• Non ci sono risultati.

4.1 L’ ARCHITETTURA RURALE NELL ’ AREA IBLEA

4.1.4. e I procedimenti di molitura e di pressatura e le macchine utilizzate nel

I metodi di estrazione dell’olio dalla olive producevano la frantumazione del frutto con l’operazione di molitura e la riduzione in pasta dal quale avveniva l’estrazione di un liquido co- stituito da acqua e olio e chiamato mosto oleoso (Cantarelli, 1983). L’olio si trova disperso in minutissime goccioline nelle cellule oleifere della polpa, il procedimento di molitura ne causava la disgregazione della polpa e non determina l’eccessiva frantumazione del nocciolo del frutto.

L’organizzazione edilizia dei frantoi era imputabile al processo produttivo e ai macchinari in uso nel processo produttivo. Fino all’ottocento, la disposizione planimetrica delle zone di pro- duzione era simile a quella adoperata dagli antichi romani.

In epoca romana, l’edificio era organizzato in zone specifiche, non rigidamente compartate, dimensionate in funzione delle macchine da ospitare. Era presenta il tabulatum, cioè l’area de- stinata al ricevimento e al temporaneo deposito delle olive che, in collegamento con l’ambiente esterno, si trovava prima delle zone di lavorazione ove avveniva la separazione del nocciolo dal- la polpa, la torchiatura della polpa per l’estrazione del succo e la sedimentazione per la separa- zione dell’olio dall’acqua (Di Fazio, 2008).

Gli antichi romani per la prima fase della lavorazione usavano per la molitura il trapetum e la mola olearia. Il trapetum (Figura 75), era costituito da una vasca a pianta circolare di pietra dura con un plinto centrale al quale era imperniato un asse orizzontale di legno, all’estremità di esso erano vincolate due calotte sferoidali che compivano un moto rotatorio azionato dalla forza umana o da quella animale (Agosteo, 2008; Di Fazio, 2008).

Figura 75 - Trapetum romano (Fonte: vittoriodigiulio.interfree.it; www.iblei.it/olio/images/trapetum1.gif).

Invece, la mola olearia (Figura 76) era costituita da una base, un disco di pietra disposto o-

rizzontalmente, sottomola, al centro del quale si imperniava un palo di legno, alla cui estremità veniva fissata una stanga orizzontale con due macine fatta ruotare da animali o uomini (Di Fa- zio, 2008).

Il frantoio, in uso nel territorio meridionale della penisola, era costituito da un mulino a sin- gola molazza dotato di macina soprana in pietra dura, granito o in pietra lavica e da un bacino (conca o giaccio) che accoglieva le olive composto da una pietra dormiente (sottomola) analoga alla molazza frangente ma posta in orizzontale. La pietra dormiente era circondata da un orlo (ghirlanda, ciglio), inclinato e soprelevato, realizzato in pietra o in legno che impediva la fuoriu- scita delle olive. Al centro della macina, si trovava una bronzina la quale accoglieva il perno dell’albero centrale verticale che era ancorato al soffitto o a travi orizzontali fissate al muro. La mola verticale era fissata all’albero mediante un braccio di legno orizzontale che consentiva, all’estremità, l’attacco dell’animale. La trazione della macina era garantita da equini (muli, ca- valli, asini) dotati di paraocchi o bendati e, meno frequentemente, da buoi essendo questi poco addomesticati alla soma (Cascone & Lanteri, 1990).

Figura 76 - Mola olearia e particolari costruttivi connessi. Fonte: www.iblei.it

Figura 77 - Frantoi a singola molazza. Fonte: Di Fazio, 2008.

I frantoi a macelli (Di Fazio, 2008) erano diversi dai frantoi classici perché ivi l’animale po- teva operare, oltre che attorno alla macina, anche in un maneggio a stanga posto in un locale se- parato attraverso meccanismi che trasmettevano alla macina il moto dell’albero cui la stanga era connessa. Questa soluzione si mostrava più vantaggiosa delle precedenti perché l’olio non veni- va a contatto con l’aria malsana creata dalla presenza degli animali e delle loro feci. La macchi- na era costituita da una vasca in pietra o in acciaio sulla quale ruotavano, per effettuare l’operazione di molitura, un sistema di macine verticali in granito.

I frantoi ad acqua (Di Fazio, 2008; Fichera et al., 2001) (Figura 78) si trovavano in quelle zone del territorio dotate di torrenti o di fiumare (numerosi sono riscontrabili nel territorio cala- brese) e venivano azionati tramite il trasferimento di energia all’albero motore. Quelli con ruota motrice orizzontale richiedevano particolare ubicazione ed elevata disponibilità di acqua motri- ce.

I frantoi a molazze cilindriche (Figura 77 e Figura 79), introdotti in Italia alla fine dell’Ottocento, erano costituiti da macchine in cui le olive venivano immesse da una tramoggia superiore e lavorate da rulli metallici rotanti, laceranti e trituranti, lisci, con nervature elicoidali o con dentature appuntite. Questo macchinario subì importanti innovazioni a causa del passag- gio da sistemi a una molazza a sistemi a due, tre, quattro molazze di dimensioni differenti che agivano su piani sfalsati (Figura 80).

I frantoi a molazze compivano un’ottima molitura in quando la distanza tra le mole e il piatto consentiva una rottura solo grossolana del nocciolo mentre la polpa, con il movimento di scor- rimento, veniva profondamente triturata in un continuo rimescolamento e impastamento (Canta- relli, 1983).

Le fonderie misero in commercio un kit di ferramenta per il riuso delle antiche molazze, per lo scarico automatico della pasta e per la raccolta automatica sotto la molazza.

Infine, di grande diffusione, furono i frantoi con base in ghisa, con sottomola in granito e do- tati di sportello automatico per lo scarico della pasta.

Figura 78 - Frantoio ad acqua. Fonte: Agosteo, 2008. Figura 79 - Frantoi a due molazze su base in ghi- sa.

I frantoi a macine furono sostituiti da frangitori a martelli caricati automaticamente tramite un nastro trasportatore sul quale venivano disposte le olive dopo che erano state defogliate e la- vate al fine di eliminare le particelle terrose (Cascone & Lanteri, 1990). Accoppiate ai frangitori per rimescolare lentamente la pasta ottenuta dai frangitori e facilitare la fuoriuscita dell’olio si trovano spesso le gramolatrici che erano costituite da una vasca con pareti ad intercapedine ri- scaldabili ad acqua, entro la quale ruotavano uno o due alberi a pale, orizzontali o verticali. La migliore resa in olio derivante dall’uso delle grammolatrici ne ha determinato la diffusione an- che negli oleifici attrezzati con frantoi a molazze.