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5. DINAMICA COSTIERA: LA MODELLAZIONE NUMERICA

5.3 Campi di applicabilità dei modelli di evoluzione dei litorali

5.3.5 Il problema del coupling

Parlando di campi di applicazione andrebbe comunque presa in considerazione l’interazione che esiste tra i modelli morfodinamici e gli altri modelli costieri.

Negli ultimi dieci anni, esperimenti su campo, associati a modelli numerici, hanno confermato che i cambiamenti del moto ondoso, della circolazione e della batimetria, relativamente alla fascia costiera, coinvolgono processi che sono tra loro inscindibili per diverse scale spaziali e temporali (Fig. 5.7).

FIG. 5.7 - “COUPLING” PER I PROCESSI A SCALA PICCOLA, LARGA E INTERMEDIA (Thornton, 1998)

Allo stato attuale, siamo soltanto in grado di studiare la circolazione, le onde e il trasporto come recipienti o scatole a sé stanti, che non comunicano e che non si “vedono” tra loro, ma dal punto di vista fisico, ognuna di queste dinamiche influenza e trasforma le altre, in una complessa rete di interazioni, scambi e “dialoghi”.

Facciamo un esempio: dalle proprietà delle onde incidenti e dal profilo di spiaggia (proprietà a larga scala), dipendono le caratteristiche delle onde a costa (ampiezza della surf zone) e delle correnti litorali (proprietà su scala intermedia).

I processi a piccola scala, del resto, controllano la dissipazione turbolenta delle onde, lo strato limite inferiore ed i processi di formazione di “architetture” di fondo (ripples), che a loro volta, determinano il flusso di sedimenti locali [rif. 44].

Modifiche nelle direzioni trasversali o longitudinali di onde e correnti, oltre ai mutamenti di pendenza del profilo originano gradienti spaziali del flusso sedimentario, determinando un’evoluzione del profilo su larga scala (erosione o accrescimento). Cosa significano queste variazioni di profilo?

Trovare un nuovo profilo equivale a parlare di nuove batimetrie per la surf zone. Nuove batimetrie significano nuove correnti e nuovi campi ondosi litorali. I modelli di trasporto, di moto ondoso e di corrente, quindi, dovrebbero “dialogare ” tra loro, piuttosto che essere isolati: si parla in questi casi di “modelli accoppiati” (coupling).

Il “coupling” va ben oltre il concetto di integrazione o cascata: possiamo pensarlo come un’integrazione di modelli sì, ma continua e ripetuta nel tempo.

Il modello morfodinamico, utilizzato più avanti, ad esempio, convive integrato con un modello di moto ondoso e con uno idrodinamico (Fig. 1.1). Si tratta di uno schema a cascata, in cui cioè l’output di un modello rappresenta l’input per il successivo, ma non di coupling. Ad ogni variazione significativa del fondale, ogni modello ha bisogno di essere rinizializzato, ossia cambiano le sue condizioni iniziali.

Cerco di chiarire meglio il concetto. Il primo modello simula il moto ondoso: il campo risultante al tempo t viene fornito in input al secondo modello (idrodinamico), che calcola il campo di corrente indotto dall’onda e da altri termini forzanti, quali il vento e la marea. Dal punto di vista fisico, il campo idrodinamico calcolato a questo istante interferisce con il moto ondoso, causando la “rifrazione da corrente”, che andrà a sua volta a modificare la propagazione delle onde. Al tempo t+∆t bisognerebbe quindi, attraverso un “feed-back” tra i due modelli, ricalcolare il moto ondoso su tutta l’area, e questo è un esempio di coupling che non viene in generale effettuato.

Per quanto riguarda il trasporto, supponiamo di avere un profilo che degrada lentamente ed è caratterizzato da una barra sottomarina. Durante le mareggiate, il frangimento delle onde, determina un trasporto di particelle in profondità e diretto verso il largo (undertow). Tale trasporto è massimo vicino alla nostra barra, dove il frangimento è molto intenso, essendo la profondità più limitata. Ecco che quindi, spinta da tale flusso in uscita, la barra piano piano migra verso batimetrie maggiori. E’ chiaro, però, che se cambia la batimetria, anche la propagazione delle onde si trasforma e le onde frangeranno più o meno vicine a riva. Lo stesso vale per le correnti: il “trasloco” della barra, sposta con sé anche il punto di massima corrente undertow.

Quindi ad ogni “giro” dovrei tener conto della mutua interazione e della nuova fotografia dello stato del mare, cambiando non solo la batimetria, ma anche i parametri di input del moto ondoso e delle correnti.

Usare il modello morfodinamico a cascata significa fare tante fotografie del mare, ma tutte con lo stesso tipo di pellicola. Con il coupling, invece, riprendo con una telecamera (visione dinamica dello stato del mare) e cambio, ogni volta che ne ho bisogno, le sue funzioni (condizioni iniziali).

L’evidente complessità, anche soltanto descrittiva, di tale procedimento spiega, ma non giustifica, la difficoltà di utilizzo di questo tipo di applicazione.

Va tuttavia tenuto in debita considerazione che il coupling è l’attuale frontiera della modellistica, e che molti istituti di ricerca stanno studiando e cercando di risolvere il problema [rif. 45].

Nel modello 3D, utilizzato nell’applicazione pratica riportata più avanti, è stato inserito un feed-back che sostituisce, in modo forse rudimentale, ma efficace, il coupling (linea rossa in grassetto nella Fig. 1.1): ad ogni variazione significativa δ del fondale, dovuta alla deposizione o all’asporto del sedimento, la batimetria viene modificata e questa “nuova batimetria” viene fornita in input ai modelli di moto ondoso e di corrente.

Poiché δ è scelto dall’utente, il suo valore determina la qualità dell’output. E’ ovvio che con δ dell’ordine del centimetro l’onere computazionale diventa notevole, spesso incompatibile con le esigenze operative.

In futuro molti sforzi potrebbero esser fatti per ampliare e perfezionare ancora di più gli orizzonti e i campi di applicazione dei modelli di evoluzione costiera.

Il primo è senza dubbio racchiuso nella possibilità di incrementare la comprensione delle asimmetrie tipiche del trasporto sedimentario. Il trasporto costiero, infatti, dipende in maniera non lineare, dalla velocità del flusso e quindi, è molto sensibile alle sue asimmetrie. Una caratteristica che distingue il trasporto costiero da quello di altri ambienti (come i fiumi) è quindi, l’ampia varietà di meccanismi che producono tale asimmetria, tra cui ricordiamo lo shoaling ed il frangimento. Per spiegare e matematizzare queste anomalie, non esistono formalismi numerici universalmente accettati o solide basi empiriche, sulle quali costruire modelli previsionali. Un primo passo va quindi fatto nel trovarli, ma, soprattutto, nel definirne meglio gli aspetti fisici. Altri passi sono comunque necessari per cercare di prevedere il trasporto di fondo e quello sospeso, sotto l’azione combinata di onde e correnti; descrivere con modelli 3-D a piccola scala, le onde turbolente e le correnti di strato limite; verificare gli effetti del movimento delle particelle nello strato limite; enunciare i contributi al trasporto della migrazione delle barre sottomarine; definire meglio la relazione tra distribuzione granulometrica e trasporto.

Con i modelli attuali, è possibile descrivere il movimento delle barre nella direzione offshore, tipico nei periodi di mareggiata, ma non viene predetto il loro più limitato spostamento onshore, caratteristico di periodi di onde basse (il “bel tempo” descritto in seguito).

Osservazioni su campo suggeriscono che trasporti netti e migrazioni di barre verso costa, sono associati a gradienti trasversali delle accelerazioni asimmetriche del fluido, dovuti a onde non lineari inclinate anteriormente, ma la relazione tra accelerazione e moto dei sedimenti, non è ancora nota.

Per estendere il campo di vita dei modelli di trasporto sarebbe anche utile, secondo me, creare una banca dati, che permetta di archiviare e sfruttare le informazioni esistenti, calibrare e testare i modelli. Per essere davvero funzionale, questo archivio dovrebbe essere facilmente accessibile, costituito da dati registrati con comuni formati e diffusi su Internet.

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