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Sviluppo di un polarimetro per astronomia X

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Academic year: 2021

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Indice

Introduzione 3

1 Richiami sulla polarizzazione 5

1.1 Parametri della polarizzazione . . . 6

1.2 La sfera di Poincar´e . . . 7

2 Il caso scientifico 11 2.1 SNR . . . 12

2.2 Stelle di neutroni isolate . . . 12

2.3 Le pulsar . . . 14

2.4 Binarie X . . . 14

2.5 Gamma ray bursts . . . 15

2.6 Solar flares . . . 15

2.7 AGN . . . 16

2.7.1 Dischi di accrescimento su buchi neri . . . 16

2.7.2 Il caso di Sgr B2 . . . 18

2.8 Test della loop quantum gravity . . . 20

3 Polarimetri per raggi X 22 3.1 Polarimetri a riflessione di Bragg . . . 24

3.2 Polarimetri a scattering Thomson . . . 28

3.3 SXRP . . . 31

4 Il polarimetro GPD 33 4.1 Struttura dello strumento . . . 33

4.2 L’ASIC di lettura a pixel. . . 34

4.3 Principio di funzionamento del polarimetro . . . 36

4.4 I meccanismi di deriva . . . 42

4.5 Meccanismi di diffusione . . . 42

(2)

5 Algoritmo di analisi della traccia 47

5.1 Analisi primo passo . . . 47

5.2 Analisi secondo passo . . . 48

5.3 Ricostruzione del punto di impatto . . . 49

5.4 Il software Monte Carlo . . . 50

6 La struttura di test del GPD come polarimetro 55 6.1 Sorgenti di test . . . 55

6.2 Banco di test . . . 59

7 Test del GPD con riempimento DME puro a 0.8 bar 62 7.1 Misure di guadagno in funzione delle tensioni applicate . . . 63

7.2 Misure con sorgenti polarizzate . . . 67

7.3 Misure a 4.5 keV . . . 70

7.4 Misure a 2.0 keV e 4.0keV . . . 75

8 GPD con riempimento He50-DME50 a 1 bar 83 8.1 Adattamento dell’algoritmo di ricostruzione . . . 83

8.2 Studio del guadagno in funzione delle tensioni . . . 86

8.3 Misure di risoluzione energetica e di lunghezza di traccia . . . 90

8.4 Misura di risoluzione spaziale con Fe55 . . . 92

8.5 Misura di fattore di modulazione . . . 95

9 Conclusione. Confronto delle due miscele 98

(3)

Introduzione

La polarimetria nella banda X, cio`e l’insieme delle tecniche per effettuare misure relative alla polarizzazione della radiazione, `e un campo di ricerca che non ha conosciuto significativi sviluppi negli ultimi 30 anni. Le tecniche classiche di misura della polarizzazione, ovvero la riflessione di Bragg e lo scattering Thompson, non hanno permesso di sviluppare strumenti dotati della necessaria efficienza e precisione. Attualmente `e in sviluppo un polarimetro appartenente alla classe dei rivelatori a gas, il polarimetro GPD (Gas Pixel Detector), destinato alla misura di polarizzazione dei raggi X nella banda di energia 1-10 keV. A differenza degli strumenti classici questo sistema usa l’effetto fotoelettrico: l’assorbimento di un fotone provoca l’emissione di un fotoelettrone la cui direzione di moto `e preferenzialmente vicino alla direzione del campo elettrico del fotone assorbito, ovvero al vettore polarizzazione. Il GPD `e in grado di ricostruire, su un piano di pixel di 50 µm di passo, la traccia di ionizzazione rilasciata dal fotoelettrone in un’opportuna miscela di gas (He e DiMetilEtere in varie proporzioni). Gli elettroni di ionizzazione primaria sono amplificati da un Gas Electron Multiplier (GEM) e raccolti da un ASIC a pixel in cui ogni pixel `e dotato di una catena elettronica completa. Il GPD ha alta sensibilit`a alla polarizzazione, ottime capacit`a di imaging che lo rendono particolarmente insensibile al background, capacit`a spettroscopica tipica di un rivelatore proporzionale. L’alta sensibilit`a gi`a dimostrata da questo strumento lo ha fatto scegliere come rivelatore di piano focale di diversi telescopi attualmente in progetto.

Lo scopo principale di questo lavoro `e la caratterizzazione di un GPD dotato di un GEM di un nuovo produttore (SciEnergy Japan) e di materiale diverso (liquid crystal polimer) rispetto ai GEM utilizzati fino ad ora (produzione CERN, materiale Kapton). Due miscele di gas sono state investigate: DME puro a 0.8 bar, una miscela con propriet`a molto vicine alla miscela base He20-DME80 a 1 bar prevista nel GPD XPOL, polarimetro previsto sul piano focale del telescopio International X-ray Observatory (IXO). La seconda miscela `e He50-DME50 a 1 bar. Questa miscela `e stata caratterizzata in vista di possibili applicazioni con telescopi con ottiche sensibili a energie sotto i 2 keV.

I primi capitoli della tesi richiamano i concetti di polarizzazione ed elencano diversi obiettivi scientifici che dimostrano la vastit`a di interesse di una missione polarimetrica X: dallo studio dei Super Nova Remnants, possibile con la polarimetria risolta spazialmente, a quello delle pulsar, alle sorgenti binarie X, ai gamma ray bursts, ai solar flares, agli Active Galactic Nuclea per finire alla polarimetria risolta in energia per lo studio di test di loop quantum gravity.

Seguono la descrizione sommaria delle tecniche polarimetriche utilizzate in passato e la descrizione dettagliata del GPD, del suo funzionamento, degli algoritmi di ricostruzione delle tracce e alcuni cenni sul simulatore Monte Carlo.

(4)

di Roma II.

I test effettuati con il nuovo rivelatore riempito con la miscela DME a 0.8 bar e qui presentati, hanno dato ottimi risultati di uniformit`a di risposta, risoluzione spettroscopica e una sensibilit`a alla polarizzazione in linea con quanto prevedibile da un GEM a 80 µm di passo.

I test effettuati con la miscela He50-DME50 a 1 bar ne hanno confermato l’alta sensibilit`a alla polarizzazione attorno ai 2 keV, anche se hanno evidenziato problemi di bassa risoluzione energetica.

In conclusione si fa un beve paragone fra il GPD pevisto dal Payload Definition Document di IXO con il GPD studiato in questa tesi.

(5)

Capitolo 1

Richiami sulla polarizzazione

La polarizzazione di un’onda elettromagnetica `e identificata con il vettore campo elettrico; esso oscilla istante per istante in ogni punto dell’onda. Questa si propaga perpendicolarmente al piano dove giacciono campo elettrico e magnetico; ponendosi in un punto fisso sulla traiettoria del raggio (vedendoselo arrivare contro) e osservando come varia il vettore campo elettrico nel tempo si possono avere tre casi:

• polarizzazione lineare; il campo elettrico oscilla mantenendo una direzione fissata. In qualsiasi punto dell’onda il campo elettrico `e parallelo al campo negli altri punti.

• polarizzazione circolare; il campo elettrico ruota mantenendo fisso il suo modulo. Osser-vando da un punto verso cui si propaga l’onda il campo elettrico pu`o ruotare in senso orario o antiorario, al che si parla rispettivamente di polarizzazione destrorsa o sinistrorsa. • polarizzazione ellittica; il campo elettrico descrive un’ellisse, e rimane la distinzione tra

caso destrorso e sinistrorso.

La polarizzazione circolare `e un caso particolare di quella ellittica, quando i semiassi dell’ellisse sono uguali. La polarizzazione ellittica poi `e esprimibile come sovrapposizione di due stati di polarizzazione lineare, con la medesima frequenza, tra loro ortogonali ed ortogonali alla direzione di propagazione dell’onda. Nel caso di luce non polarizzata si ha che in ogni punto il vettore campo elettrico oscilla in modo casuale in tutte le direzioni, cos`ı da non mostrare una polarizzazione netta complessiva. La luce non polarizzata `e ancora esprimibile come somma di due onde polarizzate linearmente secondo direzioni tra loro ortogonali, con differenza di fase che varia casualmente nel tempo (sovrapposizione incoerente). Infine la luce parzialmente polarizzata `e data dalla somma due componenti di luce, una completamente polarizzata e una non polarizzata.

(6)

Figura 1.1: Ellisse di polarizzazione

1.1

Parametri della polarizzazione

Consideriamo un fascio di radiazione; indicando con Ip e Inp le intensit`a rispettivamente della

componente polarizzate e di quella non polarizzata si definisce il grado di polarizzazione

Ip =

Ip

Ip+ Inp

(1.1)

Consideriamo un sistema di riferimento cartesiano XYZ, e un’onda piana monocromatica che si propaga lungo l’asse Z nel verso positivo. Le componenti del campo elettrico sono:

Ex = Axcos (ωt − kz + φx) (1.2)

Ey = Aycos (ωt − kz + φy) (1.3)

Indicando con φ = φy − φx la differenza di fase ed eliminando ωt − kz dalle due equazioni si

ottiene E x Ax 2 + Ey Ay !2 − 2EAx x Ey Ay cosφ = sin2 φ (1.4)

Questa `e l’equazione di un’ellisse, i cui assi non coincidono con gli assi x, y del sistema di riferimento bens`ı sono inclinati rispetto ad essi di un angolo ψ dato dalla seguente espressione:

tan (2ψ) = 2 AxAy A2 x− A 2 y cosφ (1.5)

Dalla figura 1.1 si vede poi che in base agli angoli si possono definire poi altri due parametri, legati rispettivamente al rapporto fra le ampiezze e all’eccentricit`a dell’ellisse:

tanα = Ay Ax

(1.6)

(7)

Esaminiamo l’equazione 1.4 nell’ottica della casistica precedente. L’ellisse si riduce ad un segmento (polarizzazione lineare) quando

φ = mπ (1.8)

essendo m = {±1, ±2, · · ·} al che si ottiene Ey

Ex = (−1) m Ay

Ax

(1.9)

L’ellisse diventa una circonferenza quando

φ = mπ

2 (1.10)

con m = {0, ±1, ±3, · · ·} e Ax = Ay. Infine si distingue tra polarizzazione destrorsa e

sinistrorsa a seconda del segno di φ:

• 0 < φ < π `e il caso della polarizzazione destrorsa; • −π < φ < 0 `e il caso della polarizzazione sinistrorsa.

1.2

La sfera di Poincar´

e

Stokes ha mostrato che un fascio di luce polarizzata pu`o essere rappresentato da quattro parametri, chiamati appunto parametri di Stokes, definiti come medie temporali ([1]):

I = hE2 x+ E 2 yi (1.11) Q = hE2 x− E 2 yi (1.12) U = h2ExEycosφi (1.13) V = h2ExEysinφi (1.14)

Il primo parametro rappresenta l’intensit`a della radiazione, mentre gli altri indicano lo stato di polarizzazione. Nel caso di luce non polarizzata le ampiezze e la fase variano in modo casuale cos`ı che i tre parametri Q, U, V si azzerano. Nel caso di luce polarizzata ellitticamente si ha che il rapporto Ey/Ex e φ si mantengono costanti, cos`ı che Q, U e V pure sono costanti. In un

fascio completamente polarizzato vale la condizione I2

= Q2

+ U2

+ V2

(1.15)

mentre una polarizzazione parziale si traduce nella diseguaglianza I2

> Q2

+ U2

+ V2

(8)

La differenza tra I2

e Q2

+U2

+V2

indica appunto il grado di polarizzazione parziale. `E possibile riscrivere i parametri di Stokes in funzione dei parametri dell’ellisse di polarizzazione:

I = A2 x+ A 2 y (1.17) Q = A2 x− A 2 y = Ip cos (2χ) cos (2ψ) (1.18)

U = 2AxAycos (φx− φy) = Ip cos (2χ) sin (2ψ) (1.19)

V = 2AxAysin (φx− φy) = Ip sin (2χ) (1.20)

dove p `e il grado di polarizzazione:

p = √ Q2 + U2 + V2 I (1.21)

Il parametro I `e proporzionale all’intensit`a totale della radiazione; gli altri tre rappresentano poi le proiezioni della componente polarizzata della luce nelle tre direzioni ortogonali definite dagli angoli χ e ψ. Queste quattro grandezze contribuiscono a formare il vettore di Stokes:

~ S =      I Q U V     

che identifica univocamente lo stato di polarizzazione. Normalizziamo i parametri al primo, ovvero I, e consideriamo il vettore tridimensionale composto dalle componenti strettamente di polarizzazione del vettore originario:

~ S′ =    p cos (2χ) cos (2ψ) p cos (2χ) sin (2ψ) p sin (2χ)   =    S1 S2 S3   

Le componenti S1, S2, S3 possono essere rappresentate in un’opportuna terna cartesiana. La

rappresentazione fatta in coordinate sferiche prende il nome di sfera di Poincar´e. La lunghez-za del vettore ~OP = ~S0 `e proporzionale al grado di polarizzazione. I punti sul piano χ = 0

corrispondono a ellitticit`a nulla e assenza di componenti circolari. Sempre rimanendo sull’e-quatore abbiamo che il caso 2ψ = 0 corrisponde a polarizzazione orizzontale, e il vettore di Stokes associato `e ~ S =      1 1 0 0     

mentre 2ψ = π corrisponde a polarizzazione verticale sempre con vettore

~ S =      1 1 0 0     

(9)

Figura 1.2: La sfera di Poincar´e

Prendendo l’intersezione della sfera con l’asse y abbiamo che 2ψ = {π, 3π/4} e il vettore di Stokes `e ~ S =      1 0 ±1 0     

e si tratta degli stati rispettivamente diagonale destro e sinistro. Infine prendiamo l’intersezione della sfera con l’asse z; in questo caso 2χ = ±π/2 e

~ S =      1 0 0 ±1     

che corrisponde agli stati di polarizzazione circolare destro e sinistro. Quindi gli stati di polariz-zazione principali della luce corrispondono alle intersezioni della sfera con gli assi del riferimento cartesiano; i punti rimanenti della sfera sono stati ellittici, ognuno con il suo orientamento e la sua ellitticit`a. In generale i meridiani della sfera (ψ = costante) corrispondono a orientamento costante, mentre i paralleli (χ = costante) corrispondono a ellitticit`a costante.

La rappresentazione di Stokes e Poincar´e `e conveniente perch´e descrive in modo semplice il cambiamento dello stato di polarizzazione che si verifica quando la luce attraversa un mezzo; si tratta infatti di una trasformazione lineare del vettore di Stokes iniziale ~Si nel vettore finale

~

Sf tramite una matrice caratteristica del mezzo, detta matrice di Mueller:

~

(10)

Se poi la radiazione attraversa un insieme di strati ciascuno dei quali `e caratterizzato da una proprio matrice Mj allora si ha semplicemente un prodotto:

~ S1 = M1S~0 (1.23) ~ S2 = M2S~1 = M2M1S~0 (1.24) · · · (1.25) ~ Sn=   n Y j=1 Mj  S~0 (1.26)

In generale la variazione del vettore di Stokes che si produce durante l’attraversamento di un mezzo `e rappresentato sulla sfera di Poincar´e da una composizione di rotazioni e di vari-azioni di lunghezza del vettore medesimo. Un esempio di uso del vettore di Stokes e delle sue trasformazioni sar`a ripreso nel prossimo capitolo.

(11)

Capitolo 2

Il caso scientifico

Lo studio della polarizzazione della radiazione `e un importante strumento che consente di risalire alle propriet`a delle sorgenti di radiazione e del mezzo di trasmissione. Essendo la polarizzazione definita come la direzione del campo elettrico dell’onda elettromagnetica, la presenza di una polarizzazione netta `e legata all’esistenza di direzioni privilegiate in un sistema; per questo ci aspetteremo un certo grado di polarizzazione quando il sistema possiede delle asimmetrie, e polarizzazione nulla nel caso di sistemi isotropi. La polarizzazione pu`o essere misurata relativamente al piano contenente direzione privilegiata e direzione dell’osservatore. Per esempio, nei getti prodotti dai blazar la direzione preferenziale pu`o essere quella del getto di materia scagliata nello spazio; nelle pulsar pu`o essere la direzione dell’asse magnetico, e nei fenomeni di tipo magnetico in generale `e la direzione del campo magnetico stesso; per i buchi neri e le stelle di neutroni pu`o essere il campo gravitazionale; per l’emissione termica `e la direzione del gradiente di temperatura. I principali processi che producono polarizzazione sono i processi di emissione di sincrotrone, ciclotrone e bremmstrahlung, scattering, polarizzazione del vuoto e birifrangenza causata da intensi campi magnetici. A questo proposito si aprono diverse strade di indagine:

• la polarizzazione derivante dai processi di emissione e scattering trasporta informazioni sulla geometria della sorgente e sulle propriet`a fisiche (ad esempio campi magnetici, in modulo e direzione);

• si possono studiare problemi astrofisici quali l’accelerazione dei raggi cosmici nei resti di supernova e le geometria nei dischi di accrescimento dei buchi neri;

• le misure effettuate sulla radiazione si basano solitamente solo sul tempo e l’energia, fornendo cos`ı delle ambiguit`a sui modelli di descrizione del sistema che vengono invece risolte quando, con la polarimetria, si aggiungono grado e angolo di polarizzazione. • la polarimetria fornisce valide osservabili per verificare la teoria quantica della gravit`a. Inoltre si possono verificare teorie riguardanti sistemi posti in condizioni estreme non ripro-ducibili in laboratorio, come stelle di neutroni e buchi neri.

(12)

2.1

SNR

I resti di supernova sono tra i sistemi astrofisici pi`u studiati. Al loro interno si trovano intensi campi magnetici, nei quali gli elettroni si muovono ed emettono radiazione di sincrotrone. La SNR pi`u famosa `e la nebulosa del Granchio, resto di un’esplosione stellare osservata sulla terra nel 1054; il confronto tra le immagini della CRAB nelle varie bande dello spettro (visibile, radio, X) mostra che una parte consistente dell’emissione avviene nella banda X, che `e la parte di interesse per i polarimetri che andremo a vedere e soprattutto per il polarimetro GPD. L’elettrone accelerato nel campo magnetico emette radiazione secondo la legge

P = 4 3σTcUmag v c 2 γ2 (2.1)

dove σT `e la sezione d’urto Thomson, γ il fattore di Lorentz dell’elettrone e Umag la densit`a di

energia del campo magnetico. La radiazione emessa `e altamente polarizzata; in particolare `e assai elevato il grado di polarizzazione lineare, a cui si accompagna un grado di polarizzazione circolare che `e dell’ordine di γ−1di quello lineare. In generale la polarizzazione osservata dipende

dalla direzione di osservazione in rapporto alla direzione del campo magnetico; in particolare, nel caso non relativistico:

• se la direzione di osservazione `e perpendicolare alla direzione del campo magnetico si osserva polarizzazione lineare (l’elettrone si comporta come un oscillatore armonico); • se `e parallela si osserva polarizzazione circolare;

• per una direzione generica la polarizzazione osservata `e la risultante tra i due casi prece-denti, quindi ellittica.

Nel caso relativistico si osservano armoniche polarizzate ellitticamente. In ogni caso la conoscen-za della polarizconoscen-zazione consente di risalire alla direzione del campo magnetico rispetto alla linea di vista. La Crab in particolare `e stata monitorata dal satellite OSO8 nel 1976 e 1977 ([2]); la tecnica di osservazione polarimetrica usata `e quella del polarimetro a riflessione di Bragg, che sar`a descritto in seguito. Alle energie di 2.6 e 5.2 keV sono state misurate polarizzazioni rispettivamente di 19.2% ± 1.0% e 19.5% ± 2.8% con l’angolo di polarizzazione coincidente con l’asse magnetico.

2.2

Stelle di neutroni isolate

Le stelle di neutroni sono oggetti compatti frutto di uno dei possibili scenari dell’evoluzione finale delle stelle; il raggiungimento di elevate densit`a (107

g/cm3

) porta alla neutronizzazione della materia, cio`e la formazione di neutroni a partire da protoni ed elettroni. Questi oggetti possiedono i pi`u alti campi magnetici conosciuti, fino a 1010

Gauss, anche se le cosiddette magnetar possono arrivare anche a 1014

÷ 1015

(13)

conoscere il rapporto massa-raggio ([3]), le propriet`a delle superfici di emissione, e di studiare la birifrangenza del vuoto causata da intensi campi magnetici; a tal proposito Heyl et al. ([4], [5]) hanno mostrato come esista la birifrangenza nel vuoto quando il valore del campo magnetico supera una certa soglia (4.4×1013

Gauss) oltre la quale la velocit`a con cui si propaga la radiazione dipende dall’orientamento del vettore polarizzazione, cio`e l’indice di rifrazione dipende dalla polarizzazione. Dalla QED sappiamo che questo effetto di birifrangenza del vuoto `e dovuto alla interazione dei fotoni con gli elettroni virtuali del vuoto.

Sia ~Ω il vettore birifrangenza; la sua direzione `e quella del modo di propagazione pi`u veloce, mentre il modulo `e dato dalla differenza tra i numeri d’onda dei due modi propaganti per una certa frequenza. Indicando con ~S il vettore di Poincar´e normalizzato, con ~T il vettore dicroismo e x3 la direzione di propagazione ([6]) si ha che

∂ ~S ∂x3

= ~Ω × ~S +T × ~~ S× ~S (2.2) Il caso che ci interessa `e quello in cui la radiazione si propaga nel vuoto, al che ~T = ~0, cos`ı che si ha

∂ ~S ∂x3

= ~Ω × ~S (2.3)

La soluzione generica `e quella di rotazione del vettore ~S. Vicino alla stella di neutroni la birifrangenza `e grande, per cui il vettore ~S ruota rapidamente. Il cambiamento di direzione del campo magnetico porta ~ω a ruotare al che ~S lo segue in modo adiabatico. Fisicamente la condizione di adiabaticit`a si verifica quando su una variazione di distanza pari alla lunghezza scala del problema i due modi di propagazione hanno sviluppato una significativa differenza di fase, ovvero kl∆n ≥ 1 dove k `e il numero d’onda, l la lunghezza scala e ∆n la variazione di indice di rifrazione per le due polarizzazioni. Se l `e la lunghezza scala di variazione del campo magnetico la condizione di adiabaticit`a si traduce in

l = ~ Ω ∇lnΩ ≥ 0.5 (2.4)

Se la geometria `e dipolare il vettore ~S evolve in modo adiabatico fino ad una distanza rpl oltre

la quale non cambia pi`u:

rpl = 1, 2 × 10 7 µ 1030 G cm3 2/5 ν 1017 Hz 1/5 (sinβ)2/5 cm (2.5)

dove µ `e il momento magnetico, ν la frequenza del fotone e β l‘angolo tra asse magnetico e linea di vista. Tale parametro non dipende dalla direzione e velocit`a di variazione di Ω che influenza invece la polarizzazione risultante, la quale pu`o evolvere anche con componente circolare. La birifrangenza allinea i vettori polarizzazione al campo magnetico. Heyl ha mostrato che:

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• ad alta frequenza la radiazione `e pi`u polarizzata;

• per campi magnetici pi`u forti aumenta il grado di polarizzazione;

• quando la linea di vista `e allineata col campo magnetico la polarizzazione tende a zero; • ad alta frequenza la radiazione emessa da stelle pi`u grandi `e pi`u polarizzata; l’andamento

`e inverso a bassa frequenza.

Il disallineamento fra asse rotazionale e asse magnetico fa s`ı che sia il grado che la direzione di polarizzazione rilevati dall‘osservatore cambino nel tempo, in funzione della fase di rotazione della stella; diventa quindi importante campionare il segnale con una buona risoluzione tempo-rale, cosa possibile col polarimetro GPD che ha un tempo di registrazione dell’ordine dei 10 µs. In effetti se misurassimo la polarizzazione mediata su tutto il periodo troveremmo un risultato assai basso; invece campionando all‘interno del ciclo di rotazione si trova un risultato previsto del 15 ÷ 25% in assenza di birifrangenza del vuoto e del 50 ÷ 95% in presenza.

2.3

Le pulsar

Un problema chiave nella fisica delle pulsar `e l’origine della radiazione non termica ad alta energia e la zona di emissione. Esistono diversi modelli che consentono di riprodurre approssi-mativamente la curva di luce osservata, anche nella banda gamma; misure polarimetriche con-sentirebbero di discriminare fra i vari modelli ([7], [8]). Nel caso della Crab si `e trovato, nella banda dell’ottico, una polarizzazione fino al 35%, ed `e auspicabile misurare il grado di polar-izzazione anche in altre bande dello spettro elettromagnetico al fine di convalidare o meno i modelli di emissione proposti. Nella banda X ci aspettiamo una situazione analoga a quella nel visibile, ma andr`a studiato anche come variano il grado e angolo di polarizzazione in funzione della fase perch´e tali andamenti dipenderanno dalla frequenza della radiazione. L’emissione X delle nebulose delle pulsar `e radiazione di sincrotrone emessa dal vento della pulsar che si propaga a velocit`a ultrarelativistica e che ha subito un qualche processo di shock nel mezzo neb-uloso che circonda la pulsar. Poich´e la posizione dell’angolo di polarizzazione `e perpendicolare alla direzione del campo magnetico nel sito di emissione, e il grado di polarizzazione dipende dallo spettro energetico degli elettroni emettitori, misure di polarizzazione risolte spazialmente consentirebbero di conoscere la morfologia del campo magnetico.

2.4

Binarie X

Una binaria X `e un sistema formato da una stella in fase di combustione nucleare che trasferisce materia verso un oggetto compatto che pu`o essere un buco nero, una stella di neutroni, una nana bianca o anche una stella anch’essa in fase di combustione. Il materiale che cade si scalda fino a diventare plasma, mentre gli elettroni interagiscono con i forti campi magnetici

(15)

generati dall’oggetto compatto generando fotoni che vanno poi ad interagire con il plasma; questo meccanismo produce radiazione X polarizzata. Il disallineamento fra asse magnetico ed asse di rotazione fa s`ı che la radiazione visibile all’osservatore sia pulsata.

Se l’oggetto compatto `e una stella di neutroni il campo magnetico `e tale da convogliare il materiale di accrescimento verso i poli magnetici della stella. Se il rate di caduta `e basso si ha che la radiazione viene emessa principalmente lungo le linee di campo magnetico, ed il fascio viene detto a pennello. Se invece il rate `e elevato sui poli si forma una colonna di plasma e la radiazione viene emessa perpendicolarmente all’asse della colonna, e si parla di fascio a ventaglio.

Se invece l’oggetto compatto `e un buco nero allora le caratteristiche della radiazione X sono descrivibili mediante modelli che prevedono dischi di accrescimento; in questo caso la radiazione che finisce sul disco viene scatterata e si allontana possedendo un certo grado di polarizzazione.

2.5

Gamma ray bursts

I gamma ray bursts sono violenti lampi di raggi gamma con durata variabile dai millisecondi ai minuti. Il modello generale prevede un getto di materia che si propaga in direzione della terra ad alta velocit`a (fattore di Lorentz > 100); meccanismi di dissipazione di energia all’interno del getto (shock interni o riconnessione magnetica) causano la forte emissione gamma. Misure di polarizzazione consentirebbero di conoscere diversi punti chiave relativi alla fisica dei GRB:

• composizione magnetica dei GRB: sapere come sono globalmente strutturati i campi magnetici nella regione di emissione.

• meccanismi di emissione della radiazione: capire se si tratta di emissione di sincrotrone, scattering Compton e se ci sia una sovrapposizione di due componenti, termica e non. • geometria del jet del GRB: si potrebbero anche trovare strutture geometriche su scala

minore all’interno del jet.

2.6

Solar flares

I solar flares sono potenti emissioni di energia (∼ 1033

erg) in alcune zone del sole, rilasciata sotto forma di radiazione in un’ampia banda dello spettro elettromagnetico (dalle onde radio ai raggi gamma) e particelle altamente accelerate (ioni ed elettroni); l’anisotropia con cui vengono accelerate le particelle consente di comprendere i meccanismi di accelerazione e non solo per quanto riguarda l’accelerazione delle particelle solari, bens`ı i meccanismi di accelerazione della radiazione cosmica in genere. Trattandosi di un sistema anisotropo ci si attende un’emissione di radiazione con un certo grado di polarizzazione; cos`ı lo studio polarimetrico contribuir`a a dare preziose informazioni sull’anisotropia del fascio di elettroni che non sono ricavabili altrettanto bene con altre tecniche.

(16)

Nel caso del sole, le linee del campo magnetico formano una struttura ad anello che penetra la cromosfera in direzione verticale; poich´e la maggior parte dell’emissione di raggi X hard avviene proprio nella parte densa delle cromosfera, si deduce che la direzione del campo magnetico in quelle zone costituisce una direzione privilegiata, dunque ci aspetteremo radiazione polarizzata linearmente nel piano costituito da tale direzione e la direzione dell’osservatore.

2.7

AGN

I nuclei galattici attivi (Active Galactic Nuclei) sono regioni piccole e compatte nel centro di alcune galassie che emettono molta pi`u energia di una normale galassia in una larga frazione dello spettro elettromagnetico. Si ritiene che tali fenomeni siano originati da materia che cade su un buco nero; il materiale si addensa in dischi di accrescimento, e l’attrito e la compressione provocano il riscaldamento e la forte emissione di radiazione. Inoltre la trasformazione in plasma della materia determina la nascita di forti campi magnetici, cos`ı che in aggiunta alla radiazione termica si ha anche emissione di sincrotrone.

2.7.1

Dischi di accrescimento su buchi neri

I dischi di accrescimento attorno a quasar, buchi neri, AGN e stelle di neutroni emettono radiazione con un tipico spettro interpretabile con lo scattering compton inverso; in questo processo `e il fotone, anzich´e l’elettrone, ad acquistare energia. La radiazione emessa viene scatterata dalla materia del disco e si allontana possedendo un certo grado di polarizzazione.

Dovciak et al. ([9], [10]) hanno elaborato un modello che calcola la polarizzazione della luce proveniente da scattering su dischi di accrescimento di un buco nero, il modello lamp post: si assume un buco nero rotante come unica sorgente di gravit`a, simmetria cilindrica (disco sottile stazionario con momento angolare non nullo che si estende da una distanza minima rin ad

una massima rout), la sorgente di radiazione `e collocata sopra il buco nero (ovvero sull’asse di

simmetria del sistema) ad una quota h ed emette isotropicamente secondo uno spettro a potenza con indice spettrale pari a −2. Il modello consente di stabilire una relazione tra polarizzazione osservata e energia del fotone, angolo di osservazione, altezza della sorgente sul buco nero, estensione del disco, momento angolare del disco stesso. I grafici in figura 2.1 riportano angolo e grado di polarizzazione al variare dei vari parametri in gioco. Le lunghezze sono espresse in unit`a del raggio gravitazionale rg = 2GM/c

2

essendo M la massa del buco nero. Il modello `e semplificato ma il concetto importante `e che i risultati sono sensibili agli effetti della relativit`a generale e alle caratteristiche fisiche e geometriche del sistema, dunque anche in questo caso la polarimetria consente di accedere a preziose informazioni fisiche sul sistema. Ad esempio la radiazione proveniente dalla parte interna del disco trasporta maggiore informazione sulla rotazione del buco nero (ovvero sul suo momento angolare). Inoltre in un caso reale non ci sar`a stazionariet`a, ovvero la sorgente si muover`a rispetto al buco nero determinando cos`ı una variazione nel tempo dell’angolo e grado di polarizzazione; appare cos`ı evidente quante

(17)

Figura 2.1: Risultati delle simulazioni del modello lamp post; sono riportati i valori di grado e angolo di polarizzazione della radiazione uscente al variare dell’estensione del disco (rin, rout),

(18)

informazioni sono ricavabili da una polarimetria che analizza nel tempo rispetto alla semplice spettroscopia.

2.7.2

Il caso di Sgr B2

Un esempio di disco su cui viene scatterata la radiazione si trova nella nostra galassia: si tratta di un buco nero (Sgr A*) di ∼ 108

masse solari situato al centro e un tempo attivo, e a circa 300 anni luce di distanza di trova una nube molecolare (Sgr B2) composta da idrogeno, elio ed elementi pesanti derivanti dalla nucleosintesi stellare. Dalla nube proviene una forte emissione X, e diversi elementi portano ad ipotizzare che si tratti di radiazione riflessa da una sorgente esterna ([11]), presumibilmente proprio il buco nero galattico:

• nella zona della nube non ci sono sorgenti X;

• lo spettro `e piatto, caratteristica tipica degli spettri di riflessione; • c’`e un flusso elevato nella riga di fluorescenza del ferro;

• la zona della nube orientata verso il buco nero `e pi`u luminosa della zona opposta.

Se `e vero che si tratta di radiazione riflessa dovremmo aspettarci radiazione polarizzata linear-mente a causa dei processi di scattering. La sezione d’urto differenziale per scattering compton `e data da dσ dΩ = r2 e 2 ν ν0 2ν ν0 + ν0 ν − 2sin 2 θcos2 φ  (2.6) dove ν0 `e la frequenza del fotone prima dello scattering, re il raggio classico dell’elettrone, θ

l’angolo polare, φ l’angolo azimutale e ν la frequenza del fotone diffuso. Nel caso non relativistico la formula si riduce a dσ dΩ = r 2 e  1 − sin2 θcos2 φ (2.7)

La radiazione emergente dallo scattering `e polarizzata linearmente, e il grado di polarizzazione dipende da θ:

• per θ = 90◦si ha polarizzazione al 100% e la direzione privilegiata `e quella per cui φ = 90;

• per θ = 0 la polarizzazione `e nulla e radiazione `e isotropa.

Churazov et al. ([12], [13]) hanno eseguito delle simulazioni in cui si calcolano le caratteristiche della radiazione scatterata dalla nube in questione, per vari angoli di riflessione. In questa simulazione si assume una nube di 10 pc, con la composizione citata sopra, bombardata da radiazione X non polarizzata con spettro a potenza (esponente ∼ −1.8), e si tengono conto dei seguenti processi:

(19)

Figura 2.2: grado di polarizzazione e flusso della radiazione riflessa a 90◦ dalla nube Sgr B2

secondo il modello di Churazov

• scattering Compton;

• emissione di fuorescenza da parte degli elementi pesanti.

I risultati sono mostrati nelle figure 2.2 e 2.3, in cui l’angolo di riflessione `e rispettivamente 90◦ e 135. Si osserva che c’`e un’elevata polarizzazione nel continuo, assai meno nelle righe

di fluorescenza; conseguenza questa della geometria del problema. In generale ogni fotone subisce diversi scattering prima di uscire dalla nube. Comunque in una nube spessa come quella in esame il contributo alla polarizzazione derivante dagli scattering secondari `e soppresso rispetto al primo di un fattore pari al rapporto tra sezione d’urto Thomson e sezione d’urto per assorbimento fotoelettrico: σ

T

σP H(E) ≪ 1

(2.8)

quindi almeno alle basse energie (quelle in esame in questo caso) si pu`o considerare l’ap-prossimazione di scattering singolo. Quindi indicando con θ l’angolo di scattering si ha che la polarizzazione della radiazione scatterata vale

P = 1 − cos

2

θ 1 + cos2

θ (2.9)

quindi la misura della polarizzazione consente di risalire all’angolo θ. Da questa formula vedi-amo che per θ = 90◦ ci aspettiamo polarizzazione unitaria o quasi, e in effetti il primo grafico

(20)

Figura 2.3: grado di polarizzazione e flusso della radiazione riflessa a 135◦ dalla nube Sgr B2

secondo il modello di Churazov

conferma abbastanza questa aspettativa; ci sono comunque i sopra menzionati effetti dovuti agli scattering secondari che fanno diminuire la polarizzazione alle energie maggiori, che comunque rimane elevata. Anche nel caso θ = 135◦, per cui `e attesa una polarizzazione di circa il 33%,

c’`e un buon accordo tra teoria e risultati. Nel caso in cui la radiazione incidente sulla nube `e gi`a parzialmente polarizzata, determinare la posizione della nube rispetto alla sorgente diventa pi`u complicato, perch´e ora nella formula della polarizzazione dopo lo scattering interviene an-che l’angolo tra direzione di polarizzazione della radiazione primaria e perpendicolare al piano di scattering. Comunque la situazione generale rimane la stessa: polarizzazione del continuo elevata con diminuzione all’aumentare dell’energia e polarizzazione delle righe di fluorescenza bassa. Inoltre la componente polarizzata della radiazione incidente modifica la forma dello spettro risultante perch´e ha effetto sui contributi degli scattering singoli e multipli, e le righe di fluorescenza si allargano.

2.8

Test della loop quantum gravity

Un problema di grande importanza e tuttora aperto `e la connessione fra meccanica quantis-tica e teoria della relativit`a generale. La teoria della loop quantum gravity prevede effetti di birifrangenza del vuoto. Quando un’onda elettromagnetica polarizzata linearmente, che pu`o quindi essere espressa come sovrapposizione di due onde polarizzate circolarmente, si propaga

(21)

nel vuoto come mezzo birifrangente, la velocit`a di gruppo dei due modi `e v± = c " 1 ± χ EE pl !n# (2.10) dove Epl = 1, 22 × 10 19

GeV `e l’energia di Planck, χ ∼ 1 e n sono due parametri adimension-ali. Questa differenza di velocit`a fa s`ı che il piano di polarizzazione ruoti durante il tragitto dell’onda; esprimendo la distanza D in anni luce si ha che nel caso lineare (n = 1) la rotazione vale ∆φ ≈ 104 χ E 0, 1 MeV !2 D (2.11)

Ad esempio, nel caso di due fotoni a 0,1 MeV, con una differenza relativa di energia dello 0,01% e tempo di propagazione pari ad un anno, si trova ∆φ ≈ χ. Nel caso della Crab, per`o, assumendo n = 1 si troverebbe χ ≈ 10−4, in evidente conflitto quindi con le previsioni teoriche.

(22)

Capitolo 3

Polarimetri per raggi X

I polarimetri classici per raggi X sono essenzialmente di due tipi: i polarimetri a riflessione di Bragg e a scattering Thomson. In entrambi gli strumenti sono presenti un rivelatore di fotoni e un analizzatore. Nel polarimetro a riflessione di Bragg si ha un cristallo la cui super-ficie riflette parzialmente la radiazione in funzione della sua polarizzazione, mentre in quello a scattering Thomson `e presente un elemento diffusivo che scattera i fotoni in modo anisotropo sempre secondo la loro polarizzazione. Un importante parametro che indica la sensibilit`a di un polarimetro `e il fattore di modulazione. Come vedremo, in generale un polarimetro comprende un detector che ruota intorno ad un asse; la luce incidente d`a luogo a conteggi che seguono la legge

C (φ) = A + Bcos2

φ (3.1)

dove φ `e un angolo di riferimento rispetto alla direzione di polarizzazione. Il ragionamento vale anche il polarimetro GPD perch´e sebbene non ci siano parti rotanti rimane comunque una dipendenza della risposta del tipo cos2

φ dalla direzione di polarizzazione. Il numero di conteggi varia quindi tra A e A+B. Nel caso di fascio polarizzato linearmente al 100% si definisce il fattore di modulazione come

µ = Cmax− Cmax Cmax+ Cmax = B 2A + B (3.2) da cui, se A > 0 C (φ) ∝ 1 + 2µ 1 − µcos 2 φ (3.3) mentre se A = 0 C (φ) ∝ cos2 φ (3.4)

Il valore di µ `e compreso tra 0 (assenza di sensibilit`a alla polarizzazione) e 1 (polarimetro perfetto). Risulta evidente come un incremento di µ si traduce in una maggiore sensibilit`a alla rivelazione della polarizzazione. Se poi la radiazione presenta un grado di polarizzazione P inferiore a 1 allora

µ = 1 P

B

(23)

Assieme al fattore di modulazione `e importante definire un altro parametro fondamentale, la MDP (Minimun Detectable Polarization), ovvero la polarizzazione minima rivelabile dal detector. Vediamo la cosa sotto un altro punto di vista; se N⊥ = A e Nk = A + B sono

rispettivamente il numero di conteggi dei fotoni con campo elettrico perpendicolare e parallelo all’asse dello strumento, nel caso di radiazione polarizzata al 100%

µ = N⊥− Nk N⊥+ Nk (3.6)

Se invece la radiazione `e solo parzialmente polarizzata allora il fattore di modulazione `e dato da µ = 1 P N⊥− Nk N⊥+ Nk (3.7) La MDP pu`o essere definita come il valore di polarizzazione della sorgente sufficiente a rivelare un numero di fotoni polarizzati pari alla fluttuazione di una sorgente non polarizzata; quindi la MDP si determina calcolando la fluttuazione statistica della radiazione per una sorgente non polarizzata, tenendo fisso il numero di conteggi. Nel caso semplificato di uno strumento a due bin, Nk e N⊥, si pone N⊥ = n numero di conteggi relativi a fotoni polarizzati in una

direzione scelta, N numero totale di conteggi. n segue una statistica poissoniana e ha media N/2. Secondo la definizione precedente si ha quindi

P = 1 µ 2n N − 1 (3.8)

Trascuriamo per un attimo il valore assoluto. Poich´e la media di n `e N/2 si ha che la media di P `e zero. Inoltre la varianza `e

varP = 1 µvar 2n N − 1  = 1 µvar 2n N  = 1 µ 4 N2 N 2 = 1 µ 2 N (3.9)

dove si `e usato che

var (kx) = k2

var (x)

Nel limite in cui N tende all’infinito la varianza tende a zero, e la distribuzione di n tende a diventare una gaussiana con media nulla e deviazione standard σ = qN/2. Riprendendo il valore assoluto dell’espressione di P , si ha che la distribuzione di una variabile x che abbia media nulla e sia simmetrica rispetto alla media `e

φ (|x|) =

(

φ (x) + φ (−x) = 2φ (x) per x 6= 0

φ (0) per x = 0 (3.10) Siamo quindi ancora in presenza di una gaussiana a media nulla. Trattandosi di una gaussiana si pu`o assumere come fluttuazione il valore della deviazione standard o un qualche suo multiplo; la MDP si pu`o cos`ı approssimare con

MDP = nσ µ

s

2

(24)

dove nσ `e un certo livello di confidenza. Se F `e il flusso di fotoni incidenti, A l’area efficace del

rivelatore, ε l’efficienza, T il tempo di raccolta vale che N = F AT ε, quindi

MDP = nσ µ s 2 F AT ε = nσ µεF s 2εF AT (3.12)

La formula si modifica leggermente in presenza di un flusso di background B, diventando

MDP = nσ µεF

s

2εF + B

AT (3.13)

In entrambe i casi µ, ε, F , B sono funzioni dell’energia, quindi le due espressioni precedenti vanno integrate sul range di energia di interesse. Vediamo due casi particolari:

• nel caso di sorgente forte (εF ≫ B) si ha che MDP ∝ µ√1

ε (3.14)

• nel caso di sorgente debole (εF ≪ B) invece

MDP ∝ µε1 (3.15)

Quindi l’efficienza del polarimetro gioca in modo diverso a seconda della situazione; il caso pi`u comune (almeno nella situazione di detector posto nel fuoco di un telescopio per raggi X) `e comunque il primo, per cui il parametro di qualit`a pi`u importante `e:

q = µ√ε (3.16)

3.1

Polarimetri a riflessione di Bragg

Questa classe di polarimetri sfrutta la riflessione della radiazione X su un cristallo (scattering coerente); la riflessione elimina la componente polarizzata parallelamente al piano di incidenza. Indicando con d la distanza reticolare, θ l’angolo di incidenza della radiazione (0 < θ < 90◦), λ

la lunghezza d’onda si ha interferenza costruttiva quando

2dsinθ = nλ (3.17)

dove n `e un intero positivo che indica l’ordine dell’interferenza. In termini di energia l’inter-ferenza costruttiva si ha per

(25)

Poich´e sinθ ≤ 1 si ha che

λ ≤ 2d

n ≤ 2d (3.19)

Quindi l’uso di questa tecnica `e limitato alle piccole lunghezze d’onda, tipicamente dell’ordine di alcuni angstrom, ovvero ad energie dal keV fino al MeV.

La radiazione `e scomponibile in due componenti di polarizzazione lineare tra loro ortogonali ([14]), si ha quindi un’intensit`a

I = Ix+ Iy (3.20)

Nel caso in cui Ix ∼ Iy si ha che le componenti di polarizzazione lineare parallela e

perpendi-colare al piano di incidenza sono rispettivamente Ik = Ix+ 2PxIxsin 2 φ (3.21) I⊥ = Ix+ 2PxIxcos 2 φ (3.22)

dove φ `e l’angolo tra Ix e piano di incidenza e

Px =

Iy − Ix

Iy + Ix

(3.23)

Se si trascura l’assorbimento, dopo la riflessione le nuove intensit`a sono Ik′ = Ikcos

2

(2θB) (3.24)

I′ = I⊥ (3.25)

essendo θB l’angolo di Bragg, quello per cui si verifica l’interferenza costruttiva. Se il

cristal-lo ruota con vecristal-locit`a angolare ω attorno al proprio asse la componente I⊥ `e modulata con

frequenza 2ω e ampiezza 2PxIx. Se lo strumento `e configurato in modo tale che θB = 45◦

allo-ra la allo-radiazione riflessa sar`a composta solo dalla componente polarizzata perpendicolarmente. I problemi derivano dal fatto che essendo richiesta la condizione di Bragg per interferenza costruttiva la banda passante `e di pochi eV se non meno; poi a causa di questa sensibilit`a da θ se la radiazione incidente non `e ben indirizzata la polarizzazione risultante si riduce, cos`ı come si riduce l’intensit`a uscente. Il rimedio consiste nell’adoperare dei cristalli a mosaico, composti da piani reticolari paralleli ciascuno agente in modo indipendente dagli altri come se fosse un cristallo autonomo. Ogni dominio del cristallo `e pi`u piccolo della lunghezza di attraversamento dei raggi X, quindi la radiazione attraversa vari domini, e siccome l’angolo di diffrazione pu`o diventare anche leggermente diverso da 45◦ la banda passante aumenta fino a qualche decina

di eV, anche se diminuisce il grado di riflessione.

Consideriamo la riflettivit`a R del cristallo, intesa come rapporto tra intensit`a riflessa e intensit`a incidente; essa sar`a una funzione dell’angolo di incidenza e dell’energia, R = R (θ, E)). In particolare guardiamo la riflettivit`a quando `e soddisfatta la condizione di Bragg, E = EB.

Si definisce la riflettivit`a integrata come

J =

Z θ2

θ1

(26)
(27)

Figura 3.2: Rappresentazione dell’intensit`a diffusa in funzione di φ e del fattore di modulazione nel polarimetro a riflessione di Bragg

cristallo energia di Bragg (keV) J × 104

rad WS2 1,4 15,0 MoS2 1,43 8,3 PET 2,01 4,3 grafite 2,61 15,9 calcite 2,89 3,5 LiH 4,3 35 LiF 4,35 5,2

Tabella 3.1: esempi di cristalli con relativa energia di Bragg e riflettivit`a integrata

Il numero di fotoni scatterati dal cristallo `e proporzionale a J, quindi `e evidente quanto sia importante massimizzarlo per ottenere la massima intensit`a diffusa. Dalla teoria dei cristalli sappiamo che

J ∝ N

2

F2

ξ (3.27)

dove ξ `e il coefficiente di assorbimento del cristallo, N il numero di celle scatteranti per unit`a di volume e F il fattore di struttura del cristallo; vanno quindi adoperati cristalli con alta densit`a elettronica e/o alto valore di F . L’assorbimento fotoelettrico fa da concorrente alla riflessione di Bragg; si rimedia usando atomi scatteratori che possiedono una sezione d’urto per effetto fotoelettrico pi`u bassa di quella per scattering.

(28)

3.2

Polarimetri a scattering Thomson

In questo tipo di polarimetro ([15]) si sfrutta lo scattering Thomson (scattering incoerente) dei fotoni X sugli elettroni nel mezzo. Consideriamo un’onda piana monocromatica di frequenza ν che si propaga lungo l’asse z nel verso positivo. Un elettrone libero investito dall’onda osciller`a sotto l’effetto del campo elettrico e quindi irradier`a a sua volta in diverse direzioni in modo anisotropo. Nel caso in cui hν ≪ mec2 i calcoli possono essere impostati classicamente; quindi

consideriamo un’oscillazione classica dell’elettrone e con ampiezza molto minore della lunghezza d’onda della radiazione. La forza a cui `e sottoposto l’elettrone `e

~

F = e ~E0sin (ωt) (3.28)

La potenza irraggiata W pu`o essere calcolata con la formula di Larmor; tenendo conto che la media temporale di sin2

(ωt) `e pari a 1/2 si ha quindi che la potenza media per unit`a di angolo solido `e * dW dΩ + = e 4 E2 0 8πm2 ec 3sin 2 χ (3.29)

essendo χ l’angolo tra campo elettrico (vettore polarizzazione) e direzione di osservazione ~n. La sezione d’urto `e il rapporto fra potenza emessa e flusso incidente; in particolare cerchiamo la sezione d’urto differenziale dσ/dΩ. Siccome il flusso incidente, pari alla media temporale del vettore di Poynting, `e cE2 0/8π allora dσ dΩ = e2 mec2 !2 sin2 χ (3.30)

dove si `e introdotto il raggio classico dell’elettrone re. Dalla figura 3.3 si vede poi che

cosχ = sinθcos (φ − φp) (3.31) quindi dσ dΩ = r 2 e  1 − sin2 θcos2 (φ − φp)  (3.32) Quanto esposto vale per un elettrone libero, mentre lo scattering Thomson nei polarimetri si verifica ovviamente per interazione con elettroni legati ai sistemi atomici; tuttavia i raggi X in esame hanno energie molto superiori all’energia di legame elettrone-atomo, per cui l’elettrone pu`o essere considerato praticamente libero. Dalla formula della sezione d’urto differenziale si vede che per θ = 0◦ si ha isotropia della radiazione emessa, mentre per θ = 90si ha la massima

intensit`a diffusa per φ − φp = 90◦ e nulla per φ − φp = 0◦. Il polarimetro a scattering Thomson

consiste in un elemento diffusore su cui incide la radiazione; questa, dopo essere stata diffusa, viene rilevata da contatori proporzionali a gas. In virt`u di quanto detto si registrer`a il massimo segnale nei rivelatori messi in direzione ortogonale alla direzione di polarizzazione.

(29)
(30)

Figura 3.4: Polarimetro a scattering Thomson

A differenza dei polarimetri a riflessione di Bragg, quelli a scattering Thomson possiedono una larga banda passante, ma esiste un limite inferiore di energia perch´e alle basse energie l’effetto fotoelettrico predomina sullo scattering Thomson; la sezione d’urto per l’effetto fo-toelettrico `e proporzionale a Z5

essendo Z il numero atomico della sostanza assorbente, quindi per diminuire l’assorbimento fotoelettrico si usano elementi a basso Z come il litio fornendo cos`ı un limite inferiore alla banda di energia di 4 keV. Alle alte energie invece si fa sentire la diminuzione di assorbimento nel contatore proporzionale a gas, oltre alla diminuzione del flus-so incidente sul rivelatore dovuto al normale andamento dello spettro della radiazione emessa dalle sorgenti X. I problemi principali di questo tipo di strumento sono comunque gli scattering multipli e le riflessioni che si verificano fuori asse; inoltre il basso flusso di radiazione incidente, unito alla bassa efficienza di analisi, rende necessario costruire detector con un’ampia superficie il che d’altro canto diminuisce il rapporto segnale-rumore. I rivelatori poi hanno una certa dimensione angolare finita, il che si ripercuote sul fattore di modulazione che scende a circa il 30%. Infine, come nei polarimetri a riflessione di Bragg, `e importante tenere sotto controllo la geometria del sistema, una variazione della quale pu`o produrre errori sistematici superiori alle grandezze da misurare; a tal proposito lo strumento viene continuamente calibrato mediante una sorgente interna di raggi X.

(31)

3.3

SXRP

Il polarimetro SXRP (Stellar X Ray Polarimeter, ([16], [17])) `e un ibrido delle due tecniche precedenti; `e costituito infatti da un polarimetro a cristallo di Bragg in grafite che lavora a 2.6 e 5.2 keV, e un polarimetro a scattering Thomson che lavora nel range 5÷15 keV. L’apparato `e posto nel fuoco di un telescopio per raggi X e ruota intorno all’asse focale del telescopio medesimo a velocit`a angolare costante. Il polarimetro di Bragg usa due sottili cristalli di grafite messi a 45◦ rispetto al fascio entrante di fotoni e curvati in modo da concentrare il

fascio riducendo le dimensioni del rivelatore e anche il rumore da raggi X estranei. Quello Thomson usa un bersaglio di litio, incapsulato in berillio per isolarlo dall’ambiente esterno, il tutto circondato da quattro rivelatori proporzionali. Il cristallo di grafite convoglia una parte dei raggi X in un fuoco secondario posto su uno dei quattro rivelatori, il resto finisce sul polarimetro Thomson. Per flussi incidenti sul telescopio maggiori di 6 × 10−10erg/cm2

s domina la sensibilit`a del polarimetro Thomson, mentre per flussi minori domina la riflessione di Bragg.

(32)
(33)

Capitolo 4

Il polarimetro GPD

4.1

Struttura dello strumento

Il GPD ([18], [19],[21], [22], [23],[24]) `e formato da una finestra di ingresso della radiazione che costituisce il piano di drift (vedi figura 4.1). Il volume attivo in cui i fotoni sono assorbiti per effetto fotoelettrico in una miscela di gas `e delimitato dal piano di drift e dal piano superiore di un GEM (Gas Electron Multiplier). Il GEM si trova alla distanza ridotta a meno di un mm dal piano di raccolta suddiviso in pixel esagonali, ognuno dotato di una catena elettronica individuale.

In figura 4.1 sono indicate le alte tensioni applicate agli elettrodi per il funzionamnto del GPD. La ddp fra piano di drift e faccia superiore del GEM genera un campo che deriva gli elet-troni di ionizzazione rilasciati dal fotoelettrone, verso il GEM che li moltiplica con meccanismo a valanga.

Il GEM `e costituito da uno strato di circa 50-100 µm di materiale polimerico ad alta rigidit`a dielettrica ricoperto su entrambi i lati da un sottile strato di rame di 4 µm; il tutto `e fittamente microperforato, e i fori sono disposti secondo una matrice triangolare con distanza da centro a centro di 50-80 µm a seconda dello spessore. La ddp applicata alle due facce del GEM di alcune centinaia di volt genera il campo di moltiplicazione all’interno dei fori stessi (figura 4.2). I fori nei GEM realizzati sino ad oggi nei laboratori del CERN vengono prodotti con l’uso di acido, il che conferisce loro una forma a doppio tronco di cono. In questa tesi sono stati utilizzati GEM di produzione giapponese in cui la perforazione viene effettuata con laser che produce fori cilindrici ([26]); questa forma garantisce una maggiore trasparenza al passaggio degli elettroni, e il GEM possiede una maggiore stabilit`a del guadagno in funzione del tempo. Il polimero utilizzato `e il liquid crystal polimer, un polimero che ha caratteristiche di minore igroscopicit`a rispetto al kapton e dovrebbe garantire maggiore stabilit`a sul lungo periodo.

Lo strato di rame `e ridotto a pochi micron per esigenze di realizzazione e per ridurre al minimo l’emissione di fluorescenza di raggi X. Usciti dal GEM, gli elettroni finiscono infine sul piano di rivelazione generando un impulso elettrico veloce di 10-20 ns; anche in questo caso gli

(34)

Figura 4.1: Struttura del polarimetro GPD. Sono illustrati il piano di drift, il GEM, il piano di raccolta e le tensioni applicate all’apparato

elettroni vengono guidati dal campo elettrico presente che previene il loro assorbimento da parte della superficie inferiore del GEM. Tanto pi`u il campo elettrico `e intenso, tanto pi`u efficiente sar`a la raccolta degli elettroni; non `e tuttavia possibile aumentarlo arbitrariamente perch`e ad un certo punto si instaurerebbero scariche dirette tra GEM e piano di raccolta con conseguente danneggiamento dell’elettronica.

4.2

L’ASIC di lettura a pixel.

Il piano di rivelazione `e formato da una serie di pixel esagonali di uguali dimensioni, tutti molto pi`u piccoli della lunghezza della traccia del fotoelettrone, cos`ı da garantire un buon campionamento. La forma esagonale `e stata scelta per evitare fenomeni di polarizzazione apparente che deriverebbero invece da pixel quadrati o rettangolari. L’insieme dei segnali provenienti dai pixel `e una ricostruzione bidimensionale della traccia.

Il primo prototipo del piano di raccolta era costituito da una superficie metallizzata divisa in 512 elettrodi esagonali disposti secondo una matrice triangolare con passo pari a 260 µm. La tecnologia usata era la PCB (Printed Circuit Board). Il problema principale di questo sistema `e la collocazione esterna dell’elettronica di lettura; durante il trasferimento del segnale dal pixel all’esterno, il passaggio del segnale medesimo in mezzo agli altri pixel genera in essi un segnale indotto di crosstalk. Inoltre cala il rapporto segnale-rumore a causa delle

(35)

Figura 4.2: Andamento del potenziale e del campo elettrico nei fori del GEM

capacit`a delle piste di collegamento delle pads. Per risolvere questi problemi si `e scelto di mettere l’elettronica di rivelazione all’interno del rivelatore; ci`o `e stato possibile adottando la famiglia di ASIC (Application Specific Integrated Circuit) realizzati con la tecnologia CMOS (Complementary Metal Oxide Semiconductor). Negli ASIC realizzati ogni singolo pixel ha la propria indipendente elettronica di rivelazione. Finora sono stati sviluppati tre versioni del chip, ASIC-I, ASIC-II, ASIC-III, ognuno come miglioramento della versione precedente. In generale l’ASIC `e costituito da 6 strati: il primo `e quello dove sono posti i pad esagonali di raccolta della carica, e nei 5 sottostanti si trovano i circuiti di rivelazione i quali comprendono preamplificatore, shaper amplifier, sample and hold, multiplexer. A grandi linee le loro funzioni sono:

• il preamplificatore integra, su una capacit`a di feedback, il segnale (un impulso di corrente elettronica di 10 ns) e lo trasforma in un gradino di tensione;

• lo shaper amplifier riduce la banda in frequenza del segnale di tensione e ne aumenta il rapporto segnale/rumore;

• sample and hold e multiplexer registrano ed inviano il livello massimo del segnale ad un flash ADC.

Il chip attualmente in uso `e ASIC-III; misura 15,1×15,1 mm, contiene 105600 pixel con tec-nologia CMOS da 0.18 µm, disposti in una matrice 300×352, con densit`a di 470 pixel/mm2

, e passo di 50 µm. L’alto numero di elettrodi consente di rivelare anche la direzione di arrivo

(36)

dei fotoni a bassa energia (pochi keV), i quali sono i pi`u rilevanti dal punto di vista astrofisi-co in quanto la maggior parte degli eventi astronomici porta la propria segnatura in questo intervallo energetico. Una caratteristica fondamentale non presente nelle precedenti versioni `e la capacit`a di autotriggerarsi: i pixel sono raggruppati in minicluster di 4 pixel ciascuno. Se il segnale proveniente da un minicluster supera il livello di soglia fa partire la sequenza di lettura la quale riguarda solo i minicluster interessati, pi`u un certo numero di pixel (10 o 20) circostanti che potrebbero essere stati interessati dall’evento senza per`o aver superato la soglia. Con questo sistema si diminuisce la quantit`a di dati da salvare di un fattore 100 e di conseguenza anche il tempo di lettura e memorizzazione del segnale. I pixel sono poi accessibili singolarmente tramite comandi prestabiliti impartiti al chip, il che da la possibilit`a di testarli e disabilitare quelli malfunzionanti. La ridotta capacit`a di ingresso al preamplificatore consente una prestazione dell’elettronica a bassissimo rumore: con un tempo di formatura di 3 µs il rumore per canale `e di soli 50 elettroni ENC, permettendo la rivelazione dei singoli elettroni primari con modesti (500) guadagni di GEM.

4.3

Principio di funzionamento del polarimetro

Il polarimetro GPD (Gas Pixel Detector) lavora sfruttando l’effetto fotoelettrico. Per la radiazione X da 1 a 10 keV la sezione d’urto maggiore `e quella per assorbimento fotoelettrico. Nell’effetto fotoelettrico un fotone viene assorbito con conseguente emissione di un fotoelet-trone di energia

E = Eγ− EL (4.1)

dove Eγ`e l’energia del fotone e EL l’energia di legame dell’elettrone; si `e trascurata l’energia di

rinculo dell’atomo che pu`o essere considerata praticamente nulla. La distribuzione dei fotoelet-troni dipende dalla polarizzazione della radiazione incidente, infatti non `e isotropa ed `e piccata intorno alla direzione del vettore polarizzazione. Se l’elettrone appartiene ad un orbitale 1s (o k shell) nel caso di radiazione polarizzata linearmente la sezione d’urto differenziale `e

dσ dΩ = r 2 0Z 5 α4 mec 2 E !7/2 4√2sin2 θcos2 φ (1 − βcosθ)4 (4.2) dove θ `e l’angolo tra direzione di arrivo del fotone e emissione del fotoelettrone, e φ l’angolo tra direzione di emissione del fotoelettrone e vettore polarizzazione. `E importante notare che la distribuzione dei fotoelettroni sar`a quindi modulata secondo un fattore cos2

φ, derivante dal fatto che nell’hamiltoniana di interazione compare il prodotto scalare ~p · ~k tra impulso del fotoelettrone e vettore d’onda del fotone in arrivo. Si possono ricavare anche le sezioni d’urto per gli orbitali p, d, f ; in questi casi sar`a presente una minore modulazione a causa delle non sfericit`a delle funzioni d’onda iniziali dell’elettrone. Comunque quando l’energia del fotone `e superiore al K-edge del materiale assorbitore gli elettroni della K-shell forniscono il contributo dominante alla sezione d’urto, cos`ı che si pu`o ragionevolmente usare l’espressione di prima.

(37)

Figura 4.3: a) visione delle varie versioni del chip di raccolta. b) visione della pad dell’ASIC e disegno del minicluster. Notare che l’area metallizzata `e il 92% dell’area totale garantendo

(38)
(39)

Va notato infine che per energie non troppo alte l’elettrone `e emesso preferibilmente in un piano perpendicolare alla direzione di arrivo del fotone, ragion per cui l’utilizzo di un rivelatore bidimensionale (qual `e appunto il rivelatore in esame) non porta ad una significativa perdita di informazione sulla direzione del fotoelettrone.

Una volta emesso, il fotoelettrone si propaga nel materiale di cui `e riempito il rivelatore (un’opportuna mistura di gas) dove perde energia tramite urti anelastici con gli elettroni atomici del mezzo. La perdita di energia per unit`a di percorso `e data dalla formula di Bethe-Block, che alle basse energie `e qualitativamente esprimibile come

dE dx ∝ −

Z

E (4.3)

essendo Z il numero atomico del mezzo di propagazione. Il fotoelettrone lascia cos`ı dietro di s´e una scia (traccia) di coppie elettrone-ione, la quale consente di ricostruire la direzione di provenienza del fotoelettrone e quindi del vettore polarizzazione cercato. Ma allo stesso tempo gli urti randomizzano la traiettoria e fanno perdere l’informazione sulla direzione iniziale, per cui `e necessario campionare finemente la traccia. Inoltre si aggiungono gli scattering elastici, i quali, oltre a randomizzare anch’essi il moto dell’elettrone, proprio perch´e elastici non provocano perdita di energia e quindi non portano ad un deposito di energia nel rivelatore. Tali scattering hanno una sezione d’urto

σ ∝ Z

2

E2 (4.4)

Affinch´e la rivelazione sia efficace bisogna che predomini la perdita di energia di Bethe-Block sugli scattering coulombiani; dal confronto delle due espressioni sopra riportate si vede quindi che `e necessario usare materiali a basso Z, pur tenendo conto che questo comporta una dimin-uzione dell’efficienza di rivelazione. Una dimindimin-uzione di Z porta anche ad una minore K-shell, il che `e vantaggioso per due ragioni:

• si ottiene una maggiore modulazione alle basse energie perch´e la direzione di emissione `e meno modulata per gli orbitali p, d, f ;

• l’elettrone Auger (derivante dalle ricombinazioni degli elettroni con gli ioni) porta via solo una piccola parte dell’energia e non sfuoca la traccia del fotoelettrone.

Inoltre a Z pi`u basso aumenta la lunghezza della traccia del fotoelettrone rendendo cos`ı pi`u facile il campionamento. Tuttavia, poich´e la sezione d’urto per assorbimento fotoelettrico `e proporzionale a Z5

, diminuisce l’efficienza di emissione dei fotoelettroni. Tutti questi fattori tra loro contrastanti devono essere tenuti in conto per la pi`u opportuna scelta del gas da utilizzare. Inoltre `e presente la diffusione, per cui la traccia di ionizzazione perde definizione e locazione spaziale; per ovviare a ci`o si aggiungono alla mistura di gas delle molecole che aumentano la velocit`a di drift diminuendo cos`ı il tempo di volo.

Come accennato, dopo l’emissione del fotoelettrone rimane un atomo ionizzato, il quale si neutralizza velocemente tramite ricombinazione degli elettroni atomici pi`u esterni che vanno

(40)

Figura 4.5: Probabilit`a di emissione di un elettrone auger in funzione del numero atomico

ad occupare il vuoto lasciato dal fotoelettrone. A questo punto possono accadere due possibili eventi:

• viene emesso un elettrone Auger, con distribuzione isotropa ed indistinguibile dal fo-toelettrone, anche se la sua energia `e pi`u bassa e ben definita. Costituisce evidentemente una fonte di disturbo, anche se quando la sua traccia non si confonde con quella del fotoelettrone aiuta a ricostruire il punto di impatto o la polarizzazione.

• viene emesso per fluorescenza un fotone, il quale pu`o essere riassorbito (sia pur con scarsa probabilit`a perch´e con energia inferiore a quella della K-shell) dando un nuovo fotoelettrone e quindi una nuova traccia non correlata con la traccia in esame.

La scelta effettuata `e allora quella di adoperare una miscela di DME (DiMetilEtere, (CH3)2O)

ed elio; il DME `e una pesante molecola organica caratterizzata da un basso coefficiente di diffusione. Inoltre possiede una bassa probabilit`a di fluorescenza, poich´e `e pi`u leggero del neon e la fluorescenza cresce con Z. Come mostrato in figura 4.6, la probabilit`a di fluorescenza per la K-shell pu`o essere espressa dalla relazione empirica

ωk= 1 1 + αk Zm dove α = (1.16 ± 0.07) · 105 e m = 3.36 ± 0.02 ([27]).

(41)

Figura 4.6: Probabilit`a di fluorescenza in funzione del numero atomico

Il DME `e indispensabile anche per stabilizzare le reazioni di moltiplicazioni a valanga degli elettroni che avvengono nel rivelatore e che saranno illustrate tra poco.

I fotoelettroni urtano in maniera anelastica contro gli atomi del mezzo; se l’energia trasferita nell’urto `e maggiore del potenziale di ionizzazione allora l’elettrone viene strappato via dall’ato-mo dando cos`ı luogo ad una coppia elettrone-ione. Tale coppia viene detta primaria; con lo stesso meccanismo gli elettroni primari possono dar luogo a coppie elettrone-ione secondarie e cos`ı via. Se ∆E `e l’energia persa dalla particella e W l’energia media effettiva per produrre ionizzazione allora il numero n di elettroni creati per ionizzazione `e

n = ∆E

W (4.5)

W `e ovviamente superiore al potenziale di ionizzazione perch´e non tutta l’energia persa nell’urto diventa utile per l’evento ionizzante. Nelle miscele a base di DME si ha che W ≈ 30 eV.

Gli elettroni e gli ioni che si sono creati vengono convogliati da parti opposte da un campo elettrico presente nel gas; gli ioni finiscono sul catodo di drift, mentre gli elettroni finiscono nel GEM (Gas Electron Multiplier). Il GEM `e un moltiplicatore proporzionale di elettroni, costituito da uno strato polimerico di 50-100 µm di spessore rivestito su entrambe i lati da un sottile strato di rame perforato con una matrice di fori. Tra le due facce del GEM viene instaurata una differenza di potenziale, generando cos`ı un campo elettrico che accelera gli

(42)

elettroni. A questo punto si verifica la moltiplicazione a valanga: ogni elettrone, accelerato dal campo elettrico, acquista una energia superiore al potenziale di ionizzazione degli atomi e quindi ionizza. Gli elettroni emessi accelerano e ionizzano a loro volta. Questo processo `e descritto dall’equazione di Townsend:

dn

n = αdx (4.6)

dove n `e il numero di elettroni alla coordinata x e α `e il primo coefficiente di Townsend, ed `e pari all’inverso del libero cammino medio λ che percorre un elettrone prima di dar luogo ad un altro elettrone. Nell’ipotesi semplificativa che α si mantenga costante il numero di elettroni in funzione della coordinata `e

n = n(0)eαx (4.7)

da cui il guadagno

G = eαx (4.8)

Tale guadagno non pu`o essere illimitato; le diseccitazioni dei livelli energetici pi`u esterni degli atomi ionizzati ed eventuali processi di ricombinazione tra elettroni e ioni danno luogo a fotoni ultravioletti, i quali fotoionizzano a loro volta portando alla creazione di valanghe secondarie. Queste valanghe creano un rivolo di plasma ionizzato che a contatto col catodo provoca l’e-missione di elettroni i quali cortocircuitano il sistema creando una scarica. Operativamente nei GEM non si superano guadagni di 104

a causa della distribuzione energetica statistica degli elettroni. Nel nostro caso, il guadagno del GEM varia circa tra 500 e 2000.

4.4

I meccanismi di deriva

Una volta creati, ioni ed elettroni vengono spinti dal campo elettrico da parti opposte nella camera di drift. La velocit`a di drift non `e una velocit`a collettiva ordinata, bens`ı `e la sovrap-posizione di moti disordinati assimilabili al tipo termico. Per gli elettroni la velocit`a di drift `e esprimibile come

v = µE

P (4.9)

dove E `e il campo elettrico di drift, P la pressione del gas e µ `e la mobilit`a. A causa della differenza di massa il moto degli elettroni nel gas `e di ordini di grandezza superiore a quello degli ioni il cui moto `e cos`ı trascurabile.

4.5

Meccanismi di diffusione

Durante il cammino di drift gli elettroni urtano contro le altre particelle del gas, dando cos`ı luogo a fenomeni diffusivi che allargano la nuvola elettronica iniziale diminuendo la risoluzione

(43)

spaziale del rivelatore. L’equazione della diffusione in un fluido `e ∂n

∂t + ~∇ · (n~v) = ∇ · (D∇n) (4.10) dove n `e la densit`a di particelle che diffondono (nel nostro caso gli elettroni) e D il coefficiente di diffusione del fluido (nel nostro caso il gas del rivelatore). Per semplificare assumiamo fluido fermo ed isotropo, mentre gli elettroni sono in equilibrio termodinamico con il gas:

∂n ∂t = ∇ · (D∇n) (4.11) da cui ∂n ∂x ∝ 1 √ Dt exp − x2 4Dt ! (4.12) ovvero una gaussiana con deviazione standard

σ =√2Dt =

s

2dx

w (4.13)

Dalla teoria cinetica dei gas sappiamo che il coefficiente di diffusione `e legato al libero cammino medio e velocit`a media degli elettroni da

D ∝ λhvi (4.14)

Il libero cammino medio `e

λ = 1 ngasσc

(4.15)

dove ngas `e la densit`a di atomi o molecole di gas e σc la sezione d’urto relativa alle collisioni tra

elettroni e particelle del gas. Usando la formula del gas perfetto si ricava

λ ∝ kP σBT

c

(4.16)

La velocit`a media `e data dalla statistica di Boltzmann

hvi = s kBT me (4.17) quindi D ∝ (kBT ) 3/2 P σcm 1/2 e (4.18)

Se `e presente un campo elettrico allora all’energia cinetica 3/2kBT si somma anche il contributo

del campo elettrico ridotto E/P ; in tal caso il coefficiente di diffusione viene espresso tramite un parametro dipendente dalle caratteristiche del rivelatore. Nel caso di miscele a base di DME la nuvola elettronica subisce un allargamento di circa 60 µm/cm1/2

Figura

Figura 2.2: grado di polarizzazione e flusso della radiazione riflessa a 90 ◦ dalla nube Sgr B2
Figura 2.3: grado di polarizzazione e flusso della radiazione riflessa a 135 ◦ dalla nube Sgr B2
Figura 3.1: Polarimeto a riflessione di Bragg
Figura 3.2: Rappresentazione dell’intensit`a diffusa in funzione di φ e del fattore di modulazione nel polarimetro a riflessione di Bragg
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Riferimenti

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