, ai sensi della normativa europea, è soggetta ad aliquota IVA ridotta al 10%, mentre si applica l’aliquota del 22% ai compensi corrisposti nel rapporto tra chi produce lo spettacolo e

chi ne cura l’organizzazione.
A 10 anni dall’ultima modifica legislativa (Legge Finanziaria 2007) – con la quale si è precisato che l’aliquota IVA ridotta al 10 per cento deve essere applicata a tutti i contratti di scrittura, sia, cioè, a quelli relativi agli spettacoli teatrali – è diventato urgente introdurre un ulteriore affinamento.

La disposizione, in primo luogo, chiarisce che i contratti di scrittura di cui al n. 119 non si riferiscono solo agli spettacoli teatrali, ma a tutti quelli che riguardano le altre attività spettacolistiche, indicate al numero 123) della tabella A, parte III, allegata al d.P.R. n. 633 del 1972, ossia i concerti vocali e strumentali, le attività circensi e dello spettacolo viaggiante, gli spettacoli di burattini e marionette ovunque tenuti.

In secondo luogo, estende l’applicazione dell’aliquota IVA al 10 per cento anche nei casi in cui le operazioni di cui ai numeri 119) e 123) siano prestate attraverso un intermediario, eliminando possibili distorsioni applicative dell’imposta. La ratio della proposta normativa si fonda sulla valenza del rapporto di commissione nella prestazione di servizi; in base all’articolo 28 della Direttiva 2006/112/CE, infatti, “Qualora un soggetto passivo che agisca in nome proprio ma per conto terzi partecipi ad una prestazione di servizi, si ritiene che egli abbia ricevuto o fornito tali servizi a titolo personale”.

Capo IV

Misure in favore dello sport

Art. 40

Disposizioni in materia di sport

Il primo comma reca modifiche al decreto legislativo 9 gennaio 2008, n. 9, concernente la «disciplina della titolarità e della commercializzazione dei diritti audiovisivi sportivi e relativa ripartizione delle risorse». Le società di calcio alle quali si rivolge la norma sono 24 appartenenti alla Lega di Serie B, 57 appartenenti alla Lega Calcio Professionistico e 167 appartenenti alla Lega Nazionale Dilettanti, per un totale di 248. In particolare, la lettera a) introduce un’agevolazione fiscale per le società di Lega di Serie B, Lega Italiana Calcio Professionistico e Lega Nazionale Dilettanti che destinano le risorse derivanti dalla mutualità di cui all’articolo 22 del d.lgs. 9 del 2008 a interventi di ristrutturazione degli impianti sportivi di cui sono proprietarie o concessionarie: per le somme impiegate a questo fine è riconosciuto un credito d’imposta nel rispetto del Regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione del 18 dicembre 2013 relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti “de minimis”.

La lettera b) del primo comma concerne i criteri di ripartizione delle risorse derivanti dalla commercializzazione dei diritti audiovisivi della Lega di Serie A, adeguandoli a canoni di maggiore equità. In particolare: a) il 50 per cento delle risorse dovrà essere suddiviso in parti uguali tra tutti i soggetti partecipanti al campionato di serie A; b) una quota del 30 per cento verrà distribuita sulla base dei risultati sportivi conseguiti, determinati sulla base della classifica e dei punti conseguiti nell’ultimo campionato (15 per cento), sulla base dei risultati conseguiti negli ultimi cinque campionati (10 per cento) e sulla base dei risultati conseguiti a livello internazionale e nazionale a partire dalla stagione sportiva 1946/1947 (5 per cento); c) il restante 20 per cento sarà attribuito tenendo principalmente in considerazione il numero di spettatori paganti che hanno assistito dal vivo alle gare casalinghe disputate negli ultimi tre campionati. Con le disposizioni contenute nei commi secondo, terzo e quarto si introduce la possibilità di esercitare l’attività sportiva dilettantistica in forma di impresa.

Come noto, una delle principali distinzioni tra sport dilettantistico e sport professionistico è stata tradizionalmente individuata nella natura no profit del primo. Tale impostazione, pur avendo avuto il merito di valorizzare la funzione sociale e di tutela della salute dello sport, appare oggi anacronistica sotto molteplici punti di vista, come in particolare testimoniato dalla crescente evidenziazione della sua dimensione economica da parte della Corte di Giustizia.

26 Stando all’ultimo rapporto del Coni sulla pratica sportiva in Italia, il numero degli sportivi nel nostro paese è cresciuto negli ultimi quindici anni a ritmi elevatissimi: se agli inizi del millennio dichiaravano di praticare sport con continuità circa 19 milioni di italiani, essi sono oggi ben 25 milioni.

In secondo luogo, il freno agli investimenti privati nello sport dilettantistico si ripercuote negativamente sulle condizioni di lavoro del comparto. A causa della carenza di risorse finanziarie, infatti, alla crescente domanda di addetti qualificati e a tempo pieno non ha fatto seguito un incremento delle retribuzioni e delle garanzie previdenziali: così, mentre il lavoratore dello sport è diventato un professionista, la sua attività continua a svolgersi in un quadro normativo adeguato a una concezione amatoriale dello sport.

Infine, tale approccio ha avuto ricadute negative anche per la finanza pubblica. Muovendo dal presupposto errato che non si possa fare impresa nel settore del dilettantismo sportivo, l’Erario rinuncia ogni anno al gettito che potrebbe derivare dalla tassazione di questo settore, oggi pressoché interamente defiscalizzato: infatti, mentre i proventi derivanti dall’attività istituzionale di associazioni e società sportive dilettantistiche sono del tutto esenti da imposizione fiscale (sia sul piano dell’imposta sui redditi delle società che sul fronte iva), la pressione sull’attività commerciale è fortemente agevolata dal combinato disposto della legge 398 del 1991 e dell’articolo 90 della legge 289 del 2002. Si pensi che, secondo uno studio condotto per conto dell’Associazione Nazionale Impianti Sport & Fitness (Anif) questo settore potrebbe generare, tra imposta sul reddito delle società e imposta sul valore aggiunto, un gettito complessivo superiore a un miliardo di euro all’anno.

Alla luce di queste considerazioni e al fine di favorire il processo di ammodernamento del settore, si è previsto pertanto che le attività sportive dilettantistiche possano essere esercitate con scopo di lucro in una delle forme societarie disciplinate dal titolo quinto del libro quinto del codice civile, sempre sul presupposto che vi sia il riconoscimento soggettivo del Coni: la possibilità di fare impresa, si ritiene, fungerà da volàno agli investimenti privati, producendo effetti positivi a cascata per utenza, lavoratori ed Erario.

Avuto riguardo alla specificità dello sport e ai suoi insostituibili valori di inclusione sociale e tutela della salute, le disposizioni in commento introducono una serie di contenuti statutari obbligatori e alcune misure fiscali e lavoristiche speciali.

Per quanto concerne lo statuto, sono tre i fronti sui quali si interviene: al fine di garantire che le società lucrative svolgano effettivamente attività sportiva dilettantistica, si prevede che la ragione sociale debba contenere le parole «società sportiva dilettantistica lucrativa» e che l’oggetto sociale rechi lo svolgimento e l’organizzazione di tali attività; per prevenire l’insorgere di conflitti d’interesse, si è poi introdotto il divieto per gli amministratori di ricoprire la medesima carica in altre società o associazioni sportive dilettantistiche nell’ambito della stessa disciplina; infine, con l’obiettivo di tutelare la salute di coloro che praticano attività sportiva, è fatto obbligo alle società lucrative di garantire la presenza nelle strutture aperte al pubblico di un «direttore tecnico» in possesso di laurea in Scienze motorie o titolo di studi equipollente.

Sul piano tributario si prevede che i ricavi delle società sportive dilettantistiche lucrative concorrano alla determinazione della base imponibile per il cinquanta per cento del loro ammontare e comunque entro il limite consentito dal regime degli aiuti di Stato de minimis di cui al Regolamento dell’Unione Europea 18 dicembre 2013, n. 1407;

Questa disposizione segna la cifra essenziale di tale riforma: se a fronte della possibilità di far lucro si introduce per la prima volta un prelievo fiscale anche sull’attività istituzionale delle società sportive dilettantistiche, i menzionati benefici che lo sport produce sul piano sociale e della salute giustificano il riconoscimento dell’anzidetto parziale regime di favore.

In definitiva, l’introduzione della società sportiva dilettantistica lucrativa consentirà all’ordinamento di fare ordine nel settore del dilettantismo sportivo, prendendo atto di un processo evolutivo che ha condotto una parte consistente di esso al di fuori dalla dimensione amatoriale. D’altro canto, ne usciranno fortemente valorizzati anche quegli enti che continuano a ispirare la propria attività a logiche di inclusione più che a quelle del risultato: essi rappresenteranno infatti un mondo omogeneo e potranno accedere con maggior facilità al mondo del terzo settore, senza vedersi opporre le attuali resistenze.

Il quinto comma reca una modifica all’articolo 2, comma 2, lett. d), del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81, in materia di collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche e concerne un mero adeguamento tecnico conseguente alla creazione del nuovo soggetto di cui ai commi da terzo a settimo.

Il comma sesto attribuisce natura strutturale al fondo denominato «Sport e Periferie», istituito per la prima volta col decreto legge 25 novembre 2015, n. 185, e successivamente rifinanziato con la legge di stabilità per

il 2017. Tale fondo, attualmente incardinato presso il Coni, continuerà a gravare sullo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, ma tali risorse saranno assegnate all’Ufficio per lo Sport presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

I commi settimo, ottavo, nono e decimo istituiscono lo sport bonus, regolandolo su un modello ispirato al già noto art bonus, introdotto dall’articolo 1 della legge 29 luglio 2014, n. 106.

L’individuazione dettagliata dei criteri e delle modalità di erogazione dei benefici fiscali di cui si è detto è rimessa a un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare in concerto col Ministro dell’Economia e delle Finanze, in modo da assicurarne l’equa ripartizione tra i soggetti richiedenti.

L’undicesimo comma concerne una modifica dell’articolo 69, comma 2, del d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917,

relativamente a indennità, rimborsi forfettari, premi e compensi di cui all’art. 67, lett. m), del d.p.r. medesimo, elevando l’esenzione fiscale da 7.500,00 euro a 10.000,00 euro.

Il comma 12 istituisce presso l’Ufficio per lo Sport un fondo denominato «Fondo unico a sostegno del potenziamento del movimento sportivo italiano» finalizzato a sostenere il potenziamento del movimento sportivo italiano.

Le risorse del fondo saranno destinate a finanziare dei progetti che siano collegati a: a) incentivare l’avviamento all’esercizio della pratica sportiva delle persone disabili mediante l’uso di ausili per lo sport; b) sostenere la realizzazione di eventi calcistici di rilevanza internazionale; c) sostenere la realizzazione di altri eventi sportivi di rilevanza internazionale; d) sostenere la maternità delle atlete non professioniste; e) garantire il diritto all’esercizio della pratica sportiva quale insopprimibile forma di svolgimento della personalità del minore, anche attraverso la realizzazione di campagne di sensibilizzazione.

L’utilizzo del fondo di cui al presente comma verrà regolato con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze e con gli altri Ministri interessati.

Al fine di consentire il pieno ed effettivo esercizio del il diritto all’esercizio della pratica sportiva quale insopprimibile forma di svolgimento della personalità del minore, si prevede inoltre che i minori cittadini di paesi terzi, anche non in regola con le norme relative all’ingresso e al soggiorno, laddove siano iscritti da almeno un anno a una qualsiasi classe dell’ordinamento scolastico italiano, possano essere tesserati presso società o associazioni affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate o agli enti di promozione sportiva, anche paralimpici, senza alcun aggravio rispetto a quanto è previsto per i cittadini italiani.

Il tredicesimo comma concerne l’utilizzo delle risorse di cui all’articolo 145 della legge 388 del 2000, destinate agli sgravi contributivi dei giovani calciatori che militano nel campionato di Lega Pro.

Di preciso si dispone che l’importo che residua alla data del 1 gennaio 2018 della somma da destinare allo sport sociale e giovanile di cui l’articolo 145, comma 13, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, è utilizzato, ai medesimi fini indicati nella predetta disposizione di legge, nel limite di 1 milione di euro all’anno, per la concessione da parte del Coni alle società appartenenti alla Lega Calcio Professionistico che ne fanno richiesta: a) di un contributo annuo in forma capitaria pari a euro 5.000,00 e di un contributo annuo pari al 50 per cento della retribuzione minima pattuita tra le associazioni di categoria per ogni giovane di serie in addestramento tecnico e ogni giovane professionista di età inferiore a 21 anni, come rispettivamente regolamentati dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio; b) di un contributo annuo pari al 30 per cento dei contributi dovuti alle gestioni previdenziali di competenza per ogni preparatore atletico. Con decreto del presidente del consiglio dei Ministri di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, con il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali e con il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, sentiti il Coni, la Federazione Italiana Giuoco Calcio e la Lega Calcio Professionistico, sono definite le modalità di applicazione delle agevolazione di cui al presente comma.

Il comma 14 reca una Modifica dell’articolo 1, comma 2, legge 13 ottobre 2003, n. 281, recante la concessione di un contributo alla Wada.

La Wada (Agenzia mondiale antidoping) è una fondazione con sede a Montreal, istituita dal Comitato olimpico internazionale nel 1999, allo scopo di promuovere e coordinare la lotta contro il doping nello sport; in essa sono rappresentati Comitati Olimpici Nazionali e Governi.

Dal 1 gennaio 2002, alle spese dell’Agenzia provvedono per il 50 per cento il CIO e per l’altro 50 per cento i Governi dei paesi rappresentati nel CIO.

28 anni, passando dai 4.037.500,00 dollari americani del 2002 ai 7.059.650,00 dollari del 2017, con un conseguente incremento proporzionale del contributo spettante nostro Paese.

L’Italia ha previsto, dapprima, con legge 13 ottobre 2003, n. 281, il versamento alla Wada di un contributo annuale massimo di € 597.000,00; successivamente, con legge 26 novembre 2007, n. 230, di ratifica ed esecuzione della Convenzione internazionale contro il doping nello sport, si è impegnata a sostenere l’Agenzia mondiale antidoping nella sua missione di lotta all’uso di sostanze stupefacenti nello sport, assicurandole un finanziamento in base al suo bilancio annuale.

La predetta somma di 597.000,00 euro fu stabilita tenendo conto dell’ammontare della quota che a quell’epoca spettava all’Italia e del tasso di cambio tra euro e dollaro allora vigente. Sennonché, tale stanziamento si è dimostrato insufficiente a partire dall’anno 2015, quando, a causa dell’incremento delle contribuzioni spettanti ai Governi e della variazione del tasso di cambio tra le due valute, l’Italia ha cominciato a versare alla Wada somme di importo inferiore a quelle richieste, accumulando un debito residuo di 176.025,20 dollari per gli anni 2015 e 2016.

Nella fattispecie, la quota spettante all’Italia è aumentata, dal 2004, del 37,34% se valutata in dollari, passando da 594.000,00 $ a 772.000,00 $ e, a causa dell’assottigliamento del valore di cambio tra la valuta europea e quella americana, addirittura del 62,24% se espressa in euro, innalzandosi da 454.174,00 € a 736.859,70 €.

Alla luce di queste considerazioni, si rende necessario aggiornare la legislazione vigente, rideterminando lo stanziamento in favore dell’Agenzia mondiale antidoping, tenendo conto sia dell’incremento delle somme richieste all’Italia, che della variazione del valore di cambio tra euro e dollaro.

L’ultimo comma concerne il trasferimento annuale al Cip da parte dell’Inail di un importo pari a 3 milioni di euro per la realizzazione di attività ricomprese nei piani quadriennali elaborati dall’Inail, finalizzati al recupero dell’integrità psicofisica e al reinserimento sociale delle persone con disabilità da lavoro.

Come noto, l’articolo 8, comma 1, lettera f), della legge 124 del 2015 ha previsto lo scorporo dal CONI del Comitato italiano paralimpico, con trasformazione del medesimo in ente autonomo di diritto pubblico e l’articolo 1 del decreto legislativo 27 febbraio 2017, 43 recante la «riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, concernente il Comitato italiano paralimpico, ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera f) della legge 7 agosto 2015, n. 124», ha previsto la costituzione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, del Comitato italiano paralimpico, con personalità giuridica di diritto pubblico.

Sin dal 2000, l’Inail e il Comitato italiano paralimpico hanno stipulato una convenzione quadro quadriennale, sempre rinnovata, sulla base della quale, il Comitato italiano paralimpico riceve dall’Istituto 3.000.000 di euro all’anno per lo svolgimento di una serie di attività individuate nell’ambito della convenzione medesima.

La trasformazione del Comitato italiano paralimpico da associazione con personalità giuridica di diritto privato a ente autonomo di diritto pubblico determina la necessità di rendere strutturale il contributo versato dall’Inail al Cip, in considerazione del comune interesse, avente rilevanza pubblica, perseguito dai due Enti in questione.

Al riguardo, si sottolinea che l’attività sportiva rappresenta per le persone con disabilità uno stimolo a riappropriarsi della capacità di autodeterminazione e del proprio ruolo nel contesto di vita e di lavoro. In tale ottica, la pratica sportiva è diventata parte integrante del percorso riabilitativo personalizzato in funzione del reinserimento sociale che l’Inail garantisce ai propri assistiti.

D’altra parte il Cip, in virtù della legge 189 del 15 luglio 2003 e del successivo Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 aprile 2004, è stato deputato a riconoscere e coordinare l’attività sportiva per i disabili, sia quella paralimpica e di alto livello, sia quella promozionale e di avviamento allo sport di stampo più prettamente sociale.

È evidente, pertanto, che le attività di sostegno alla promozione delle attività riabilitative e di reinserimento sociale attraverso la pratica sportiva rientrano tra gli obiettivi comuni dell’Inail e del Cip.

Ciò considerato, per la realizzazione di tali finalità, si ritiene di formulare una proposta normativa che preveda, con norma di rango primario, il trasferimento al Cip da parte dell’Inail della somma fino ad oggi trasferita su base convenzionale.

L'attuazione della disposizione in oggetto non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica dal momento che, come sopra detto, sin dal 2000, l’Inail già trasferisce, su base convenzionale, la somma normativamente indicata al Cip.

Capo V

Misure in materia sanitaria

Art. 41

Misure in materia sanitaria

Il comma 1 impone all’AIFA di adottare nei primi mesi dell’anno 2018 le Determinazioni aventi ad oggetto il ripiano dell’eventuale superamento del tetto della spesa farmaceutica territoriale e del tetto della spesa farmaceutica ospedaliera per l’anno 2016. Ciò al fine di consentire alle regioni di incassare, come previsto dalla vigente normativa, le somme loro spettanti versate dalle aziende farmaceutiche a titolo di payback. Il comma 2 dispone, altresì, che l’AIFA successivamente concluda le transazioni avviate con le aziende farmaceutiche titolari di autorizzazione all’immissione in commercio di medicinali (AIC) relative ai contenziosi derivanti dall'applicazione dell'articolo 21, commi 2 e 8, del decreto legge 24 giugno 2016, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2016, n. 160, relativi al ripiano della spesa farmaceutica territoriale ed ospedaliera per gli anni 2013, 2014 e 2015, ancora pendenti al 31 dicembre 2017. La necessità di tale soluzione transattiva appare anche giustificata dalle prospettive decisamente sfavorevoli dei contenziosi in questione rappresentate dall’Avvocatura Generale dello Stato, laddove, invece, la conclusione delle transazioni comporterebbe la cessazione della materia del contendere per sopravvenuta carenza di interesse, con conseguente neutralizzazione del rischio di restituzione delle somme già incamerate dall’erario derivante dalla soccombenza in giudizio. In ogni caso, al fine di evitare l’eventuale riproposizione di contenzioso anche in relazione all’anno 2016, si prevede che gli accordi transattivi possano essere stipulati solo con le aziende farmaceutiche che abbiano regolarmente versato le eventuali somme loro addebitate, riferite al payback del medesimo anno 2016.

Il comma 3 dispone altresì le conseguenti comunicazioni da effettuarsi da parte di AIFA.

L’introduzione dei nuovi farmaci per l’eradicazione dell’epatite C ha reso vedente che il percorso assistenziale dei pazienti gravi (i primi ad essere trattati) e di quelli meno gravi si è fortemente alleggerito con riferimento agli investimenti di risorse e assistenza sanitarie (minori ricoveri, possibilità di evitare il trapianto, minori probabilità di insorgenza tumori epatici). Poiché questa stessa logica è possibile proiettarla anche sui nuovi farmaci innovativi, anche con riguardo agli innovativi oncologici e alle nuove terapie per le malattie rare, è utile e necessario, con il comma 4, attivare un progetto specifico che evidenzi l’intero percorso assistenziale sanitario per la singola malattia/patologia monitorando gli effetti economico-assistenziali del prima e del dopo l’introduzione dei farmaci innovativi, al fine di calcolare i relativi costi sanitari risparmiati per ogni voce di attività assistenziale sanitaria (esempio: riduzione della frequenza di ospedalizzazione, ricoveri meno complessi, possibilità di ritardare e/o superare l’ipotesi di trapianto di fegato nei pazienti affetti da HCV, aumento dell’OS nei pazienti oncologici, ecc.).

Nel documento DISEGNODILEGGE SenatodellaRepubblica (pagine 141-153)