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Prestazione gestoria e diligenza

Nel documento TESI DI DOTTORATO (pagine 67-71)

In relazione alla prestazione gestoria, nel silenzio serbato dal codice civile sul suo precipuo contenuto, la giurisprudenza si era sostanzialmente assestata nel distinguere, da un lato, le obbligazioni caratterizzate da contenuto specifico, dall’altro, il dovere generico di gestire la società con diligenza: mentre nel primo caso la diligenza assolveva alla funzione sua propria di misurare l’impegno dell’amministratore, in funzione del giudizio di responsabilità ex art. 1218 c.c., nel secondo caso «l'agire diligente è compenetrato nel contenuto della prestazione dell'amministratore e, pertanto, la diligente attività del debitore per realizzare l'interesse del creditore esclude direttamente l'inadempimento»112.

111 Cass. 13 aprile 2007, n. 8826, in Resp. civ. prev., 2007, p. 1824 ss., con nota di M.

GORGONI, Le conseguenze di un intervento chirurgico rivelatosi inutile.

112 Cass. 23 marzo 2004, n. 5718, in Riv. notariato, 2004, II, p. 1571 ss., ove in

motivazione si afferma: «configurare diversamente il rilievo della diligenza nelle obbligazioni a contenuto specifico, da un lato, e nella generica obbligazione di amministrare con diligenza, nell'altro. Nel primo caso la diligenza rappresenta la misura dell'impegno richiesto agli amministratori e la responsabilità può essere esclusa, come previsto dall'art. 1218 cod. civ., soltanto se “l'inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”

Negli stessi termini si esprimeva la dottrina dominante, estrapolando dal tessuto normativo gli obblighi specifici ed assegnando funzione definitoria del residuale contenuto della prestazione dell’amministratore alle clausole generali dell’agire con diligenza e in assenza di conflitti di interesse: duplicità funzionale della diligenza, dunque, da un lato quale fattore determinante il contenuto stesso dell’obbligazione, dall’altro come criterio di imputazione della responsabilità113.

Trasferendo sul terreno societario la contrapposizione già vista in tema di diritto delle obbligazioni, in senso contrario si osservava che l’esame sul grado della diligenza presuppone già definito il contenuto dell’obbligazione114.

Ulteriore contrasto in ambito societario, poi, riguardava il valore da assegnare al richiamo – per il tramite

ovverosia da causa che non possa essere né evitata né superata con la diligenza richiesta al debitore. Nel secondo caso, invece, la responsabilità non viene collegata alla violazione di un obbligo specifico, ma alla violazione del generico obbligo di diligenza nelle scelte di gestione».

113 In questi termini, ex multis, cfr. F.BONELLI, Gli amministratori di società per azioni,

Milano, 1985, p. 15, secondo cui il richiamo alla diligenza non solo consente di determinare il concreto contenuto dell’obbligazione di “amministrare con diligenza” (cioè l’esatta prestazione dovuta […] ), ma – nelle obbligazioni il cui contenuto è già specificato con precisione dalla legge […] – costituisce […] il criterio per valutare la conformità del comportamento dell’amministratore a quello dovuto e già determinato da

una specifica norma di legge». Negli stessi termini, cfr. sempre F. BONELLI, La

responsabilità degli amministratori, in Trattato delle società per azioni, diretto da G. E.

Colombo e G. B. Portale, vol. IV, Torino, 1991, p. 323. ss.

114 A.BORGIOLI, L’amministrazione delegata, cit., p. 240; A. ARRIGONI, La responsabilità

sociale degli amministratori tra responsabilità e principi, in Giur comm., 1990, II, 127 s., nota a

Trib. Milano 26 giugno 1989; G. CABRAS, La responsabilità per l’amministrazione delle società

del rinvio alla disciplina del mandato – alla diligenza del buon padre di famiglia115. Secondo una prima tesi116, sul presupposto dell’esistenza di una soluzione di continuità tra diligenza professionale e diligenza del buon padre di famiglia, la diligenza pretesa agli amministratori non poteva essere quella professionale ex art. 1176, c. 2, c.c., anche perché non sarebbe possibile rinvenire l’esercizio di una professione nella funzione di amministratore.

115 La formulazione originaria dell’art. 2392, co. 1, c.c. prescriveva che gli

amministratori «devono adempiere i doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo con la diligenza del mandatario». In tema di mandato, l’art. 1710, c. 1, c.c., rubricato Diligenza del mandatario, replicando la nozione generale di diligenza contenuta all’art. 1176, c. 1, c.c., stabiliva che il mandatario «è tenuto a eseguire il mandato con la diligenza del buon padre di famiglia».

116 P. MONTALENTI, L’amministrazione sociale dal testo unico alla riforma del diritto

societario, op. cit, p. 79, che reputa opportune le innovazioni introdotte sul punto dalla

riforma, sul presupposto che l’utilizzo in ambito societario del parametro della diligenza

ex art. 1176, c. 2, c.c. fosse il frutto di un’interpretazione non ortodossa, se non proprio

ortopedica. In particolare, secondo l’A. in «materia di diligenza degli amministratori, è noto che il parametro previsto prima della riforma per tutte le società, anche quotate, era il canone della diligenza del buon padre di famiglia (cfr. art. 2392, 1° comma): anche l'amministratore del grande gruppo multinazionale si sarebbe dovuto attenere all'equilibrato buon senso dell'onesta massaia! Il che aveva condotto la dottrina e, a ben guardare, nella sostanza dei dicta, se non nell'enunciazione dei principi, anche la

giurisprudenza, ad interpretazioni antiletterali»; ID., Amministrazione e controllo nella

società per azioni: riflessioni sistematiche e proposte di riforma, in Riv. soc., 2013, I, ove si

afferma che «mentre la diligenza media configura un criterio fisso e constante, quanto meno in un contesto storico dato, potendo al più mutare con l'evolversi del grado di cultura e di coscienza dell'uomo medio in relazione allo sviluppo della società civile, la diligenza professionale è graduata in relazione alla natura dell'attività e muta in ragione al parametro di riferimento più o meno ampio che si ritenga di dover accogliere»; nel senso che alla diligenza dell’amministratore non potessero applicarsi i canoni della

diligenza professionale, cfr. inoltre G. CABRAS, La responsabilità, cit., p. 31; C.DI NANNI, La

vigilanza degli amministratori sulla gestione nella società per azioni, Napoli, 1992, p. 212; A.

Di converso, altra impostazione117 sottolineava come la diligenza consista in un criterio elastico e unitario, certamente di natura obbiettiva, ma pur sempre da rapportarsi sia al caso concreto, sia al fine cui dedizione e impegno devono tendere, ossia la realizzazione dell’interesse creditorio118. Nell’esecuzione della prestazione gestoria si pretende dunque la «diligenza che avrebbe usato un amministratore normalmente diligente che si fosse trovato in quella circostanza»119 ossia «quella media diligenza che può attendersi da persone che accettano di far parte di un consiglio di amministrazione, tenendo conto della speciale struttura data alla singola società e al suo stesso consiglio in conformità della legge»120. Secondo questa tesi, pertanto,

117 R.WEIGMANN, Responsabilità e potere legittimo degli amministratori, cit., p. 145 ss., secondo cui la diligenza va sempre profilata in funzione della natura della prestazione e

nell’ottica più favorevole al raggiungimento del risultato; C. SANTAGATA, Delle

obbligazioni del mandatario, in Commentario Scialoja Branca, a cura di F. Galgano,

Bologna-Roma, 1998, p. 30, il quale osserva che «qualora il mandato sia conferito a soggetti con specifica considerazione delle loro capacità professionali […] , il criterio della “diligenza del buon padre di famiglia” deve necessariamente adeguarsi alla peculiare accortezza e perizia che è lecito attendersi da chi sia dotato della correlativa idoneità professionale»;

cfr. inoltre V. ALLEGRI, Contributo allo studio della responsabilità civile degli amministratori,

Milano, 1979, p. 170; G. MINERVINI, Gli amministratori di società per azioni, cit., p. 201; F.

BONELLI, La responsabilità degli amministratori, cit., p. 353; ID., Gli amministratori, cit., p. 174

ss.; A. BORGIOLI, L’amministrazione delegata, cit., p. 250; in giurisprudenza, cfr. Cass. 24

agosto 2004, in Banca borsa tit. cred., 2005, II, p. 373.

118 La centralità dell’interesse creditorio (cfr. art. 1174 c.c.) è una costante nella

dottrina civilistica; sul punto si richiama C. M. BIANCA, Diritto civile. L’obbligazione, cit., p.

90, secondo cui la diligenza è l’impegno «normalmente adeguato delle energie e dei mezzi utili al soddisfacimento dell’interesse del creditore»; in ambito societario, cfr. F. BONELLI, La responsabilità degli amministratori, cit., p. 47 e specialmente R. WEIGMANN, op. ult. cit., p. 146.

119 F. BONELLI, La responsabilità degli amministratori, cit., p. 352.

120 A. DE GREGORIO, Delle società e delle associazioni commerciali, cit., p. 336 s.; negli

stessi termini, cfr. G. FRÈ, Società per azioni, in Commentario Scialoja Branca, a cura di F.

l’art. 1176, c. 2, c.c. assume il valore di mera esemplificazione normativa del principio per cui il comportamento diligente va in ogni caso commisurato alla natura della prestazione e al risultato prefigurato.

3. La diligenza secondo la riforma: riallocazione

Nel documento TESI DI DOTTORATO (pagine 67-71)