Caldin R (a cura di), Preadolescenza Problemi, potenzialità e strategie educative, Unicopli, Milano,
8.3 Terza sfida Ridefinizione della famiglia e del ruolo genitoriale di fronte ai media
Si potrebbe affermare che la terza sfida con cui si trovano a confronto le famiglie, nell’era digitale, ha a che fare con la ricerca di un nuovo equilibrio. Questa affermazione è generata dalla constatazione del generale disagio che molti genitori manifestano nell’educare i figli nei nuovi contesti dell’informazione e della comunicazione. Alle difficoltà incontrate nell’era dell’analogico, si sono aggiunte quelle specifiche del digitale. Ne risulta che, spesso, i
genitori sembrano disorientati e in seria crisi educativa. I nuovi media digitali rappresentano non solo una novità tecnologica, ma una situazione relazionale, comunicativa, educativa e valoriale decisamente differente rispetto a quanto si è conosciuto in precedenza. Ciò implica almeno due ordini di questioni: la prima, riguarda la necessità di penetrare delle dimensioni sconosciute, con cui, spesso, gli adulti non hanno dimestichezza e verso le quali manifestano scarso interesse o diffidenza. La seconda ha a che fare con la necessità di definire nuove forme di relazione educativa, basate sulla generazione di regole adatte a rispondere alle nuove situazioni famigliari in relazione al consumo mediale. Lo scenario che si configura è dato da genitori che, oltre ad essere impegnati nella gestione delle varie forme di mediazione dei significati date dai media in generale, si trovano a far fronte a contesti in cui ad essere mediate sono le stesse relazioni tra pari e talvolta tra figli e genitori.
I videogiochi e, ancor più, i social network hanno introdotto delle dimensioni di grandi impatto sul piano delle interazioni tra i soggetti, comprese quelle all’interno del contesto familiare. Come si è accennato in precedenza, i videogame, soprattutto quelli di ultima generazione ovvero quelli che prevedono l’interazione tra più giocatori online, rappresentano per i giovani qualcosa di diverso da un semplice gioco. Per molti videogiocatori essi costituiscono uno spazio di identificazione e di piena realizzazione della propria identità altra. L’interruzione inattesa di un momento di gioco non si esaurisce nello spegnimento della consolle, ma rappresenta una vera e propria “frattura” di uno spazio/tempo condiviso che, in quanto tale, risente delle scelte di ciascuno. Il proprio avatar costituisce, per il giocatore, non una rappresentazione grafica attraverso cui giocare, ma la prosecuzione del proprio sé, una rappresentazione altra della propria immagine, talvolta alterata sulla base di desideri e aspirazioni. L’avatar è così caricato di significati e aspettative che, difficilmente, il non giocatore può comprendere e far proprie, generando così quella tensione che caratterizza le più recenti relazioni educative in molte famiglie. La sfida consiste, pertanto, nel penetrare in maniera critica queste realtà (evitando la teoria dell’adattamento ovvero con capisco ma mi adeguo) cercando di stabilire delle regole e delle modalità di gioco che, pur mantenendo la finalità educativa, non ignorino le
specificità del contesto14.
Un discorso, altrettanto complesso, è quello che occorre fare in merito ai social network. Le statistiche Istat, così come il Censis, ben evidenziano la presenza, quasi totale, di adolescenti e giovani nei social network15 e una presenza importante anche degli adulti. I social network hanno introdotto una serie tanto ampia quanto rilevante di criticità di tipo sociale ed educativo. Oltre alle ormai ben note e discusse questioni sulla privacy e sulla quasi totale erosione dei confini tra pubblico e privato, ve ne sono altre che riguardano, più da vicino, la famiglia e le relazioni educative al suo interno. Si pensi ad esempio alle conseguenze che derivano dalle richieste di amicizia da parte di genitori ai figli. Un gesto che può sembrare banale e poco rilevante è invece carico di significati e rappresentazioni, di cui occorre necessariamente tener conto.
Gli stessi concetti di amico e amicizia vengono ad assumere valenze profondamente differenti da quelle adottate nel linguaggio comune; la posizione amicale, nei social network, è ben diversa da quella cui siamo abituati nella dimensione della realtà fisica; inoltre, il rapporto e le interazioni si generano secondo registri particolari che determinano non poche difficoltà di gestione. Vien da sé che contesti di questo tipo implicano un intervento familiare che deve essere ben gestito e messo in atto non sulla base della spontaneità e del senso comune, ma a seguito di una profonda conoscenza delle diverse dimensioni che li caratterizzano. Inoltre, è opportuna quanto necessaria una rielaborazione collettiva dei significati emersi.
14Accade spesso di sentire genitori che lamentano la lentezza con cui i figli terminano di
videogiocare quando viene loro chiesto. Ciò, spesso, accade perché i tempi per arrestare un videogioco non dipendono solo dalla volontà del singolo giocatore, ma da almeno altri due fattori: il tempo necessario per uscire dalla partita online evitando di perdere i risultati ottenuti; il tempo necessario per salvare il livello e i risultati ottenuti nel caso in cui il gioco si svolga offline. Nel definire delle regole si tratta allora di comprendere che il tempo di reazione che segue alla richiesta di interrompere il gioco deve essere adeguato alle operazioni che il videogamer deve mettere in atto per non perdere tutto. Questo perché ricordiamoci che giocare è sempre una cosa seria.
15 L’88,1% dei giovani ha un profilo Facebook. 9° Rapporto Censis/Ucsi sulla
comunicazione. I media personali nell'era digitale. Sintesi per la stampa, p. 10, reperibile al sito http://www.censis.it/censis/attachment/protected_download/3780?view_id=35
Educare all’epoca dei social network non significa, dunque, essere amici su Facebook, ma mantenere il proprio ruolo genitoriale e sviluppare la capacità di relazione e comprensione nonché di condivisione delle regole.