CAPITOLO 4: ULTERIORI ASPETTI PROBLEMATICI
2. Gli atti sospendibili
3.3. Il problema della sospensione dell’esecutività degli atti reclamabili
Uno dei maggiori problemi relativi all’introduzione dell’art. 17-bis del D.lgs. 546/1992, che il legislatore sembra aver sottovalutato397, è rappresentato dalla mancata previsione di una specifica disciplina dedicata alla sospensione degli atti reclamabili; una disciplina che, sulla scia di quanto avviene per l’accertamento con adesione398, sospenda l’esecuzione nelle more del procedimento. Infatti, nella norma399, non si trova scritto che la proposizione del reclamo sospende l’esecutività dell’atto reclamato e non ancora impugnato; l’art. 17-bis non parla minimamente di tutela cautelare400.
Se il reclamo non sospende l’esecutività dell’atto significa che, nel tempo lasciato all’Amministrazione finanziaria per il riesame, potrebbero essere avviate azioni esecutive, senza che il contribuente sia messo nella possibilità di ottenere una sospensione degli effetti in via giudiziale401, dal momento che l’istituto del reclamo implica, di fatto, un rinvio del coinvolgimento del giudice, alla conclusione di questa preliminare fase amministrativa.
Il problema della tutela del contribuente in fase di riscossione, che risulta del tutto trascurato dalla norma in esame, potrebbe assumere nella pratica significativo rilievo402.
Il fatto che la presentazione del reclamo sia obbligatoria solo per controversie di valore non superiore a 20.000 euro403 non esclude la sussistenza del periculum
397 B. BELLE’, Mediazione e reclamo: due istituti inutili, cit., pag. 863, sostiene che i due nuovi
istituti rappresentano l’ennesima dimostrazione della superficialità con la quale il legislatore affronta la materia tributaria, anche quando si trova di fronte ad un sistema compiuto che può essere solo peggiorato.
398
Ai sensi dell’art. 6, comma 3, D.lgs. 19 giugno 1997, n. 218.
399 Art. 17-bis, D.lgs. 546/1992. 400
C. GLENDI, Tutela cautelare e mediazione tributaria, in Corr. trib., 2012, n.12, pag. 845, afferma che l’art. 17-bis del D.lgs. 546/1992, nel disciplinare il reclamo e la mediazione, mostra subito un vistoso silenzio.
401
Ex art. 47, D.lgs. 546/1992.
402 Secondo F. PISTOLESI, Ambito applicativo della mediazione tributaria e sospensione della
riscossione, cit., pag. 1434, l’aver tralasciato di regolare i rapporti tra il procedimento del reclamo e della
riscossione delle pretese impositive pregiudica la possibilità che il nuovo istituto possa ottenere il successo che da esso è lecito attendersi. Da un lato il contribuente che versi quanto richiestogli o che subisca delle iniziative esecutive, sarà, probabilmente, indotto a intraprendere il contenzioso, piuttosto che a tentare la mediazione; dall’altro lato il contribuente potrebbe, invece, essere forzato ad accettare la proposta di mediazione formulata dall’Ufficio, perché pressato dalle misure esecutive e questo, afferma l’autore, è inaccettabile.
403
121 in mora404, sia perché si tratta di un requisito che deve essere considerato con riferimento alla specifica situazione soggettiva ed economica del contribuente405, per cui anche un importo relativamente modesto potrebbe cagionare un danno grave ed irreparabile, sia perché la somma complessivamente pretesa dall’Ufficio con l’atto reclamabile potrebbe eccedere anche di molto il limite di 20.000 euro406.
Alla luce di tutte queste considerazioni emerge un ingiustificato vuoto di tutela per il contribuente che la dottrina407 ha cercato di colmare, proponendo di ritenere pendente il processo già al momento della presentazione del reclamo, ovviamente al solo fine di ottenere la sospensione dell’efficacia dell’atto impositivo. In questo modo, durante il procedimento di reclamo il processo rimarrebbe in uno stato di quiescenza destinato a risolversi al termine della fase amministrativa, e il contribuente potrebbe costituirsi in giudizio prima del termine stabilito dall’art. 17-bis408, solo per chiedere la sospensione
dell’esecuzione dell’atto reclamabile.
Questa soluzione, nonostante non sia esente da critiche409, è considerata410 un esito obbligato se si vuole evitare la censura di illegittimità costituzionale
404
Secondo C. GLENDI, Tutela cautelare e mediazione tributaria, cit., pag. 846, l’apparente modestia delle controversie suscettibili di reclamo e di mediazione non deve trarre in inganno; anche B. BELLE’,
Mediazione e reclamo: due istituti inutili, cit., pag. 863, sostiene che non si può obiettare che l’azione
cautelare sia improbabile rispetto alle controversie in esame stante il limite di valore posto dal legislatore; A. TURCHI, Reclamo e mediazione nel processo tributario, cit., pag. 918; A. MARCHESELLI, La tutela
cautelare del contribuente, in Il Quotidiano Ipsoa, afferma che il fatto che gli importi riscuotibili siano
modesti non risolve affatto il problema.
405 Per maggiori approfondimenti, capitolo primo, paragrafo 3.2.
406 Ai sensi dell’art. 17-bis, D.lgs. 546/1992, comma terzo, il valore della controversia deve essere
determinato secondo quanto previsto al comma quinto dell’art. 12 dello stesso decreto e, in base a questa disposizione, “per valore della lite si intende il valore del tributo al netto degli interessi e delle sanzioni
eventualmente irrogate con l’atto impugnato”.
407 Tra gli altri, F. PISTOLESI, Ambito applicativo della mediazione tributaria e sospensione della
riscossione, cit., pag. 1434; A. MARCHESELLI, La tutela cautelare del contribuente, cit.; M.
BASILAVECCHIA, Reclamo, mediazione fiscale e definizione delle liti pendenti, cit., pag. 844; A. CISSELLO, Reclamo e mediazione: tutela cautelare e litisconsorzio, in Il Fisco, n. 14/2012, fascicolo n. 1, pag. 2110.
408 Art. 17-bis, D.lgs. 546/1992, comma 9.
409 Secondo A. TURCHI, Reclamo e mediazione nel processo tributario, cit., pag. 921, la tesi riportata
nel testo contrasta con la rigida bipartizione tracciata dalla norma tra fase amministrativa di reclamo, cui il giudice tributario rimane, e non può che rimanere, del tutto estraneo, e fase giurisdizionale, nella quale la Commissione tributaria acquista e può esercitare i propri poteri di cautela e di annullamento; C. GLENDI, Tutela cautelare e mediazione tributaria, cit., pag. 848, afferma che la pendenza del processo si ha solo nel momento in cui il reclamo produce gli effetti del ricorso e solo da tale momento possono proporsi le domande cautelari davanti all’organo giurisdizionale. Prima di ciò, nessuna domanda cautelare può ritenersi proponibile, per cui appare evidente e non altrimenti colmabile, con qualsivoglia versione
122 dell’articolo in esame, nella parte in cui esclude l’accesso alla tutela cautelare giurisdizionale in tutto il periodo occorrente per l’obbligatorio esperimento del reclamo, per contrasto con gli artt. 24 e 113 Cost.
Finora, tuttavia, l’unica soluzione ufficiale è quella proposta dall’Agenzia delle entrate411 che, sostenendo, in maniera chiara, che l’istanza di sospensione dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 47 del D.lgs. 546/1992, può essere presentata alla Commissione tributaria provinciale solo in pendenza di controversia giurisdizionale, e mai prima, ha previsto espressamente la possibilità di richiedere la sospensione all’Amministrazione, richiamando la disciplina prevista per il ritiro degli atti in autotutela412.
Tale richiamo, però, non è del tutto a favore del contribuente e non risolve il problema413; si tratta, infatti, di una sospensione che può essere accordata solo se l’atto reclamato appare illegittimo o infondato e che dipende da una valutazione discrezionale dell’Amministrazione finanziaria.
Gli atti reclamati dal contribuente, che ritiene di aver subito un’ingiustizia, possono apparire assolutamente fondati e legittimi agli occhi dei funzionari dell’Agenzia delle entrate e, pertanto, non sospendibili.
Sarebbe stato più opportuno, forse, un richiamo all’art. 39 del D.P.R. n. 602/1973, che dà facoltà all’Amministrazione finanziaria di disporre la
interpretativa, il vuoto di tutela cautelare che ne consegue; F. PISTOLESI, Ambito applicativo della
mediazione tributaria e sospensione della riscossione, cit., pag. 1434, ritiene che il fatto di doversi
rivolgere al giudice affinché conceda una misura cautelare in ordine ad un rapporto definibile stragiudizialmente, contrasta con la ratio della norma, oltre che con il buon senso ed il principio di economia processuale.
410
F. PISTOLESI, Ambito applicativo della mediazione tributaria e sospensione della riscossione, cit., pag. 1434; A. MARCHESELLI, La tutela cautelare del contribuente, cit., afferma che si crea un
impasse imbarazzante: o si ammette il deposito anticipato del reclamo, pendente la fase di mediazione, ai
soli fini cautelari, o il sistema è incostituzionale. Anche secondo C. GLENDI, Tutela cautelare e
mediazione tributaria, cit., pag. 852, pare inevitabile la censura di illegittimità costituzionale dell’art. 17- bis del D.lgs. 546/1992.
411 Con la circolare n. 9/2012, cit., l’Agenzia delle entrate ha cercato di porre rimedio al vuoto di tutela
emergente dalla disciplina del reclamo prevedendo che “quando le eccezioni sollevate nell’istanza non
appaiono infondate possa essere richiesta e disposta la sospensione in via amministrativa”.
412 Art. 2-quater, comma 1-bis, D.L. 30 settembre 1994, n. 564: “nel potere di annullamento o di
revoca di cui al comma primo deve intendersi compreso anche il potere di disporre la sospensione degli effetti dell’atto che appaia illegittimo o infondato”.
413
Secondo A. MARCHESELLI, La tutela cautelare del contribuente, cit., la soluzione proposta dall’Agenzia delle entrate non appare un correttivo tranquillizzante; F. PISTOLESI, Ambito applicativo
della mediazione tributaria e sospensione della riscossione, cit., pag. 1434, osserva che resta il fatto che
tale sospensione dipende da una valutazione discrezionale dell’Amministrazione e questo costituisce un altro profilo di criticità del nuovo regime.
123 sospensione fino alla pubblicazione della sentenza della Commissione tributaria provinciale, senza alcun limite riguardante la legittimità o la fondatezza dell’atto414.
A mio parere, senza “avventurarsi” nella ricerca di rimedi amministrativi o in interpretazioni volte a colmare il vuoto di tutela, una soluzione al problema già esiste e risiederebbe nel buon senso di Equitalia a non avviare la riscossione nella fase preprocessuale del reclamo e della mediazione. Un comportamento contrario, infatti, si porrebbe in palese conflitto con la ratio del nuovo istituto; da un lato perché, l’avvio della procedura esecutiva nelle more di un tentativo di mediazione, minaccerebbe di vanificare ogni possibile buon esito di tale tentativo; dall’altro perché l’azione esecutiva verrebbe a fondarsi su di un titolo oggetto di riesame in sede amministrativa, quale condizione di accesso alla tutela giudiziale, e quindi caratterizzato da un estremo grado di precarietà. Si pensi, ad esempio, all’ipotesi in cui si renda praticabile una mediazione, con conseguente rideterminazione dell’ammontare della pretesa, e l’azione esecutiva sia già stata iniziata e condotta per un importo superiore415.
Non si deve inoltre dimenticare che il reclamo presenta forti similitudini con l’istanza di accertamento con adesione, perché da anch’esso luogo ad un contraddittorio preprocessuale finalizzato ad un riesame del provvedimento e, in presenza di una proposta di mediazione, a una definizione concordata dell’imponibile.
Durante il procedimento di adesione la legge non consente agli uffici di procedere alla riscossione, disponendo una sospensione di 90 giorni416: logica vorrebbe che, vista la somiglianza dei due istituti, pur in mancanza di una
414 Tale sospensione, che in precedenza era prevista solo per l’ipotesi di impugnazione del ruolo,
recentemente è stata resa applicabile, dall’art. 29 del D.L. n. 78/2010, anche ai nuovi avvisi di accertamento esecutivi.
415 Alla luce di queste considerazioni, A. CARINCI, La riscossione provvisoria e l’acquiescenza dopo
l’introduzione del reclamo, cit., pag. 777-778, ritiene che la soluzione che si impone è quella di ritenere
legittimo l’avvio della fase di riscossione solo dopo che sia acclarato il fallimento della mediazione e di considerare come un vero e proprio obbligo il potere per l’Ufficio di accordare la sospensione della riscossione ai sensi dell’art. 39 del D.P.R. n. 602/1973. Solo così, secondo l’autore, sarebbe possibile inibire l’avvio dell’esecuzione esattoriale nelle more dell’esame del reclamo; ipotizza inoltre una responsabilità ex art. 2043 C.C. in capo all’Amministrazione finanziaria che, nonostante espressa istanza, non abbia accordato tale sospensione.
416
124 disciplina espressa sul punto, il procedimento di reclamo seguisse gli stessi principi e fosse preclusa agli agenti della riscossione, sino alla conclusione di tale procedimento, la possibilità di riscuotere in via provvisoria le imposte accertate o liquidate e di procedere all’esecuzione forzata417.
Questa soluzione eliminerebbe in radice il problema della tutela cautelare a fronte degli atti esecutivi dell’Agenzia nella fase preprocessuale del reclamo e della mediazione.
Sarebbe auspicabile, tuttavia, un intervento normativo che espliciti la sospensione dell’obbligo di pagamento finché è in corso il procedimento ex art. 17-bis.
417
125
CONCLUSIONI
Il presente lavoro si è proposto di esaminare l’istituto della tutela cautelare in ambito tributario. I problemi che l’istituto in parola ha dovuto affrontare non sono stati pochi e allo stato attuale si può dire di essere giunti ad una soluzione soddisfacente, che tuttavia presenta alcune zone d’ombra e problematiche ancora aperte.
La prima tematica affrontata è stata il riconoscimento della possibilità di ammettere la tutela cautelare nel sistema tributario, avvenuto per mezzo della riforma del 1992, attuata con i decreti legislativi 545 e 546. Tale istituto, che offre al contribuente, il quale ritenga di subire un danno grave ed irreparabile dall’esecuzione dell’atto impugnato, la possibilità di proporre istanza di sospensione, è disciplinato dall’art. 47 del D.lgs. n. 546/1992.
Ricordo che prima della riforma, in vigenza del D.P.R. n. 636 del 1972, l’istituto della tutela cautelare non era previsto nel sistema tributario e il potere di sospendere l’atto impugnato spettava esclusivamente all’Intendente di Finanza.
Successivamente è stata analizzata la disciplina relativa al procedimento cautelare e, in particolar modo, il problema inerente l’ammissibilità della tutela cautelare oltre il primo grado di giudizio. L’analisi, su questo punto, ha interessato, in prima battuta, le diverse tesi dottrinali e giurisprudenziali che si sono contrapposte e la disciplina delle sanzioni amministrative ex art. 19 del D.lgs. n. 472/1997.
In secondo luogo è stata analizzata la posizione della Corte Costituzionale che, sebbene inizialmente aveva categoricamente escluso la possibilità di chiedere ed ottenere la sospensione dell’esecuzione delle sentenze di primo e di secondo grado, con l’oramai nota sentenza 17 giugno 2010, n. 217, ha finalmente aperto una breccia nel muro opposto all’ammissibilità dell’istituto dopo la conclusione del giudizio dinanzi alla CTP. Di fondamentale importanza è però soprattutto la recente sentenza della Corte di Cassazione del 24 febbraio 2012, n. 2845, con la quale è stato accolto e confermato l’orientamento del Giudice delle Leggi ed è stato affermato il principio di diritto secondo cui al ricorso per cassazione
126 avverso una sentenza della CTR si può applicare al processo tributario la disposizione di cui all’art. 373, comma primo.
Infine, nell’ultimo capitolo, ho esaminato le modifiche apportate all’art. 47 a seguito dell’introduzione dell’avviso di accertamento esecutivo, avvenuta con il D.L. 78/2010, successivamente modificato con il D.L. 70/2011, e le conseguenze che ne sono discese sul piano della tutela del contribuente, la problematica relativa alla sospensione dei c.d. atti negativi e, da ultimo, il rapporto tra la tutela cautelare e il nuovo istituto del reclamo e della mediazione tributaria. Tale istituto, introdotto nel 2011 all’art. 17-bis del D.lgs. n. 546/1992, prevede, per certe controversie, una preliminare ed obbligatoria fase amministrativa che rappresenta uno scoglio per la tutela del contribuente, perché di fatto gli impedisce di adire la Commissione tributaria e di presentare un’istanza di sospensione dell’esecuzione dell’atto, ponendosi così in contrasto con l’art. 24 della Costituzione.
Per concludere ritengo di poter affermare che la norma sulla tutela cautelare, come ho cercato di evidenziare nel corso di questa trattazione, presenta ancora alcune lacune e aspetti negativi che “mettono in pericolo” l’effettiva tutela cautelare giurisdizionale del contribuente.
Riassuntivamente è sufficiente ricordare che:
a) la presentazione di un’istanza cautelare oltre il primo grado di giudizio non è espressamente prevista dalla legge;
b) non è prevista, a differenza di quanto avviene nel processo civile ed amministrativo, la possibilità di reclamo avverso l’ordinanza pronunciata dalla CTP in sede cautelare;
c) la norma, così come è formulata, può far sorgere problemi di individuazione degli atti sospendibili, con specifico riferimento agli atti negativi;
d) la previsione della concessione della sospensione subordinata alla prestazione di idonea garanzia potrebbe rappresentare un ostacolo all’effettivo operare della tutela cautelare;
e) le modifiche che sono state apportate a seguito dell’introduzione dell’avviso di accertamento esecutivo e, in particolar modo, la previsione di una automatica
127 sospensione ex lege di 180 giorni dell’attività esecutiva, concede al contribuente una ingiustificata immunità di portata generale, estesa anche alle pretese tributarie non contestate;
f) nei casi in cui la presentazione del reclamo, ex art. 17-bis, è obbligatoria, il contribuente, fino all’esaurirsi del relativo procedimento, si ritrova sprovvisto di tutela.
Per tutte queste ragioni sarebbe auspicabile un intervento del legislatore che apporti all’attuale formulazione dell’art. 47 del D.lgs. n. 546/1992, quelle correzioni necessarie affinché l’istituto cautelare sia strutturato, nel suo complesso, in modo da operare come uno strumento pienamente funzionale per una effettiva tutela del contribuente.
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