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I processi di riorganizzazione in atto e le prospettive della subfornitura

Parte I – L’industria meccanica negli anni Duemila

2. Imprese e reti di relazioni in risposta alla crisi internazionale

2.3 I processi di riorganizzazione in atto e le prospettive della subfornitura

Il primo decennio degli anni Duemila è stato caratterizzato, come si è detto, da una forte accelerazione del processo di globalizzazione, del quale l’industria meccanica emiliana ha beneficiato attraverso la crescita delle esportazioni.

Anche il grado di apertura internazionale dei mercati di approvvigionamento dell’industria emiliana è aumentato – in relazione agli acquisti di componentistica stan- dard e di componenti su disegno nei paesi esteri a basso costo – così come i processi di internazionalizzazione finalizzati a produrre direttamente nei paesi esteri di sbocco. Questi fenomeni, già presenti negli anni Novanta nei comparti più esposti alla concor- renza internazionale, si sono progressivamente diffusi in altri comparti e hanno visto come protagoniste numerose imprese di medie e grandi dimensioni della meccanica e- miliana. Della riorganizzazione delle filiere globali di fornitura sono quindi artefici an- che le imprese di questa regione.

Tra i casi osservati vi sono imprese che hanno realizzato investimenti in unità produttive estere, soprattutto nell’area asiatica, per essere vicino al mercato di sbocco e godere dei vantaggi di costo offerti da questi paesi, fabbricando prodotti di livello tecnologico infe- riore a quelli realizzati in Italia, studiati sulle esigenze di quei mercati. Anche se, in al- cuni casi, una parte della componentistica ritenuta strategica continua ad essere prodotta in Italia e inviata negli stabilimenti esteri per essere montata, l’orientamento delle im- prese è di rendere progressivamente autonomi gli stabilimenti esteri, utilizzando, in forme e misure diverse, reti locali di fornitura. Il processo di crescita di reti di fornitura, collegate agli investimenti diretti effettuati da imprese italiane, europee, ecc., nei paesi in rapida crescita, rappresenta un aspetto conosciuto e una forma organizzativa diffusa. I casi in cui imprese emiliane di subfornitura abbiano seguito i committenti negli inve- stimenti realizzati all’estero, costituendo in quei paesi proprie imprese per diventare par- te della rete di fornitura, sono invece molto rari. Le ragioni sono molteplici e correlate fra loro: le elevate risorse finanziarie, organizzative e gestionali necessarie per sviluppa- re progetti di questo tipo; la limitata dimensione delle imprese di subfornitura emiliane; l’attaccamento degli imprenditori artigiani al proprio territorio, ecc.. A queste ragioni, legate alle caratteristiche strutturali e culturali della subfornitura emiliana, si aggiungo- no i comportamenti delle imprese committenti che tendono a non assumersi la respon- sabilità di portare propri subfornitori nei nuovi paesi di insediamento.

Le imprese di maggiori dimensioni della meccanica emiliana, anche quelle internazio- nalizzate sul piano produttivo, mantengono in Italia le produzioni di livello tecnologico più elevato, i prototipi, le pre-serie, le produzioni di piccole serie, e questo processo, in atto da tempo, ha determinato, nel lungo periodo, una progressiva riduzione delle quan- tità prodotte a livello locale, che, soltanto negli anni straordinari di forte crescita, che hanno preceduto la crisi internazionale, sono aumentate grazie all’evoluzione della do- manda estera.

Le strategie di internazionalizzazione delle imprese di maggiori dimensioni non conver- gono, comunque, verso uno stesso modello. Variano da comparto a comparto e anche all’interno del medesimo comparto convivono imprese che privilegiano una internazio- nalizzazione di tipo commerciale e imprese che seguono una internazionalizzazione di tipo produttivo. Oltre alle convenienze in termini di costi, queste diverse strategie deri- vano dal posizionamento di mercato e dalle politiche di prodotto seguite dalle imprese. Le imprese che aprono stabilimenti produttivi nei mercati in rapida crescita, soprattutto nell’area asiatica, perseguono come obiettivo il presidio di segmenti di mercato meno evoluti e più esposti alla concorrenza di prezzo, ma interessanti in termini di volumi prodotti, mentre le imprese che mantengono la produzione esclusivamente in Italia ri- mangono posizionate soltanto sulle fasce più elevate del mercato.

Le imprese di maggiori dimensioni riorganizzano le reti locali di fornitura, indipenden- temente dai processi di internazionalizzazione, per recuperare efficienza e flessibilità. Anche questo processo ha un carattere strutturale, essendo in atto da tempo, ma la crisi internazionale ha contribuito ad accelerarlo notevolmente. Durante la crisi, il calo della domanda e l’aumento della concorrenza internazionale richiedono alle imprese interven- ti di contenimento dei costi di produzione. La riduzione dell’orizzonte temporale di pro- grammazione degli ordini, l’elevata variabilità della domanda e l’incertezza sulle pro- spettive, rendono necessaria una maggiore flessibilità e rapidità di risposta, determinan- do un orientamento verso modelli organizzativi ispirati alla lean production. La crisi rappresenta una fase nella quale le relazioni con i fornitori vengono rimesse in discus- sione, alla ricerca di miglioramenti e ottimizzazioni.

Alcune imprese di maggiori dimensioni organizzano la rete di fornitura secondo un mo- dello di tipo gerarchico, costituendo una fascia di fornitori di primo livello in grado di garantire parti complesse o un prodotto finito, e che, a loro volta, gestiscono una rete di fornitori di secondo livello. Questa organizzazione può consentire al committente un outsourcing completo della produzione, mantenendo all’interno soltanto il montaggio finale e il collaudo. Molte altre imprese meccaniche hanno, invece, una organizzazione della rete di fornitura di tipo tradizionale, ma ugualmente chiedono ai propri subfornito- ri servizi aggiuntivi e migliori prestazioni. Il primo modello è presente nei comparti do- ve i prodotti sono composti da un elevato numero di parti e componenti (automotive, macchine agricole, macchine per il packaging, macchine per altri settori industriali, ecc.), mentre il secondo riguarda la maggioranza delle imprese meccaniche regionali.

Fig. 4 - Filiere meccaniche dell’Emilia Romagna: modelli organizzativi e di integrazione verticale (1)

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