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Principi e strumenti del sistema di gestione della performance

Nel documento Gestire la performance nell'ente locale (pagine 85-88)

3.2 Il sistema di gestione della performance: principi ed attori

3.2.1 Principi e strumenti del sistema di gestione della performance

I principi generali a cui il processo di gestione della performance deve ispirarsi sono contenuti nell'articolo 3 del decreto, il quale si applica indistintamente a tutte le amministrazioni, centrali e locali.

Il primo comma chiarisce che la misurazione e la valutazione della performance devono essere volte al miglioramento della qualità dei servizi offerti e alla crescita delle competenze professionali, attraverso la valorizzazione del merito e all'erogazione di premi di risultato. Al comma 4 si precisa inoltre che ciascuna fase del processo dev'essere gestita secondo criteri strettamente connessi al soddisfacimento dell'interesse del destinatario dei servizi e degli interventi.

La gestione della performance secondo il legislatore ha quindi una duplice finalità: una interna, riguardante lo sviluppo delle competenze professionali; e una esterna, mirata alla soddisfazione degli utenti della pubblica amministrazione.

Per quanto riguarda lo sviluppo del personale, la norma specifica che lo strumento principale individuato a tale scopo consiste in una premialità di tipo selettivo, ovvero in una distribuzione dei premi strettamente collegata ai meriti70. Il legislatore, per avere maggiori garanzie sulle modalità di valutazione del merito, al comma 5, pone una condizione all'erogazione dei premi legati al merito, ovvero il rispetto delle disposizioni di cui al titolo II della riforma (sulla misurazione, valutazione e trasparenza della performance).

In riferimento alla soddisfazione degli utenti, come Hinna (2010, p. 157) afferma, la novità della riforma “è stata quella di assumere la customer satisfaction come valore aziendale, una idea guida che deve ispirare tutta la gestione”.

A questo proposito si nota che le espressioni “interesse del destinatario” e “qualità dei servizi offerti” (nonché l'idea di customer satisfaction) si ricollegano alla dimensione che, in base a quanto affermato precedentemente, riguarda l'outcome intermedio, ossia gli effetti di un servizio o di una politica sui suoi destinatari diretti. Non sembrano esserci riferimenti all'outcome finale che considera più ampiamente gli impatti sul complessivo sistema di bisogni pubblici in termini di creazione di capitale sociale e miglioramento del tessuto sociale, ambientale ed economico. L'impressione di chi scrive è che il cittadino sia considerato in

70 La meritocrazia rappresenta infatti un altro pilastro della riforma, tant'è che al tema “merito e premi” è

86 quanto cliente/utente della pubblica amministrazione prima ancora che parte di una comunità e di un territorio. In questo, si ritrova una certa affinità con le idee caratterizzanti la prima fase del NPM. Per altro, lo stesso Hinna (2010, p. 157) afferma indirettamente che il suddetto principio è “uno dei concetti base del New Public Management”.

Continuando con l'analisi dei principi generali troviamo:

l'obbligo per ciascun ente di articolare il processo in riferimento ai diversi livelli organizzativi (ente, unità organizzativa o centro di responsabilità, e singolo individuo), ovvero di misurare e valutare la performance in ciascuno degli ambiti individuati dall'articolo 8 e 9;

la trasparenza sia dei risultati e delle risorse impiegate dall'ente, sia delle informazioni concernenti il processo di gestione della performance (il principio sarà ripreso al paragrafo successivo);

le pari opportunità di diritti e doveri. Anche quest'ultimo è un valore che la riforma, trattando di gestione del personale, ha ripreso in più punti del decreto. Alla Civit e agli Organismi indipendenti di valutazione sono inoltre affidate specifiche responsabilità volte, rispettivamente, a favorire la cultura delle pari opportunità (art. 13, c. 5, lettera

e) e verificare i risultati e le buone pratiche di promozione delle pari opportunità (art.

14, c. 4, lettera h).

All'ultimo comma dell‟articolo 3, si precisa infine che, salvo per la costituzione ed il funzionamento della Civit, l'implementazione e l'utilizzo del sistema di gestione della performance così come previsto dal titolo II non deve comportare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Quest'ultimo principio desta qualche perplessità; Ruffini (2010, p. 52) afferma che solo per “finzione giuridica” l'implementazione di questa riforma può essere considerata a “costo zero”. Esso appare un principio a valenza contingente (dettato dalle condizioni in cui versa la finanza pubblica attualmente) piuttosto che un principio a valenza generale. È difficile pensare che lo sviluppo di un efficace sistema organizzativo come quello previsto dalla riforma non richieda alcun costo aggiuntivo, se non veri propri investimenti nelle amministrazioni più “arretrate” (si pensi, solo per portare un esempio, allo sviluppo di coerenti sistemi informativi). L'opinione di chi scrive è che, in linea di principio, l'utilizzo di questi strumenti organizzativi dovrebbe rispettare le valutazioni a cui sono sottoposti tutti gli altri processi aziendali, ovvero valutazioni di efficacia ed efficienza. Quindi, se i benefici (sociali ed economici) derivanti dall'utilizzo di questi sistemi rispondono alle attese e

87 superano i costi (economici) aggiuntivi sostenuti, questi ultimi si ritengono giustificati e, a questo punto, la valutazione dovrebbe spostarsi semmai sul costo-opportunità dell'investimento. L'aver previsto questo vincolo in via generale, potrebbe trasmettere un senso di incertezza sui benefici effettivi del sistema (visto che non si è disposti ad investire); potrebbe inoltre far trasparire la convinzione del legislatore in base alla quale gli uffici pubblici, a parità di risorse, potrebbero “fare di più” o potrebbero sacrificare altre attività senza che questo comporti impatti rilevanti sulla performance dell'ufficio e dell'ente.

Proseguendo con il secondo punto del paragrafo, riservato agli strumenti del sistema di gestione della performance, l'attenzione si concentra sull'articolo 7 (che, si ricorda, trova applicazione anche negli enti locali). Esso chiarisce la necessità (tradotta in imposizione normativa) per ciascuna amministrazione pubblica, enti locali compresi, di dotarsi (attraverso un apposito provvedimento) di un “sistema di misurazione e valutazione della performance”, ossia di un insieme di regole tali da rendere il processo di gestione della performance efficace, trasparente ed equo.

Il comma 3 dell'articolo fa un vero e proprio elenco dei contenuti obbligatori di tale documento, precisando che deve definire le fasi, i tempi, le modalità, i soggetti e le responsabilità del processo di misurazione e valutazione della performance, nonché individuare le procedure di conciliazione relative all'applicazione del sistema e le modalità di raccordo ed integrazione con i sistemi di controllo esistenti e con i documenti di programmazione finanziaria e di bilancio. Ciascuna amministrazione è quindi dotata di una certa autonomia organizzativa nella definizione delle “regole” del sistema di misurazione e valutazione, fatto salvo l'obbligo di chiarire formalmente in questo documento le “regole” adottate, le quali devono rispettare le disposizioni generali individuate dal decreto e dalle linee guida di Civit ed Anci (per i comuni).

Sempre l'articolo 7 al comma 2 definisce i soggetti che intervengono nel processo di misurazione e valutazione della performance. Essi sono: la Civit, gli Oiv ed i dirigenti. Ad essi sarà dedicato un approfondimento nel paragrafo 3.2.3.

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