Descritta per la prima volta da Stegmann nel 1995, la viscocanolostomia è una tecnica chirurgica ipotonizzante non perforante che ha lo scopo di modificare le vie fisiologiche di deflusso, ripristinandone la funzionalità50.
Come nella sclerectomia, si asporta un tassello sclerale profondo dopo l’esecuzione di un lembo sclerale superficiale e viene scoperto il canale di Schlemm.
Una cannula sottile è utilizzata per iniettare sodio ialuronato ad alta viscosità all’interno del canale, per dilatarne il lume e produrre micro-aperture.
Lo sportello superficiale viene quindi suturato in maniera serrata, per ridurre al minimo il flusso di fluido sottocongiuntivale e la formazione di una bozza. Viene poi immesso ancora viscoelastico sotto il lembo, per prevenire la chiusura del lago sclerale e per evitare la migrazione del fibrinogeno51.
Quest’intervento permette all’umor acqueo, percolando attraverso il trabecolato anteriore e la membrana di Descemet, di drenare dalla camera anteriore allo spazio sclerale, dal quale poi fuoriesce attraverso il canale di Schlemm, senza filtrazione esterna. Questo è reso possibile dalla sutura a tenuta dello sportello superficiale.
Il vantaggio di questa tecnica risiede proprio nella sua indipendenza dalla filtrazione esterna ed in questo si differenzia dalla sclerectomia profonda. Si evita la formazione di una bozza filtrante e i disturbi ad essa correlati e il successo dell'intervento si realizza a prescindere dai processi cicatriziali congiuntivali ed episclerali, principali cause di fallimento della trabeculectomia.
Con la viscocanalostomia, perciò, si tenta di ripristinare una via fisiologica di deflusso: l'umor acqueo fuoriesce dall'occhio attraverso il canale di Schlemm e le vene episclerali.
Questo intervento sembrerebbe avere meno successo della trabeculectomia per quanto riguarda l’abbassamento della IOP raggiunto52.
La canaloplastica è una procedura filtrante non penetrante che riprende da vicino la tecnica della viscocanalostomia, introducendo la viscodilatazione circonferenziale del canale di Schlemm ed il suo tensionamento con una sutura in prolene53-54. E’ perciò una tecnica ideata per potenziare e ripristinare la via naturale di deflusso dell’umor acqueo attraverso un allargamento permanente del canale di Schlemm, che si presenta collassato e ristretto nel glaucoma. L’intervento richiede l’individuazione dell’ostio del canale, al di sotto del flap sclerale precedentemente eseguito. Successivamente si entra nello Schlemm con un micro-catetere flessibile dotato di un tubicino attraverso il quale viene iniettata una sostanza viscoelastica, che allarga il lume del canale. In seguito, la sottilissima sonda (di 250 micron di diametro) viene fatta avanzare lentamente
all’interno dello Schlemm e lo percorre per 360 gradi, fuoriuscendo dall’ostio controlaterale a quello d’inserimento. In questo punto viene fissato un filo, trascinato poi per via retrograda all’interno del canale stesso mentre si ritira il micro-catetere. I capi del filo vengono poi annodati, in modo da distendere meccanicamente lo Schlemm ed il trabecolato. Infine il flap sclerale viene suturato in maniera serrata.
Durante queste manovre, il chirurgo controlla il percorso del micro-catetere e lo localizza dall’esterno lungo il suo tragitto grazie ad un led a diodi di cui è fornita la punta.
Le complicanze colpiscono tra il 9,3 ed il 16% dei pazienti e sono: ipoema, lesioni della membrana di Descemet, ipertono (> 30 mmHg), ipotono, distacco di coroide, prolasso irideo ed esposizione della sutura sclerale55-56.
Un’importante caratteristica che distingue la canaloplastica dalla viscocanalostomia è che con la prima tecnica si va a dilatare l’intera lunghezza del canale di Schlemm e non soltanto una parte di esso. Anche la canaloplastica, comunque, è una procedura che non crea una fistola permanente e non necessita la realizzazione di una bozza filtrante.
Si ricordi che questa tecnica è piuttosto impegnativa da eseguire rispetto ad altri nuovi interventi antiglaucomatosi (ad es. I-Stent o Trabectome) e, come tutte le procedure ab externo, impegna una considerevole porzione di congiuntiva, rendendo quest’area inutilizzabile per un’eventuale futura chirurgia filtrante.
I risultati in letteratura sono paragonabili a quelli ottenuti con la trabeculectomia.
Canaloplastica. A sinistra: il micro-catetere dotato di punta luminosa; a destra:
rappresentazione orientativa del percorso della sonda.
GONIOTOMIA
Il trattamento chirurgico è solitamente di prima scelta nei casi di glaucoma congenito e la goniotomia è uno dei due interventi d’elezione. L’altra procedura
Per realizzare una goniotomia è necessario innanzitutto riempire la camera anteriore con materiale viscoelastico, per mantenerla ampia durante l’intervento e per tamponare un eventuale sanguinamento. Quindi, dopo essere entrati nella cornea periferica temporale ad 1 mm dal limbus, con un apposito bisturi e sotto controllo gonioscopico si attraversa la camera anteriore, eseguendo un’incisione orizzontale al centro degli strati superficiali del trabecolato nell’angolo opposto. Il bisturi viene poi rimosso e la camera è irrigata con soluzione salina.
La goniotomia può essere associata ad ipoema e a danni al cristallino, all’iride o al corpo ciliare. Per eseguire correttamente l’intervento, minimizzando i rischi, è necessaria un’ottima trasparenza corneale. In caso contrario, si preferisce la trabeculotomia.
Con la goniotomia si raggiunge una percentuale di successo elevata, che dipende tuttavia dalla situazione clinica del bambino. Presenza di malattia alla nascita, marcato buftalmo, tono basale molto elevato o insorgenza di ipertono in età giovanile, sono tutti fattori prognostici negativi. In genere, comunque, sebbene la procedura possa necessitare di una successiva ripetizione, il tasso di riuscita finale dell’intervento si aggira intorno all’80–90%.
TRABECULOTOMIA AB INTERNO
(TRABECTOME)
La trabeculotomia ab interno con Trabectome è una tecnica d'avanguardia nel panorama della chirurgia mini-invasiva del glaucoma.
Il Trabectome è uno strumento affilato, introdotto nel bulbo oculare attraverso una piccola incisione corneale e quindi inserito nello Schlemm sotto controllo gonioscopico. E’ un dispositivo progettato per lacerare, asportare e cauterizzare una porzione di trabecolato e di parete interna del canale di Schlemm. Così facendo si elimina la resistenza al deflusso dell’umor acqueo, ristabilendo il
Trabeculotomia ab interno. A sinistra: rappresentazione schematica della procedura; a
destra: Trabectome.
Le complicanze che possono verificarsi sono: picchi pressori intraoculari precoci, riscontrati nel 5,8% dei pazienti e reflusso di sangue nel 78% dei casi, che si risolve spontaneamente57. Dal momento che questo reflusso si rileva nella maggior parte dei soggetti sottoposti a questa nuova metodica, può essere considerato fisiologico58.
I vantaggi di questa tecnica sono: la mini-invasività, la riduzione degli effetti collaterali e, poiché non tocca la congiuntiva, si mantiene la possibilità di effettuare successivi interventi, quali la trabeculectomia. Quest’ultima non è associata ad un tasso di fallimento più alto in pazienti precedentemente sottoposti a trattamento con Trabectome59.