DOVE IL PUBBLICO NON ARRIVA IL CASO TOSCANA
IL PRIVATO NON PROFIT QUALE ATTORE INDISPENSABILE PER UNA NUOVA CULTURA MEDICA
Donatella Carmi Bartolozzi
La Fondazione Italiana di Leniterapia – File – è nata come fondazione nel 2002 per la diffusione delle Cure Palliative. Il nostro lavoro iniziale è stato quello di riflettere sul termine “palliativo”, abbastanza oscuro per molti. Con l’aiuto dell’Accademia della Crusca abbiamo creato questo neologismo, “leniterapia”: un termine inizialmente molto criticato dalla classe medica e dalla comunità scientifica (quasi in tutto il mondo queste cure si chiamano palliatives cares o soins
palliatifs) mentre, secondo noi, nella lingua italiana il termine “palliativo” aveva
acquisito negli anni un significato estremamente negativo di “inutilità”. Volevamo che, immediatamente, con il termine “leniterapia” che richiamava il lenire e la dolcezza ci fosse anche un immediato richiamo al dolore e alla sofferenza oltre che al lenimento della stessa. Questo, quindi, è stato il primo tentativo di diffusione in modo diverso di un tema ancora poco conosciuto in Italia.
Siamo nati da una costola dell’Azienda Sanitaria: attraverso l’impegno economico di numerosi privati, abbiamo dato fiducia ad alcuni medici che lavoravano nelle istituzioni proprio nel momento in cui le cure palliative venivano riconosciute dalla Regione Toscana e dalle aziende sanitarie e organizzate come servizi. Io provenivo da una lunga esperienza di volontariato in cure palliative. Tutti insieme abbiamo deciso che era necessaria una loro diffusione attraverso i servizi, ma anche attraverso la divulgazione della filosofia che li sottende e che tutto questo necessitava di continui finanziamenti.
Nel 2002 abbiamo iniziato il nostro servizio di assistenza finanziando due infermieri e un medico, mentre ora i nostri operatori rappresentano praticamente la metà degli operatori domiciliari dell’Azienda Sanitaria di Firenze e di Prato. Per ciò che riguarda i tre hospices fiorentini e l’hospice pratese assicuriamo il soddisfacimento dei criteri contenuti nei LEA, finanziando psicologi e fisioterapisti. Ciò consente l’accreditamento, visto la mancanza di quelle figure professionali che le cure palliative richiedono e che le istituzioni non finanziano.
L’assistenza è il nostro scopo principale, assistenza che all’inizio era essenzialmente organizzata a casa e per malati solo oncologici. Poi, con la nascita degli hospices, File ha voluto comunque continuare a posizionarsi sull’assistenza domiciliare, unendo a questa da ormai tre anni un progetto che si svolge all’interno dei DH Oncologici degli ospedali fiorentini teso a prendere in carico, attraverso quattro medici, persone malate in un momento precoce della malattia, ma quando ormai, però, è presente una diagnosi di inguaribilità (la prognosi e i tempi del decorso della malattia, per quello che riguarda le malattie oncologiche, sono abbastanza prevedibili).
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PUBBLICO E PRIVATO NEL SISTEMA DI WELFARE Operiamo in convenzione gratuita con la ASL ma lavoriamo autonomi per l’informazione, la formazione e la cultura attraverso convegni incontri e corsi per volontari e operatori, mentre dal 2016 stiamo cercando di realizzare una Scuola di formazione in Cure Palliative Geriatriche che possa aiutare gli operatori che lavorano in geriatria e nelle RSA e, attraverso di loro, i pazienti affetti da malattie geriatriche con varie comorbilità, che sono appunto le malattie dei nostri vecchi, quelle neurologiche, polmonari e cardiache oltre che oncologiche.
Il lavoro di supporto al lutto è un servizio che abbiamo voluto nascesse accanto all’assistenza. Nel momento in cui le famiglie che abbiamo seguito uscivano dall’assistenza (le cure palliative si occupano infatti di famiglie e malati) ci siamo resi conto che proprio allora avevano un grande bisogno di essere accompagnate nel percorso della perdita. In quel momento è nato il supporto al lutto attraverso i gruppi di auto-mutuo-aiuto: a File ne sono nati quattro e da due anni abbiamo cominciato a lavorare anche sul lutto dei bambini. Il lutto dei minori è un tema di cui nessuno finora in Italia si è preso carico in modo organizzato, ma è molto importante occuparsene proprio per sostenerli nella loro crescita. Prendersi cura dei ragazzi ha significato cominciare a lavorare nelle scuole, parlare con insegnanti e genitori, evidenziare e cercare di risolvere le problematiche sorte all’interno delle classi quando moriva un compagno, un genitore, un fratello o una persona significativa e qualche ragazzo entrava in crisi. Abbiamo utilizzato un libro che abbiamo commissionato e regalato alle scuole fiorentine dal titolo “Si Può” e creato il primo sito interattivo italiano di supporto al lutto rivolto ai ragazzi, ai bambini, agli insegnanti e ai genitori .
Questo è tutto ciò che noi facciamo in ambito di assistenza. Quanto alla ricerca, abbiamo realizzato il Progetto V.E.L.A., pensato per verificare l’importanza che ha la formazione degli operatori che si occupano di malati di Alzheimer. Abbiamo valutato se questo intervento formativo abbastanza “leggero” avrebbe potuto cambiare le loro prassi di assistenza e migliorare le qualità di vita di molti malati: questo risultato nelle RSA delle due regioni-campione scelte, Toscana e Lombardia, e i risultati della ricerca sono in corso di pubblicazione. Finanzieremo il “Progetto Demetra”, un importante progetto ministeriale che valuterà la qualità delle cure palliative in cinque aziende sanitarie italiane che lavorano integrate con un privato non-profit: la ricerca è essenzialmente mirata sulla gestione clinica dei pazienti e proprio nella stessa ottica finanzieremo un piccolo progetto fiorentino (“Ibis”) che ci darà la valutazione dei bisogni inespressi dei pazienti e se le cure palliative possono essere in grado di soddisfarli.
I dati dell’assistenza ci mostrano che nel 2015 sono stati da noi seguiti 1800 pazienti, non tutti assistiti in un percorso di cura lungo, taluni contattati attraverso numerose visite di consulenza svolte negli ospedali. Il costo dell’assistenza è di 508.000 euro per il 2015, spese sicuramente aumentate nel 2016 per l’assunzione di un medico in più e la sottoscrizione di una convenzione con una cooperativa sociale che mette a disposizione un gruppo di operatori socio-sanitari da noi
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formati. Quest’ultimo progetto dà la possibilità di seguire i malati a domicilio per quello che riguarda la cura della persona e della casa, e ci arricchisce di figure professionali che non potevamo offrire. Operiamo in integrazione con le istituzioni su tutte le zone di Firenze (Firenze Centro, Torregalli, Bagno a Ripoli e Chianti, Mugello) e a Prato. Le cure palliative prevedono loro stesse una integrazione fra le diverse professionalità che vi operano: medici, infermieri, assistenti socio- sanitari, fisioterapisti psicologi e volontari. La presenza di volontari formati è molto importante da un punto di vista sociale e di comunicazione. In tutti questi anni abbiamo sicuramente formato più di 500 persone e circa 120 sono rimaste attive e lavorano negli hospices e a domicilio, testimoni di questa assistenza e questa cultura.
Appare dunque chiaro che il settore delle cure palliative è al limite fra il sociale e il sanitario. Io credo che chi si avvicina a questi temi e sceglie di lavorare in questi ambiti debba essere persona che ha veramente a cuore la vita in ogni momento: i nostri volontari ne sono davvero un esempio. Anche per gli operatori dovrebbe essere una scelta di base. Soprattutto per i medici non è facile affrontare la “disfatta” delle cure, perché le cure, le nostre cure cominciano nel momento stesso in cui la medicina tecnologica sentenzia che “non c’è più niente da fare”. La leniterapia prova che questo non è vero: c’è moltissimo da fare nell’accompagnare le persone, nel toglier loro il dolore, nel cercare di realizzare i loro desideri, nell’esser pronti ad accogliere le loro volontà, nel sostenere la famiglia e nel sollevarla quotidianamente dal peso dell’assistenza. Direi dunque che la vera cura consiste nell’offrire loro una medicina “sartoriale”, con pochi protocolli, in quanto il concetto di dignità è diverso per ciascuno, così come diversi sono i desideri di ogni persona affetta da malattie croniche in una fase avanzata.
Lo Stato, con la legge n. 38/2010, seguita dall’intesa fra Stato e Regioni del luglio 2012 e recepita dalla Regione Toscana nel dicembre dello stesso anno, ha allargato l’assistenza anche ai malati non oncologici. Questo ampliamento ha creato sicuramente delle criticità in quanto sono risultati insufficienti gli operatori sanitari per un numero così elevato di pazienti e credo che i decisori dovranno riorganizzare l’assistenza in modi diversi dal quello odierno per soddisfare le numerose richieste che finora le istituzioni unite alla nostra organizzazione permettevano di soddisfare. L’aumento dell’età media e l’invecchiamento della popolazione renderà ancora più difficile l’assistenza, con ricadute complesse anche per le cure palliative.
File lavora in una reale integrazione con il pubblico (le nostre equipe sono costituite spesso da un medico, un fisioterapista e uno psicologo della fondazione, e da un infermiere aziendale): si lavora insieme per un’assistenza che per legge deve essere svolta ma non siamo, per quanto ci riguarda, riusciti ancora a programmare azioni mirate insieme alle istituzioni. La nostra visibilità, che non è la nostra priorità, è necessaria per raccogliere fondi che vengono poi investiti per il 55-60% del nostro bilancio in assistenza.
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PUBBLICO E PRIVATO NEL SISTEMA DI WELFARE Penso che la visibilità di questa partnership sia necessaria per noi ma anche utile per le ASL. Finora la sussidiarietà vissuta nel nostro rapporto con le istituzioni è stata una sussidiarietà verticale o verticalistica, mentre quella orizzontale a cui dovremmo arrivare per dare servizi migliori è ancora ben lontana dall’essere una realtà. Stiamo solo sperimentando la creazione di una rete con altre associazioni o enti per migliorare l’assistenza nel nostro campo specifico.
Si conviene di ringraziare, quindi, a maggior ragione la Fondazione CESIFIN per questo invito insieme ad altre associazioni e cooperative ben più importanti di noi. Il nostro obiettivo per il futuro consiste proprio in questo: nel riuscire a lavorare in modo orizzontale con le istituzioni pur mantenendo le prerogative della nostra missione, venendo riconosciuti e legittimati pubblicamente in questo nostro lavoro, teso ad essere continuamente migliorato.
Per concludere, un’ultima riflessione. Il Presidente di una fondazione bancaria lombarda che abbiamo incontrato poco tempo fa per presentare i dati di un nostro progetto di ricerca ha parlato nel suo intervento dell’importanza della “comunità”. Ecco, io desidererei che al termine “Stato” si sostituisse quello di “comunità”, perché è la comunità che sente i bisogni ed è la comunità che deve comprenderli subito e deve dare immediatamente risposte in modo flessibile. Attraverso ciò che esiste ora le risposte sono lente e ritengo che una fondazione come la nostra sia nata proprio per dare risposte immediate alla sofferenza. L’attenzione e il prendersi cura dell’essere umano nella sua totalità, della sua famiglia, dei suoi figli, del suo ambiente amicale crea davvero relazioni molto particolari tra chi assiste e chi è assistito, relazioni che danno a tutti la sensazione di una comunità viva e danno senso alla nostra vita. Partecipare alla realizzazione di progetti per la qualità della vita delle persone che moriranno crea anche un cambiamento per la vita di quelle che restano, soprattutto per i giovani che in questo momento rappresentano il nostro futuro.