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Principio di funzionamento del polarimetro

Il polarimetro GPD (Gas Pixel Detector) lavora sfruttando l’effetto fotoelettrico. Per la radiazione X da 1 a 10 keV la sezione d’urto maggiore `e quella per assorbimento fotoelettrico. Nell’effetto fotoelettrico un fotone viene assorbito con conseguente emissione di un fotoelet- trone di energia

E = Eγ− EL (4.1)

dove Eγ`e l’energia del fotone e EL l’energia di legame dell’elettrone; si `e trascurata l’energia di

rinculo dell’atomo che pu`o essere considerata praticamente nulla. La distribuzione dei fotoelet- troni dipende dalla polarizzazione della radiazione incidente, infatti non `e isotropa ed `e piccata intorno alla direzione del vettore polarizzazione. Se l’elettrone appartiene ad un orbitale 1s (o k shell) nel caso di radiazione polarizzata linearmente la sezione d’urto differenziale `e

dσ dΩ = r 2 0Z 5 α4 mec 2 E !7/2 4√2sin2 θcos2 φ (1 − βcosθ)4 (4.2) dove θ `e l’angolo tra direzione di arrivo del fotone e emissione del fotoelettrone, e φ l’angolo tra direzione di emissione del fotoelettrone e vettore polarizzazione. `E importante notare che la distribuzione dei fotoelettroni sar`a quindi modulata secondo un fattore cos2

φ, derivante dal fatto che nell’hamiltoniana di interazione compare il prodotto scalare ~p · ~k tra impulso del fotoelettrone e vettore d’onda del fotone in arrivo. Si possono ricavare anche le sezioni d’urto per gli orbitali p, d, f ; in questi casi sar`a presente una minore modulazione a causa delle non sfericit`a delle funzioni d’onda iniziali dell’elettrone. Comunque quando l’energia del fotone `e superiore al K-edge del materiale assorbitore gli elettroni della K-shell forniscono il contributo dominante alla sezione d’urto, cos`ı che si pu`o ragionevolmente usare l’espressione di prima.

Figura 4.3: a) visione delle varie versioni del chip di raccolta. b) visione della pad dell’ASIC e disegno del minicluster. Notare che l’area metallizzata `e il 92% dell’area totale garantendo

Va notato infine che per energie non troppo alte l’elettrone `e emesso preferibilmente in un piano perpendicolare alla direzione di arrivo del fotone, ragion per cui l’utilizzo di un rivelatore bidimensionale (qual `e appunto il rivelatore in esame) non porta ad una significativa perdita di informazione sulla direzione del fotoelettrone.

Una volta emesso, il fotoelettrone si propaga nel materiale di cui `e riempito il rivelatore (un’opportuna mistura di gas) dove perde energia tramite urti anelastici con gli elettroni atomici del mezzo. La perdita di energia per unit`a di percorso `e data dalla formula di Bethe-Block, che alle basse energie `e qualitativamente esprimibile come

dE dx ∝ −

Z

E (4.3)

essendo Z il numero atomico del mezzo di propagazione. Il fotoelettrone lascia cos`ı dietro di s´e una scia (traccia) di coppie elettrone-ione, la quale consente di ricostruire la direzione di provenienza del fotoelettrone e quindi del vettore polarizzazione cercato. Ma allo stesso tempo gli urti randomizzano la traiettoria e fanno perdere l’informazione sulla direzione iniziale, per cui `e necessario campionare finemente la traccia. Inoltre si aggiungono gli scattering elastici, i quali, oltre a randomizzare anch’essi il moto dell’elettrone, proprio perch´e elastici non provocano perdita di energia e quindi non portano ad un deposito di energia nel rivelatore. Tali scattering hanno una sezione d’urto

σ ∝ Z

2

E2 (4.4)

Affinch´e la rivelazione sia efficace bisogna che predomini la perdita di energia di Bethe-Block sugli scattering coulombiani; dal confronto delle due espressioni sopra riportate si vede quindi che `e necessario usare materiali a basso Z, pur tenendo conto che questo comporta una dimin- uzione dell’efficienza di rivelazione. Una diminuzione di Z porta anche ad una minore K-shell, il che `e vantaggioso per due ragioni:

• si ottiene una maggiore modulazione alle basse energie perch´e la direzione di emissione `e meno modulata per gli orbitali p, d, f ;

• l’elettrone Auger (derivante dalle ricombinazioni degli elettroni con gli ioni) porta via solo una piccola parte dell’energia e non sfuoca la traccia del fotoelettrone.

Inoltre a Z pi`u basso aumenta la lunghezza della traccia del fotoelettrone rendendo cos`ı pi`u facile il campionamento. Tuttavia, poich´e la sezione d’urto per assorbimento fotoelettrico `e proporzionale a Z5

, diminuisce l’efficienza di emissione dei fotoelettroni. Tutti questi fattori tra loro contrastanti devono essere tenuti in conto per la pi`u opportuna scelta del gas da utilizzare. Inoltre `e presente la diffusione, per cui la traccia di ionizzazione perde definizione e locazione spaziale; per ovviare a ci`o si aggiungono alla mistura di gas delle molecole che aumentano la velocit`a di drift diminuendo cos`ı il tempo di volo.

Come accennato, dopo l’emissione del fotoelettrone rimane un atomo ionizzato, il quale si neutralizza velocemente tramite ricombinazione degli elettroni atomici pi`u esterni che vanno

Figura 4.5: Probabilit`a di emissione di un elettrone auger in funzione del numero atomico

ad occupare il vuoto lasciato dal fotoelettrone. A questo punto possono accadere due possibili eventi:

• viene emesso un elettrone Auger, con distribuzione isotropa ed indistinguibile dal fo- toelettrone, anche se la sua energia `e pi`u bassa e ben definita. Costituisce evidentemente una fonte di disturbo, anche se quando la sua traccia non si confonde con quella del fotoelettrone aiuta a ricostruire il punto di impatto o la polarizzazione.

• viene emesso per fluorescenza un fotone, il quale pu`o essere riassorbito (sia pur con scarsa probabilit`a perch´e con energia inferiore a quella della K-shell) dando un nuovo fotoelettrone e quindi una nuova traccia non correlata con la traccia in esame.

La scelta effettuata `e allora quella di adoperare una miscela di DME (DiMetilEtere, (CH3)2O)

ed elio; il DME `e una pesante molecola organica caratterizzata da un basso coefficiente di diffusione. Inoltre possiede una bassa probabilit`a di fluorescenza, poich´e `e pi`u leggero del neon e la fluorescenza cresce con Z. Come mostrato in figura 4.6, la probabilit`a di fluorescenza per la K-shell pu`o essere espressa dalla relazione empirica

ωk= 1 1 + αk Zm dove α = (1.16 ± 0.07) · 105 e m = 3.36 ± 0.02 ([27]).

Figura 4.6: Probabilit`a di fluorescenza in funzione del numero atomico

Il DME `e indispensabile anche per stabilizzare le reazioni di moltiplicazioni a valanga degli elettroni che avvengono nel rivelatore e che saranno illustrate tra poco.

I fotoelettroni urtano in maniera anelastica contro gli atomi del mezzo; se l’energia trasferita nell’urto `e maggiore del potenziale di ionizzazione allora l’elettrone viene strappato via dall’ato- mo dando cos`ı luogo ad una coppia elettrone-ione. Tale coppia viene detta primaria; con lo stesso meccanismo gli elettroni primari possono dar luogo a coppie elettrone-ione secondarie e cos`ı via. Se ∆E `e l’energia persa dalla particella e W l’energia media effettiva per produrre ionizzazione allora il numero n di elettroni creati per ionizzazione `e

n = ∆E

W (4.5)

W `e ovviamente superiore al potenziale di ionizzazione perch´e non tutta l’energia persa nell’urto diventa utile per l’evento ionizzante. Nelle miscele a base di DME si ha che W ≈ 30 eV.

Gli elettroni e gli ioni che si sono creati vengono convogliati da parti opposte da un campo elettrico presente nel gas; gli ioni finiscono sul catodo di drift, mentre gli elettroni finiscono nel GEM (Gas Electron Multiplier). Il GEM `e un moltiplicatore proporzionale di elettroni, costituito da uno strato polimerico di 50-100 µm di spessore rivestito su entrambe i lati da un sottile strato di rame perforato con una matrice di fori. Tra le due facce del GEM viene instaurata una differenza di potenziale, generando cos`ı un campo elettrico che accelera gli

elettroni. A questo punto si verifica la moltiplicazione a valanga: ogni elettrone, accelerato dal campo elettrico, acquista una energia superiore al potenziale di ionizzazione degli atomi e quindi ionizza. Gli elettroni emessi accelerano e ionizzano a loro volta. Questo processo `e descritto dall’equazione di Townsend:

dn

n = αdx (4.6)

dove n `e il numero di elettroni alla coordinata x e α `e il primo coefficiente di Townsend, ed `e pari all’inverso del libero cammino medio λ che percorre un elettrone prima di dar luogo ad un altro elettrone. Nell’ipotesi semplificativa che α si mantenga costante il numero di elettroni in funzione della coordinata `e

n = n(0)eαx (4.7)

da cui il guadagno

G = eαx (4.8)

Tale guadagno non pu`o essere illimitato; le diseccitazioni dei livelli energetici pi`u esterni degli atomi ionizzati ed eventuali processi di ricombinazione tra elettroni e ioni danno luogo a fotoni ultravioletti, i quali fotoionizzano a loro volta portando alla creazione di valanghe secondarie. Queste valanghe creano un rivolo di plasma ionizzato che a contatto col catodo provoca l’e- missione di elettroni i quali cortocircuitano il sistema creando una scarica. Operativamente nei GEM non si superano guadagni di 104

a causa della distribuzione energetica statistica degli elettroni. Nel nostro caso, il guadagno del GEM varia circa tra 500 e 2000.

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