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Il problema dei luoghi di culto serb

I principali contesti geopolitici di intervento ∗

2.4 Il problema dei luoghi di culto serb

Un altro aspetto che crea attriti tra Serbia e Kosovo è la questione dei luoghi di culto ortodossi presenti sul territorio kosovaro, considerato la culla spirituale della Chiesa serba – da cui il nome Methoija, ossia possedimenti della Chiesa – con le centinaia di monasteri che sorgono nell’autoproclamato Stato. A conferma della linea dura serba contro l’indipendenza del Kosovo, a fine maggio 2010 è intervenuta la nomina di Amfilohije Radovic, esponente del fronte più nazionalista del Sinodo serbo, come nuovo vescovo del Kosovo. Tre sono in particolare i luoghi di culto più importanti per Belgrado: il Patriarcato di Pec, il Monastero di Visoki e il Monastero di Goriok.

Il complesso del Patriarcato di Pec è il centro spirituale della comunità serba nonché il mausoleo di vescovi e patriarchi. Al momento, la situazione sembra essersi stabilizzata. Il livello di sicurezza raggiunto è tale da permettere di vivere in tranquillità e in una condizione di integrazione con la comunità albanese. Tuttavia, la presenza dei soldati di KFOR, che nell’area rimangono in maggioranza italiani, è ancora percepita come necessaria. L’opera di ricomposizione del tessuto sociale locale è ancora in una fase di transizione, una fase in cui gioca un ruolo fondamentale l’unione della Chiesa cristiana. Per questo motivo risulta necessaria la cooperazione tra la componente ortodossa e quella cattolica della municipalità ed è per questo che quest’ultimamantiene attivi i contatti con la Chiesa cattolica locale, anche attraverso i cappellani italiani.

Il monastero di Visoki, nella provincia di Decani, è situato nella valle del fiume Bistrica, è circondato dalle montagne e dalle foreste della catena montuosa del Prokletije. Si tratta del più grande monastero di origine Medioevale della regione balcanica. A differenza del Patriarcato di Pec, la situazione della sicurezza dell’area del monastero di Visoki non è stata ancora stabilizzata e c’è bisogno della protezione da parte dei soldati di KFOR. Gli ultimi scontri interetnici che si sono verificati nel corso del 2004 hanno nuovamente alimentato la paura e la preoccupazione da parte della comunità del monastero di essere ancora un possibile bersaglio di attacchi. La comunità ortodossa si sente circondata dall’estremismo albanese che rende impossibile l’integrazione nella realtà locale di Decani. Fulcro della tensione sarebbero alcune proprietà che l’amministrazione della città di Decani non vuole restituire alla comunità ortodossa del monastero. La questione rientra nel più ampio scontro interetnico che si manifesta sul piano politico. Il Kosovo è come una piccola scacchiera e in ogni porzione di essa ogni capo locale agisce secondo un suo schema: Decani è per esempio il terreno del partito Alleanza per il Futuro del Kosovo (AAK), ovvero del clan Haradinaj. La preoccupazione maggiore da parte dei monaci di Visoki è la mancanza di sostegno di Belgrado. In questa prospettiva, la città di Decani rappresenta un esempio. Si tratta, infatti, di un centro “etnicamente puro”, ossia costituito al 100% da abitanti di etnia kosovaro-albanese. In questo quadro, la

comunità serba del monastero è l’unica eccezione. È come un enclave a tutti gli effetti, isolata a 360 gradi.

Un altro fattore da tenere in considerazione è il problema della corruzione e del contrabbando: dalla legna alle sigarette, dalle armi alla droga. Il monastero di Decani si trova in una posizione strategica per questo genere di traffici essendo poco distante dal confine con il Montenegro. La presenza dei soldati di KFOR è pertanto necessaria anche per far fronte anche a questo tipo di rischio.

Le prospettive in merito agli sviluppi futuri non sono rosee. Anche se la situazione nel breve periodo sembra stabile, nel medio termine – a fronte di una riduzione della presenza militare internazionale – potrebbe verificarsi un lento deterioramento. Sebbene si siano registrati importanti miglioramenti in molte zone del Kosovo, con un conseguente allentamento delle tensioni, il quadro non è positivo. La posizione attuale della comunità ortodossa non vuole contatti con i poteri forti dell’amministrazione locale, in cui è ancora troppo influente la componente estremista. In sostanza, il mantenimento della separazione tra componente serbo- ortodossa ed estremismo kosovaro albanese non agevola la desiderata politica di un ritiro graduale della NATO.

Terzo importante sito di culto ortodosso è quello del monastero di Goriok, Municipalità di Istok, nel Kosovo occidentale. Si tratta di una porzione di territorio sulla quale si concentra l’influenza cattolica della confinante Klina, municipalità a maggioranza cattolica. Anche in questo caso, il quadro rappresenta una condizione di separazione tra le etnie serba e albanese. La conseguenza è che la protezione dei soldati di KFOR risulta ancora necessaria. Vanno registrate le frequenti provocazioni a cui le suore sono sottoposte nel momento in cui si trovano fuori dal confine del monastero. Questo tipo di atteggiamento non riguarda la totalità della popolazione, ci sono infatti ampie porzioni di moderati. In particolare, i provocatori sono in maggioranza i giovani e soprattutto quelli legati agli ambienti estremisti della comunità musulmana. Va ricordato, infatti, che al di fuori dell’area di Istok/Klina, in Kosovo esistono molteplici scuole coraniche, costruite anche grazie ai finanziamenti di ricche famiglie kuwaitiane e saudite.

Nel caso di Goriok, il livello di integrazione con le altre realtà religiose è pressoché inesistente. La rassegnazione a dover vivere in uno Stato che non riconosce alimenta nella comunità ortodossa di Goriok la tendenza all’isolamento. Così come è impossibile riavere il Kosovo, così è impossibile l’essere accettati dalla società albanese.

3.LIBANO