nel periodo preso in considerazione dal Rapporto. Nel presente capitolo discutiamo le misure economiche contenute nella legge di bilancio per il 2020; nel capitolo seguente analizziamo le misure adottate a seguito dell’esplosione della pandemia per fronteggiare la crisi sanitaria e contenerne gli effetti depressivi sull’economia.
La legge di bilancio per il 2020 (l. 27 dicembre 2019, n. 160), approvata dal Parlamento il 23 dicembre 2019, ha introdotto una serie di misure di interesse per i liberi professionisti.
L’eliminazione della c.d. “Flat Tax”
La principale novità introdotta con la manovra finanziaria per l’anno 2020 ha riguardato la repentina abolizione della già prevista riduzione del carico fiscale sui titolari di partita IVA con compensi compresi tra i 65.001 e i 100.000 euro. Come si ricorderà, la legge di bilancio per il 2019 aveva previsto che, a partire dal 1° gennaio 2020, alle persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni, le quali nel periodo d’imposta precedente a quello per il quale è stata presentata la dichiarazione avessero conseguito ricavi o percepito compensi compresi tra 65.001 euro e 100.000 euro, fosse applicabile al reddito d’impresa o di lavoro autonomo un’imposta con aliquota pari al 20%, sostitutiva dell’imposta sul reddito, delle addizionali regionali e comunali e dell’imposta regionale sulle attività produttive (c.d. Flat Tax). Il comma 961 dell’art. 1 della legge n. 160/2019 ha invece abrogato l’imposta sostitutiva con aliquota del 20%, che avrebbe trovato la sua prima applicazione a partire dal 1° gennaio 2020. Il nuovo regime forfettario
Un ulteriore intervento in tema di fiscalità di rilievo per i liberi professionisti ha riguardato la modifica del particolare regime fiscale per i soggetti titolari di partita IVA individuale i cui ricavi annuali siano inferiori ai 65.000 euro.
La misura, introdotta nella sua forma originaria con il “regime dei minimi” nella l. 23 dicembre 2014, n. 190, è stata oggetto di ripetute riforme tramite le successive leggi di stabilità e bilancio. L’impianto normativo originario del 2015, riservato ai contribuenti persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni in forma individuale di minori dimensioni, differenziava i diversi coefficienti di redditività in base a soglie reddituali e alla diversa tipologia di attività svolta in base ai codici ATECO. Ulteriori requisiti per l’accesso al regime erano rappresentati (i) dal limite massimo di spesa, pari a 5.000 euro lordi per il lavoro dipendente, accessorio, derivante da associazione in partecipazione o familiare, e (ii) da un costo complessivo per beni strumentali pari a 20.000 euro di costi lordi per ammortamento di beni strumentali.
La manovra finanziaria per il 2016 (legge n. 208/2015, art. 1, commi 111-113) ha introdotto per le persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni il “regime forfettario” consistente nell’applicazione di un’aliquota agevolata pari al 15% dei redditi imponibili e sostitutiva dell’IRPEF, delle addizionali regionali e comunali e dell’IRAP. La legge di stabilità del 2017 ha poi ulteriormente modificato la disciplina:
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da un lato ha allargato il perimetro di applicabilità ed elevato di ulteriori 10.000 euro (15.000 per le attività professionali) la soglia dei ricavi per accedere al regime, fissandola da un minimo di 25.000 euro sino a un massimo di 50.000 euro in base alla tipologia di attività svolta; dall’altro è stata imposta, quale condizione per poter accedere al regime agevolato, un reddito percepito nell’anno precedente, derivante da lavoro dipendente o da pensione, di massimo 30.000 euro.
La legge di bilancio per il 2019 (legge 30 dicembre 2018, n. 145, art. 1, commi 9-11) è ulteriormente intervenuta sul regime di imposizione fiscale forfettario prevedendo diverse misure di semplificazione:
a) Unica soglia di ricavi o compensi percepiti nell’anno precedente per poter accedere al regime forfettario e pari a 65.000 euro.
b) Contestuale abrogazione dei requisiti di accesso attinenti al sostenimento di spese per lavoro dipendente e beni strumentali.
c) Irrilevanza, ai fini del controllo della sussistenza del requisito per l’accesso al regime, di ulteriori componenti positivi indicati nelle dichiarazioni fiscali ai sensi della disciplina degli indici sintetici di affidabilità fiscale (comma 9 dell’art. 9-bis decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50).
d) Eliminazione del limite di 30.000 euro relativo ai redditi da lavoro dipendente o assimilato percepiti nell’anno precedente.
e) Incompatibilità del regime forfettario con partecipazione a società di persone, associazioni o imprese familiari, e contestuale divieto di controllo diretto o indiretto di S.r.l. o associazioni in partecipazione.
f) Divieto di accesso al regime forfettario per i titolari di partita IVA che percepiscano compensi da soggetti dai quali hanno percepito redditi da lavoro dipendente nei due anni precedenti o da soggetti ad essi direttamente o indirettamente riconducibili. La disposizione nasce per evitare il fenomeno di “fuga” dal lavoro dipendente e delle false partite IVA.
g) Ulteriori semplificazioni in ambito IVA e imposte dirette. Nello specifico viene stabilito che i contribuenti che applicano il regime forfettario non addebitano l’IVA in fattura ai propri clienti né possono detrarla sugli acquisti; essi sono altresì esonerati dagli obblighi di liquidazione e versamento dell’imposta e di presentazione della dichiarazione annuale; non devono, inoltre, applicare le disposizioni relative all’obbligo di fatturazione elettronica e sono esonerati dall’obbligo di conservazione dei registri e dei documenti ad eccezione delle fatture di acquisto e doganali; sono infine esclusi dalla disciplina degli ISA (indicatori sintetici di affidabilità fiscale).
h) Restano inalterati i coefficienti di redditività per il calcolo dell’imposta sostitutiva del 15% e la previsione secondo cui, nel caso di esercizio contemporaneo di più attività contraddistinte da diversi codici ATECO, il calcolo del limite di 65.000 euro dovrà essere effettuato in base alla somma dei ricavi e dei compensi relativi alle diverse attività esercitate.
È su questo impianto normativo, frutto di una pluralità di interventi e correzioni stratificatisi nel tempo, che è intervenuta la legge di bilancio per l’anno 2020, che ha apportato ulteriori modifiche al regime fiscale forfettario precedentemente descritto:
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a) Ai fini dell’accesso al regime forfettario al 15%, l’art. 1 comma 692 reintroduce il limite di spesa di 20.000 euro lordi per lavoro accessorio, lavoratori dipendenti e collaboratori.
b) Si prevede l’esclusione dal regime fiscale di vantaggio di coloro i quali abbiano redditi da lavoro dipendente o assimilati eccedenti i 30.000 euro.
Il piano “Italia Cashless”
Il piano c.d. “Italia Cashless”, varato dal Governo con la manovra per il 2020, è volto a contrastare l’evasione fiscale e la circolazione del contante, cercando di favorire la diffusione dei pagamenti elettronici.
Come si ricorderà, il d.lgs. 179/2012 (art. 15, commi 4 e 5) aveva introdotto l’obbligo di disporre di POS a partire dal 1° gennaio 2014 per tutti i soggetti che svolgono attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, anche professionali. L’obbligo rimaneva però privo di una sanzione specifica, con la conseguenza di una compliance non assoluta. Peraltro, il settore delle libere professioni faceva invece registrare altissimi livelli di adeguamento. Con la legge di stabilità del 2016 (commi 900-901) si era anche esteso l’obbligo per i commercianti e i professionisti di accettare pagamenti anche mediante carte di credito, oltre che di debito, anche per piccoli importi inferiori a 5 euro, tranne nei casi di oggettiva impossibilità tecnica.
L’art. 23 del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124, che rappresenta il decreto fiscale collegato alla manovra di bilancio, introduceva ingenti sanzioni (da un minimo di 30 euro e aumentate del 4% del valore della transazione) in caso di mancata accettazione di pagamenti effettuati con carte di debito o di credito. Tuttavia, in fase di conversione, con la legge 19 dicembre 2019, n. 157, è stata interamente soppressa l’intera disciplina sanzionatoria in caso di mancata accettazione di pagamento con strumenti elettronici, andando così incontro alle richieste delle organizzazioni rappresentative dei soggetti interessati.
L’art. 22 del decreto-legge n. 124/2019 ha introdotto un credito d’imposta pari al 30% dei costi delle commissioni addebitate su transazioni effettuate per ogni singolo pagamento per esercenti attività di impresa, arti o professioni che, nell’anno antecedente all’entrata in vigore del provvedimento abbiano conseguito ricavi per un ammontare non superiore a 400.000 euro.
Il comma 6 dell’art. 22 del decreto fiscale demanda all’Agenzia dell’Entrate l’adozione del relativo provvedimento attuativo per controllare la effettiva spettanza del credito di imposta. Il 29 aprile 2020 l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato il provvedimento (Prot. n. 181301/2020) con cui è stata ribadita l’estensione anche agli esercenti attività di libera professione.
Inoltre, l’art. 18 del decreto fiscale modifica ulteriormente i limiti di utilizzo del contante, abbassando la soglia di utilizzo massima da 3.000 euro a 2.000 euro a partire dal 1° luglio 2020 sino al 31 dicembre 2021 e riducendola ancora a 1.000 euro dal 1° gennaio 2022; contestualmente, l’art. 20 introduce una sanzione per gli esercenti che al momento dell’acquisto rifiutino di trasmettere all’Agenzia delle Entrate i dati della singola cessione e o prestazione ai fini della c.d. “Lotteria degli scontrini” (la cui entrata in vigore, originariamente prevista per il 1 luglio 2020, è stata però differita dal decreto “Rilancio” al 1° gennaio 2021).
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