Per comprendere la nuova società italiana così modificata nel corso degli anni dall’Unità, appare particolarmente significativo investigare i compiti fondamentali e i conflitti degli adolescenti, che vivono ad un
tempo la lotta per la ricostruzione della realtà psichica (mondo interno) e la lotta per la rielaborazione dei rapporti con il mondo esterno, tra vincoli ed opportunità (Redl, 1969).
Entrambi gli aspetti obbediscono ad un compito fondamentale, cioè la costruzione dell’identità personale che diventa anche contributo alla nuova identità sociale multiculturale. Si tratta dell’atto di ricostruire, senza perdere di vista il fine principale: essere qualcuno sia nel tempo che nello spazio, in relazione agli altri e al proprio corpo. Si osserva che una tematica centrale nel gruppo degli adolescenti che è rappresentata dalla crisi di identità presente in ciascuno dei suoi membri, solo in alcuni casi provoca quadri di depressione e ansia grave mentre, proprio attraverso gli io ausiliari dei membri del gruppo, si trovano le risorse per la conquista dell’autonomia.
La rielaborazione della relazione con i genitori è un altro aspetto rilevante, con risultati distinti, a causa della diversa situazione in cui si trovano gli adolescenti che sono giunti da soli e quelli che invece sono in un gruppo familiare.
Il mondo degli adolescenti è una struttura sociale, i cui partecipanti oscillano fra due poli: l’instabilità determinata dai cambiamenti psicologici e dall’insicurezza, e la ricerca di situazioni che conferiscano solidità e garanzie alla loro identità. La componente spaziale dell’identità (Grinberg 1975) oltre che costituita dal proprio corpo è data dal mondo esterno: tra le caratteristiche dell’adolescente immigrato di prima o seconda generazione, diviene fondamentale la possibilità di trovare solidità per vivere ed esprimere le perdite, le insicurezze, le speranze e i progetti. Anche in funzione dell’ambiente esterno, un tratto frequente nell’adolescente è la tendenza a deprimersi come espressione dell’instabilità del periodo che sta vivendo e del carente radicamento (Fromm 1955).
L’esperienza quotidiana dunque è spesso associata all’inquietudine e all’incertezza, di fronte a se stesso e alla realtà circostante. Il processo di differenziazione della sua identità, costituisce un ineludibile conflitto che, sommato ai molteplici cambiamenti sperimentati, può tradursi in sentimenti di impotenza e frustrazione.
La partecipazione al gruppo dei coetanei può aiutare nell’esplorazione e chiarificazione dei sentimenti e favorire la identità personale. In adolescenti soli, il compito non appare più semplice, anzi
la necessità di rapportarsi con scarsi riferimenti conosciuti e la molteplicità dei cambiamenti vissuti in solitudine, possono generare un’enorme insoddisfazione affettiva.
Perché l’integrazione nella società ospitante si realizzi si
evidenzia l’importanza, nello sviluppo e nel raggiungimento dell’identità, di trovare accoglienza nel gruppo dei pari, attraverso esperienze scolastiche e relazionali che permettano di ricollocare i propri conflitti all’interno del processo di crescita, quindi fisiologico e tipico dell’adolescenza. E’ un caposaldo della presa in carico sia sotto il profilo educativo che, in caso sia necessario, terapeutico, quello di ricondurre il disagio dell’adolescente all’ambito della crisi che ogni adolescente attraversa nel suo cambiamento verso l’età adulta (Senise, 1989). Per alcuni, come gli adolescenti immigrati, tale crisi è più delicata e a rischio di evoluzione disfunzionale in patologia o in devianza (Marocco Muttini, 2006) e richiede dunque dalla società di accoglienza consapevolezza e misure di supporto. In particolari casi il rischio per l’adolescente immigrato è quello di diventare a sua volta vittima di bullismo con conseguenti vissuti di inferiorità (Marocco Muttini, 2011).
Dalla soluzione favorevole della crisi verso l’integrazione dipende non solo il benessere futuro dei singoli giovani ma delle famiglie e dei gruppi sociali.
Invece le difficoltà affrontate dai genitori di questi ragazzi, le ambivalenze loro trasmesse, trasformano a volte la relazione familiare in uno spazio di grande dolore, frattura e aggressività. La realtà che proviene dai genitori è confusa, e rende ancora più difficoltosa la discriminazione fra i conflitti e i cambiamenti propri dell’adolescente, i conflitti relazionali con i genitori e le crisi che stanno vivendo i genitori stessi.
Infatti una analoga crisi di ambientamento riguarda i genitori i quali, singolarmente o in coppia, spesso vivono in modo sofferto o disorientato lo sradicamento e l’impatto con la cultura e gli stili di vita della società ospitante. Tali difficoltà si possono tradurre in conflittualità e contraddizioni nella funzione educante all’interno della famiglia con soluzioni diverse: l’irrigidimento nel mantenere le tradizioni proprie della cultura d’origine, l’accettare invece il nuovo stile di vita assimilandosi, o ancora rinunciare a proporre regole e
valori propri lasciando quindi un vuoto educativo che ogni adolescente tenderà a riempire a seconda della sua indole e delle esperienze alle quali l’ambiente lo espone. La crisi dell’adolescente è quindi in realtà una crisi della famiglia: non possiamo intendere la crisi solo come difficoltà, ma come occasione positiva di cambiamento e arricchimento personale, anche se i cambiamenti nell’adulto sono in genere più limitati e vincolati alla componente conscia della personalità, più organizzata e rigida man mano che si diventa adulti e si invecchia. La frattura che si riscontra non di rado tra genitori e figli nelle famiglie immigrate è legata proprio all’irrigidimento e alla chiusura di fronte al nuovo che si caratterizza nelle persone più adulte, soprattutto se carenti di risorse culturali. Nelle famiglie più disposte ad accogliere il nuovo sono spesso i più giovani quelli che fanno da tramite tra la cultura d’origine e quella che apprendono nella scuola e tra i coetanei. I più giovani sono quindi una risorsa importantissima per costituire la futura società italiana e verso di essi deve dirigersi l’attenzione di tutti, non solo delle agenzie educative specifiche.
Viene spontaneo fare un paragone tra quella crisi che vivono i giovani e una analoga crisi che nel momento storico presente attraversa la società italiana: siamo in un’epoca di cambiamenti che riguardano la composizione sociale per provenienza culturale, etnica, religiosa dei suoi membri. Sono in discussione appartenenze, stili di vita, diritti, che devono arrivare a soluzioni perché il benessere diventi collettivo e non più solo appannaggio dei più fortunati o almeno di chi è vissuto dagli altri come tale. La nuova società italiana si potrebbe descrivere come in una fase adolescenziale: è alla ricerca di una identità che non potrà che essere variata rispetto al passato. La nostra storia insegna come il processo di unificazione, non solo politico ma identitario, sia stato complesso. Nulla di nuovo sta quindi verificandosi: dal presente scaturirà una identità nuova che non siamo nemmeno in grado di prevedere perché in continuo mutamento. Così come è accettata ormai la realtà di una identità narrativa (Ricoeur, 1990) della persona nel corso della sua vita, altrettanto sta avvenendo per la società, per la quale si auspica la realizzazione di una identità differente, ricca di molteplici sfaccettature in cui l’integrazione sostituisca il desiderio di assimilazione alla nuova cultura oppure il mantenimento di una distanza che impedirebbe le relazioni tra i
membri. Solo così potranno fondarsi nuove famiglie nelle quali armonizzare i rispettivi romanzi familiari, come occasione di incontro e crescita, di benessere e non di conflittualità.
Bibliografia
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Argentieri S., Il padre materno. Da S.Giuseppe ai nuovi mammi, Meltemi, Roma, 1999
Besozzi E., Elementi di sociologa dell’educazione, NIS, Roma, 1993
Caldin R. (a cura di),