• Non ci sono risultati.

Il product placement oggi in Italia

Nel documento UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE (pagine 37-59)

Livelli di presenza narrativa

CAPITOLO 2: LO SVILUPPO DEL PRODUCT PLACEMENT NEL CINEMA ITALIANO

2.2. Il product placement oggi in Italia

Oggi il product placement è considerato una tecnica di marketing a tutti gli effetti, così come lo sono l’advertising o la publicity. L’importanza acq

ampiamente dimostrata da Cinecittà, all’interno della quale è stato formato un gruppo di lavoro che ha il compito di raccogliere dati e informazioni utili allo sviluppo del product placement in Italia: il Product

le produzioni italiane e i grandi marchi commerciali sulle potenzialità di questo strumento.

Per poter, però, spiegare in particolare l’uso del product placement che viene fatto in Italia attualmente, ci possiamo affidare

Fireworks che a Hollywood cura il product placement per brand come Visa e Mercedes Benz riguardo il futuro del product placment

placement” (figura

Figura 3. Gerarchia del placement

85Rielaborazione propria, fonte: A . MICALI,

cinematografico italiano, http://bazarweb.inode.it/index.php?action=ShowArticle&id=1879&label=talent

37

accordi tra impresa commerciale e casa di produzione, non verrà più considerato una forma di

“pubblicità ingannevole”, “non trasparente”, ma al contrario sarà considerata u lecita e vantaggiosa sotto diversi punti di vista.

Il product placement oggi in Italia

Oggi il product placement è considerato una tecnica di marketing a tutti gli effetti, così come lo sono l’advertising o la publicity. L’importanza acquisita da questa tecnica viene ampiamente dimostrata da Cinecittà, all’interno della quale è stato formato un gruppo di lavoro che ha il compito di raccogliere dati e informazioni utili allo sviluppo del product Product Placement Lab. Il suo obiettivo finale è quello di sensibilizzare le produzioni italiane e i grandi marchi commerciali sulle potenzialità di questo strumento.

Per poter, però, spiegare in particolare l’uso del product placement che viene fatto in Italia i possiamo affidare al pensireo di Mark Workman, presidente e CEO di Fir Fireworks che a Hollywood cura il product placement per brand come Visa e Mercedes Benz riguardo il futuro del product placment. Workman individua una sorta di “gerarchia del placement” (figura

. Gerarchia del placement 85

Rielaborazione propria, fonte: A . MICALI, Il brand diventa star, la novità del product placement nel sistema http://bazarweb.inode.it/index.php?action=ShowArticle&id=1879&label=talent

Il prodotto diventa protagonista

Vengono messi in evidenza elementi caratterizzanti del prodotto

Semplice presenza del prodotto accordi tra impresa commerciale e casa di produzione, non verrà più considerato una forma di

“pubblicità ingannevole”, “non trasparente”, ma al contrario sarà considerata una pratica

Oggi il product placement è considerato una tecnica di marketing a tutti gli effetti, così come uisita da questa tecnica viene ampiamente dimostrata da Cinecittà, all’interno della quale è stato formato un gruppo di lavoro che ha il compito di raccogliere dati e informazioni utili allo sviluppo del product . Il suo obiettivo finale è quello di sensibilizzare le produzioni italiane e i grandi marchi commerciali sulle potenzialità di questo strumento.

Per poter, però, spiegare in particolare l’uso del product placement che viene fatto in Italia presidente e CEO di First Fireworks che a Hollywood cura il product placement per brand come Visa e Mercedes Benz, Workman individua una sorta di “gerarchia del placement” (figura 3.) che può essere molto utile a livello rappresentativo.

Il brand diventa star, la novità del product placement nel sistema http://bazarweb.inode.it/index.php?action=ShowArticle&id=1879&label=talent

Vengono messi in evidenza elementi prodotto

Semplice presenza del prodotto

Il primo livello, quello del Product Placement, è anche il più comune e si basa sulla semplice presenza del brand o del prodotto all’interno della scena (ad esempio un cartellone pubblicitario o una lattina di una bibita appoggiata sul bancone di un bar).

Il secondo livello – Product Integration – prende in considerazione caratteristiche peculiari del prodotto e li rende parte integrante della storia (ad esempio i personaggi di Man in Black non sono contraddistinti solo dall’abito nero, ma anche da riconoscibilissimi occhiali Rayban).

Il terzo livello – Branded Entertaiment – consiste nella trasformazione del prodotto stesso nella star, il protagonista della storia (uno degli esempi migliori è sicuramente Toy Story in cui tutti i personaggi sono giocattoli della Playskool e della Mattel).

Workman sostiene che, mentre in America ci si ritrova oggi ad applicare un posizionamento appartenente al terzo livello, in Italia la sua applicazione è ancora ferma al primo stadio.

Infatti la fiducia affidata a questa tecnica, in un Paese come gli Stati Uniti in cui è utilizzata da tempo, le ha permesso di svilupparsi ulteriormente, all’interno di un sistema sempre più complesso e articolato.

Lo stesso product placement si ritrova appunto a rientrare all’interno di strategie molto più ampie, il più delle volte volute e ricercate dalle stesse aziende, che scelgono di legarsi ad uno specifico progetto anche per mezzo d’interventi collaterali. I sistemi sono molteplici e dipendono dal livello d’investimento che l’azienda intende dedicare: ad esempio legare direttamente film e prodotto (come nel caso dell’Happy Meal di McDonald per il film Mostri contro alieni) oppure avviare una campagna pubblicitaria ad hoc studiata prima dell’uscita del film (come nel caso della Lancia per Angeli e demoni). Questa operazione collaterale viene definita cross promotion; essa permette all’azienda di associare il proprio marchio o il proprio nome al film o al personaggio anche fuori dalla pellicola stessa e, nello stesso tempo, il film viene sponsorizzato86.

L’importanza di queste operazioni collaterali è molto alta; un film che presenta al suo interno casi di product placement ha bisogno di rendere noto tutto ciò proprio per garantire il successo dell’operazione. È necessario rendere noto un product placement cinematografico attraverso cross promotion, ma anche grazie a comunicati stampa, articoli di giornale, promo, trailer, il tutto legato a fattori quali l’importanza del film o il livello di coinvolgimento, viene oggi definito come product placement dinamico. Paradossalmente, per aumentare i margini di

86Rielaborazione propria, fonte: A . MICALI, Il brand diventa star, la novità del product placement nel sistema cinematografico italiano, http://bazarweb.inode.it/index.php?action=ShowArticle&id=1879&label=talent

successo di un’operazione di product placement, è necessario rendere nota la pubblicità occulta87.

Tornando al caso nostrano, l’intenzione di fare di più, di superare i propri confini, comunque, è evidente che esiste, è viva e forte tra i diversi addetti ai lavori. Ad esempio già nel maggio del 2005 si parlava della possibilità di realizzare quello che in America viene chiamato Product Tie-In per un film prodotto dalla Really Good Productions di Valerio Zanoli.

Il film in questione, uscito poi nelle sale solo nel Novembre del 2007, è The Minis, la storia di nani che giocano a basket, e riguardo all’applicazione di questa forma di product placement Zanoli si esprime in questi termini:

Negli Stati Uniti il valore del product placement è dato dalle molteplici operazioni di promozione legate al film. E per questo ho pensato di esportare lo stesso format anche in Italia. Ed è proprio seguendo la filosofia del cross promotion che svilupperemo le nostre partnership: Blockbuster realizzerà una promozione ad hoc in occasione dell’uscita del film, Autogrill e Spizzico daranno vita ad un “Mini Menu”, così come i supermercati Sma, utilizzando le immagini e i contenuti legati alla pellicola per una raccolta punti. E anche Tim sarà presente in tre scene per promuovere un servizio di telefonia mobile. [...] E c'è ancora spazio per altre operazioni commerciali dentro e fuori la sceneggiatura di The Minis. I nani sono dei testimonial perfetti per molti marchi. [...] Di solito un buon product placement può arrivare a coprire il 5%-10% dei costi di produzione. Con The Minis, nonostante manchi ancora del tempo all'inizio delle riprese, sono molti i nomi di aziende già sponsor del film e il loro investimento contribuisce per il 30% al costo totale per la realizzazione della pellicola.

Una performance alla Steven Spielberg88”.

Si tratta di un chiarissimo esempio dello sforzo dimostrato dagli esperti del settore italiani nell’applicazione di questa tecnica e delle sue forme più avanzate. Ciò, quindi, è il risultato di una grande dimostrazione dello spirito di iniziative che regna negli ultimi anni su questo tema, considerando anche che, mentre in America l’applicazione di questa tecnica avviene

ormai da decenni, in Italia la sua “legalizzazione” è avvenuta solo a partire dal 200489.

87 G. CORTI, Occulta sarà tua sorella. Pubblicità, product placement, persuasione: dalla psicologia subliminale ai nuovi media, Castelvecchi, Roma, novembre 2004

88 Product Tie-in Una nuova generazione di product placement, 11 maggio 2005, http://marketing.cinecitta.com/dettaglio.asp?tipo=4&id=36

89Rielaborazione propria, fonte: A . MICALI, Il brand diventa star, la novità del product placement nel sistema cinematografico italiano, http://bazarweb.inode.it/index.php?action=ShowArticle&id=1879&label=talent

Per quanto possa apparire come un sistema arretrato, l’utilizzazione del product placement all’interno del contesto nazionale italiano ha riscosso e riscuote tutt’ora un notevole successo, come è anche dimostrato da un recentissimo caso di naming placement: l’inserimento di un marchio nel titolo di un film. Strategia di marketing già usata negli Stati Uniti per pellicole come Herbie il maggiolino tutto matto, Colazione da Tiffany e Il diavolo veste Prada, il naming placement è arrivato anche in Italia, dopo 4 anni dalla Legge Urbani del 2004, con il film L’ultimo Crodino. Uscito nelle sale a Marzo interprato da Enzo Iachetti, Ricky Tognazzi e Serena Autieri, L’ultimo Crodino di Umberto Spinazzolla si ispira ad un fatto di cronaca realmente accaduto nel 2001: il maldestro tentativo di rapimento post mortem di Enrico Cuccia (ex direttore di Mediobanca) ad opera di due pasticcioni, Pes (Enzo Iacchetti) e Crodino (Ricky Tognazzi), a corto di denaro. Oltre all’analcolico biondo, Crodino è il soprannome di uno dei due protagonisti della vicenda che, amante dell’aperitivo, ne prende il nome.

L’operazione studiata da Paolo Tenna, amministratore delegato di Top Time, e Federica Femia, project manager dell’agenzia, ha coinvolto il marketing del Gruppo Campari in un’attività già nota al cinema di Hollywood ma nuova per il mondo della pubblicità made in italy. Top Time e Campari hanno studiato un posizionamento strategico del brand Crodino molto forte, che attraverso il film si propone al pubblico in una modalità differente dalle solite attività di brand position e mira a valorizzare Crodino soprattutto in termini qualitativi.

“Abbiamo un profondo rispetto del cinema italiano – dichiara Paolo Tenna – inteso come opera culturale e patrimonio di tutti, che non può e non deve limitarsi ad essere business.

Proprio per questo creatività e qualità restano asset imprescindibili del film di Umberto Spinazzola. Comunicazione aziendale e spettacolo si fondono in questo meccanismo che non stravolge il cuore del racconto narrativo ma anzi lo arricchisce”. Dunque una vera e propria operazione di marketing90.

Infine è indicativa, del successo del product placement nel nostro Paese, la grande quantità di imprese nazionali che sempre di più investe in questa tecnica di comunicazione e addirittura la predilige ad altre, magari più radicate nella realtà nazionale, come Pasta Garofalo, che ha investito l’intero budget destinato alla comunicazione in operazioni di product placement, e tante altre come Acqua Sanpellegrino, Acqua Sant’Anna, Coca-cola, Telecom Italia, Wind, Alviero Martini, Chrysler, Intimissimi, Bacardi, Martini, Jonk 46, La Luisa Cioccolato, Belsatff ecc…

90Rielaborazione propria, fonte: Fidest – Agenzia giornalisitca, http://fidest.wordpress.com/2009/03/06/naming-placement/

2.2.1. Le agenzie di product placement

La situazione italiana degli ultimi anni ha in pratica distrutto l’utilizzo del product placement

e la condizione da Far West che si è creata ha portato alla diffidenza moltissime imprese.

Ma è una situazione che può migliorare e il product placement può ancora diventare un ottimo strumento sia per le aziende sia per le case di produzione cinematografiche. Esistono però delle regole ben precise da seguire e ci vorrà del tempo per arrivare alla condizione ottimale.

Innanzitutto è necessario che, come tutti i Paesi dove si utilizza questo strumento, nascano delle valide agenzie di product placement che si pongano da intermediare fra le aziende e i produttori, identifichino il prodotto cinematografico più adatto a quello dell’azienda cliente, elaborino il posizionamento migliore anche intervenendo sulla sceneggiatura e seguano tutte le fasi dell’operazione.

Sarebbe impossibile immaginare accordi diversi perché sarebbero improduttivi. L’azienda, nel momento in cui instaura un buon rapporto con l’agenzia, sa che può fidarsi del suo lavoro e quindi rinviare a lei la valutazione e il possibile studio di posizionamento delle proposte che riceve. Dalla parte opposta, un produttore può mantenere i rapporti con l’agenzia e aspettare che sia lei a sbrigare il lavoro per suo conto. E’ inutile dire che per lavorare in un’agenzia di questo genere bisogna avere un’ottima conoscenza del cinema, degli strumenti di comunicazione aziendale, primo fra tutti la pubblicità, e ovviamente un’ottima conoscenza delle regole del product placement.

E’ nell’interesse dell’azienda che il proprio prodotto abbia la maggiore attenzione possibile, cosa che non succedeva assolutamente con il cambio-merce. Il cambio-merce era (e lo sarà ancora per un po’) quella pratica per cui un’azienda forniva i suoi prodotti gratuitamente (auto, moto, computer, abiti, ma anche acqua minerale o caffè) in cambio dell’apparizione nel film o del ringraziamento nei titoli di coda. Dove era il problema? Il problema stava nel fatto che una volta fornito il prodotto se ne perdevano le tracce e, restituito alla fine o meno, solo all’uscita del film si poteva sapere se era presente nella pellicola, se appariva bene o se non fosse stato usato in modo improprio. Si è detto era (e lo sarà ancora per un po’) perché man mano che il product placement prenderà piede determinerà di fatto la “morte” del cambio merce.

Un’azienda si troverà costretta a passare al product placement nel momento in cui le concorrenti cominceranno a usarlo bene, per non trovarsi rilegata con il cambio-merce ai peggiori posizionamenti offerti dal mercato. Una nota marca di automobili potrebbe contattare un’agenzia per un accordo globale di product placement, in quanto stanca di fornire vetture

per poi vederle sullo schermo in mano a trafficanti, mafiosi, terroristi, se non addirittura ferme per un guasto. Cosa succederà nel momento in cui questa azienda attiverà l’agenzia? Tutti i posizionamenti che gli verranno sottoposti passeranno attraverso di essa, curati secondo direttive decise in comune. E ai trafficanti, ai mafiosi, ai terroristi o ai “guastatori” non rimarrà che rivolgersi all’azienda concorrente che lavora in cambio-merce.

Un altro problema con il quale bisogna convivere, almeno in questo momento, è il rapporto con il produttore. In Italia esistono tre tipi di produttori: i migliori sono ovviamente quelli

“illuminati”, che credono nel product placement e non hanno nessun problema a trattare con l’agenzia su come posizionare il prodotto-sponsor(avendo capito che un bel posizionamento può essere vantaggioso anche per la riuscita del film). Poi ci sono i produttori che vorrebbero i soldi (molti) ma guai alle intromissioni. Non hanno capito che l’agenzia di product placement è un loro co-maker e che non può lavorare al meglio (e a volte rinuncia) se non possiede tutti i dati e la sceneggiatura del film. Infine il vero pericolo, perché rischia di far perdere del tutto la fiducia alle aziende, è costituito dai produttori convinti di poter gestire tutto come prima, da soli, e in più avere i soldi91.

Nel 2004, quando è stata introdotta la misura normativa, le possibilità reali di contribuire al finanziamento dei film con il product placement erano piuttosto esigue, però, nel giro di un paio d’anni, lo strumento si è evoluto e vi sono stati casi in cui film con un budget non altissimo sono stati finanziati anche per il 25% con il product placement.

In un mercato ancora giovane, che vede l'inedita interazione fra due mondi – quello del cinema e quello della comunicazione aziendale – profondamente diversi per argomenti e linguaggi, oltre che per dimensione e complessità, il mediatore assume un ruolo di cruciale importanza; compete, quindi, alle agenzie la delicata funzione di cerniera tra mondo dell’offerta (industria culturale e nella fattispecie cinematografica) e della domanda (aziende, marchi, prodotti e in generale utenti di comunicazione) di product placement92.

Oggi il mercato italiano presenta un numero piuttosto elevato di agenzie che curano il product placement delle pellicole cinematografiche; agenzie che sono specializzate anche in altre attività quali la pubblicità, il cross promotion, la sponsorizzazione, l’organizzazione di festival ed eventi legati al cinema, il brand entertainment, il monitoraggio e ricerche di mercato, lo sviluppo di portali web e comunicazione per il cinema.

Vediamo ora alcuni esempi delle agenzie più attive nel panorama cinematografico italiano.

91 G. CORTI, Occulta sarà tua sorella. Pubblicità, product placement, persuasione: dalla psicologia subliminale ai nuovi media, Castelvecchi, Roma, novembre 2004 (pag.29-30)

92I quaderni dellAnica, http://www.anica.it/quad1.pdf

Camelot rappresenta un caso, ancora piuttosto raro nel panorama italiano, di agenzia di comunicazione specializzata in product placement cinematografico, che si pone come intermediario fra il produttore e l'azienda che decide di investire in un film. Camelot è riuscita, coinvolgendo case di produzione come Colorado film, Cattleya e MediaOne, ad ottenere più di un milione di euro di product placement per otto progetti di film italiani del 2008. Ad oggi ha all’attivo 14 film, non ancora tutti usciti, in cui è stata effettuata per lo meno un’operazione di posizionamento di brand curata proprio dall’agenzia Camelot fra cui: Bianco e nero, Scusa ma ti chiamo amore, Colpo d’occhio, Ci sta un francese un inglese e un napoletano, Amore bugie e calcetto, Solo un padre, Come Dio comanda, Il cosmo sul comò e per finire Ex.

Più diffuso è invece il modello rappresentato da Propaganda Global Entertainment Marketing:

un'agenzia di comunicazione che si occupa di promuovere il prodotto o il marchio del proprio cliente, utilizzando diversi media; il cinema è quindi solo una delle piattaforme di promozione e generalmente, nella gestione dei grandi budget di comunicazione del cliente, costituisce una voce ancora marginale. Nel 2008 Propaganda Global Entertainment Marketing, in collaborazione con altre agenzie, ha curato il product placement di cinque film italiani quali Amore, bugie e calcetto, Parlami d’amore, Solo un padre, Colpo d’occhio, Bianco e nero;

mentre nei primi mesi del 2009 sono usciti nelle sale altri quattro film: Diverso da chi?, Iago, Ex ed Italians.

Armosia rappresenta una terza tipologia di agenzia che sviluppa un piano promozionale per una grande azienda, in questo caso Telecom Italia, concentrandosi nella pianificazione dell'utilizzo del product placement in modo coordinato fra tutte le fasi della filiera.

Armosia è una società che da dieci anni si occupa di promozione cinematografica per le principali major e da circa quattro anni di co-marketing per Telecom Italia – area cinema.

“Abbiamo dunque a disposizione un budget importante – dichiara Romilda De Luca responsabile marketing di Armosia Italia – sia in termini economici sia in termini di valorizzazione dei media, che in genere ripartiamo su produzione, distribuzione ed esercizio, intervenendo così su tutta la filiera in modo molto forte. Negli ultimi due anni abbiamo portato Telecom Italia ad essere un vero big spender, un caso aziendale interessante.

Precedentemente, Telecom Italia operava attraverso interventi spot su diversi progetti; adesso Armosia dispone dello stesso budget che prima era destinato al product placement, ma lo utilizza in modo più coordinato, sfruttando tutte le potenzialità delle tecnologie telefoniche e web che caratterizzano il business di Telecom Italia. Telecom ha dunque scelto di seguire una nuova strategia, che consiste nel pianificare l’investimento in product placement, cercando di

capire in anticipo cosa succederà nei successivi due anni. Nel 2006 abbiamo concluso per

Telecom sei product placement mentre nel 2008 ne sono stati realizzati altri dieci.

Quindi il dato rilevante è che Telecom sta per investire, non solo in termini economici, un valore stimato in circa 20 milioni di euro in comunicazione nel prossimo biennio. Abbiamo fatto uno studio e abbiamo visto che, nel 2006, otto dei primi quindici film in classifica al box office avevano beneficiato di un product placement Telecom Italia. Questo per dire che anche

Quindi il dato rilevante è che Telecom sta per investire, non solo in termini economici, un valore stimato in circa 20 milioni di euro in comunicazione nel prossimo biennio. Abbiamo fatto uno studio e abbiamo visto che, nel 2006, otto dei primi quindici film in classifica al box office avevano beneficiato di un product placement Telecom Italia. Questo per dire che anche

Nel documento UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE (pagine 37-59)

Documenti correlati