amministrazioni finanziarie
Stando a quanto emergeva dal Trattato istitutivo della CEE95, non
erano previste forme assistenziali tra i diversi Paesi per cercare di combattere e prevenire problemi come l’evasione fiscale. Nel preambolo, i sottoscrittori dichiaravano di:
“ - essere determinati a porre le fondamenta di un’unione sempre più stretta fra i popoli europei;
- essere decisi ad assicurare mediante un’azione comune il progresso economico e sociale dei loro paesi, eliminando le barriere che dividono l’Europa;
- avere per scopo essenziale il miglioramento costante delle condizioni di vita e di occupazione dei loro popoli;
- riconoscere che l’eliminazione degli ostacoli esistenti impone un’azione concertata intesa a garantire la stabilità nell’espansione, l’equilibrio negli scambi e la lealtà nella concorrenza;
- essere solleciti di rafforzare l’unità delle loro economie e di assicurarne lo sviluppo armonioso riducendo le disparità fra le differenti regioni e il ritardo di quelle meno favorite;
- essere desiderosi di contribuire, grazie a una politica commerciale comune, alla soppressione progressiva delle restrizioni agli scambi internazionali;
- voler confermare la solidarietà che lega l’Europa ai paesi d’oltremare e assicurare lo sviluppo della loro prosperità conformemente ai principi dello statuto delle Nazioni Unite;
- esser risoluti a rafforzare le difese della pace e della libertà e a fare appello agli altri popoli d’Europa, animati dallo stesso ideale, perché si associno al loro sforzo”96.
Il Trattato non aveva lo scopo di costituire un “ordinamento fiscale europeo” e la sua attenzione era rivolta alla creazione di un mercato comune in cui si potessero mettere in atto prerogative idonee per una libera concorrenza. Si richiamava al riguardo gli artt. 95-99 del Trattato, i quali si soffermano a presentare dettagliatamente gli oneri
95 Il Trattato CEE, viene firmato a Roma nel 1957 tra Francia, Germania, Italia e i
paesi del Benelux.
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fiscali gravanti sugli scambi delle merci e le procedure concernenti la loro eliminazione, e l’art. 293 (oggi divenuto 220), nel quale, al secondo paragrafo esorta i diversi Paesi a ricercare non una norma giuridica vera e propria, ma uno schema generale di trattative che gli Stati membri avrebbero potuto spontaneamente scegliere di avviare ogniqualvolta ne avessero sentito il bisogno, con lo scopo di
“garantire ai loro cittadini (..) l’eliminazione della doppia imposizione fiscale all’interno della Comunità”.
Sulla base di tale norma, è stata stipulata la Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 riguardante la competenza giurisdizionale e lo svolgimento delle scelte in campo civile e commerciale; tant’è che attraverso tale strumento gli Stati in questione hanno creato uno “spazio giuridico europeo”, tassato su dettami uniformi sia per i singoli Paesi che per tutto il territorio facente parte della comunità. Dalla difficoltà d’interpretazione di tali disposizioni è emersa anche la questione riguardante il fenomeno dell’evasione fiscale in ambito comunitario.
Per cercare di conseguire una corrispondenza nel settore della fiscalità diretta tra i diversi Paesi membri, la norma che meglio inglobava tale questione fu l’art 100 CEE (ex art. 94 del Trattato), ai sensi del quale “il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta
della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale, stabilisce direttive volte al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri che abbiano un’incidenza diretta sull’instaurazione o sul funzionamento del mercato comune97”.
Successivamente, il 10 febbraio 1975 il Consiglio Europeo ha accettato una risoluzione relativa alle misure “che la Comunità
avrebbe dovuto adottare per combattere la frode e l’evasione fiscale internazionale” 98, con lo scopo di ridurre per quanto possibile tutte le
pratiche illecite poste in atto al fine di sfuggire alla tassazione e provocare pesanti perdite di gettito per gli Stati facenti parte dell’Unione, annullando il principio di tassazione e conducendo al contempo a forti distorsioni dei movimenti dei capitali e dei
97 Art 100, “(segue) l’Assemblea e il Comitato economico e sociale sono consultati
sulle direttive la cui esecuzione importerebbe, in uno più Stati membri, una modificazione nelle disposizioni legislative”.
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presupposti della libera concorrenza. Il tutto sottolineava l’urgenza di una collaborazione efficace in materia tributaria, messa in atto grazie all’utilizzo di un mutuo scambio di informazioni tra le amministrazioni preposte nei singoli Stati membri. Tra l’accertamento e la riscossione del tributo, venne data precedenza alla prima, tant’è che l’intenso studio portato avanti dal Consiglio UE in materia di lotta contro l’evasione fiscale culminò nel 1976 con la “Proposta di direttive del Consiglio riguardante l’assistenza reciproca delle competenti autorità degli Stati membri nel settore delle imposte dirette”.
La proposta riguardava le sole imposte dirette e perseguiva l’obiettivo di individuare tutte le informazioni più consone per consentire l’accertamento di una base imponibile veritiera.
L’assistenza durante la fase di accertamento era volta a contrastare principalmente l’abuso delle libertà fondamentali per incentivare l’attuazione di un mercato unitario99.
In tale panorama, la Comunità ha adottato delle direttive per cercare di realizzare specifici obiettivi fra cui, la Direttiva n. 76/308/CEE del 15 marzo 1976, riguardante prelievi agricoli, dazi doganali e l’assistenza reciproca per il recupero crediti derivanti da operazioni del sistema di Finanziamento del Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia100 (tale Direttiva ha incluso anche l’IVA nella
Direttiva n. 79/1071/CEE del 6 dicembre 1979101); la Direttiva n.
92/12/CEE del 25 febbraio 1992, relativa ai tabacchi lavorati, bevande alcoliche e oli minerali102; la Direttiva n. 2001/44/CEE del 15
giugno 2001, relativa alle imposte dirette e ai premi assicurativi103.
Successivamente, sempre rimanendo in tema di imposte dirette, è stata introdotta un’ulteriore direttiva, la c.d. Direttiva Risparmio n.2003/48/CE, la quale consente una specifica tipologia di scambio delle informazioni, connessa alla tassazione dei redditi da risparmio sottoforma di pagamenti di interessi104. Quest’ultima, come si evince
dal primo articolo, è stata realizzata per “[..] permettere che i redditi
da risparmio sottoforma di pagamenti di interessi corrisposti in uno Stato membro a beneficiari effettivi che siano persone fisiche,
99 Si veda GLENDI C., UCKMAR V., La concentrazione della riscossione
nell’accertamento, Padova, 2011.
100 G.U.C.E. n. L 73 del 19 marzo 1976, 18-23. 101 G.U.C.E. n. L 331 del 27 dicembre 1979, 10. 102 G.U.C.E. n. L 76 del 23 marzo 1992, 1-13. 103 G.U.C.E. n. L 175 del 28 giugno 2001, 17-20. 104 G.U.C.E. n. L 157 del 26 giugno 2003, 28-48.
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residenti ai fini fiscali in un altro Stato membro, siano soggetti a un’effettiva imposizione secondo la legislazione di quest’ultimo Stato membro”. La facilità con cui si potevano omettere tali redditi si
dimostrava alquanto onerosa per le casse del Paese di residenza, sicché la presenza di tale direttiva ha reso più fluida la trasmissione dei redditi che rientravano a tutti gli effetti nel calcolo della tassazione del contribuente.
Sul versante opposto, invece, si fa riferimento al regolamento (CEE) n.218/92, concernente la cooperazione amministrativa nel settore delle imposte indirette (IVA)105, che ha formato al tal proposito un
sistema di stretta collaborazione tra le diverse autorità amministrative degli Stati membri e tra queste e la Commissione. Tale regolamento è stato modificato dall’atto di adesione del 1994 ed infine sostituito interamente col regolamento UE n.904/2010, a decorrere dal primo gennaio 2012. Come si può desumere, se un tempo il panorama si presentava alquanto diversificato e pieno di numerose direttive inerenti basi giuridiche tra di loro differenti, la tendenza attuale è di standardizzare quanto più possibile la materia, riducendo il numero di direttive vigenti.