• Non ci sono risultati.

Chirurgia gonioscopica del glaucoma: efficacia e sicurezza

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Chirurgia gonioscopica del glaucoma: efficacia e sicurezza"

Copied!
95
0
0

Testo completo

(1)

Indice

RIASSUNTO

………3

1. IL GLAUCOMA

………5 Definizione Epidemiologia Fattori di rischio

Basi anatomiche e fisiopatologiche Classificazione

Diagnosi

2. TERAPIA MEDICA E PARACHIRURGICA

………31

2.1. FARMACI

β-bloccanti α-2 agonisti

Analoghi delle prostaglandine Miotici

Inibitori dell’anidrasi carbonica Agenti iperosmotici

2.2. LASER

Trabeculoplastica Argon Laser (ALT) Trabeculoplastica laser selettiva (SLT) Iridotomia YAG laser

3. TERAPIA CHIRURGICA

………40

3.1. CHIRURGIA CON BOZZA

Trabeculectomia Ex-PRESS

Sclerectomia profonda Impianti drenanti

(2)

3.2. CHIRURGIA SENZA BOZZA

3.2.1. VIA SOVRACOROIDEALE

Gold Shunt CyPass

3.2.2. RIPRISTINO DELLE VIE FISIOLOGICHE DI DEFLUSSO (TRABECOLOCANALICOLARE)

Viscocanalostomia e canaloplastica Goniotomia

Trabeculotomia ab interno (Trabectome) Fugo blade goniotomy

I-Stent Hydrus

4. STUDIO HYDRUS

………76 Scopo dello studio

Pazienti e metodi Procedura chirurgica Follow-up Risultati Discussione

BIBLIOGRAFIA

………91

(3)

RIASSUNTO

Con il termine glaucoma si intende un gruppo di neuropatie ottiche croniche e progressive in cui la pressione intraoculare è sufficientemente elevata da causare un danno alla testa del nervo ottico e portare ad una progressiva riduzione del campo visivo, fino alla cecità completa se non trattato.

La riduzione della IOP rappresenta il caposaldo della cura della patologia glaucomatosa. Questo obiettivo può essere raggiunto grazie a terapia medica o attraverso quella chirurgica.

Ancora oggi il gold standard per il trattamento del glaucoma primario ad angolo aperto è la trabeculectomia. Questa procedura fa parte della “chirurgia con bozza”, che include tutta una serie di interventi (innesto di Ex-PRESS shunt, sclerectomia profonda, impianti drenanti) che prevedono la creazione di una bozza filtrante, attraverso la quale si realizza il drenaggio dell’umor acqueo dalla camera anteriore allo spazio sottocongiuntivale. Problemi di cicatrizzazione e fibrosi, però, si verificano spesso e determinano il fallimento di questa categoria di interventi.

Per ovviare a tutto ciò è stato necessario studiare e percorrere nuove strade, che hanno portato alla nascita della cosiddetta “chirurgia senza bozza” (bleb-free).

E’ proprio in questo ambito che si collocano le procedure angolari, tra le quali l’impianto di Hydrus.

L’Hydrus è un nuovo dispositivo filtrante in nitinol, di dimensioni non più grandi di un ciglio, progettato per essere inserito nel canale di Schlemm. La procedura richiesta per l’innesto è rapida e minimamente invasiva. L’obiettivo è quello di mantenere dilatato lo Schlemm e facilitare il deflusso dell’acqueo lungo il canale stesso, garantendo anche un miglior accesso ai canali collettori che vi originano. Si vanno così a ripristinare le fisiologiche vie di drenaggio dell’umor acqueo.

(4)

Lo scopo di questo studio è valutare l'efficacia e la sicurezza a breve termine (6 mesi) dell’impianto Hydrus, per il trattamento chirurgico del glaucoma ad angolo aperto.

Lo studio ha coinvolto 20 pazienti, per un totale di 26 occhi, tutti affetti da patologia glaucomatosa e in terapia medica con una media di 2,3 farmaci (range 1–4). Nonostante il supporto farmacologico, 9 occhi presentavano un ipertono, mentre gli altri 17 occhi mantenevano una pressione intraoculare entro i valori fisiologici.

I dati ricavati mostrano l’indubbio successo chirurgico (inteso come un calo della IOP al di sotto dei 21 mmHg con o senza l’aggiunta di farmaci) in tutti e 9 gli occhi con ipertono.

Per i 17 occhi senza ipertono grazie all’ausilio della terapia farmacologica, invece, l’obiettivo prestabilito (in questo caso il calo della IOP del 30% rispetto ai valori di partenza) è stato raggiunto solo nell’11,76% dei casi (2 occhi). Tuttavia gli altri pazienti (15 occhi) eccetto uno, hanno comunque ottenuto una diminuzione della pressione intraoculare, anche se di minore entità, evidenziando come questa procedura sia comunque utile nell’armamentario della gestione del glaucoma.

Sono infine da rilevare due importanti aspetti a sostegno dell’efficacia e sicurezza dell’impianto Hydrus: la significativa riduzione del numero di farmaci utilizzati e la totale assenza di complicanze post-operatorie maggiori.

In considerazione di tutto ciò, si può affermare che l’innesto di Hydrus rappresenta un’opzione terapeutica importante ed innovatrice per il trattamento chirurgico del glaucoma ad angolo aperto. I risultati di questo studio confermano la validità del dispositivo nel breve termine. Il limite è oggi dettato dalla novità della metodica e quindi dalla mancanza di dati nel lungo periodo, che stabiliscano l’efficacia di questa procedura nel tempo. Gli iniziali incoraggianti risultati, tuttavia, hanno suscitato l’interesse della comunità scientifica ed importanti trials internazionali sono in corso per valutare gli esiti

(5)

1. IL GLAUCOMA

DEFINIZIONE

Con il termine glaucoma si intende un gruppo di neuropatie ottiche croniche e progressive in cui la pressione intraoculare è sufficientemente elevata da causare un danno alla testa del nervo ottico e portare ad una progressiva riduzione del campo visivo, fino alla cecità completa se non trattato.

La definizione classica della patologia glaucomatosa fa riferimento alla concomitante presenza della triade di Von Graefe:

 Ipertono oculare (> 21 mmHg);  Escavazione della papilla ottica;

 Alterazioni caratteristiche del campo visivo.

Si tenga presente, tuttavia, che il ruolo della pressione oculare è relativo, in quanto l’entità del danno varia a seconda dalla situazione circolatoria di base della papilla. Un soggetto, ad esempio, con circolazione papillare già compromessa sarà più sensibile all’ipertono, addirittura potrà conseguire gravi danni con valori tonometrici normali (NTG – Normal Tension Glaucoma, definito anche glaucoma sine ipertensione); viceversa, esistono persone con alto tono intraoculare che non svilupperanno riduzione del campo visivo né danno al nervo ottico.

(6)

EPIDEMIOLOGIA

Il glaucoma rappresenta la prima causa di cecità irreversibile al mondo1 e risulta quindi una malattia dal grave impatto sociale ed economico. Si stima che oltre 90 milioni di persone nel mondo ne siano affette.

Ha una prevalenza del 2% nei soggetti di razza caucasica ultraquarantenni, mentre nella popolazione afro-americana ed afro-caraibica di uguale età la prevalenza è circa 4 volte superiore2.

L’incidenza annuale è pari allo 0,025% e tende ad aumentare con l’età3. Risultati di modelli statistici indicano che, in una popolazione generale di soggetti caucasici, l’incidenza aumenta dello 0,08/1000/anno per soggetti di 40 anni e dell’1,46/1000/anno per quelli di 80 anni; queste stime potrebbero essere superiori in popolazioni non caucasiche4.

In definitiva, i soggetti più colpiti sono maschi ultraquarantenni di razza nera.

FATTORI DI RISCHIO

DEMOGRAFICI

ETÀ: è il principale fattore predittivo di glaucoma. La maggiore incidenza

negli strati più anziani della popolazione è da attribuirsi ad alterazioni tissutali e danni vascolari correlati all’età stessa.

RAZZA: è ben nota la maggiore prevalenza in soggetti di razza nera e

caraibica. Le cause di ciò non sono del tutto chiare, ma sembrano contribuire una particolare vulnerabilità della papilla ottica e la presenza di pigmento nel trabecolato.

FATTORI GENETICI: circa il 25% dei pazienti con glaucoma primario ad

angolo aperto presenta una familiarità positiva. Le ricerche genetiche riguardanti il glaucoma sono un campo di studio veramente promettente. Sono stati mappati geni responsabili o corresponsabili sul cromosoma 2

(7)

(2 q13), cromosoma 3 (3 q21-3 q24), cromosoma 10 (10 p14-10 p15), cromosoma 8 (8 q23) e cromosoma 1 (1 q21-1 q31). Si parla di patologia su base genetica multifattoriale a penetranza variabile.

SISTEMICI

DIABETE: nei soggetti diabetici si è riscontrata un’aumentata incidenza di

glaucoma parallelamente ad un maggiore danno papillare a parità di pressione intraoculare. Tutto questo è probabilmente dovuto all’iperglicemia, che abbassa la soglia di resistenza del nervo ottico e alla microangiopatia, che influisce negativamente sulla microcircolazione papillare.

FATTORI VASCOLARI: ipertensione arteriosa, malattie dei vasi e

vasospasmo sono classificati come fattori di rischio di lieve entità, in quanto substrati su cui meglio si esplica la patologia glaucomatosa.

OCULARI

MIOPIA: nell’occhio miope si determinano fenomeni

distrofico-degenerativi soprattutto nelle aree peri-papillare e papillare, che diventano perciò più vulnerabili all’insulto pressorio. La miopia, inoltre, è già di per sé in grado di determinare un danno campimetrico a volte molto grave, che contribuisce a peggiorare il quadro clinico del paziente. IPERMETROPIA: il soggetto con ipermetropia assiale presenta una minore

lunghezza dell’asse antero-posteriore del bulbo oculare ed una minore ampiezza dell’angolo irido-corneale con maggior contatto tra orletto pupillare e superficie anteriore del cristallino. Questa particolare conformazione anatomica favorisce l’insorgenza di blocco pupillare e di glaucoma in forma principalmente acuta e subacuta.

(8)

diagnosi di glaucoma. Oggi la pressione intraoculare è stata ricondotta a ruolo di semplice fattore di rischio. Difatti si è riscontrato che anche i fattori vascolari da soli possono essere determinanti per la genesi della patologia glaucomatosa. Ciò nonostante, l’ipertono oculare (> 21 mmHg) è considerato il più importante tra tutti i fattori di rischio.

BASI ANATOMICHE E FISIOPATOLOGICHE

Sezione della parte anteriore del bulbo oculare. Ben visibili la camera anteriore e

(9)

Anatomia del bulbo oculare. Schema delle componenti anatomiche del segmento anteriore e

posteriore dell’occhio.

IDRODINAMICA OCULARE

L’umor acqueo è un liquido incolore con un pH lievemente più basico rispetto a quello ematico. Contiene minime quantità di proteine e glucosio e maggiori concentrazioni di acido ascorbico, ione bicarbonato, sodio e cloruri.

Costituisce un’importante fonte di nutrienti per il bulbo nonché un sistema di rimozione dei rifiuti metabolici. L’umor acqueo, infine, è il presupposto della consistenza e della forma del globo oculare, in quanto conferisce all’occhio una certa pressione interna, ossia il fisiologico tono intraoculare.

In totale la quantità di umor acqueo è compresa tra 100 e 450 ml. Viene prodotto dalle cellule dei processi ciliari, circa 70 creste lamellari localizzate sulla faccia interna del corpo ciliare, alla velocità di 22 ± 0,36 mm3/min, grazie a meccanismi sia passivi che attivi.

Fenomeni di diffusione, ultrafiltrazione e dialisi rappresentano il trasporto passivo, che non incide più del 25-30% sul totale della produzione.

(10)

Il restante 70-75% viene prodotto attraverso meccanismi attivi, grazie ad un trasporto unidirezionale di soluti, seguito poi passivamente dall'acqua per gradiente di concentrazione osmotica. La pompa sodio-potassio ATP-asica e l’enzima anidrasi carbonica localizzato a livello dei corpi ciliari (che genera ioni bicarbonato) sono i due elementi chiave. La loro azione accoppiata porta in ultima analisi all’accumulo di sodio e bicarbonato negli spazi intercellulari, che richiama acqua.

Dalla camera posteriore l’umor acqueo passa in quella anteriore attraverso lo spazio irido-lenticolare e qui presenta regolari movimenti da parete a parete della cavità camerulare ed un moto convettivo ascendente davanti all’iride e discendente verso la cornea, in ragione della differenza di temperature esistenti tra le due strutture6.

Giunto nell’angolo irido-corneale, esso defluisce dalla camera anteriore e si versa nel circolo venoso dell’occhio attraverso diverse vie di drenaggio: trabecolare (o convenzionale), uveo-sclerale (o non convenzionale) e iridea.

Deflusso TRABECOLARE: costituisce la principale via di deflusso (85%). Il

drenaggio avviene passando attraverso il trabecolato, il canale di Schlemm e i collettori post-canalicolari, il plesso venoso episclerale ed infine la circolazione venosa sistemica. Questa via è dipendente dalla pressione e dal volume, cosicché, in un occhio sano, all’aumentare della pressione aumenta la fuoriuscita.

(11)

Deflusso UVEO-SCLERALE: provvede al 15% circa del drenaggio totale in

condizioni normali, ma potrebbe acquisire notevole importanza nelle situazioni di alterato deflusso trabecolare. L’acqueo permea il corpo ciliare e raggiunge gli spazi sovra-coroideali senza passare nel trabecolato. Viene quindi drenato dalla circolazione venosa del corpo ciliare, della coroide e della sclera. Caratteristica di tale via è l’assoluta indipendenza dalla pressione intraoculare.

Via di deflusso UVEO-SCLERALE.

Deflusso IRIDEO: poco rilevante, si verifica per assorbimento diretto da parte dell’iride.

REGOLAZIONE DELLA PRODUZIONE E DEL DEFLUSSO

La pressione intraoculare si mantiene a livelli relativamente costanti; il range di normalità è tra 9 e 21 mmHg, con variazioni circadiane7.

Esistono meccanismi di regolazione per l’omeostasi del sistema e, nell’ambito dei supporti nervosi, un ruolo fondamentale è attribuibile al sistema nervoso autonomo, nei suoi versanti parasimpatico e simpatico.

(12)

SISTEMA PARASIMPATICO: i parasimpatico-mimetici (pilocarpina)

determinano la contrazione del muscolo ciliare e dello sfintere dell’iride, portando all’aumento del deflusso trabecolare.

SISTEMA SIMPATICO: con la stimolazione dei recettori β–2, localizzati

nell’epitelio non pigmentato dei corpi ciliari, si ha un aumento della produzione di umor acqueo e quindi un aumento della IOP.

I recettori α–1 a livello del muscolo dilatatore dell’iride e del muscolo di Muller se stimolati provocano midriasi, retrazione palpebrale e riduzione del deflusso di acqueo, con conseguente aumento della IOP.

I recettori α–2, infine, localizzati a livello pre-sinaptico e nei corpi ciliari, hanno azione antagonista rispetto a quella mediata dai recettori β–2 ed α–1. Se stimolati, infatti, diminuiscono la produzione di umor acqueo ed incrementano il deflusso uveo-sclerale con riduzione della IOP.

La pressione intraoculare è il risultato dell’equilibrio dinamico tra produzione e deflusso dell’umor acqueo secondo l’equazione di Goldmann:IOP = (F x R) + Pv, dove F rappresenta la quantità di acqueo prodotto, R le resistenze che ostacolano il deflusso e Pv la pressione vigente nelle vene episclerali. Ogni volta che aumenta uno di questi parametri, la IOP aumenta.

Nel glaucoma ad angolo aperto, ad esempio, possono aumentare le resistenze all’interno del trabecolato con conseguente ipertono, mentre in quello ad angolo chiuso può verificarsi un’aderenza tra il bordo pupillare dell’iride ed il cristallino, con ostruzione al passaggio di umor acqueo dalla camera posteriore a quella anteriore; l’iride, spinta in avanti dall’aumentata pressione in camera posteriore, causa la chiusura dell’angolo irido-corneale e crea una riduzione del deflusso di acqueo. Quando quest’angolo si chiude velocemente si osserva un rapido aumento di pressione intraoculare e si può sviluppare un glaucoma acuto.

(13)

MECCANISMI DI DANNO

La patologia glaucomatosa si associa alla morte delle cellule ganglionari retiniche, che si verifica soprattutto per meccanismo apoptotico più che per necrosi. I fattori che influenzano il numero di cellule che vengono perse sono molteplici, ma è opinione comune che alla base si abbiano eventi ischemici o meccanici.

Teoria vascolare: sostiene che l’ipertono oculare determini innanzitutto compressione della microcircolazione, con risultante ischemia della papilla ottica.

Teoria meccanica: suggerisce che l’aumento pressorio intraoculare danneggi direttamente le fibre nervose retiniche che passano attraverso la lamina cribrosa.

Nessuna delle due teorie spiega completamente tutte le diverse forme di glaucoma. E’ stato recentemente proposto uno schema patogenetico integrato, che vede i fattori vascolari e meccanici concorrere in misura variabile (a seconda dei tipi clinici e delle condizioni individuali) alla genesi dell'atrofia glaucomatosa.

In qualunque caso, una volta verificatosi il danno iniziale, si determina un rimodellamento a livello della testa del nervo ottico. Si innescano infatti una serie di eventi a cascata, che causano l’attivazione di astrociti e cellule gliali, nonché alterazioni della matrice extracellulare della lamina cribrosa, con conseguente collasso di quest’ultima e perdita del supporto assonale.

(14)

CLASSIFICAZIONE

Il glaucoma può essere classificato in base a vari criteri.

La presenza o meno di fattori associati, quali particolari patologie oculari o sistemiche che abbiano contribuito al rialzo pressorio, permette di definirlo:

PRIMARIO

SECONDARIO.

A seconda dell’epoca d’insorgenza, se presente fin dalla nascita o se insorto in un periodo successivo, può essere distinto in:

CONGENITO

ACQUISITO.

In base al meccanismo di ostacolo al deflusso dell’umore acqueo, si classifica in:  AD ANGOLO APERTO

AD ANGOLO CHIUSO.

(15)

GLAUCOMA AD ANGOLO APERTO

Rappresenta la forma più frequente di glaucoma, è spesso bilaterale ma non sempre simmetrico. Le caratteristiche salienti sono:

 Esordio in età adulta;

 IOP > 21 mmHg, riscontrata almeno una volta nel corso della vita;  Angolo camerulare aperto e di aspetto normale;

 Danno glaucomatoso al nervo ottico;  Perdita di porzioni di campo visivo.

Questo tipo di glaucoma insorge a causa di un aumento delle resistenze al deflusso dell’umor acqueo a livello trabecolare.

Clinicamente parlando, può essere del tutto asintomatico oppure avere un decorso subclinico. Il paziente riferisce talvolta un modesto offuscamento visivo ed un senso di pesantezza sovraorbitaria, simile ad una cefalea. Raramente è presente dolore bulbare importante, che caratterizza invece l’attacco di glaucoma acuto.

L’acuità visiva si mantiene inalterata anche nelle fasi avanzate di malattia, mentre il campo visivo si restringe progressivamente, causando difficoltà nella percezione degli ostacoli laterali. Con il progredire della patologia la sintomatologia si accentua con aumentato offuscamento visivo, presenza di aloni colorati intorno alle luci ed incremento del deficit campimetrico.

L’osservazione del fondo mostra l’escavazione della papilla, con tipico aspetto “a scodella”, che può arrivare fino alla completa atrofia in fase terminale di malattia.

All’esame campimetrico si rilevano danni proporzionali all’escavazione della papilla. Le fibre nervose più resistenti sono quelle che originano dalla regione maculare; per questa ragione, la visione centrale è quella conservata più a lungo.

(16)

GLAUCOMA AD ANGOLO CHIUSO

È causato dalla chiusura completa o parziale dell’angolo irido-corneale per apposizione dell’iride periferica al trabecolato, con conseguente aumento della IOP. I sintomi saranno tanto più accentuati quanto più rapido ed elevato è l’aumento pressorio.

Angolo irido-corneale chiuso.

Esistono condizioni anatomiche predisponenti:

DIMENSIONI DEL CRISTALLINO: il cristallino è l’unica struttura oculare

che continua a crescere nel corso della vita. La crescita assiale (antero-posteriore) fa sì che la sua faccia anteriore si avvicini alla cornea, mentre l’accrescimento equatoriale allenta il legamento sospensore, consentendo al diaframma iride-lente di muoversi anteriormente. Entrambi questi fattori causano una progressiva riduzione della profondità della camera anteriore.

DIAMETRO CORNEALE RIDOTTO

LUNGHEZZA ASSIALE DEL BULBO: la posizione del cristallino ed il diametro

corneale sono strettamente correlati alla lunghezza assiale del bulbo. Un occhio piccolo, spesso ipermetrope, ha un diametro corneale ridotto ed

(17)

della camera anteriore ed elevato rischio di sviluppare glaucoma ad angolo stretto.

Il meccanismo patogenetico di chiusura dell’angolo non è ancora del tutto noto, ma esistono due teorie a riguardo:

Teoria del muscolo dilatatore: sostiene che la contrazione del muscolo dilatatore della pupilla eserciti una forza diretta posteriormente che incrementa il livello di apposizione tra iride e cristallino anteriorizzato, aumentando il grado di blocco pupillare fisiologico. Nella camera posteriore, perciò, si accumula una pressione superiore a quella presente in camera anteriore. Inoltre, con la dilatazione pupillare, la periferia iridea diventa più flaccida e, spinta dalla IOP aumentata in camera posteriore, si gonfia in avanti assumendo un profilo a convessità anteriore (iride a bombé). Così l’iride tocca la superficie posteriore della cornea, con ostruzione dell’angolo irido-corneale.

Teoria del muscolo sfintere: postula che il primum movens della chiusura angolare sia il rilasciamento dello sfintere pupillare, visto che la forza del blocco pupillare è maggiore quando il diametro pupillare è di 4 mm circa.

Sulla base del meccanismo di chiusura angolare, si riconoscono diverse forme:  CON BLOCCO PUPILLARE

- Primario: intermittente, acuto o cronico.

- Secondario: da aumentato volume del cristallino, da sinechie

posteriori, da miotici, da pseudofachia con vitreo in camera anteriore.

SENZA BLOCCO PUPILLARE

(18)

- Secondario: a sinechie angolari per precedente blocco pupillare, a

riduzione di profondità della camera anteriore, a neovascolarizzazione angolare o ad infiammazioni.

Dal punto di vista clinico, il glaucoma ad angolo chiuso può essere classificato in sei stadi: latente, subacuto o intermittente, congestizio acuto, post-congestizio, cronico e assoluto. Ad ognuna di queste definizioni si associa una sintomatologia caratteristica.

La fase latente, come suggerisce il nome, implica un occhio con sintomatologia clinica assente, ma anatomicamente predisposto ad un futuro attacco di glaucoma. La diagnosi è quindi retrospettiva, quando l’occhio controlaterale ha già subìto un attacco di glaucoma congestizio acuto.

La fase intermittente si associa ad attacchi improvvisi e ricorrenti di glaucoma, con blocco pupillare e rapido aumento della IOP. Questi eventi si risolvono spontaneamente dopo 1-2 ore.

La fase congestizia acuta è un’emergenza oculistica. Causata da un’improvvisa e totale chiusura dell’angolo, si manifesta con vivo dolore perioculare e congestione dell’occhio. Se non si interviene prontamente, il paziente andrà incontro a deficit irreversibili del campo visivo, come allargamento della macchia cieca e scotomi arciformi (fase post-congestizia).

Nella fase cronica è possibile osservare alla gonioscopia una chiusura angolare di grado variabile, dovuta alla presenza di sinechie.

La fase assoluta è lo stadio terminale del glaucoma ad angolo chiuso congestizio acuto. L’occhio è completamente cieco.

(19)

GLAUCOMA CONGENITO

Il glaucoma congenito è una rara patologia dovuta a disgenesia o agenesia delle strutture angolari della camera anteriore, deputate al deflusso dell’umor acqueo.

Di solito è bilaterale e, a seconda dell’epoca d’insorgenza, si distingue in precoce e tardivo.

PRECOCE: vista la distensibilità del guscio sclerale tipica di quest’età,

l’ipertono determina precocemente e rapidamente buftalmo, ossia la deformazione del bulbo oculare fino a grandi dimensioni. L’aumento di volume del bulbo è proporzionale al grado di ipertono.

E’ facilmente diagnosticabile nella forma conclamata, grazie alla caratteristica sintomatologia con fotofobia e lacrimazione e all’obiettività che mostra aumento dei diametri corneali e della lunghezza antero-posteriore del bulbo (rilevabile all’eco), edema corneale, ipertono marcato (oltre i 40 mmHg), buftalmo e opacamento corneale, dovuto ad infiltrazione edematosa. L’edema, se non trattato precocemente, farà fatica a ridursi e la cornea rimarrà opacizzata impedendo la visione.  TARDIVO: si manifesta solitamente dopo i 7-8 anni. Alla base comunque

si hanno le medesime anomalie dell’angolo irido-corneale implicate nella forma precoce. A questa età la sclera è poco distensibile, quindi non si avranno alterazioni volumetriche del bulbo e la sintomatologia sarà simile al glaucoma cronico dell’adulto.

GLAUCOMA SECONDARIO

NEOVASCOLARE O EMORRAGICO: l’ostacolo al deflusso è rappresentato

dalla matassa di vasi neoformati nell’angolo irido-corneale, come conseguenza di alterazioni ischemiche della retina (diabete, occlusione di

(20)

confermerà la presenza di neovasi nello stroma irideo e nell’angolo; alcune volte può essere presente sangue in camera anteriore (ipoema). E’ una forma di glaucoma refrattaria a terapia, solo la chirurgia con impianto di valvole drenanti o la ciclofotocoagulazione laser dei corpi ciliari possono ottenere una modica riduzione della pressione.

DA CORTISONE: rappresenta una delle forme più importanti di patologia

oculare iatrogena. Ne sono affetti pazienti che hanno utilizzato per molto tempo colliri cortisonici, che portano all’accumulo di mucopolisaccaridi nelle strutture trabecolari. Le caratteristiche sono simili al glaucoma ad angolo aperto.

POST-INFIAMMATORIO: si manifesta a seguito di processi infiammatori

(iridocicliti) che possono coinvolgere il forame pupillare e le strutture angolari con formazione di aderenze tra iride e cristallino (sinechie irido-lenticolari) o a livello dell’angolo (goniosinechie).

 FACOLITICO/FACOTOSSICO: è dovuto a dispersione di materiale proteico

lenticolare in camera anteriore e poi nell’angolo, per interruzione della capsula anteriore del cristallino in soggetti con cataratta molto avanzata o post-traumatica. Il materiale lenticolare causa una florida reazione infiammatoria di tutto il segmento anteriore, con ipertono importante. Al giorno d’oggi è raro.

 DA SUB-LUSSAZIONE O LUSSAZIONE DELLA LENTE: lo spostamento

parziale o totale del cristallino verso la camera anteriore causa un blocco meccanico della via di deflusso.

 DA TUMORE: melanoma dell’iride o del corpo ciliare.

 DA BLOCCO DEL DEFLUSSO VENOSO: è tra le forme più frequenti di

glaucoma esogeno. E’ causato da stasi venosa secondaria ad abnormi comunicazioni artero-venose intracraniche (a livello del seno cavernoso o della cavità orbitaria) o ad aneurismi comprimenti tratti venosi del circolo oculare refluo. In questi casi, l’ipertono oculare può essere preceduto da

(21)

DIAGNOSI

La diagnosi di glaucoma oggi si basa sulla constatazione di elementi clinici caratteristici. In particolare si valuta l'ipertono e il danno anatomico-morfologico e funzionale, a carico delle fibre ganglionari che costituiscono il nervo ottico. Il soggetto affetto da glaucoma ad angolo aperto presenta una sintomatologia molto scarsa, se non addirittura assente, fino a quando non si verifica una consistente perdita del campo visivo. Ciò accade poiché il difetto si sviluppa gradualmente e la fissazione è coinvolta solo tardivamente nel corso della malattia. Proprio per questa peculiare assenza di sintomatologia, il glaucoma è spesso definito “ladro silenzioso della vista”. La riduzione del campo visivo inizia a partire dal settore nasale inferiore per estendersi successivamente al nasale superiore, temporale inferiore, temporale superiore, fino a portare alla classica “visione tubulare o a cannocchiale”.

Campo visivo. Da sinistra a destra: evoluzione del campo visivo in soggetto glaucomatoso.

Sebbene il difetto sia solitamente bilaterale, la progressione è spesso asimmetrica. I pazienti vanno incontro ad una graduale perdita del campo visivo, arrivando alla cecità completa nei casi più gravi e avanzati.

Il glaucoma è tipicamente una patologia progressiva, perciò si può soltanto interromperne il decorso. Da qui l’importanza di controlli periodici e programmi di screening, che possono bloccare il deterioramento visivo in fase iniziale, quando il visus non è ancora definitivamente compromesso.

(22)

Per l’inquadramento del paziente glaucomatoso si hanno a disposizione analisi di primo, secondo e terzo livello.

 1° livello  TONOMETRIA  OFTALMOSCOPIA  GONIOSCOPIA  2° livello  PERIMETRIA

 MORFOMETRIA DELLA PAPILLA OTTICA E DELLE FIBRE RETINICHE (HRT e OCT)

 3° livello

(23)

TONOMETRIA

Lo strumento atto a rilevare l’aumento della pressione intraoculare è il tonometro. Ne esistono vari tipi, tra cui il più famoso è quello di Goldmann. In alternativa è possibile utilizzare la Tono-pen, il tonometro a soffio o il tonometro di Pascal.

Tonometri. Da sinistra verso destra: tonometro di Goldmann, Tono-pen, tonometro a soffio e

tonometro di Pascal.

La tonometria è la misurazione della pressione intraoculare e viene considerata uno degli esami cardine nella semeiotica del glaucoma.

Il principio fondamentale di tutti i tonometri di uso clinico risiede nell'applicazione di una forza nota alla superficie corneale e nel rilievo della deformazione indotta, da cui si calcola la IOP. Esistono due metodi di misurazione: mediante indentazione o tramite applanazione della cornea.

La tonometria da indentazione sfrutta l’azione di una forza meccanica esercitata da uno stantuffo metallico di peso noto. Il suo inconveniente principale consiste nel fatto che, essendo elevato il volume di fluido intraoculare dislocato, la misurazione risente fortemente di variazioni della rigidità sclerale (miopia, pregressi interventi episclerali), che ne alterano l’attendibilità.

(24)

Il gold standard è la tonometria ad applanazione, in cui si applica una forza sulla superficie oculare in grado di rendere piana una piccola area della cornea. In questo modo si spostano piccole quantità di liquido, minimizzando il ruolo della rigidità sclerale. Il principio su cui si basa questa metodica è la legge di Imbert-Fick, la quale stabilisce che in una sfera ideale con pareti sottili, la pressione al suo interno (P) è uguale alla forza necessaria per appiattire la superficie (F) diviso l’area di applanamento (A)8. Un aspetto da tenere in considerazione è che si possono avere sottostime o sovrastime della IOP in base allo spessore corneale, se la cornea è rispettivamente più sottile o più spessa del valore di riferimento di 520 µm9.

La distribuzione della pressione intraoculare nella popolazione assume un aspetto gaussiano, con un picco intorno ai 15,5 mmHg. I valori da considerarsi statisticamente anomali sono quelli superiori a 21-22 mmHg. Inoltre, la IOP varia in maniera circadiana, con picco pomeridiano. Queste oscillazioni possono essere più o meno accentuate, pertanto assume notevole importanza effettuare una curva tonometrica, in modo da avere un quadro preciso dei valori pressori nel corso della giornata.

(25)

OFTALMOSCOPIA

All’esame oftalmoscopico, il segno caratteristico del glaucoma ad angolo aperto è l’escavazione della papilla ottica. Questo elemento viene valutato osservando l’incurvamento dei piccoli vasi durante il passaggio sulla papilla. Un altro aspetto importante è il contrasto di colore rilevabile a livello papillare. La papilla dell’occhio affetto da glaucoma si presenta sempre più pallida rispetto a quella dell’occhio sano10.

Papilla ottica. A sinistra: aspetto normale; al centro: in fase glaucomatosa iniziale; a destra:

nel glaucoma avanzato.

Bisogna ricordare che esiste un’escavazione fisiologica, ma è lecito insospettirsi quando il rapporto tra diametro dell’escavazione e diametro della papilla risulti maggiore di 0,3 oppure quando si abbia un’asimmetria maggiore o uguale a 0,2 tra i due occhi.

In definitiva, il paziente glaucomatoso presenta tipicamente un aumento dell’escavazione della papilla associato ad un progressivo assottigliamento uniforme o localizzato della rima papillare.

Atri segni sono l’atrofia peripapillare ed il restringimento arteriolare focale peripapillare, che correla con la perdita del campo visivo.

(26)

Esame oftalmoscopico. A sinistra: papilla ottica normale; a destra: papilla ottica

glaucomatosa.

GONIOSCOPIA

La gonioscopia è la metodica clinica che consente la valutazione morfologica dell’angolo irido-corneale, fornendo informazioni utili a definire il tipo di glaucoma presente. Si utilizza una lente a contatto per neutralizzare il potere di rifrazione corneale, permettendo la visualizzazione diretta o indiretta delle strutture dell’angolo a seconda del tipo di lente.

Gonioscopio e gonioscopia.

(27)

PERIMETRIA

E’ un altro importante esame per la diagnosi e il follow-up del paziente glaucomatoso. Fornisce informazioni sul campo visivo.

Il soggetto è seduto davanti allo strumento, detto campimetro, costituito da una cupola emisferica bianca sulla quale vengono proiettate mire luminose di diversa intensità e grandezza. Il paziente è munito di un pulsante che deve azionare ogni volta che percepisca uno stimolo luminoso. Si parla di perimetria cinetica se si impiegano stimoli che vengono fatti scorrere con velocità costante dalla periferia verso il centro (dal non visto al visto); si definisce invece statica se si utilizzano mire fisse a luminanza variabile. Nel primo caso, l’obiettivo è quello di localizzare i punti sensibili ad un determinato stimolo; con la perimetria statica, invece, si cerca di individuare lo stimolo minimo percepito in un determinato punto. La tecnica più utilizzata oggi è la perimetria statica automatica computerizzata.

Esistono tipologie diverse di strumento per misurare il campo visivo: i perimetri Humphrey, Oculus Twinfield, Centerfield e Octopus. Questi differiscono per numerosi parametri, come il diametro della cupola, la luminosità dello sfondo e della mira nei perimetri ed il tempo d’esposizione11.

Nel paziente affetto da glaucoma, i tipici segni di riduzione del campo visivo sono gli scotomi. I primi che compaiono interessano l’area centro-paracentrale e sono gli scotomi paracentrali isolati, che si possono associare alla presenza di un’asimmetria di sensibilità a cavallo dell’emimeridiano nasale (salto nasale di Ronne). Nella malattia conclamata si osservano alterazioni fascicolari a decorso curvilineo, i cosiddetti scotomi arciformi di Bjerrum. Negli stadi terminali rimangono soltanto isole di sensibilità residua, localizzate tipicamente nell’area centrale ed in periferia temporale.

(28)

Esame perimetrico. A sinistra: paziente in corso di esame; a destra: risultati.

MORFOMETRIA DELLA PAPILLA OTTICA

Più che per porre diagnosi, la valutazione morfologica e morfometrica della papilla serve a monitorarne l’evoluzione, fornendo dati numerici confrontabili nel tempo.

L’HRT (Heidelberg Retinal Tomography o tomografia neuro-retinica) è un microscopio a scansione laser confocale, che consente di acquisire immagini tridimensionali del segmento posteriore.

(29)

Questo esame permette una valutazione quantitativa della topografia retinica, rilevando parametri papillari quali ad esempio l’area della testa del nervo ottico, l’area e la profondità media di escavazione papillare e l’altezza dello strato delle fibre nervose retiniche misurato sul margine esterno della papilla. Ripetendo l’esame nel tempo, inoltre, l’HRT consente un preciso follow-up di eventuali modificazioni a livello della testa del nervo ottico. Il software dell’apparecchiatura permette di paragonare differenti immagini dello stesso paziente acquisite nei vari controlli effettuati e di ottenere una mappa dei cambiamenti topografici dell’area papillare che sono avvenuti nell’intervallo di tempo tra i test diagnostici, in modo da valutare più accuratamente la progressione della malattia.

L’OCT (Optical Coherence Tomography) è una moderna indagine non invasiva che consente di misurare lo spessore delle fibre nervose retiniche, ottenendo informazioni su eventuali anomalie della neuroretina. L’esame sfrutta il raggio di luce emesso da una sonda laser ad infrarossi, che viene riflesso in maniera diversa a seconda della quantità di fibre nervose presenti. L’apparecchio riesce ad elaborare un’immagine corrispondente all’anatomia retinica (tonogramma), utilizzando una scala di colori scuri (blu e nero) nelle aree di reflettività ottica minima, quindi con poche fibre nervose, e colori brillanti (rosso e bianco) nelle aree con maggiore quantità di fibre, aventi quindi una maggiore reflettività ottica.

(30)

ULTRABIOMICROSCOPIA (UBM)

L’UBM è una forma particolare di ecografia ad altissima risoluzione, attualmente limitata alla parte anteriore dell’occhio, in grado di fornire informazioni molto dettagliate sulle strutture dell’angolo. I dati così ottenuti orientano su diagnosi e differenziazione di numerose forme di glaucoma (glaucoma ad angolo chiuso, glaucoma maligno, da intumescenza del cristallino, glaucomi secondari).

E’ inoltre un esame di fondamentale importanza per evidenziare e differenziare i processi tumorali o le cisti dell’iride e dei corpi ciliari.

(31)

2. TERAPIA MEDICA

E PARACHIRURGICA

2.1 FARMACI

Il glaucoma necessita nella maggior parte dei casi di terapia a vita, essendo una patologia cronica. Solo un terzo dei pazienti risponde alla terapia medica e ancora minore è il numero di soggetti che ottiene un blocco completo della progressione della malattia. La terapia farmacologica, comunque, è meglio accettata dal paziente e gravata da minori complicanze rispetto a quelle che possono verificarsi dopo un intervento chirurgico. Deve essere utilizzata, perciò, come prima arma contro la malattia.

La terapia medica si basa sulla somministrazione di uno o più farmaci, assunti per via topica o sistemica, scelti in base al meccanismo d’azione e all’anamnesi del paziente, individuando ed escludendo eventuali principi attivi controindicati. L’obiettivo è ridurre la pressione intraoculare a valori più bassi ed appropriati, in modo da evitare danni al nervo ottico.

Per fare ciò, si può andare ad agire su diversi versanti con:

 Farmaci che riducono la secrezione di umor acqueo (β-bloccanti, inibitori dell’anidrasi carbonica e α–2 agonisti);

 Farmaci che aumentano il deflusso dell’acqueo per via trabecolare (miotici ed epinefrina) od uveo-sclerale (analoghi delle prostaglandine).

(32)

β-BLOCCANTI

Rappresentano da molti anni il caposaldo della terapia medica del glaucoma. Antagonizzano gli effetti delle catecolamine a livello dei recettori β e riducono la IOP, diminuendo la secrezione di acqueo12. Sono pertanto utili in tutti i tipi di glaucoma.

I β-bloccanti possono essere non selettivi o cardioselettivi. I non selettivi sono equipotenti a livello dei recettori β–1 (cardiaci) e β–2 (polmonari ed oculari). I più indicati nella terapia del glaucoma sono i β-bloccanti non selettivi, quali

Timololo, Levobunololo, Metipranololo o Carteololo.

In generale, i β-bloccanti non selettivi sono ugualmente efficaci nel diminuire la pressione intraoculare, con riduzione media della IOP del 20–25%13.

Il Betaxololo è l’unico agente cardioselettivo attualmente disponibile per il trattamento del glaucoma. E’ dotato di un effetto ipotensivo oculare inferiore rispetto ai non selettivi.

I β-bloccanti hanno controindicazioni di carattere generale: insufficienza cardiaca, asma, BPCO severa, blocco atrio-ventricolare di secondo o terzo grado e bradicardia. Altri effetti collaterali includono rare allergie, cheratopatia punctata e ridotta produzione di film lacrimale.

α–2 AGONISTI

Sono farmaci adrenergici selettivi, che agiscono sui recettori α–2 localizzati a livello dell’epitelio ciliare. Riducono la IOP sia diminuendo la produzione di umor acqueo, che favorendo il deflusso uveo-sclerale.

Tra i più prescritti la Brimonidina, altamente selettiva, dotata anche di effetto neuroprotettivo. Può essere associata ai β-bloccanti. Il principale effetto collaterale oculare è la congiuntivite allergica, mentre quelli sistemici sono xerostomia, affaticabilità e sonnolenza.

(33)

Un altro farmaco usato è l’Apraclonidina. E’ utile soprattutto per diminuire la IOP in caso di rialzi acuti, come dopo interventi di chirurgia laser del segmento anteriore14. Al contrario, non è indicata per trattamenti a lungo termine, data l’alta incidenza di effetti collaterali, soprattutto reazioni allergiche, e la perdita di efficacia terapeutica nel tempo.

ANALOGHI DELLE PROSTAGLANDINE

Riducono la IOP favorendo il deflusso uveo-sclerale15. Il loro meccanismo d’azione è ancora incerto. Alcuni autori suggeriscono che il deflusso aumenti grazie al rilassamento del muscolo ciliare e alla dilatazione degli spazi interposti tra i fasci del suddetto muscolo; tutto ciò avviene grazie all’alterato metabolismo della matrice extracellulare che interessa le cellule del muscolo ciliare16.

Uno dei più utilizzati è il Latanoprost, la cui efficacia è superiore al Timololo17, sebbene alcuni pazienti non rispondano al farmaco. Può eventualmente essere associato al Timololo, con un’ulteriore riduzione della IOP del 15–30%18.

Altri analoghi delle prostaglandine sono il Travoprost (simile al Latanoprost) e il Bimatoprost, che oltre a favorire il deflusso uveo-sclerale potenzia anche la filtrazione trabecolare.

Gli effetti collaterali oculari comprendono: iperemia congiuntivale, aumento di lunghezza e spessore delle ciglia e iperpigmentazione di iride, ciglia e cute periorbitaria. In occhi con fattori di rischio addizionali può svilupparsi un edema maculare cistoide ed uveite anteriore. Tra gli effetti collaterali sistemici ritroviamo cefalea occasionale ed interessamento delle vie aeree superiori.

(34)

MIOTICI

Sono farmaci parasimpaticomimetici che agiscono stimolando i recettori muscarinici dello sfintere pupillare e del corpo ciliare. Risultano utili sia nel trattamento del glaucoma ad angolo aperto, aumentando il deflusso trabecolare grazie alla contrazione del muscolo ciliare, che in quello ad angolo chiuso, poiché la contrazione dello sfintere pupillare e la risultante miosi allontanano la periferia iridea dal trabecolato, aprendo così l’angolo.

Il miotico più usato è la Pilocarpina, sia in monoterapia che in combinazione con Timololo o Betaxololo.

Gli effetti collaterali includono: miosi, dolore sopraciliare, miopia ed esacerbazione dei sintomi della cataratta.

INIBITORI DELL’ANIDRASI CARBONICA

Diminuiscono la IOP riducendo la produzione di umor acqueo dal 20 al 50%19. L’anidrasi carbonica è un enzima ubiquitario. Una risposta fisiologica rilevante richiede che più del 99% dell’enzima sia inibito nel suo target; per questo motivo si utilizzano inibitori ad uso topico, al fine di ridurre gli importanti effetti collaterali a livello sistemico20.

Gli inibitori topici sono la Brinzolamide e la Dorzolamide.

La Dorzolamide è un inibitore altamente selettivo dell’anidrasi carbonica–2 (l’isoenzima più rappresentato a livello oculare) e possiede un’efficacia paragonabile al Betaxololo, ma inferiore al Timololo21. I suoi effetti collaterali si manifestano soprattutto a livello oculare: congiuntivite allergica e cheratite punctata. La Brinzolamide è simile alla Dorzolamide, ma con minore incidenza di allergia locale22.

Gli inibitori sistemici dell’anidrasi carbonica sono rappresentati dall’Acetazolamide e dalla Diclorfenamide. Sono utili per trattamenti a

(35)

breve termine, a causa dei loro effetti collaterali sistemici. L’uso prolungato di questi farmaci può causare parestesie a mani e piedi, malessere generale, affaticabilità, perdita di peso, depressione, anoressia e calo della libido; più raramente possono manifestarsi disturbi gastrointestinali, discrasie ematiche, sindrome di Stevens-Johnson e formazione di calcoli renali.

AGENTI IPEROSMOTICI

Riducono la pressione intraoculare aumentando l’osmolarità del sangue, cosicché il gradiente osmotico tra sangue e umor acqueo richiami acqua dal vitreo, con conseguente calo della IOP. Condizione indispensabile per l’uso degli agenti iperosmotici è l’integrità anatomo-funzionale della barriera emato-acquosa. In caso contrario, si stabilirebbe un equilibrio osmotico ed ogni effetto terapeutico successivo verrebbe meno. Per questa ragione hanno scarsa efficacia nei glaucomi infiammatori, in cui la barriera è compromessa in quanto maggiormente permeabile.

Sono indicati quando serve un temporaneo calo della IOP non ottenibile con altri mezzi, come ad esempio nel glaucoma acuto ad angolo chiuso o prima di un intervento chirurgico oculare in un paziente con tono molto elevato.

I più comuni agenti iperosmotici sono: Glicerina e Isosorbide, entrambi orali ed il Mannitolo endovena. Per via orale si hanno meno effetti collaterali gravi, ma frequentemente nausea e vomito. Il Mannitolo è molto efficace ma controindicato in pazienti con patologie renali o cardiache. Altri effetti collaterali sono: sovraccarico cardiovascolare, ritenzione urinaria, cefalea e confusione mentale.

(36)

La scelta tra mono e politerapia dipenderà dalla risposta del paziente ad un primo approccio terapeutico e dall’entità del target pressorio da raggiungere. I valori di riduzione della IOP attesi (rispetto alla linea di base) sono orientativamente del 25% per la monoterapia, del 35% per la terapia di associazione e del 40% in regime di massima terapia, cioè associazioni farmacologiche multiple.

Nella pratica clinica frequentemente si associano diverse categorie di farmaci; l’importante è accostare principi attivi che differiscano per meccanismo d’azione. Comuni preparazioni topiche combinate sono: Timololo e Dorzolamide; Timololo e Latanoprost; Timololo e Pilocarpina.

(37)

2.2 LASER

L’approccio parachirurgico che si avvale di moderni laser oftalmici permette in molti casi di ridurre l'assunzione di farmaci e di evitare o rimandare l'eventualità di un intervento chirurgico.

Esistono diversi tipi di trattamento laser per la cura della patologia glaucomatosa e la tecnica più idonea viene scelta dallo specialista, in funzione delle specifiche caratteristiche del glaucoma su cui si deve intervenire.

E' comunque sempre necessario, anche avendo ottenuto una riduzione della pressione, continuare a sottoporsi a controlli periodici, per verificare lo stato del nervo ottico.

TRABECULOPLASTICA ARGON LASER (ALT)

Il laser Argon è utilizzato per l'effetto termico della sua radiazione: piccole bruciature a livello del trabecolato ne dilatano le fessure ostruite, ottimizzando il deflusso dell'umor acqueo. Un secondo meccanismo biochimico d’azione è dovuto probabilmente alla produzione di citochine infiammatorie in seguito all’insulto laser-mediato, che aumentano la permeabilità endoteliale.

Grazie ad un collirio anestetico, l'intervento risulta solitamente indolore e dura pochi minuti.

L’Argon laser è indicato nei pazienti con glaucoma ad angolo aperto, mentre risulta inefficace in quelli infantili e nella maggiore parte di quelli secondari, fatta eccezione per il glaucoma pigmentario e pseudoesfoliativo.

Le complicanze post-trattamento sono in genere non gravi e transitorie; tra queste si riconoscono: iperemia congiuntivale, uveite anteriore, ipertono a volte elevato e della durata di alcuni giorni, microemorragie e sviluppo di sinechie.

(38)

Il risultato finale è variabile e tende a ridursi nel tempo. Il successo iniziale si aggira intorno al 75–85%. La riduzione media della IOP è del 30% circa. Se la pressione intraoculare è ancora sotto controllo ad 1 anno, anche grazie alle terapie farmacologiche, la probabilità che lo sia anche dopo 5 anni è del 65% e dopo 10 anni del 40%.

Argon laser. Segni di impatto del laser al microscopio elettronico.

TRABECULOPLASTICA LASER SELETTIVA (SLT)

Costituisce una delle tecniche più interessanti e scientificamente validate nella gestione parachirurgica dei pazienti glaucomatosi in non ottimale compenso tonometrico con la sola terapia medica.

La trabeculoplastica laser selettiva è una variante di quella Argon laser. Il laser Nd:YAG agisce selettivamente sulla componente pigmentata del trabecolato, senza disperdere calore che potrebbe danneggiare i tessuti limitrofi.

È possibile eseguire trattamenti ripetuti anche nei casi ove la trabeculoplastica classica abbia perso il suo effetto.

Nei soggetti trattati con SLT le complicanze tipiche della procedura effettuata con Argon laser compaiono molto più raramente.

(39)

IRIDOTOMIA YAG LASER

Per iridotomia si intende una soluzione di continuo nell’iride che mette in comunicazione la camera posteriore con quella anteriore, prevenendo o eliminando un blocco pupillare relativo od assoluto. Il laser YAG viene utilizzato, in questo caso, per la sua capacità di creare microincisioni, allo scopo di praticare un foro nell'iride.

Iridotomia laser. Rappresentazione grafica della procedura e del flusso dell’umor acqueo

dopo il trattamento.

L'iridotomia è indicata nei casi di glaucoma ad angolo chiuso e costituisce il trattamento d’elezione per l’attacco di glaucoma acuto. E’ anche praticata a scopo profilattico nei pazienti con angolo stretto “occludibile” (camera anteriore con profondità ridotta), che sono fortemente a rischio d’insorgenza di un attacco acuto.

(40)

3. TERAPIA CHIRURGICA

L’approccio chirurgico per la cura del glaucoma è indicato quando la terapia medica non è appropriata, non è tollerata, non è efficace o non è adeguatamente utilizzata dal paziente (scarsa compliance). In ogni caso il soggetto presenterà una patologia glaucomatosa non controllata, con documentato danno ingravescente o alto rischio di progressione della malattia. Si consideri anche che il trattamento chirurgico, quando coronato da successo, consente un controllo più efficace della pressione oculare, rispetto al trattamento farmacologico.

La terapia chirurgica del glaucoma si avvale di numerose tecniche, che mirano ad aumentare il deflusso dell’umor acqueo e quindi a ridurre la tensione oculare.

Per inquadrare le varie tipologie di intervento, si può innanzitutto suddividerle in base alla sede in cui viene fatto defluire l’acqueo. Si avranno quindi procedure che implicano la creazione di una bozza filtrante (trabeculectomia; Ex-PRESS; sclerectomia profonda; impianti drenanti), procedure che drenano l’umor acqueo nello spazio sovracoroideale (Gold Shunt; CyPass) e quelle che mirano a ripristinare le vie fisiologiche di deflusso (viscocanalostomia e canaloplastica; goniotomia; Trabectome; Fugo blade goniotomy; I-Stent; Hydrus).

Un’altra classificazione distingue trattamenti ab externo (ad es. canaloplastica) e ab interno (ad es. Trabectome, I-Stent e Hydrus), a seconda che l’approccio alle strutture angolari avvenga per via transcongiuntivale e sclerale o per via transcorneale.

Un’ulteriore suddivisione separa procedure penetranti o perforanti (ad es. trabeculectomia) da quelle non penetranti (ad es. sclerectomia profonda e

(41)

viscocanalostomia), a seconda che vi sia o meno un ingresso diretto in camera anteriore.

La chirurgia del glaucoma riconosce ancora oggi come gold standard la trabeculectomia che, nonostante i suoi 40 anni, resta l’intervento di riferimento per efficacia e durata nel tempo.

Recentemente, però, c’è stato un rinnovato interesse in questo campo, che ha portato allo sviluppo di nuove procedure e device. Per questo attualmente sempre più spesso il primo approccio avviene con tecniche ab interno, che si propongono di essere meno invasive e di ripristinare le normali vie di deflusso dell’umor acqueo.

(42)

3.1 CHIRURGIA CON BOZZA

Fino a pochi decenni fa, la chirurgia del glaucoma era definibile come “chirurgia con bozza”, in quanto includeva esclusivamente interventi che portavano alla formazione di una bozza filtrante.

La tradizionale trabeculectomia, l’impianto di Ex-PRESS, la sclerectomia profonda e gli interventi che prevedono l’innesto di un dispositivo drenante, come l’impianto di Molteno, di Baerveldt, la valvola di Ahmed e di Krupin-Denver, implicano tutti la realizzazione di una bozza, che permette il drenaggio dell’umor acqueo dalla camera anteriore allo spazio sottocongiuntivale.

Purtroppo la bozza può andare incontro a fibrosi, nonostante l’uso di antimetaboliti, determinando così il fallimento di questa categoria di interventi. Per ovviare a tutto ciò è stato necessario studiare e percorrere nuove strade, che hanno portato alla nascita della cosiddetta “chirurgia senza bozza”.

(43)

TRABECULECTOMIA

La trabeculectomia, descritta nel 1968 da Cairns, è la procedura chirurgica più usata al mondo per il trattamento del glaucoma ad angolo aperto.

Essa è volta a creare una via di scarico artificiale più agevole. La pressione intraoculare, infatti, viene ridotta grazie alla creazione di una fistola, che permette all’umor acqueo di defluire dalla camera anteriore allo spazio sottocongiuntivale, formando una bozza filtrante. Si realizza così una nuova via di deflusso dell’acqueo, che viene infine riassorbito dalle vene acquose e dai capillari linfatici della congiuntiva superficiale.

Il progresso della trabeculectomia rispetto alle precedenti procedure filtranti a tutto spessore (iridenclesis, trapanazione, sclerectomia, sclerostomia termica) è stato il concetto di filtrazione protetta23-24. La fistola creata, infatti, viene coperta da uno sportello sclerale superficiale e questo permette un più modulato deflusso dell’umor acqueo, riducendo significativamente le complicanze associate all’iperfiltrazione.

La riuscita dell’intervento appare correlata ad una serie di fattori individuali:  ETA’: nel paziente ultraquarantenne la chirurgia filtrante consegue

migliori risultati, mentre nell’occhio giovane i processi cicatriziali post-chirurgici sono più intensi e meno controllabili con le terapie25.

DANNO DELLA TESTA DEL NERVO OTTICO

ANAMNESI CHIRURGICA: precedenti interventi chirurgici pregiudicano la

riuscita della trabeculectomia, perché sarà molto più difficoltoso reperire un’area di occhio “intatta” per la creazione di una bozza filtrante efficace26.

VALORI TONOMETRICI IN TERAPIA MEDICA

TIPO DI GLAUCOMA: pazienti con glaucoma neovascolare, traumatico,

pediatrico od uveitico hanno in genere peggiori risultati, mentre nel glaucoma primario ad angolo aperto, in quello pseudo-esfoliativo e

(44)

AFACHIA: la presenza del cristallino sembra garantire un risultato

migliore.

La prima fase della trabeculectomia consiste nella creazione di un flap congiuntivale; ne esistono due varianti chirurgiche: a base sul limbus e a base al fornice.

Il secondo tempo chirurgico è l’esecuzione del flap sclerale, ossia un lembo di spessore pari a due terzi della sclera; generalmente è rettangolare (3 x 4 mm) ed incernierato al limbus. Una volta creato, questo sportello superficiale viene dissecato con esposizione del letto sclerale su cui esso giace.

Si esegue una paracentesi, che non solo ha lo scopo di ridurre delicatamente il tono oculare evitando un brusco abbassamento durante la sclerectomia, ma permette anche al chirurgo di controllare la camera anteriore e, alla fine dell’intervento, di verificare il grado di filtrazione.

In seguito, si rimuove un tassello sclero-corneale contenente una buona porzione di trabecolato e di canale di Schlemm. Fondamentale è la dimensione del tassello, da cui dipende la quantità di acqueo che defluisce; se è troppo grande, ci sarà un’eccessiva filtrazione con ipotonia, viceversa un tassello troppo piccolo non sarà sufficiente a garantire un deflusso di acqueo adeguato. Per evitare il blocco pupillare e prevenire l’ostruzione dell’ostio interno da parte dell’iride periferica, è necessaria un’iridectomia basale, ossia l’escissione di una porzione triangolare di iride in corrispondenza del tassello sclero-corneale precedentemente asportato.

L’ultima fase dell’intervento prevede il riposizionamento e la sutura del flap sclerale e congiuntivale. Lo sportello sclerale viene fissato con tre punti in nylon 10-0, due agli angoli posteriori ed il terzo al centro del margine posteriore. I margini laterali vengono lasciati liberi da sutura, per consentire il deflusso dell’acqueo nello spazio sottocongiuntivale. Quindi si inietta una soluzione salina in camera anteriore attraverso la paracentesi. Questa procedura verifica la

(45)

sportello. Infine si suturano congiuntiva e capsula di Tenone e, sempre attraverso la paracentesi, si ripete l’irrigazione per produrre una bozza e si verifica quindi che non perda.

Trabeculectomia. Rappresentazione schematica del percorso di fuoriuscita dell’umor acqueo

dopo l’intervento.

Le complicanze associate a questo intervento possono essere intra-operatorie e post-operatorie.

Le prime sono di solito causate da incaute manovre chirurgiche che determinano: lacerazione del flap congiuntivale (più frequente nella variante a base sul limbus), flap sclerale di errata dimensione o spessore, sanguinamenti, lesioni del corpo ciliare (rare), ipoema durante l’iridectomia ed emorragia sovracoroideale, che è una delle complicanze intra-operatorie più gravi28.

Le complicanze post-operatorie sono:

IPOTONIA: di solito è causata da un’eccessiva filtrazione di acqueo

attraverso una fistola di dimensioni troppo grandi; può eventualmente essere dovuta ad inappropriata sutura dello sportello sclerale o a perdita di liquido dalla bozza. L’ipotonia può portare a distacco di coroide o ad ipoema; in cronico può determinare diminuzione del visus causata da

(46)

Nei casi di ipotonia si va a ricercare il punto di fuga dell’acqueo, evidenziabile tramite fluoresceina (segno di Seidel positivo) e si blocca mediante nuovi punti di sutura, YAG laser o iniezioni di fibrina autologa.  ENDOFTALMITE: colpisce dallo 0,06% al 13% dei pazienti. In acuto

sembra associata all’infezione della bozza (soprattutto se inferiore). Interessa maggiormente i pazienti diabetici, quelli di razza nera o i soggetti in terapia con antimetaboliti30. L’uso di agenti antifibrotici, infatti, determina una bozza con pareti sottili e quindi più predisposta a fornire ai batteri una via d’ingresso nell’occhio. Tutti i pazienti con una bozza di questo tipo dovrebbero essere informati della possibilità di contrarre un’infezione tardiva e, qualora notassero un occhio arrossato e appiccicoso o visione offuscata, dovrebbero contattare subito il medico. ATALAMIA: riduzione di profondità della camera anteriore per eccesso di

filtrazione.

CATARATTA: possibile opacizzazione del cristallino secondaria alla flogosi

post-operatoria.

IPERTONO: nella maggior parte dei casi è dovuto a schiacciamento o

chiusura della bozza filtrante a causa della formazione di sinechie e tessuto cicatriziale tra episclera e capsula di Tenone. I pazienti maggiormente a rischio sono quelli di giovane età, di razza nera e affetti da glaucoma secondario neovascolare, da uveite o post-traumatico. Inoltre, eventi favorenti l’eccessiva cicatrizzazione sono: pregressa chirurgia congiuntivale o trattamento con Argon laser e precedente fallimento di intervento filtrante.

I processi cicatriziali sono in grado di pregiudicare il successo della trabeculectomia, per questo oggi è sempre più comune l’uso di antimetaboliti quali 5-Fluorouracile e Mitomicina C. La MYT C è circa 100 volte più potente del 5-FU31 ed è da riservare ai casi ad alto rischio di fallimento. Questi farmaci sono applicabili topicamente sia in un’unica seduta intra-operatoria che in più sedute

(47)

fibroblasti episclerali, congiuntivali e della capsula di Tenone. Nonostante i tentativi di standardizzazione, l’uso di questi farmaci soffre ancora oggi di una considerevole dose di empirismo e può portare a gravi complicanze anche a distanza di tempo.

Diverse strategie possono essere utilizzate per evitare la chiusura della bozza:

- Needling della bozza: con una siringa da insulina si rompono le sinechie e

si iniettano antimetaboliti o anche aria.

- Trattamento laser: ”suture lysis” o YAG laser con approccio gonioscopico. - Massaggi digitali del bulbo oculare: incrementano transitoriamente il tono

endoculare e forzano l’acqueo all’interno della fistola, mantenendola pervia e rompendo eventuali sinechie neoformatesi.

- Steroidi topici: prescritti subito dopo l’intervento, i corticosteroidi sono

spesso impiegati per 3–4 mesi allo scopo di rallentare i processi cicatriziali.

- Revisione chirurgica della bozza.

Per ridurre i fallimenti ed aumentare la sicurezza dell’intervento, negli ultimi anni è stata apportata un’importante modifica alla tecnica originaria della trabeculectomia: le suture rimuovibili a livello dello sportello sclerale.

Se sono adeguatamente posizionate e serrate riducono fortemente la filtrazione nell’immediato periodo post-operatorio, consentendo di aumentarla al momento della loro rimozione. La massima parte delle complicanze, infatti, si verifica nel post-operatorio precoce ed è generalmente legata all’ipotonia.

Inoltre, una buona chiusura dello sportello sclerale riduce la filtrazione iniziale di umor acqueo ricco di fattori stimolanti la cicatrizzazione, aumentando le possibilità di successo.

(48)

Suture rimuovibili.

EX-PRESS

L'Ex-PRESS shunt, sviluppato nel 1998, è un piccolo dispositivo in acciaio inox di 3 mm di lunghezza, impiantabile e biocompatibile (Alcon Laboratories, FortWorth, TX)32.

E’ un impianto privo di valvole, ma dotato di un sistema di resistenze interno che regola il flusso di umor acqueo ed impedisce l’ostruzione del dispositivo. Questo tubicino presenta ad un’estremità un piatto, dal lato opposto una punta (da posizionare in camera anteriore) dotata di orifizi multipli per il passaggio dell’acqueo ed infine uno sperone, che impedisce eventuali spostamenti dell’impianto, ancorandolo alla sclera. In definitiva, può essere immaginato come una sorta di piccolo chiodo forato.

(49)

Ne esistono diversi modelli, che differiscono per dimensioni del lume interno, per lunghezza del tubo e forma.

L'impianto drena l'umor acqueo dalla camera anteriore allo spazio sottocongiuntivale all’interno di una bozza filtrante, in modo non dissimile dalla trabeculectomia, ma con minore incidenza di complicanze. L'Ex-PRESS viene direttamente inserito sotto lo sportello sclerale, sostituendo il tempo chirurgico della trabeculectomia ed eliminando l’iridectomia.

Ex-PRESS. A sinistra: posizionamento dell’impianto dopo creazione dello sportello sclerale; a

destra: deflusso dell’acqueo attraverso l’Ex-PRESS shunt dalla camera anteriore verso il bleb congiuntivale.

Le complicanze possono essere distinte in intra-operatorie, rare, dovute nella maggior parte dei casi all’errato posizionamento dell’impianto e post-operatorie, rappresentate soprattutto da ipotonia, atalamia e più raramente ipoema, distacco di coroide ed erosione congiuntivale.

Possono verificarsi, anche in questo caso, complicanze a livello della bozza, ossia la cicatrizzazione con formazione di sinechie che riducono lo spazio filtrante, causando ipertono oculare33. Come nella trabeculectomia, si possono somministrare antimetaboliti ed eventualmente ricorrere all’uso di varie tecniche per evitare la chiusura della bozza.

L’Ex-PRESS rappresenta una valida alternativa ad un classico intervento filtrante in pazienti affetti da glaucoma ad angolo aperto. La trabeculectomia implica la

(50)

successo della procedura, ma spesso imprecise e traumatiche. L’Ex-PRESS, invece, salta questi due passaggi e la loro inesattezza. Eliminando la variabilità dovuta alle dimensioni della trabeculectomia, garantisce un flusso di acqueo costante ed evitando l’iridectomia non genera la reazione flogistica in sede e l’emorragia34, fattori scatenanti la cicatrizzazione. Quindi, con l’utilizzo dell’Ex-PRESS si riducono le complicanze e, di conseguenza, il rischio di fallimento dell’intervento.

SCLERECTOMIA PROFONDA

La sclerectomia profonda appartiene agli interventi di chirurgia filtrante non penetrante, che non prevedono l’ingresso in camera anteriore e preservano il trabecolato. Questo determina la minore incidenza di tutta una serie di complicanze, quali: rischio di infezione, cataratta e soprattutto iperfiltrazione post-operatoria ed ipotonia.

L’operazione consiste nell’apertura di un lembo congiuntivale, nella creazione di uno sportello sclerale superficiale e poi nell’asportazione di un tassello sclerale profondo, con formazione di una cavità intrasclerale. Viene rimossa la parte esterna del canale di Schlemm e messa a nudo la membrana trabeculo-descemetica, attraverso la quale l’umor acqueo defluisce nel cosiddetto “lago sclerale” (cioè la cavità sclerale creata artificialmente), che funge da camera di decompressione.

Mantenere la membrana trabeculo-descemetica integra implica avere un ulteriore punto di regolazione della filtrazione, una sorta di freno al deflusso dell’umor acqueo, cosa che non avviene nella trabeculectomia.

Perciò, dal punto di vista idrodinamico si possono considerare due fasi: la prima che consiste in una filtrazione interna dell’acqueo dalla camera anteriore al lago

Riferimenti

Documenti correlati

The optic nerve head as a biomechanical structure: a new paradigm for understanding the role of IOPrelated stress and strain in the pathophysiology of glaucomatous optic

Reproducibility of peripapillary retinal nerve fiber layer thickness and optic nerve head parameters measured by Cirrus HD-OCT in glaucomatous eyes.. Yim SY, Park HL,

Depending on the stage at detection and presence of concurrent ocular findings, treatment may include topical and oral IOP- lowering medications, topical or intraocular

Il glaucoma a pressione normale è una malattia bilaterale che può essere considerata come una variante del glaucoma primario ad angolo aperto dove si osservano in presenza

During an attack of acute iridocyclitis the intraocular pressure is often below normal because the production of aqueous by the ciliary body is reduced. When the normal production

Rispetto agli angoli i triangoli possono essere rettangoli (con un angolo ………….……... 9) Costruisci con il compasso e la riga un triangolo equilatero con il lato lungo

Seno e coseno di un angolo sono numeri perché ottenuti come rapporto tra quantità dello stesso tipo (omogenee fra loro). Il simbolo cos  indica quel numero che si

Effettivamente, è innegabile che l’aumento dei rifugiati abbia avuto degli effetti svantaggiosi sulla popolazione giordana più umile; ciononostante, è bene riconoscere che