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Hydrus. Rappresentazione grafica dell’inserimento del dispositivo.

Tutti i pazienti sono stati operati sotto anestesia locale ottenuta mediante un’iniezione peribulbare. Dapprima è stata eseguita una disinfezione della cute periorbitaria con Betadine ed è stato posizionato un telo sterile adesivo sulle palpebre. Successivamente è stato effettuato il lavaggio del sacco congiuntivale con soluzione di Betadine al 50%.

L’intervento viene iniziato con l’esecuzione di un’incisione corneale a circa 2 mm dal limbus, solitamente a livello del quadrante temporale.

Per i pazienti che dovevano essere sottoposti anche ad intervento di cataratta, il primo tempo chirurgico consisteva nella facoemulsificazione con impianto di IOL. In caso si fossero presentate complicanze durante questa fase, i soggetti sarebbero stati esclusi dallo studio. Questa evenienza non si è mai verificata e a tutti i 22 pazienti con cataratta è stato poi posizionato l’Hydrus.

Viene iniettata una sostanza viscoelastica in camera anteriore per mantenerla espansa ed è visualizzato l’angolo irido-corneale, grazie all’ausilio di una lente

E’ utilizzato un apposito inseritore per accedere alla camera dall’incisione corneale precedentemente eseguita. La cannula viene poi fatta avanzare all’interno della camera anteriore, procedendo con asse quasi parallelo all’iride. All’estremità dell’applicatore è collocato l’Hydrus che, sotto visione gonioscopica, viene inserito nel canale di Schlemm. Durante questa manovra, è talvolta osservabile un lieve sanguinamento nell’angolo e in questi casi si attende fino alla cessazione dello stesso. Se invece il sanguinamento risultasse marcato e prolungato, l’unica alternativa sarebbe la rimozione intraoperatoria del dispositivo. Come riportato più avanti, questa condizione si è verificata in 2 occhi, che sono stati esclusi dallo studio.

Inserimento di Hydrus. A sinistra: posizionamento dell’inseritore a livello del canale di

Schlemm; a destra: introduzione dell’Hydrus in sede.

Il micro-stent è facilmente lasciato in situ schiacciando un bottone di cui è munito l’inseritore, che viene poi ritirato e rimosso.

Il dispositivo è correttamente posizionato se risulta essere all’interno del canale di Schlemm, tranne 1 mm all’estremità che aggetta in camera anteriore.

Il materiale viscoelastico è poi rimosso attraverso aspirazione ed è immesso antibiotico in camera anteriore.

Hydrus. A sinistra: rappresentazione del dispositivo impiantato all’interno del canale di

Schlemm; a destra: immagine gonioscopica dell’Hydrus in situ.

FOLLOW-UP

Nell’immediato post-operatorio i pazienti sono stati medicati con pomata antibiotica e bendati.

Successivamente hanno seguito una terapia medica topica con colliri antibiotici, per prevenire le infezioni e corticosteroidi (a scalare), per ridurre l’infiammazione. Queste gocce sono state applicate da una a quattro settimane e quindi interrotte.

Il giorno dopo l’intervento i pazienti sono stati sottoposti al primo controllo che includeva anche un esame biomicroscopico alla lampada a fessura, per verificare il corretto posizionamento del dispositivo e la misura del tono endoculare mediante tonometro di Goldmann.

A questo controllo ne sono seguiti altri a 7, 30, 90 e dopo 180 giorni dall’intervento, durante i quali veniva eseguita una visita oftalmologica completa, con tonometria, valutazione della posizione dell’impianto, stima dell’acuità visiva e verifica della presenza di eventuali complicanze post- operatorie.

RISULTATI

Prima di tutto bisogna segnalare che non si è verificato alcun importante fallimento, definito come un rialzo post-operatorio della IOP fino a valori maggiori di 21 mmHg (anche con l’aggiunta di terapia medica), per più di 2 visite consecutive. Il dispositivo inserito perciò non ha in nessun caso peggiorato in maniera rilevante la condizione di glaucoma, portando a danni aggiuntivi.

Dopo 6 mesi, tutti i 9 dispositivi Hydrus impiantati ai soggetti con ipertono oculare hanno ottenuto successo, in quanto si è registrata una significativa riduzione della IOP. A distanza di 24 settimane dall’intervento, infatti, il tono intraoculare è sceso in media di 9,67 mmHg, passando dal valore medio pre- operatorio di 23,22 mmHg ± 1,31 mmHg al valore di 13,55 mmHg ± 1,06 mmHg, con o senza terapia medica antiglaucomatosa.

Un completo successo chirurgico, definito come una riduzione della IOP sotto i 21 mmHg senza l’aggiunta di farmaci, è stato osservato nel 66,66% dei casi (6 occhi).

I valori medi della IOP al giorno 1, 7, 30 e 90 sono stati rispettivamente 13,33 mmHg (± 1,94 mmHg), 14,33 mmHg (± 2,74 mmHg), 15,33 mmHg (± 2,74 mmHg) e 13,77 mmHg (± 1,93 mmHg).

Per i 17 occhi senza ipertono ma in mono o politerapia farmacologica, invece, l’obiettivo previsto da questo studio, ossia la riduzione della IOP del 30% rispetto ai valori di partenza, è stato raggiunto solo nell’11,76% dei casi (2 occhi).

Per gli altri 15 occhi, tuttavia, parlare di insuccesso non è appropriato se si considerano i benefici che i pazienti comunque possono avere.

Infatti, solo un occhio ha subìto un aumento della IOP (soltanto di 1 mmHg), passando dal valore pre-operatorio di 18 mmHg al valore post-operatorio a 6 mesi di 19 mmHg. Questo paziente è passato comunque da una politerapia con 4 farmaci all’utilizzo di 1 solo collirio.

I restanti 14 occhi, invece, hanno ottenuto una diminuzione della IOP, anche se non ai livelli prefissati (30%). La IOP basale media era infatti di 17,07 mmHg ± 1,57 mmHg mentre dopo 6 mesi la stessa è scesa a 14,78 mmHg ± 1,42 mmHg, registrando una diminuzione media di 2,29 mmHg, ossia del 13,41%.

Inoltre, considerando il totale dei soggetti in studio, il numero medio di farmaci antiglaucomatosi è sceso di 1,88, passando dal valore pre-operatorio di 2,30 (± 0,99) al valore post-operatorio a 6 mesi di 0,42 (± 0,74).

E’ da sottolineare il fatto che, a 24 settimane dall’intervento, nel 73,07% (19 occhi) dei casi non è stata più necessaria alcuna terapia farmacologica, condizione assai apprezzata dai pazienti e che contribuisce al miglioramento della loro qualità di vita. L’11,53% (3 occhi) richiedeva un solo collirio per il controllo della IOP mentre il restante 15,38% (4 occhi) aveva ancora bisogno della somministrazione di 2 farmaci per mantenere il tono oculare entro i limiti della norma.

Durante tutto il periodo di follow-up, per di più, in nessun paziente si verificate complicanze maggiori. Nel primo post-operatorio in un occhio si è riscontrata la presenza di un coagulo ematico, riassorbitosi spontaneamente 3 giorni dopo l’intervento. In un soggetto, invece, il dispositivo si è dislocato (probabilmente nello spazio sovracoroideale) e non è stato più possibile visualizzarlo. L’occhio interessato non ha comunque riportato alcun tipo di danno e, anche se con supporto farmacologico (2 colliri), la pressione è tutt’ora ampiamente nei limiti (13 mmHg). In tutti gli altri soggetti non sono state osservate complicanze nel corso del follow-up, se non un lieve e transitorio ipoema.

Da segnalare l’esistenza di un gruppo di pazienti (4 occhi) che sono stati eliminati dallo studio, in quanto l’innesto di Hydrus non ha avuto luogo.

Il mancato inserimento del dispositivo si è verificato per motivi diversi. In un caso per impossibilità a reperire il canale di Schlemm; in un altro occhio, invece, c’è stato il collasso del canale durante il posizionamento dell’impianto. Infine, nei restanti due occhi è inizialmente avvenuto l’inserimento dell’Hydrus seguito però da rimozione intraoperatoria a causa di un marcato sanguinamento in camera anteriore. Durante la procedura, un ipoema transitorio che poi regredisce spontaneamente è praticamente la regola, ma se il sanguinamento è notevole l’unica possibilità è la rimozione dell’impianto.

Tutti i soggetti, comunque, non hanno subito danni collaterali determinati dal mancato posizionamento del dispositivo ed hanno proseguito la terapia farmacologica antiglaucomatosa senza ripercussioni negative. Tra l’altro, i suddetti pazienti erano fachici, quindi la piccola incisione corneale necessaria per l’innesto di Hydrus, sarebbe comunque stata fatta per eseguire la facoemulsificazione, visto che l’accesso chirurgico per i due interventi è il medesimo.

DISCUSSIONE

Nonostante i numerosi progressi fatti nel campo della chirurgia del glaucoma, un trattamento del tutto risolutivo è ancora fonte di studio e dibattito tra i vari chirurghi specializzati negli interventi per la cura della patologia glaucomatosa. Attualmente, sempre maggiore interesse è rivolto alla chirurgia minimamente invasiva (MIGS – Minimally Invasive Glaucoma Surgery), ideata per incrementare il deflusso dell’umor acqueo grazie ad una micro-incisione ab interno ed una minima lesione tissutale. L’utilizzo di questo tipo di approccio nella pratica clinica ha determinato un punto di svolta nel trattamento chirurgico del glaucoma, con una significativa diminuzione delle complicanze intra e post- operatorie. A questa categoria appartengono procedure che utilizzano CyPass, Trabectome, I-Stent e Hydrus.

L’approccio ab interno presenta numerosi vantaggi rispetto a quello ab externo:  La ridotta traumaticità, che garantisce un buon decorso post-operatorio,

paragonabile a quello di una facoemulsificazione.  Il rapidissimo recupero funzionale.

 La ridotta incidenza e gravità delle complicanze, tra le quali la più frequente è un lieve sanguinamento in camera anteriore, che al massimo persiste pochi giorni. Va anche sottolineato che non sono mai state riportate complicanze devastanti.

 Il risparmio della congiuntiva, che lascia aperta l’opzione di reintervenire con una chirurgia filtrante tradizionale in caso di fallimento.

 La rapidità dell’intervento stesso, che dura pochi minuti.

Parallelamente al fondamentale principio di ridotta invasività e trauma delle strutture oculari, l’Hydrus (come I-Stent, Trabectome etc.) si propone di ripristinare le vie fisiologiche di deflusso dell’umor acqueo. Questa strategia si contrappone e si predilige oggi rispetto ad altre tecniche che prevedono il drenaggio dell’acqueo attraverso altri spazi, quali quello sovracoroideale (ad

bozza filtrante. Questi interventi si accompagnavano a problemi di cicatrizzazione e fibrosi, spesso causa del loro fallimento. Le procedure gonioscopiche ab interno, invece, sfruttando le vie naturali di deflusso, non incorrono in queste complicanze e non a caso rappresentano attualmente una branca della chirurgia oftalmica in continua evoluzione.

In questo studio sono stati descritti i risultati a breve termine dell’impianto di Hydrus in pazienti affetti da glaucoma ad angolo aperto. Lo scopo era quello di valutare l’efficacia e la sicurezza di questo nuovo dispositivo filtrante, messo a punto per la cura della patologia glaucomatosa.

L’Hydrus è un micro-stent in nitinol, di dimensioni non più grandi di un ciglio, progettato per essere inserito nel canale di Schlemm. La procedura richiesta per l’innesto è rapida e minimamente invasiva. L’obiettivo è quello di mantenere dilatato lo Schlemm e facilitare il deflusso dell’acqueo lungo il canale stesso, garantendo anche un miglior accesso ai canali collettori che vi originano.

Lo studio ha coinvolto 20 pazienti, per un totale di 26 occhi, tutti affetti da glaucoma ad angolo aperto.

Prima di tutto bisogna rilevare che non si è verificato alcun totale insuccesso, definito come un rialzo della IOP fino a valori maggiori di 21 mmHg (anche con l’aggiunta di terapia medica), per più di 2 visite consecutive. Il dispositivo inserito perciò non ha in nessun caso peggiorato in modo significativo la condizione di glaucoma, portando a danni aggiuntivi.

I dati ricavati mostrano l’indubbio successo chirurgico dell’impianto di Hydrus nei 9 occhi con ipertono, dove si è registrata una riduzione media della IOP a 6 mesi di 9,67 mmHg, passando dal valore medio pre-operatorio di 23,22 mmHg ± 1,31 mmHg al valore di 13,55 mmHg ± 1,06 mmHg, con o senza supporto farmacologico. Si è perciò ampliamente raggiunto l’obiettivo prefissato, ossia la diminuzione della IOP al di sotto dei 21 mmHg, con o senza terapia medica associata.

Per i 17 occhi senza ipertono ma in mono o politerapia farmacologica, invece, il target pressorio consisteva nel calo della IOP del 30% rispetto ai valori di partenza e l’obiettivo prestabilito per questo gruppo di soggetti è stato raggiunto solo in 2 occhi.

Tuttavia gli altri pazienti (15 occhi) eccetto uno, hanno comunque ottenuto una diminuzione della pressione intraoculare, anche se di minore entità, ossia in media del 13,41% (quindi di circa 2,29 mmHg). La IOP basale media era infatti di 17,07 mmHg ± 1,57 mmHg mentre dopo 6 mesi la stessa è scesa a 14,78 mmHg ± 1,42 mmHg.

Per valutare e ponderare correttamente questi ultimi risultati, tuttavia, bisogna considerare che i pazienti in studio non appartenevano ad un trial clinico ma sono stati estrapolati dalla pratica ambulatoriale. Non avevano eseguito, perciò, un wash-out pre-operatorio, ossia la completa sospensione delle terapie 15–30 giorni prima, a seconda del farmaco in uso (ad esempio: 15 giorni per i β- bloccanti; 30 giorni per gli analoghi delle prostaglandine). Sarebbe stata necessaria, infatti, l’approvazione del Comitato Etico per un atteggiamento di questo tipo. Un eventuale wash-out avrebbe presumibilmente comportato un incremento della IOP basale e, di conseguenza, i risultati sarebbero stati differenti. Partendo da valori di tono oculare più elevati, infatti, la maggior parte dei pazienti avrebbe probabilmente raggiunto l’obiettivo di una riduzione del 30% della IOP, rientrando in maniera netta ed inequivocabile nel gruppo dei successi chirurgici. Il gap pressorio, invece, è stato limitato dal costante supporto farmacologico. Preso atto di tutto ciò, emerge come questa procedura sia comunque utile nell’armamentario della gestione del glaucoma.

Bisogna inoltre rilevare due importanti aspetti a sostegno dell’efficacia e sicurezza dell’impianto Hydrus, che sono rappresentati dalla significativa riduzione dei farmaci utilizzati e dalla quasi totale assenza di complicanze post- operatorie.

Per quanto riguarda la terapia medica, infatti, si è registrato un calo del numero medio di farmaci antiglaucomatosi assunti dai pazienti in studio, passando dal

valore pre-operatorio di 2,30 (± 0,99) al valore post-operatorio a 6 mesi di 0,42 (± 0,74). A 6 mesi dall’intervento nel 73,03% dei casi non è stato più necessario seguire un trattamento medico, condizione assai apprezzata dai pazienti e che contribuisce al miglioramento della loro qualità di vita.

E’ da evidenziare infine la totale assenza di complicanze maggiori. Questo dato, che si ricollega anche alla ridotta traumaticità della procedura chirurgica, garantisce al paziente un buon decorso post-operatorio e determina un recupero funzionale molto rapido. L’unico rischio in cui si può incorrere è il mancato posizionamento dell’Hydrus. Questa evenienza si è verificata in 4 occhi, per collasso o mancata visualizzazione dello Schlemm oppure, in due casi, per marcato sanguinamento in seguito dell’inserimento del dispositivo (rimosso nella stessa seduta operatoria). Questi pazienti, comunque, non hanno subìto alcuna ripercussione negativa legata a tutto ciò.

Quindi, considerando il quadro pressorio e terapeutico pre-operatorio e a 6 mesi dall’impianto di Hydrus, nonché le trascurabili complicanze della procedura chirurgica stessa, emerge una complessiva valutazione favorevole della metodica. In definitiva, infatti, il posizionamento di questo dispositivo filtrante determina un miglioramento (anche se più o meno significativo a seconda dei casi e della condizione di partenza del singolo), sia in termini di riduzione del tono intraoculare che di necessità di trattamento farmacologico.

In conclusione, l’impianto di Hydrus per il trattamento chirurgico del glaucoma ad angolo aperto rappresenta un’opzione terapeutica importante ed innovatrice, in considerazione della minima entità di rischi in confronto ai potenziali benefici. I risultati di questo studio confermano la validità del dispositivo nel breve termine. Il limite è oggi dettato dalla novità della metodica e quindi dalla mancanza di dati nel lungo periodo, che stabiliscano l’efficacia di questa procedura nel tempo. Gli iniziali incoraggianti risultati, tuttavia, hanno suscitato l’interesse della comunità scientifica ed importanti trials internazionali sono in corso per valutare gli esiti dell’impianto di Hydrus nel lungo termine. Una volta

completati, presumibilmente si potrà offrire al paziente affetto da glaucoma una consigliabile e sicura alternativa terapeutica.

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