DOVE IL PUBBLICO NON ARRIVA IL CASO TOSCANA
I SERVIZI ALLA PERSONA TRA PUBBLICO E PRIVATO IN TOSCANA: QUESTIONE DI CORRESPONSABILITÀ
Alessandro Martini
La rete delle Caritas toscane conta ben diciassette realtà diocesane tra cui quella fiorentina, che terrò in particolare riferimento per questo breve contributo. In premessa, vorrei dedicarmi a definire cosa sia la Caritas. Si tratta, in poche parole, dell’organismo pastorale istituito dal Vescovo al fine di promuovere, anche in collaborazione con altri organi e realtà, la testimonianza della carità della comunità ecclesiale diocesana, in tutte le sue articolazioni. Nata a Roma il 2 luglio 1971 per decreto della Conferenza episcopale italiana, la Caritas ha lo scopo di promuovere “la testimonianza della carità nella comunità ecclesiale italiana, in forme consone ai tempi e ai bisogni, in vista dello sviluppo integrale dell’uomo, della giustizia sociale e della pace, con particolare attenzione agli ultimi e con prevalente funzione pedagogica” (art. 1 dello Statuto). Essa si inserisce nell’ambito di una rete strutturata a livello europeo (Caritas Europa) e internazionale (Caritas
Internationalis) e, soprattutto, trova il suo pieno compimento nell’articolazione
composta dalle oltre 200 Caritas diocesane sparse in tutto il Paese.
Si ricorda qui volentieri l’indirizzo dato dall’allora papa Paolo VI, che fortemente contribuì all’avvio della Caritas in Italia. E, come ebbe a dire il primo Presidente della Caritas italiana, monsignor Giovanni Nervo, riprendendo le parole del papa stesso, “la Caritas nasce come strumento di rinnovamento del Concilio nell’ambito della carità, come ci ha detto Paolo VI nel discorso del settembre 1972 al primo convegno delle Caritas diocesane. Una crescita del popolo di Dio nello spirito del Concilio Vaticano II non è concepibile senza una maggior presa di coscienza da parte di tutta la comunità cristiana nei confronti dei bisogni dei suoi membri”.
Venendo quindi, nello specifico, alla Caritas diocesana, essa costituisce lo strumento privilegiato di ogni singola chiesa locale per la promozione e il coordinamento di azioni concrete e iniziative caritative di ispirazione cristiana, ma prima ancora per l’animazione della carità al di là e al di sopra degli specifici aspetti materiali e per lo sviluppo di interventi con finalità pedagogiche e di sensibilizzazione, attraverso la realizzazione di studi e ricerche, la promozione di strumenti e servizi nonché di percorsi di formazione per volontari e operatori pastorali.
Per la Caritas e i volontari che svolgono il proprio servizio nei suoi vari ambiti di impegno, tutto parte dall’ascolto: ascolto delle persone e dei loro bisogni, ascolto delle esigenze di un territorio e di chi lo abita. Da un ascolto attento può nascere un autentico accompagnamento insieme alla ricerca costante – questa è la nostra scelta operativa – di interventi e strumenti volti ad aiutare la persona ad acquisire la propria autonomia.
I SERVIZI ALLA PERSONA TRA PUBBLICO E PRIVATO IN TOSCANA: QUESTIONE DI CORRESPONSABILITÀ
178
PUBBLICO E PRIVATO NEL SISTEMA DI WELFARE L’ascolto e l’accompagnamento sono per noi il paradigma del prendersi cura delle persone, a partire dai Centri di ascolto dislocati sul territorio (a Firenze abbiamo un Centro di ascolto diocesano e 40 centri di ascolto parrocchiali): in particolare, quella dell’accompagnamento è una fase cruciale, perché gli operatori e i volontari di fatto creano un percorso mirato per consentire a chi si trova in difficoltà di riacquistare autonomia e dignità, rigenerando e ri-attivando le proprie risorse.
Fatta questa premessa, la mia riflessione si concentra sul tema della
corresponsabilità, che credo sia il concetto chiave di tutta la riflessione intorno
ai temi di questo seminario di approfondimento. In Toscana abbiamo una sorta di privilegio, perché l’impegno delle nostre realtà insieme all’ente Regione, nello stile della corresponsabilità, è ormai prassi da tanti anni, diversamente da tanti altri territori del nostro Paese. Ma niente è scontato e questo stile va continuamente alimentato, attraverso l’attenzione ad una serie di priorità.
Innanzitutto, va considerata la persona in situazione, parte di una rete di relazioni prima ancora che di servizi e inserita in un particolare contesto economico e sociale. Sembra, forse, un’affermazione scontata ma purtroppo non credo sia da sottovalutare il fatto che la marginalità nasce spesso in conseguenza di una mancata cura al contesto delle persone.
In secondo luogo, è importante investire nelle fasi di progettazione e programmazione perché siano azioni condivise in ogni passaggio, attraverso il riconoscimento della regia del soggetto pubblico, garanzia vera di universalismo e di giustizia (parola forte!) e il coinvolgimento paritetico dei soggetti non profit. L’integrazione e il lavoro condiviso deve partire dalle idee e dai progetti, prima di arrivare alla compartecipazione delle risorse. Intendo, quindi, la corresponsabilità come quello stile capace di superare, da un lato, la non collaborazione o la separazione dei percorsi e, d’altro canto, la mera attività di esecuzione dei progetti e dei servizi. Una piena corresponsabilità significa condivisione di percorsi, fiducia gestionale reciproca e verifica puntuale delle attività.
In questo solco, si inserisce una terza priorità: mi riferisco alla necessaria integrazione tra sanità e sociale per tendere ad azioni volte al miglioramento della salute della persona, nella sua integralità.
In questo modo, potremo così superare di concerto alcune criticità del sistema di welfare: penso, tra queste, ad un eccesso di rigidità e tecnicismo, alla ricerca dell’efficientismo delle prestazioni, oltre le esigenze della persona, allo sbilanciamento verso la dimensione assistenzialistica piuttosto che a quella della prevenzione. Molto possiamo ancora fare, insieme, per ottenere servizi migliori perché più agili, più flessibili, più attenti alle esigenze delle persone. E, ancora, dobbiamo lavorare congiuntamente – pubblico e privato sociale – per razionalizzare e ottimizzare la spesa. In più e soprattutto, dobbiamo impegnarci per un maggior coinvolgimento della comunità, per un welfare capace di produrre ricchezza e sviluppo per comunità più coese e includenti. In questo senso, la
Alessandro Martini 179
PUBBLICO E PRIVATO NEL SISTEMA DI WELFARE
proposta di un welfare generativo può essere una vera e propria opportunità. Queste brevi riflessioni non nascono da un pensiero personale ma sono frutto di un’esperienza concreta, della quale non posso che limitarmi qui a dar sinteticamente conto attraverso il racconto di alcune azioni specifiche.
Da anni portiamo avanti, in collaborazione con la Regione Toscana, l’Osservatorio delle povertà e dei bisogni, che realizza ogni anno un Dossier che presenta la raccolta e l’esame dei dati forniti dagli oltre 200 centri di ascolto delle Caritas delle diocesi toscane collegati alla rete Mirod, ovvero la “Messa In Rete degli Osservatori Diocesani”. Si tratta di una piccola ma significativa testimonianza dell’impegno della Chiesa che, nel nostro territorio, attraverso la dedizione di molti operatori e di un gran numero di volontari che donano tempo ed energie, cerca di farsi vicina alle persone affaticate e deluse dalla durezza della vita e spesso ignorate ed escluse. È fresca di stampa la tredicesima edizione del Rapporto, pubblicato nel 2016 in riferimento ai dati raccolti nel 2015, dal titolo “In bilico. Povertà, periferie e comunità che resistono in Toscana”. In estrema sintesi, il Dossier evidenzia bene come il 2015 sia stato un anno faticoso, soprattutto per il riverbero della crisi economica che continua ancora ad avere pesanti ricadute sul tessuto sociale e sui contesti familiari. Prova ne è l’elevata percentuale di persone incontrate, ancora in stato di disoccupazione e, se è cresciuta l’emergenza dei profughi e degli immigrati, va evidenziata la costante riduzione della forbice fra cittadini stranieri e italiani che bussano alle porte delle Caritas toscane. Nel 2015 gli operatori e i volontari dei centri di ascolto hanno incontrato circa 22mila persone, di cui quasi un terzo per la prima volta. Nel 2015 la soglia di povertà relativa in Toscana si attesta al 5%, inferiore rispetto a quella media nazionale che è del 10,4%. Tuttavia, crescono le povertà croniche che causano un vero e proprio “effetto intrappolamento”, come si legge nel testo. Al di là dei dati, ritengo importante sottolineare l’importanza del metodo utilizzato: osservare, ascoltare, ordinare i dati a disposizione, condividere le conoscenze acquisite per una azione consapevole e, quindi, più incisiva. Per conoscere la marginalità non è sufficiente il punto di osservazione costituito dai servizi del sistema pubblico: c’è infatti un’esclusione sommersa, sulla quale il pubblico interviene a seguito di percorsi di altra natura forniti da reti di prossimità sociale. La collaborazione tra Regione Toscana e centri di ascolto Caritas mira a integrare le conoscenze disponibili sul fenomeno dell’esclusione sociale, allo scopo di migliorare la programmazione delle politiche e degli interventi.
Si pensi poi al sistema delle accoglienze diffuse per migranti: si tratta di un’esperienza concreta sviluppata dalla nostra Regione, alla quale ha contribuito e continua a contribuire in modo determinante l’impegno delle Caritas e delle strutture ecclesiali del nostro territorio.
E ancora, pensiamo all’iniziativa del Prestito sociale tuttora in corso: il progetto di microcredito agevolato è stato creato dalla Regione Toscana, in collaborazione con Anpas, Arci, Caritas e Misericordie, per offrire un sostegno alle famiglie toscane in situazione di disagio economico. Uno degli elementi chiave è costituito
I SERVIZI ALLA PERSONA TRA PUBBLICO E PRIVATO IN TOSCANA: QUESTIONE DI CORRESPONSABILITÀ
180
PUBBLICO E PRIVATO NEL SISTEMA DI WELFARE proprio dalla rete territoriale dei centri di ascolto, punti presso i quali le famiglie possono rivolgersi per ottenere informazioni e attivare il percorso per ottenere il contributo. Sono migliaia le storie che potremmo raccontare ma soprattutto sono molteplici le positive contaminazioni che si sono create tra i vari soggetti e il rapporto di accompagnamento e fiducia che i volontari sono riusciti a instaurare con le famiglie e le persone in stato di difficoltà.
In ambito socio-sanitario si contano significative esperienze in ambito Caritas: tra queste, il Poliambulatorio Stenone, rivolto agli immigrati privi di iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale e a tutti coloro i quali, in situazione di reale emarginazione sociale, necessitino di visite specialistiche gratuite e altamente qualificate. Tale servizio ha finalità di assistenza, prevenzione e ricerca e agisce con il supporto di un apposito Protocollo d’Intesa tra l’Associazione di Volontariato Solidarietà Caritas - ONLUS e l’Azienda Sanitaria di Firenze. Il Servizio Medico – Odontoiatrico Niccolò Stenone, fondato nel 1990, si avvale di un filtro di Medicina Generale e di un settore comprendente tutte le principali Specialistiche. Le visite ambulatoriali e gli accertamenti sono totalmente gratuiti.
Sono poi da segnalare le attività di due importanti strutture residenziali, Casa Vittoria e Casa Stenone. La prima, nata nel 1987 per accompagnare le persone affette da AIDS nella loro fase terminale, è diventata con il tempo un luogo di accoglienza e accompagnamento umano oltre che sanitario. Il progetto Caritas di Casa Vittoria si rivolge a persone con AIDS in situazione di disagio sociale e abitativo e mira ad aiutare a valorizzare le capacità di ciascuno, verso una maggiore stabilità e indipendenza. Casa Vittoria mira a fornire gli strumenti per riprogettare la propria vita e ritrovare legami, attraverso l’individuazione di programmi personalizzati, compatibili con lo stato di salute della persona e nel contesto sociale e territoriale di riferimento. Si tratta di un’esperienza assai significativa per la nostra Caritas, in collaborazione con le Istituzioni e i servizi socio-sanitari, che sconta tuttavia un limite: nella virtuosità di questa esperienza non siamo né sociale né sanitario ed è evidente, in taluni casi, la mancanza di flessibilità del sistema. La seconda struttura (Casa Stenone) è nata più recentemente per la realizzazione del “progetto di continuità assistenziale ospedale-territorio per la popolazione non iscritta al servizio sanitario nazionale” messo a punto dalla Regione Toscana e dal Comune di Firenze, assieme all’Asl 10 di Firenze, all’Azienda ospedaliero-universitaria di Careggi e alla Società della Salute fiorentina in collaborazione con la Caritas di Firenze. Si tratta di un’accoglienza per persone italiane e straniere non assistite dal sistema sanitario per mancanza di residenza e che necessitano di cure di secondo livello dopo il primo ricovero in ospedale. Anche in questo caso, tutto si regge se inserito in un sistema di corresponsabilità e di integrazione di progetti e risorse.
Dopo questa panoramica attraverso alcune tra le molte esperienze di corresponsabilità tra pubblico e privato sociale rappresentato da Caritas, penso sia importante condividere un pensiero finale circa il nostro impegno e lo stile che lo dovrebbe ogni giorno animare e caratterizzare: la tensione alla giustizia,
Alessandro Martini 181
PUBBLICO E PRIVATO NEL SISTEMA DI WELFARE
prima via della carità o, come ebbe a dire Paolo VI, “la misura minima” di essa. E risuonano qui le parole del Concilio Vaticano II: “Siano anzitutto adempiuti gli obblighi di giustizia, perché non avvenga che si offra come dono di carità ciò è già dovuto a titolo di giustizia; si eliminino non soltanto gli effetti, ma anche le cause dei mali; l’aiuto sia regolato in tal modo che coloro i quali lo ricevono vengano a poco a poco liberati dalla dipendenza altrui e diventino sufficienti a se stessi” (Apostolicam Actuositatem, n. 8).
In estrema sintesi, il sistema di corresponsabilità nella programmazione, progettazione, gestione e verifica delle azioni a vantaggio dei membri più fragili e deboli delle nostre comunità non può che partire dal riconoscimento del diritto, prima che del bisogno, di ogni essere umano a trovare risposte adeguate nel riconoscimento della propria dignità. Nella diversità di ruoli ma con obiettivi comuni, ottimizzando risorse umane e disponibilità economiche, pubblico e privato, profit e non profit, devono lavorare per la qualità della vita e l’inclusione di tutti i membri della comunità.
PUBBLICO E PRIVATO NEL SISTEMA DI WELFARE
IL RUOLO DELLA COOPERAZIONE SOCIALE NEL SISTEMA DI WELFARE