5. Il principio della libertà del commercio di armi convenzionali 5.1 - L'eccezione stabilita dall'art. XXI GATT
228 P. W. SINGER, Wired for War: The Robotics Revolution and Conflicts in 21st Century, Penguin Press, 2009, p. 128.
229 Si veda infra, Cap. III, § 2.2.
230 Dipartimento della Difesa americana, Autonomy in Weapon System, Direttiva n. 3000-09 del 21 novembre 2012. Si
veda in particolare il paragrafo e) delle linee di politica del Dipartimento, che rinviano ad una regolamentazione successiva per l'esportazione e vendita internazionale di tali sistemi sulla base degli “esistenti procedimenti e requisiti per la sicurezza tecnologica e la rivelazione di informazioni tecnologiche all'estero”.
231 D. L. HALL-B. M. DANIELS-D. GOREN, U.S. Regulations of the Use and Export of Unmanned Aerial Systems, 16
marzo 2015, consultato sul sito
http://www.terralex.org/publication/p7dad0c2bef/usregulationoftheuseandexportofunmannedaerialsystems; J. HAYES- B. PANDEY-E. KRAULAND-A. IRWIN-M. RATHBONE-A. RAPA-A. BAJ, U.S. Policy on Export of Unmanned Aerial Systems (UAS): A Detailed Look and Analysis, 7 aprile 2015, consultato all'URL
http://www.steptoe.com/publications-10371.html.
232 HALL et al., op. cit., § 3, che pone come requisito fondamentale la percorrenza aerea che tale dispositivo deve
supportare. In questo senso, si evidenzierebbe la finalità d'uso sulla base di un requisito tecnico.
233 Vedi più infra, § 6.2.
Nonostante sia pacifica la prevalente natura economica degli scambi di armamenti, non sembrerebbe pienamente riscontrabile l'applicazione dei principi di diritto del commercio internazionale. Infatti, il “commercio” di armamenti conosce un'ampia eccezione, delineata nell'articolo XXI del GATT235. Il ricorso a tale eccezione, in base a quanto sottolineato dalla
dottrina236, è stato più volte attuato dagli Stati al fine di proteggere la propria sicurezza nazionale ed
i propri interessi. Tale impostazione delle relazioni economiche tra Stati si è verificato soprattutto nel periodo successivo alla fine della II° Guerra Mondiale e fino alla fine della Guerra Fredda237.
In base al dettato testuale, la dottrina generalista sull'argomento sottolinea come la norma sia costruita effettivamente come un'eccezione rispetto all'ordinaria applicazione dei principi e delle disposizioni emergenti dal GATT: lo Stato parte dell'Accordo invocherà tale eccezione solo nei casi previsti238. Con riferimento alle principali correnti dottrinali in questione, emergono contrasti
riguardo all'interpretazione dell'eccezione posta dagli armamenti al commercio internazionale. Un primo orientamento239, ritenuto però minoritario, propone un'interpretazione evolutiva
dell'art. XXI(b)(ii) del GATT, valutando il possibile assoggettamento al vaglio giudiziale240 e ponendo
riferimento alla norma sul mutamento fondamentale delle circostanze241.
Per quanto riguarda il primo profilo, l'orientamento dottrinale242 evidenzia che il paragrafo (b)
trovi applicazione solo nei casi ivi previsti. Tra questi, si riscontra l'ipotesi disciplinata al sub- paragrafo (ii), il quale può essere ritenuto come una specifica ipotesi di esigenza di protezione della sicurezza nazionale. Il testo della disposizione così stabilisce:
“Nothing in this Agreement shall be construed […]
(b) to prevent any Contracting Party from taking any action which it considers necessary for the protection of its essential security interest […]
(ii) relating to the traffic in arms, ammunition and implements of war and to such traffic in other goods and materials as is carried on directly or indirectly for the purpose of supplying a military establishment”.
In tal maniera, la dottrina afferma243 che l'eccezione relativa alle restrizioni che possono essere
imposte dagli Stati all'esportazione od importazione di armi e materiale bellico non abbia incontrato opposizioni rilevanti da parte delle Parti Contraenti dell'Accordo244. Ciò sarebbe dovuto, a
detta degli studiosi, al fatto che tale disposizione sia stata redatta in un linguaggio ambiguo ha fatto sì che agli Stati fosse riconosciuta la più ampia discrezionalità di adottare misure restrittive, che
235 General Agreement on Tariffs and Trade, 61 Stat. A-11, firmato a Ginevra il 30 ottobre 1947, modificato nell'ambito
del c.d. “Uruguay round” (Final Act Embodying the results of the Uruguay Round on Multilateral Trade Negotiations, in International Legal Materials, 1994, vol. 33, p. 1125 e ss.), il quale ha allegato una serie di understandings al precedente accordo, e che sono stati alla base della costituzione dell'Organizzazione Mondiale del Commercio, creata con gli accordi di Marrakesh il 15 aprile 1994. Il testo della disposizione, con annotazioni di prassi rilevante, è tratto da World Trade Organization, Analytical Index of the GATT, Article XXI, p. 599-610, a p. 599, disponibile sul sito http://www.wto.org/english/res_e/booksp_e/gatt_ai_e/art21_e.pdf.
236 P. C. MAVROIDIS, Trade in Goods: The GATT and Other WTO Agreements Regulating Trade in Goods, Oxford
University Press, Oxford, 2012, II° ed., p. 367 ss.
237 Ancora nel 1996, Stati Uniti e Unione Europea discutevano, e pervenivano ad un accordo conseguente, sulle misure
restrittive adottate dai primi (il c.d. Helms Burton Act) per impedire qualsiasi forma di commercio ed investimento a Cuba. Si veda, per un'esposizione più ampia del problema, il cap. IV, §§ 1.1 ss.
238 MAVROIDIS, op. cit., p. 367.
239 M. J. HAHN, Vital Interests and the Law of GATT: An Analysis of GATT's Security Exception, in Michigan Journal
of International Law, 1991, vol. 12, Spring, pp. 558-620.
240 Art. da 31 a 33 della Convenzione sul diritto dei trattati, firmata a Vienna il 23 maggio 1969, entrata in vigore il 27
gennaio 1980, in United Nations Treaty Series, vol. 1155, p. 331.
241 Art. 62 della Convenzione citata.
242 HAHN, op. cit., p. 584, il quale sottolinea la mancanza di “giurisdizione” degli organismi GATT a controllare le
eventuali misure restrittive al commercio transnazionale applicate dagli Stati Contraenti.
243 HAHN, op. cit., p. 585.
244 HAHN, op. cit., p. 585-586: “This definition, rather brief due to secondary attention paid here to the issue, provides
a suitable rule for recognizing goods mentioned in Article XXI(b)(ii). Because of this, measures taken by Contracting Parties to enforce their right under that article have only rarely been attacked”.
fossero motivate da ragioni di sicurezza nazionale245. Questo porterebbe a definire la disposizione
una sorta di clausula rebus sic stantibus246 dell'intero Accordo, che, secondo Hahn, rientra nel più
generale “diritto di sottrarsi” agli obblighi internazionali247.
Inoltre, secondo tale orientamento, la disciplina prevista dall'art. XXI GATT, oltre a prevedere eccezioni, stabilisce anche obblighi specifici, laddove gli Stati decidano di adottare misure restrittive, in applicazione della suddetta eccezione. Il primo obbligo imporrebbe la notifica a tutte le Parti Contraenti delle misure adottate248, secondo il principio di buona fede nelle relazioni pattizie
multilaterali249. Come corollario al precedente, Hahn menziona l'obbligo di motivazione delle
misure adottate, il quale, laddove non ottemperato, renderebbe incompatibili le medesime con l'oggetto e lo scopo dell'Accordo250. Tale obbligo, secondo lo studioso, sarebbe eluso, e quindi
violato, laddove le motivazioni offerte dagli Stati abbiano un esclusivo carattere di ordine economico o politico e risultino essere del tutto carenti dal punto di vista giuridico o fattuale.
A tal proposito, tale orientamento sostiene l'ammissibilità della risoluzione delle controversie di tipo giudiziale, considerata l'unico mezzo per sindacare le scelte restrittive degli Stati assunte in contrasto sia con il disposto dell'art. XXI, sia con l'oggetto e scopo dell'Accordo251.
Al contrario, un orientamento prevalente252 considera la questione del sindacato giudiziale sulle
misure restrittive adottate in base all'art. XXI GATT non fondamentale nel dibattito sulla
245 Il primo (e unico) caso, che analizza la condotta statale con particolare riferimento alla lettera della norma dell'art.
XXI(b)(ii) è la disputa accessasi in sede di Consiglio delle Parti Contraenti il 30 maggio 1949 tra Cecoslovacchia e Stati Uniti, di cui in seguito.
246 Disciplinata dall'art. 62 della Convenzione di Vienna supra citata. 247 HAHN, op. cit., pp. 561-62 e, più diffusamente, p. 568.
248 HAHN, op. cit., p. 605, il quale menziona la Decisione del 30 novembre 1982, sulle misure restrittive intraprese
dall'allora Comunità Economica Europea contro l'Argentina per l'aggressione delle isole Falkland (in Contracting Parties of the GATT, Basic Instruments and Selected Documents, 1981-82, Supp. No. 29, p. 23), dalla quale emerge, però, una chiara riluttanza a ritenere la notifica delle misure come necessaria ai fini della corretta applicabilità (GATT Council, Minutes of the Meeting Held at May 7, 1982, GATT Doc. C/M/157 [22 giugno 1982], p. 10). Un simile dovere è stato sottolineato anche nel quadro normativo di Wassenaar: K. A. DURSHT, From Containment to Cooperation: Collective Action and the Wassenaar Arrangement, in Cardoso Law Review, 1997, vol. 19, December, pp. 1079-1123, a p. 1082.
249 Preambolo n. 3 della Convenzione di Vienna citata. 250 HAHN, citazione, ib.
251 Con specifico riferimento al commercio di materiale per armamenti, si rende qui necessario citare la controversia
intercorsa tra Cecoslovacchia e Stati Uniti nel 1949 di fronte al Consiglio delle Parti Contraenti del GATT (United States – Restrictions on Exports to Czechoslovakia, Summary Record of Twenty-Second Meeting, CP.3/SR22 – II/28, consultato sul sito http://www.wto.org/english/tratop_e/dispu_e/49expres.pdf). In quell'occasione, il rappresentante della Cecoslovacchia sollevò la questione di illecite restrizioni statunitensi all'esportazione verso altri Stati europei di minerale di ferro, utilizzabile per la produzione di armamenti; sostenne inoltre che tale eccezione sarebbe stata da considerare decisamente troppo ampia (p. 3 della decisione), addirittura tale da coprire le importazioni (in particolare, quelle nei confronti della stessa Cecoslovacchia). Ciò in ragione del fatto che gli Stati Uniti intendevano l'eccezione di cui all'art. XXI GATT in maniera quasi assoluta. La decisione delle Parti Contraenti ha avvallato, con 17 voti contrari su 23 totali (p. 4 della decisione), tale impostazione, sulla base delle mere ragioni politiche, piuttosto che mettere i rilievo quelle fattuali e di diritto. Al contrario, come sottolineato da Hahn poc'anzi (vedi nota 32), si sarebbe dovuta supportare la sola interpretazione conforme all'oggetto e scopo dell'Accordo, avvallata da motivazioni fondate su ragioni di ordine giuridico o fattuale. Sulla controversia, si veda altresì A. L. ALEXANDROFF-R. SHARMA, The National Security Provisions: GATT Article XXI, in P. F. J. MACRORY-A. E. APPLETON. M. G. PLUMMER (a cura di), The World Trade Organization: Legal, Economic and Political Analysis, Springer, Berlin, 2005, vol. II, pp. 1571-1579, a p. 1574. Va inoltre aggiunto che, nonostante l'opinione comune della dottrina faccia riferimento al paragrafo (c) dell'art. XXI per inquadrare la controversia, deve essere accolta l'opinione dello stesso Hahn (p. 569, nota 56), secondo cui il corretto riferimento normativo sarebbe da individuare nel paragrafo (b)(ii), avendo come riferimento il bene di scambio controverso (il minerale di ferro per la produzione di armamenti) e i chiari riferimenti ai materiali di guerra, come previsti dalla disposizione in oggetto. Quindi, sarebbe da avvallare un'eventuale ipotesi di specificazione di questo particolare motivo, rispetto a quello generale relativo a ragioni di sicurezza nazionale, contenuto nel paragrafo (c), e che pertanto assume una connotazione residuale rispetto ai precedenti elencati.
252 P. LINDSAY, The Ambiguity of GATT Article XXI: Subtle Success or Rampant Failure?, in Duke Law Journal, 2003,
disposizione in oggetto253. In particolare, questa dottrina fa riferimento all'elemento testuale dell'art.
XXI GATT, il quale deve essere letto secondo il significato ordinario dei termini utilizzati, in buona fede ed alla luce dell'oggetto e dello scopo del trattato254. Quindi, in base alla lettera della
disposizione, nessuna previsione dell'Accordo dovrebbe pregiudicare l'adozione di eventuali misure restrittive degli Stati all'importazione o esportazione di armi e materiali bellici per la produzione delle medesime255.
Tale orientamento maggioritario ritiene utilizzabile, quindi, il solo criterio oggettivo per l'interpretazione della clausola (definita anche “it considers clause”), la quale si applica alle misure restrittive nazionali adottate secondo la necessità palesata dagli Stati256. Tale clausola impedirebbe il
sindacato giudiziale sulle misure medesime, in quanto escluso proprio per ragioni di necessità dell'adozione.
Per supportare questa asserzione, la dottrina prende in considerazione quanto stabilito nella sentenza della Corte Internazionale di Giustizia relativa alle Attività militari e paramilitari in e contro il Nicaragua257. Con riferimento alle misure adottate dagli Stati Uniti contro il governo del
Nicaragua, la Corte ha ritenuto applicabile la clausola prevista dall'art. XXI GATT, dopo averla raffrontata con quanto stabilito nell'articolo 21(1)(d) del trattato di amicizia, commercio e navigazione tra i due Stati del 1956258.
la disposizione così stabilisce:
“1. El presente Tratado no impedirá la aplicación de medidas que: [...]
(d) fueren necesarios para dar cumplimiento a las obligaciones de cualquiera de las partes para mantener o restaurar la paz y seguridad internacionales, o necesarias para proteger sus intereses esenciales y seguridad”259.
Secondo questa disposizione, la possibilità di adottare misure restrittive è ritenuta “necessaria” (necessary) tout-court, qualora fossero ravvisate ragioni di sicurezza nazionale. Dunque, tale orientamento ritiene che il linguaggio del trattato bilaterale sembrerebbe essere più specifico di quello dell'art. XXI GATT. Questo dato testuale aiuterebbe a definire in maniera oggettiva la motivazione delle restrizioni imposte dagli Stati, qualora gli stessi le ritengano (consider) necessarie. Quindi, l'interpretazione del disposto dell'art. XXI verrebbe letta alla luce del disposto di norme pattizie bilaterali e specifiche, che avrebbero funzione integrativa rispetto al trattato multilaterale. In tal maniera, a detta dell'autore260, si creerebbe uno “objective standard of review” delle misure
restrittive, ed in questo senso si collocherebbero anche le dichiarazioni rese da alcuni Stati membri del GATT durante la controversia del 1949 sorta tra Cecoslovacchia e Stati Uniti261.
Dunque, l'orientamento maggioritario si farebbe forte della propria teoria sulla base del ragionamento della Corte e della prassi. In base a ciò, la conclusione ivi addotta induce la dottrina a ritenere che le corti internazionali non avrebbero alcuna competenza a sindacare le eventuali misure
253 LINDSAY, op. cit., p. 1286 ss.
254 Art. 31(1) della Convenzione di Vienna citata.
255 Ciò nonostante, il criterio dell'utilizzo della prassi successiva degli Stati in materia sembra gettare nuove luci su tale
interpretazione. Si veda Analytical Index citato, p. 600 e ss.
256 Pur sempre manifestata dagli organi giudiziali GATT e WTO. Si veda, per questo, quanto esposto con riferimento alla
nota 50.
257 Per la denominazione ufficiale, si veda nota 20.
258 21 gennaio 1956, 9 U.S.T. 465. Nel senso proposto dall'autore, si veda anche M. A. REITERER, Article XXI GATT –
Does the National Security Exception Permit “Anything under the Sun”?, in Austrian of International and European Law, 1997, vol. 2, pp. 191-211, a p. 194.
259 A nostro modesto avviso, il riferimento corretto deve essere fatto al sub-paragrafo (c) dell'articolo in questione, il
quale riproduce fedelmente quanto disposto dall'art. XXI(b)(ii) GATT. In base a questa premessa, come si sottolineerà più avanti, con riferimento al “commercio” di armi il ragionamento esposto da Hahn prevarrebbe su quello di Lindsay.
260 LINDSAY, op. cit., p. 1285.
261 EPCT/A/PV/33, p. 30-31, in Analytical Index citato, p. 600, che riporta quanto sostenuto dal rappresentate del Regno
intraprese dagli Stati per restringere le importazioni od esportazioni, segnatamente quelle di armamenti262.
5.2 – Le misure restrittive nei confronti del “commercio” di armamenti
Nel sub-paragrafo precedente è stata posta la questione delle misure restrittive, che gli Stati adottano allorquando ritengano necessario porre una limitazione alle importazioni di armamenti. Tali misure possono avere anche rilevanza internazionale, laddove siano stabilite da un organo internazionale (come il Consiglio di Sicurezza ONU) o quando siano applicate in via extraterritoriale dagli Stati stessi.
Pur potendo constatare, in generale, la tendenza alla liberalizzazione degli scambi commerciali in ambito internazionale263, la dottrina ritiene che sia sempre concesso agli Stati di procedere
all'imposizione di controlli sugli scambi stessi264. Queste restrizioni sono considerate alla stregua di
una regola generale, la quale incontra poche eccezioni di natura pattizia o consuetudinaria265.
Generalmente, tali restrizioni possono avere la forma dei trade embargoes totali, ossia dei veri e propri divieti di esportazione nei confronti di un determinato Stato, oppure solo con riferimento ad armi ed altro materiale militare, con una durata più o meno determinata, eventualmente prorogabile, laddove si ritenga che l'obiettivo prefissato con la misura non sia stato ancora raggiunto266.
Nel caso in cui più Stati intendano adottare una misura restrittiva comune per ottenere il medesimo fine, tale azione verrebbe giustificata sulla base di accordi internazionali a contenuto giuridico267, ovvero limitarsi a stabilire una cooperazione politica tra gli Stati268.
Altre volte, le restrizioni possono essere il risultato dell'ottemperanza a determinate risoluzioni di organizzazioni internazionali269; in particolare, possono rilevare le restrizioni all'esportazione
decise nell'ambito delle Nazioni Unite da parte del Consiglio di Sicurezza270, il quale può emanare
risoluzioni a carattere esortativo (mere raccomandazioni, quindi), oppure vere e proprie decisioni vincolanti per gli Stati membri271. Per quanto riguarda gli atti del primo tipo272, la dottrina
prevalente riscontra la tendenza impositiva per gli Stati di adottare ogni misura necessaria che
262 REITERER, op. cit., p. 196. Per nostra personale opinione, la prassi relativa all'eccezione al commercio di armamenti
è ancora troppo scarna, e unicamente indirizzata nel senso proposto da Lindsay. Diventa necessario che la questione venga nuovamente sollevata dinanzi gli organi giudiziali dell'OMC, i quali avranno l'occasione di stabilire il nuovo e definitivo orientamento interpretativo dell'eccezione.
263 Ne sono una riprova i numerosi accordi internazionali bilaterali o multilaterali che hanno, o hanno avuto, l'obiettivo
di regolamentare gli scambi tra due Stati (si pensi ai casi degli FCN, ossia i trattati di Friendship, Commerce and Navigation, stipulati tendenzialmente fino all'inizio del secolo scorso), o in una particolare regione (si pensi al trattato NAFTA), od addirittura in relazione ad una specifica materia o relativi a un bene di interesse economico (si pensi al trattato CECA, terminato nel 2002).
264 Si veda il sub-paragrafo precedente.
265 L. MIGLIORINO, Le restrizioni all'esportazione nel diritto internazionale, CEDAM, Padova, 1993, p. 4. 266 MIGLIORINO, op. cit., p. 5 e, più diffusamente, p. 47 e ss.
267 Un esempio di questo tipo sono i numerosi trattati relativi alle proibizioni di produzione, utilizzo,
immagazzinamento di armi di distruzione di massa, tra cui spicca la Convenzione di Parigi del 1992 sulla proibizione delle armi chimiche, in UN Treaty Series, vol. 1974, 2001, p. 45.
268 Esempi di questo tipo possono essere dati dal CoCom e dall'Accordo di Wassenaar. Per una disamina, si veda più
infra, § 9.1.
269 MIGLIORINO, op. cit., p 56 e ss.
270 Ib.; J. POLAKAS, Economic Sanctions. An Effective Alternative to Military Coercion?, in Brooklyn Journal of
International Law, 1980, vol. 6, Summer, p. 289 ss.
271 Si ricorda come la base giuridica per intraprendere entrambi i tipi di risoluzione sia l'art. 41 della Carta delle Nazioni
Unite, nel quale si menzionano le misure che possono comportare “l'interruzione totale o parziale delle relazioni economiche”. La distinzione deve essere fatta sulla base del dispositivo dell'atto in via principale, sulle motivazioni dell'adozione in via secondaria, sulla base delle discussioni in seno al Consiglio in via ausiliaria: CONFORTI- FOCARELLI, Le Nazioni Unite, CEDAM, Padova, 2012, IX° ed., p. 238 e s.
impedisca di vendere armamenti ad un determinato Stato273.
Uno dei principali profili analizzato riguarda la liceità delle restrizioni secondo il diritto internazionale generale. In questo caso, l'orientamento qui considerato afferma come non esista un generale divieto di porre restrizioni all'esportazione di prodotti, in quanto il diritto internazionale riconosce la sovrana eguaglianza degli Stati nell'ambito degli scambi commerciali. Questa si esplica sia nella possibilità di porre barriere al commercio, sia nella scelta dei prodotti che possono entrare all'interno del territorio dello Stato, sia infine per quanto riguarda la scelta del partner commerciale con cui instaurare relazioni274.
Un aspetto ulteriore concerne i casi in cui si provi ad aggirare la restrizione, ossia attraverso la riesportazione di beni a contenuto altamente tecnologico o sensibile. La dottrina qui distingue tra:
a) controllo sulle attività di riesportazione di merci e tecnologie da parte dello Stato di origine;
b) controllo operato dallo Stato di prima destinazione o transito; e
c) gli eventuali accordi di controllo che possono intercorrere tra i due Stati275.
Questi tipi di controllo, peraltro, hanno suscitato non poche critichein base a due questioni fondamentali: l'applicazione extraterritoriale delle misure restrittive e la possibile violazione del principio di non ingerenza negli affari interni276. Circa il primo punto, gli studiosi affermano come
non sia possibile stabilire, nel diritto internazionale, una norma di rango consuetudinario che vieti agli Stati di imporre restrizioni all'esportazione di determinati prodotti; a tal proposito, la dottrina ritiene che l'emanazione di un mero provvedimento legislativo non comporta la commissione di un illecito internazionale277; diversamente, considera come illecita l'eventuale manifestazione concreta
dell'uso della forza da parte di uno Stato volto all'applicazione extraterritoriale in questione278.
Per ovviare a queste critiche, viene offerto l'esempio della cooperazione tra lo Stato d'origine e i potenziali Stati di transito delle merci riesportate. In tal maniera, lo Stato esportatore, al fine di