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4.1 Profili generali.

L’art. 64 D.lgs 231/2001 detta, come anche i precedenti articoli disciplinanti gli altri riti speciali, alcune disposizioni speciali concernenti il procedimento per decreto, la quali devono poi essere oggetto di un’attività integrativa con le norme codicistiche.

Il decreto penale di condanna è un procedimento speciale rimesso all’esclusiva discrezionalità del pubblico ministero che può esercitarla qualora ritenga che si debba applicare la sola sanzione pecuniaria. Nel suo secondo comma, l’articolo in questione, prevede che la sanzione pecuniaria richiesta dall’organo inquirente possa essere diminuita “fino alla metà rispetto al minimo dell’importo applicabile”.

Il riferimento al “minimo” ha sollevato un dibattito interpretativo 181

sulla sua riferibilità alla sanzione irrogabile in concreto o alla sua tratta determinazione. Lo stesso quesito era stato posto per la persona fisica . La giurisprudenza con riferimento alla persona fisica ha 182

oltrepassato i limiti di un’interpretazione letterale, arrivando a ritenere che la quantificazione della pena avvenga prima sulla sanzione irrogata in concreto, ridotta poi fino alla sua metà e infine sostituita, se detentiva, con la pena pecuniaria ex art. 53, l. 24/11/81, n. 689. Esclusa per motivi logici la conversione della sanzione detentiva, l’interpretazione giurisprudenziale appena vista sembra estensibile anche alla persona giuridica . 183

Continuando nell’analisi generale dell’articolo in questione, il terzo comma prevede che il giudice, qualora non accolga la richiesta e non debba pronunciare sentenza di esclusione della responsabilità dell’ente, restituisca gli atti al pubblico ministero. Segnatamente deve essere sottolineata la differenza con l’art. 459, comma 3 c.p.p. dove il giudice, accoglie o rigetta la richiesta “se non deve pronunciare sentenza di proscioglimento a norma dell’art. 129”.La differenza delle espressioni utilizzate deve portare a ritenere che, la valutazione del giudice deve riferirsi ai parametri indicati dall’art. 66 D.lgs 231/2001 e quindi non

per avere una panoramica circa le diverse teorie elaborate in relazione al 181

meccanismo di diminuzione della pena, si veda G.Piziali, Il procedimento per decreto, in AA.VV., i procedimenti speciali in materia penale, a cura di Pisani, Milano, 2003, p.425; A.Marandola, sub art.459, in Codice di procedura commentato, a cura di Giarda-Spangher, vol. II, Milano, 2007, p. 4462;

si veda art. 459 comma 2: “ il pubblico ministero può chiedere 182

l’applicazione di una pena diminuita sino alla metà rispetto al minimo edittale”

A. Iannini, i procedimenti speciali, in La responsabilità amministrativa 183

delle società e degli enti a cura di M. Levis, A. Perini, Zanichelli editore, Torino, 2018, p.1241

solo alla cause estintive previste ex art. 129 c.p.p. ma anche alle ipotesi di dubbio probatorio . 184

4.2 Aspetti di compatibilità e incompatibilità

4.2.1 I presupposti ordinari

L’art. 64 D,lgs 231/2001 nel suo incipit descrive quali siano le condizioni di accesso al rito, partendo dal limite riguardante la specie di sanzione in concreto irrogabile, necessariamente pecuniaria.

Sulla base di previsione due sono le considerazioni che possono essere fatte.

La prima riguarda il contenitore degli illeciti perseguibile con le forme del procedimento monitorio. Al suo interno vi rientrano: fattispecie astrattamente colpite in via monetaria; fattispecie “a previsione interdettiva” qualora difettino le condizioni di applicabilità di cui all’art. 13 D.lgs 231/2001 o nel caso tale punizione debba essere reputata immeritata perché, l’ente che è stato messo a conoscenza di un procedimento penale in corso nei suoi confronti, si è attivato per porre in essere le condotte riparatorie previste ex art.17 D.lgs 231/2001. La seconda considerazione da fare è che vengono escluse dalla possibile richiesta sanzionatoria del pubblico ministero le altre componenti del novero sanzionatorio predisposto per l’ente ex art.9 D.lgs 231/2001.

Al riguardo invece della distinzione fra reati procedibili ex officio e a querela di parte che viene contemplata all’interno dell’art. 459 comma 1 c.p.p., si noti che questa non sia riuscita a passare il vaglio ci

in tale senso Guido, I procedimenti speciali, in Dir. pen. Soc. 2009, II, 184

1564; Marcolini, Il patteggiamento nel sistema della giustizia penale negoziata, Milano, 2005,102.

compatibilità ex art. 34 e pertanto deve essere esclusa una sua operatività all’interno del sistema processuale a carico dell’ente così delineato. La ragione della sua incompatibilità risiede nel fatto che l’illecito amministrativo derivante da reato non conosce la procedibilità a querela.

A tal proposito è doveroso porsi un quesito, ovvero se la dichiarazione del querelante di opporsi al decreto penale di condanna nei riguardi della persona fisica ha il potere di impedire che si proceda con le forme del rito monitorio nei confronti dell’ente. La risposta deve essere negativa e il perché risiede nel fatto che la facoltà che viene concessa alla persona offesa di esercitare la propria volontà persecutoria e di opporsi nello specifico al procedimento monitorio riguarda solo il reato presupposto e non anche sulla contestazione che la pubblica accusa vuole muovere all’ente.

Infine, riguardo ai termini per presentare la richiesta, l’art. 64 D.lgs 231/2001 prevede che questa debba essere presentata “entro sei mesi dalla data dell’annotazione dell’illecito amministrativo nel registro di cui all’art. 55”.

Sulla natura di tale termine si è espressa la stessa Relazione governativa, attribuendogli la qualifica di termine ordinatorio.

4.2.2 L’iter processuale.

4.2.2.1 La richiesta del pubblico ministero.

Il pubblico ministero trasmette al giudice per le indagini preliminari, insieme alla richiesta di decreto anche il fascicolo riguardante l’attività di indagine compiuta.

Tale atto propulsivo deve essere motivato e nello specifico deve contenere, visto che è espressione dell’esercizio dell’azione amministrativa, i requisiti richiesti ai sensi dell’art. 59 comma 2 D.lgs 231/2001.

La richiesta dovrà poi indicare il quantum della sanzione pecuniaria e enucleando i calcoli attraverso i quali è arrivato a tale quantificazione. A tal riguardo deve essere tenuto a mente quanto già detto circa il senso in cui deve essere inteso l’inciso “rispetto al minimo dell’importo applicabile” . 185

4.2.2.2 Il controllo del giudice.

La competenza a valutare la praticabilità della via del decreto per la definizione dell’illecito dell’ente è del giudice per le indagini preliminari, il quale deve procedere a tappe.

Inizialmente il g.i.p deve valutare la regolarità formale dell’atto propulsivo che deve riguardare l’applicazione di una sanzione pecuniaria entro sei mesi dell’annotazione dell’illecito amministrativo

ex art. 55 D.lgs 231/2001. Nel caso tali requisiti risultino essere non

integrati, il giudice decreterà l’inammissibilità della richiesta con ordinanza motivata a pena di nullità ai sensi dell’art. 125 comma 3 c.p.p.. Di regola tale ordinanza è inoppugnabile dal pubblico ministero ad eccezione del caso di abnormità della stessa.

Riguardo al merito della richiesta, l’organo giudicante dovrà vagliarne la fondatezza. La richiesta risulterà essere fondata sulla base della sussistenza di elementi a carico dell’ente derivanti dal materiale compiuto in fase di indagine. Nel caso in cui, invece, la richiesta non

vedi infra § profili generali. 185

sia supportata da una base fattuale consistente, l’iter processuale prenderà la strada per una pronuncia di proscioglimento.

A prescindere da ciò, il giudice deve valutare se accogliere oppure rigettare la richiesta di decreto. Ci sarà accoglimento, alla luce di un positivo vaglio della qualificazione dell’illecito amministrativo, tanto con riguardo al suo profilo oggettivo quanto riguardo al suo profilo soggettivo, e della congruità del trattamento punitivo suggerito dall’organo dell’accusa.

Al contrario qualora la valutazione in iure appena descritta non conduca ad un risultato positivo, il giudice pronuncerà ordinanza di rigetto motivata, pena la sua nullità.

4.2.2.3 Il decreto di applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria.

Nel silenzio dell’articolo 64 D.lgs 231/2001 riguardo al contenuto e agli effetti del decreto di applicazione della sanzione, è opportuno ricorrere alla disciplina codicistica al fine di poter colmare tale lacuna normativa.

L’art. 460 comma 1 lett. a) c.p.p., relativo alle generalità dell’imputato e alle altre indicazioni idonee ad individuarlo, deve essere ritenuto applicabile. L’unica precisazione in merito è che nel decreto di condanna destinato all’ente si deve far riferimento agli elementi identificativi del medesimo e alle generalità del suo legale rappresentante.

Altrettanto applicabile è la lett. b) del suddetto articolo: anche qui la precisazione che merita di esser fatta concerne il fatto che, piuttosto che “enunciazione del fatto, delle circostanze e delle disposizioni di

di “enunciazione in forma chiara e precisa, del fatto che può

comportare l’applicazione delle sanzioni amministrative, con l’indicazione del reato da cui l’illecito dipende e dei relativi articoli di legge e delle fonti di prova”.

Sempre con riguardo all’art. 460 c.p.p. anche la sua lett. c) deve ritenersi trasferibile all’interno del processo a carico dell’ente visto che l’obbligo di motivazione del decreto penale di condanna deve essere ritenuto necessario anche se se tale provvedimento è emanato nei confronti dell’ente.

Il decreto dell’ente, parimenti a quello dell’imputato, dovrà contenere l’avvertimento circa l’esecutività dello stesso, una volta che siano decorsi i termini per l’opposizione, ed anche quello riguardante la facoltà per l’ente di nominare un difensore di fiducia.


Si ritengono poi esportabili dalla disciplina codicistica anche gli avvisi circa la possibilità, entro 15 giorni dalla notifica del decreto stesso, di chiedere il giudizio immediato, il giudizio abbreviato o l’applicazione della sanzione su richiesta con atto di opposizione.

4.3. Gli effetti premiali.

Quelli che scaturiscono da tale rito consistono nello sconto sanzionatorio e nella esclusione della confisca.

Riguardo all’esclusione della confisca, tale effetto si realizza a meno che non si ritenga di interpretare, sulla base dell’indicazione sistematica derivante dall’articolo 19 secondo la quale “la confisca è sempre disposta”, il presupposto della sola sanzione pecuniaria siccome preclusiva della sanzione interdittiva.

Infine opera il beneficio dell’esonero dalle spese processuali e la non iscrizione della condanna per decreto nel certificato dell’anagrafe delle

sanzioni amministrative dipendenti da reato richiesto dall’ente interessato.

5. Il giudizio immediato e il giudizio direttissimo: difficoltà pratiche.

Entrambi sono stati formalmente esclusi dalla disciplina positiva del decreto ma sono comunque ritenuti praticabili . 186

In realtà la loro praticabilità è più facile a livello teorico, nella pratica concreta invece è fondato esprimere alcune perplessità.

Partendo dal giudizio direttissimo, richiamando i presupposti del rito e primo fra tutti l’arresto in flagranza, si nota subito l’incompatibilità con l’ente. Pertanto unico caso resterebbe quello “della persona che nel corso dell’interrogatorio ha reso confessione” in tempi compatibili 187

con la necessità di fissare l’udienza dibattimentale entro il quindicesimo giorno dall’annotazione nel registro delle notizie di reato.nel caso dell’ente tale persona è il legale rappresentante, e più esattamente colui che rivestiva tale funzione al momento del fatto. A riguardo però è opportuno dire che l’articolo 44 del decreto non aiuta l’interprete in quanto prevede che la persona che rappresenta l’ente debba essere escussa come testimone sempre che non abbia ricoperto tale funzione anche al momento della commissione del reato, nel qual caso potrebbe essere interrogata solo “nelle forme, con i limiti e con gli effetti” previsti per l’interrogatorio della persona imputata o indagata in un procedimento connesso.

Si noti quindi come la praticabilità del rito sia in concreto rimessa alla scelta collaborativa del rappresentante e si dica per di più che tale

R. Bricchetti, La responsabilità amministrativa delle società e degli enti, 186

Il giudizio abbreviato, in Rivista 231, 2016, p.23. così all’articolo 449, comma 5, c.p.p.

praticabilità è pari a zero, se si pensa che i tempi compressi del rito rendono meno agevole l’eventuale ricorso dell’ente ai meccanismi riparatori dell’articolo 65 o meglio degli articoli 17 e 12 del d.lgs 231/2001 . 188

A conclusioni non troppo diverse si deve giungere con riguardo al giudizio immediato.

La scelta di tale rito da parte del pubblico ministero è subordinata alla sussistenza di determinate condizioni le quali dovranno essere adattate al diverso soggetto e diverso oggetto dell’accertamento.

Il primo sostanziale requisito fissato dall’art. 453 c.p.p. è rappresentato dalla “evidenza della prova”, la quale si riferisce alla necessità che, alla luce degli atti di indagine compiuti, sia da escludere che l’udienza preliminare e il contraddittorio sul quale si impernia, possa condurre alla pronuncia di una sentenza di non luogo a procedere. Quindi, questa prima condizione richiede che venga effettuata una prima valutazione tale per cui, almeno tendenzialmente, non ci siano spazi per ragionevoli alternative.

Tale primo requisito ha la funzione di escludere un gran numero di procedimenti, contrassegnando il rito come tipico dei casi dove l’imputato è colto in flagranza di reato, abbia reso attendibile confessione o dei casi in cui ci siano indiscutibili elementi probatori a carico.

La seconda condizione di accesso al rito è il rispetto di un termine ristretto, il quale non è però previsto a pena di decadenza, per la

nello specifico: risarcimento integrale del danno; eliminazione o quanto 188

meno impegno efficace inteso ad eliminare le conseguenze dannose o pericolose del reato; eliminazione delle carenze organizzative che hanno determinato il reato; messa a disposizione del profitto conseguito al reato;

presentazione della richiesta. Si tratti di un termine di 90 giorni dalla iscrizione della notizia di reato nel registro apposito . 189

Entro questo termine deve poi realizzarsi un ulteriore presupposto: l’indagato, per l’ente quindi il legale rappresentante, deve essere interrogato “sui fatti dai quali emerge l’evidenza della prova” o comunque sia, una volta ricevuto l’invito a presentarsi, questo ometta di comparire senza addurre un legittimo impedimento o perché irreperibile. Invito a presentarsi che deve essere emesso con l’osservanza delle forme indicate nell’articolo 375, comma 3, secondo periodo, c.p.p. . 190

È solo nel successivo interrogatorio che si procederà, ai sensi dell’articolo 453 c.p.p., alla contestazione dei fatti “dai quali emerge l’evidenza della prova”. Contestazione che la stessa Corte Costituzionale ha equiparato all’avviso di conclusione delle indagini preliminari, il quale non è richiesto in caso in cui il pubblico ministero eserciti l’azione penale con richiesta di giudizio immediato, e che, dunque, è elemento la cui mancanza impone di ritenere non realizzato il presupposto previo interrogatorio . 191

Una volta accertata la sussistenza di tutti i presupposti, il G.I.P accoglierà la richiesta del pubblico ministero emettendo il decreto di giudizio immediato, a meno che il reato per cui è richiesto il giudizio immediato non risulti connesso con altri reati per i quali mancano le condizioni legittimanti la scelta di tale rito e non sia possibile separare i procedimenti perché pregiudicherebbe le gravemente le indagini.

per il codice di procedura penale si veda art. 335 c.p.p.; per il decreto 189

legislativo si veda l’art.55.

“(…) l’indicazione degli elementi e delle fonti di prova e l’avvertimento 190

che potrà essere presentata richiesta di giudizio immediato”.

vedi Corte Cost., 9 maggio 2002, n. 203, in Guida dir. 2002, n. 23, p. 44. 191

Capitolo 4: il processo a carico dell’ente. La messa alla prova.

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