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UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE

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Academic year: 2022

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UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE

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IACENZA

) Corso di Laurea triennale in

Impresa, Mercati e Politiche Economiche

IL PRODUCT PLACEMENT

NEL PANORAMA CINEMATOGRAFICO ITALIANO

Relatore:

Chiar.mo Prof. ROBERTO PAOLO NELLI

Laureando Davide LUCIDI Matr. N. 3400615

Anno Accademico 2008 / 2009

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INDICE

CAPITOLO 1: IL RUOLO DEL PRODUCT PLACEMENT NEL CINEMA

1.1. La definizione di product placement ed il suo percorso evolutivo attraverso la storia

1.2. Le principali tipologie di product placement cinematografico

1.3. Il posizionamento del brand nell’ opera cinematografica

1.3.1. La marca come personaggio “attante”

1.3.2. Il posizionamento nella logica spazio-temporale e il livello di presenza del brand nell’opera filmica

1.4. I vantaggi e i limiti del product placement cinematografico

CAPITOLO 2: LO SVILUPPO DEL PRODUCT PLACEMENT NEL CINEMA ITALIANO

2.1. La disciplina giuridica del product placement in Italia

2.2. Il product placement oggi in Italia

2.2.1. Le agenzie di product placement

CONCLUSIONE

APPENDICE

BIBLIOGRAFIA

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CAPITOLO 1: IL RUOLO DEL PRODUCT PLACEMENT IN AMBITO CINEMATOGRAFICO

Prima di analizzare la definizione di product placement è necessario capire concretamente di cosa si stia parlando e, per farlo, il metodo più semplice è quello di utilizzare degli esempi conosciuti.

In Minority Report di Steven Spilberg, interpretato da Tom Cruise, nella Woshington del 2054 l’agente speciale della Precrime John Anderton è costretto a fuggire dai suoi ex colleghi a causa di un complotto ordito per annientarlo. Nascondersi per lui sarebbe semplice, se non venisse costantemente riconosciuto dai cartelloni pubblicitari che cercano di attirare la sua attenzione con frasi del tipo: “La strada che stai percorrendo, John Ardenton, è quella più faticosa. Scegliti una Lexus!”, oppure: “Ehi, Jhon Anderton, avresti proprio bisogno di una Guinness adesso!”.

Tobey Maguire in Spiderman di Sam Raimi, ovvero il timido Peter Parker, appena ricevuti i suoi superpoteri, li prova su una lattina di Dr. Pepper e, non avendo ancora imparato ad usarli al meglio, chiede un passaggio ad un camion della Carlsberg durante il primo inseguimento.

Tom Hanks in Cast Away di Robert Zemeckis, interpreta il manager della Fedex, Chunk Noland, che dopo essere precipitato su un’ isola deserta, trova come unico compagno un pallone Wilson con il quale condividerà tutte le sue avventure e per il quale rischierà più volte la vita fino al drammatico addio, quando lo vedrà portare via dall’oceano.

E, per fare un esempio italiano, in Il mio miglior nemico di Carlo Verdone, il giovane Orfeo (Silvio Muccino) decide di rovinare la vita del cinico Achille De Bellis (Carlo Verdone), top manager di un' importante catena alberghiera, per vendicare il licenziamento della madre.

Per raggiungere il suo scopo si avvale dell’uso di un videofonino UMTS Samsung, con il quale scatta all’ imprenditore delle foto compromettenti e fa anche delle lunghe videochiamate con la collaborazione di Vodafone. Il ragazzo lavora in un bar ed è qui che incontra la figlia di Achille, di cui s’innamora, indossando un grembiule della Moretti e servendole da bere con un vassoio della stessa birra.

Questi appena citati sono solo alcuni dei più famosi casi di product placement apparsi negli ultimi anni, ovvero situazioni nelle quali prodotti e brand sono stati inseriti all’interno di una pellicola cinematografica in modo da interagire con la storia e i suoi personaggi.

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1.1. La definizione di product placement e il suo percorso evolutivo attraverso la storia

L’espressione product placamento inizia a fare la sua comparsa nella letteratura accademica e professionale nei primi anni Ottanta, andando a sostituire locuzioni quali “product plug” e

“hidden plug” o altre analoghe che richiamavano la presenza di una marca all’interno di un prodotto cinematografico o televisivo. Attualmente l’espressione product placement viene utilizzata comunemente per indicare l’inserimento di un prodotto o di una marca in una vasta tipologia di contenuti d’intrattenimento e viene riferita a molteplici situazioni.

Con particolare riferimento all’ambito cinematografico o televisivo, viene spesso citata nella letteratura accademica la definizione proposta da Balasubramanian, secondo la quale il product placement veicola un messaggio finalizzato a influenzare il pubblico attraverso l’inserimento oneroso, pianificato e non invadente di un prodotto di marca in un film o in un programma televisivo. Secondo Balasubramanian, il product placement fa parte dei messaggi aziendali “ibridi”, che includono tutti i tentativi onerosi da parte di un’impresa di influenzare il pubblico a scopi commerciali usando i mezzi di comunicazione con modalità che di per sé non perseguono palesemente un obiettivo commerciale1.

Da tale definizione emerger pertanto che chi fa product placemnt, per poterlo rendere efficace al meglio, deve innanzi tutto tener presenti le regole del mezzo in cui si va a posizionare il prodotto e, quindi agire di conseguenza2. Da un punto di vista di marketing, questa pratica ha l’obiettivo di creare e gestire nel corso del tempo la notorietà della marca, modificando progressivamente, secondo le esigenze, i significati associati al prodotto.

Allo scopo di perseguire tali obiettivi sono nate professioni, agenzie specializzate e tecniche di comunicazione che hanno contribuito ad istituzionalizzare questa attività.

Per poter parlare di product placement bisogna però che si stabilisca una relazione tra l’impresa e la casa di produzione cinematografica che non è solo di tipo economico, ma può essere così varia come sono le necessità delle parti in contatto. Infatti il posizionamento del prodotto o del brand nella pellicola cinematografica può avvenire sia dietro retribuzione economica, ma anche tramite qualsiasi altra partecipazione alla produzione del film da parte dell’impresa, come ad esempio la fornitura del materiale di scena o la promozione dell’opera

1 R. P. NELLI e P. BENSI, Il product placemen nelle strategie di convergenza della marca nel settore dell’intrattenimento, Vita e pensiero, 2007 (pag. 29-30)

2 G. CORTI, Occulta sarà tua sorella. Pubblicità, product placement, persuasione: dalla psicologia subliminale ai nuovi media, Castelvecchi, Roma, novembre 2004 (pag.12)

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conseguita. Tuttavia il fatto che tale pratica di comunicazione sia pagata o meno non è ancora sufficiente per identificarla e definirla. Infatti, soprattutto nelle pellicole ambientate nella attualità, è difficile stabilire se l’inserimento di un marchio o prodotto avviene per accordo tra casa produttrice e impresa o per casualità.

La differenza sta nell’ intenzionalità di far vedere un determinato prodotto o marchio, che può avvenire non solo a scopo pubblicitario ma anche per rispondere all’esigenza dell’autore di comunicare un contenuto o un significato che richiede di essere trasferito al pubblico mediante il riferimento ad un oggetto d’uso quotidiano3.

Infine è importante individuare i soggetti coinvolti e i ruoli da loro ricoperti in un’operazione di product placement. Innanzitutto abbiamo da una parte la casa di produzione cinematografica che decide di ricorrere al product placement come forma di finanziamento, di solito un buon product placement può arrivare a coprire il 5%-10% dei costi di produzione, inoltre tramite il posizionamento del brand il regista può rendere maggiormente realistica l’opera cinematografica e quindi migliorarne la qualità. Dall’ altra parte troviamo invece l’impresa inserzionista che opta per questa tecnica di comunicazione per farsi conoscere, aumentare la notorietà o migliorare la propria immagine legandosi a un film e quindi ai suoi personaggi, alla sua storia e al suo messaggio. Intermediarie, tra questi due soggetti, le agenzie specializzate in product placement, gli esperti del settore, che sono incaricati dello studio del miglior posizionamento possibile del determinato prodotto che l’inserzionista vuole mostrare in questa specifica opera cinematografica. È importante comprendere che ogni posizionamento è un caso a se, ognuno ha la sua storia e ognuno deve riuscire ad integrarsi come meglio può all’ interno di uno specifico film, e quindi per ognuno di essi è necessario un apposito studio da parte dell’agenzia di product placement.

È infine necessario che ci sia una collaborazione tra azienda inserzionista, agenzia di product placement e casa di produzione cinematografica affinché siano sfruttate al meglio tutte le potenzialità dello strumento.

Passiamo ora a delineare il cammino percorso dal product placement attraverso la storia.

Il product placement ci può sembrare un fenomeno relativamente recente comunemente si pensa che sia un’invenzione del cinema hollywoodiano degli anni ‘40/’50, spopolato poi nel cinema del resto del mondo. Quindi può sorprendere che molti autori facciano risalire la sua preistoria al Medioevo e ancor più nel Rinascimento, dove era pratica comune raffigurare il

3 Rielaborazione propria, fonte: M. BAÑOS Y T. RODRIGUEZ, Product placement - Estrella invitada: la marca, Cie Inversiones Editoriales Dossat 2000, Madrid.

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mecenate, di solito un personaggio in vista, all’interno di un’opera pittorica, la quale veniva poi donata ad una chiesa, per diventare oggetto d’ammirazione da parte del popolo4.

Forme di product placement più elaborate le possiamo vedere solo a partire dal secolo XIX.

Il 19 marzo 1895 i fratelli Lumière girarono il primo film della storia, L’uscita degli operai dalla fabbrica Lumière (La sortie des usines Lumière, à Lyon), segnando la nascita del cinema e paradossalmente, quella del product placement cinematografico. Per i Lumière, infatti, il cinema doveva servire solo per accrescere il prestigio e la fama della loro società di lastre fotografiche ed è quindi logico che in un’operazione del genere, fatta esclusivamente per riprendere il predominio sui concorrenti, utilizzassero la loro fabbrica per rafforzare l'immagine. Anche successivamente i Lumière trovarono il modo di posizionare i propri cartelli, ad esempio ne La collera dell’affissore (Colleurs d’affiche), dove alcuni colleghi litigano mentre stanno attaccando i cartelloni pubblicitari dei due fratelli. I Lumière dimostrarono, quindi, di saperci fare quasi di più come pubblicitari che come cineasti; per loro infatti il cinema è stato sempre e solo un business, un'attività secondaria portata avanti esclusivamente per dare fama al resto5.

Sebbene l’origine del product placement possa essere attribuita all’esperienza dei fratelli Lumière fu in realtà Thomas Edison a percepire per primo il potente ruolo promozionale del cinema. Infatti, Edison, si attivò da subito per diffondere in modo sistematico la pratica del product placement entrando in contatto con le imprese di trasporto ferroviario statunitensi, la Lehigh Valley Railroad, che comparve in un film del 1896, e la Pennsylvania Railroad, che partecipò a un film del 1897 6.

Nei primi anni di vita del cinema è comunque difficile analizzare il fenomeno del product placement, anche perché in alcuni casi è arduo stabilire il confine fra cinema e pubblicità, come succede in tutti i film comici e fantastici, ma allo stesso tempo pubblicitari, fatti da Georger Méliès e degli altri precursori del cinema: ad esempio in Sunlight, film francese del 1898, nel quale si vede un gruppo di lavandaie con ai piedi scatole di Sunlight o in Dewar's Scotch Whisky, film prodotto dall’International Film Company nel 1897, dove tre scozzesi ballano con lancia e scudo di fronte ad un cartello pubblicitario del whisky Dewar's, o ad altre scene di operai e officine, come succede nel film del 1904, riguardante la fabbrica del Moet et

4 Rielaborazione propria, fonte: M. BAÑOS Y T. RODRIGUEZ, Product placement - Estrella invitada: la marca, Cie Inversiones Editoriales Dossat 2000, Madrid.

5 G. CORTI, Occulta sarà tua sorella. Pubblicità, product placement, persuasione: dalla psicologia subliminale ai nuovi media, Castelvecchi, Roma, novembre 2004.(pag. 15-16)

6 R. P. NELLI e P. BENSI, Il product placemen nelle strategie di convergenza della marca nel settore dell’intrattenimento, Vita e pensiero, 2007 (pag. 71)

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Chandon e in A visit to Peek Frean & Co.'s Biscuit Works commissionato nel 1906 dalla Cricks & Martin.

A parte questi film dichiaratamente pubblicitari, anche il product placamento cominciò a farsi largo e forse il primo esempio vero e proprio (dopo cartelli e fabbriche Lumière) lo abbiamo con Cripple Creek Bar-Room Scene, il primo film western della storia, filmato negli studi Black Maria di Thomas Edison nel 1899, della durata di 46 secondi. Il film è ambientato all’interno del saloon con tre cow-boy e la barista, dietro alla quale c’è un cartello con la scritta “Ballantine’s”. Non si può sapere con certezza quale accordo ci sia stato fra la produzione Edison e la Ballantine’s, ma quello che è certo è che il cinema in quel periodo fosse sotto osservazione da parte delle aziende e un ambiente “da duro” come un saloon poteva essere visto come un ottimo mezzo, per un whisky scozzese, per conquistare il mercato americano.

Nel 1926 in un altro saloon, sempre in un film western, The Texas Streak di Lynn Reynolds, con una delle stelle del genere, Hoot Gibson in compagnia di Alan Roscoe e Blanche Mehaffey, fa per la prima volta la sua comparsa, una marca che sarà quella che forse più di tutte influenzerà lo sviluppo di questo mezzo di comunicazione: la Coca-Cola.

Si può dire che il product placement subisce un evoluzione nel film tedesco Stürme der Leidenshaft (di Robert Siodmak, 1931), in cui il prodotto comincia non solo ad essere posizionato in modo statico ma anche ad essere utilizzato dagli attori: la prima scena del film si svolge nelle immense cucine di una prigione dove sono posizionati numerosi scatoloni di

“dado Maggi”. Lo chef assaggia il brodo di una delle grossissime pentole, dopodiché, facendo una faccia schifata, rimprovera l'addetto spiegando che per avere un buon brodo si devono usare i dadi. Ne prende tre da un piatto ricolmo e li butta nell'acqua bollente7.

Analizzeremo ora il particolare sviluppo del posizionamento del prodotto nelle pellicole cinematografiche statunitensi, che ha reso possibile convertire il fenomeno in un’industria autonoma e nella forma di comunicazione commerciale che oggi conosciamo come product placement.

Abbiamo visto che il fenomeno oggetto del nostro studio è nato in Europa, allora perché analizzare in particolare la storia, lo sviluppo che il product placement ha avuto in America?

Questa domanda trova una duplice risposta, innanzitutto nel fatto che il cinema americano ha avuto la possibilità di continuare la sua produzione e il suo sviluppo anche durante la Prima Guerra Mondiale, divenendo a tutti gli effetti internazionale per colmare la domanda Europea;

7 G. CORTI, Occulta sarà tua sorella. Pubblicità, product placement, persuasione: dalla psicologia subliminale ai nuovi media, Castelvecchi, Roma, novembre 2004.(pag.17-18)

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in secondo luogo in questi anni negli Stati Uniti si è cominciato a studiare il fenomeno pubblicitario e più in generale il marketing, arrivando alla conclusione, tra le altre, che “le preferenze del consumatore dipendevano maggiormente dalla stimolazione del desiderio piuttosto che da aspetti razionali” 8. Il cinema e le storie da esso raccontate si sono rilevate il migliore veicolo del desiderio, infatti durante gli anni ‘30, si verificarono una serie di fenomeni di mercato, provocati da pellicole cinematografiche, che dimostrarono che il cinema era una buona via per fomentare il consumismo attraverso le illusioni9.

Ad esempio nel ’34 con il film Accadde una notte di Frank Capra con Clarke Gable e Claudette Colbert, si prende definitivamente coscienza del potere seduttivo di una star. In una scena Gable appare per la prima volta nella storia del cinema ufficiale senza canottiera, nudo sotto la camicia. In seguito al successo del film le vendite di biancheria intima crollarono in tutto il Paese e i produttori si recarono a Hollywood per chiedere che la scena venisse tagliata.

E così fu. Impossibile per Hollywood non approfittarne e utilizzare da quel momento il fascino pubblicitario degli attori10.

La decade degli anni 30 ha rappresentato una sorta di laboratorio di sperimentazione del product placement favorendone lo sviluppo. L’avvento del cinema sonoro permise al prodotto o al marchio di avere una presenza più attiva, potendo essere citato dagli attori e le sue caratteristiche descritte verbalmente11. Ne I figli del deserto del 1934, Stan Lauren e Oliver Hardy chiedono un’ Aspirina. Altro esempio, precursore degli attuali posizionamenti verbali, si può trovare nel 1938, nel film Susanna di Howard Hawks, in cui assistiamo al primo caso di product placement comparativo fra le palle da golf Pca e Kranfly, in un piacevole battibecco tra Cary Grant e Katharine Hepburn con le palle che agiscono da catalizzatrice per i successivi incontri fra i due12.

8Mi riferisco agli studi effettuati da John B. Watson, psicologo comportamentale, fondatore del behaviorismo o dottrina del comportamento, e membro della Gestalt, che dal 1921 al 1926 lavorò fuori dell’ambito accademico.

Durante questo periodo Watson occupò un posto direttivo nella J. Walter Thopson Company, impresa che gli servì da base per le sue investigazioni sulla pubblicità e il marketing. Watson compì numerose campagne pubblicitarie di diversi prodotti usando il mercato di consumo come un laboratorio e il consumatore come un soggetto sperimentale. Fu il precursore della utilizzazione della concentrazione sistematica del consumatore su delle illusioni, per fomentare una società consumistica.

9M. BAÑOS Y T. RODRIGUEZ, Product placement - Estrella invitada: la marca, Cie Inversiones Editoriales Dossat 2000, Madrid.(pag.50)

10 G. CORTI, Occulta sarà tua sorella. Pubblicità, product placement, persuasione: dalla psicologia subliminale ai nuovi media, Castelvecchi, Roma, novembre 2004.(pag. 19)

11 M. BAÑOS Y T. RODRIGUEZ, Product placement - Estrella invitada: la marca, Cie Inversiones Editoriales Dossat 2000, Madrid.(pag.50)

12 G. CORTI, Occulta sarà tua sorella. Pubblicità, product placement, persuasione: dalla psicologia subliminale ai nuovi media, Castelvecchi, Roma, novembre 2004.(pag. 19)

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Un caso emblematico che ha permesso che il product placement si costituisse come una formula contrattuale di relazione commerciale è rappresentato dal film Laura di Otto

Preminger del 1944, interpretato da Gene Tierrney, Dana Andrews e Vincent Price13. E’ un noir che narra di un detective (Dana Andrews) alle prese con il mistero di una “donna

che visse due volte”. Come ogni detective del noir che si rispetti, il protagonista è un antieroe e come tale ha ogni tipo di vizio, compreso quello di bere whisky Black Pony (whisky completamente inventato). Il film fu un successo e riuscì ad affezionare a tal punto il pubblico al protagonista che i negozi furono presi d’assalto da consumatori desiderosi di bere il Black Pony14. Grazie a questa esperienza Hollywwod capì che forse era più conveniente trovare un accordo direttamente fra le aziende e i produttori cinematografici, così l’industria del whisky e gli studi cinematografici decisero di associarsi dando luogo al primo esempio documentato di product placement, in Il romanzo di Mildred dove è presente il Jack Daniel’s.

Da questo momento i posizionamenti di prodotti sono evidenti e costanti nel cinema americano, appoggiati nella loro efficacia dallo star system e dalla società sempre più orientata al consumo15. Solo per citare i casi più famosi: Katharine Hepburn getta in acqua tutte le bottiglie di Gordon’s Gin del suo compagno di viaggio Humphrey Bogart in La regina d’Africa; Marilyn Monroe vorrebbe sposare il signor Coca-Cola in Come sposare un milionario, mentre Tony Curtis vorrebbe sposare lei spacciandosi per il signor Shell in A qualcuno piace caldo; nel 1961 Audry Hepburn passa tutte le mattine davanti alle vetrine di Tiffany in Colazione da Tiffany e James Cagney lavora per la filiale berlinese della Coca-Cola in Uno, due, tre.

Un altro punto di svolta nella storia del product placement si ha nel 1963 quando nasce il più grande testimonial “da film” che la storia del cinema ricordi: James Bond. L’arrivo dell’agente 007 segna non solo l’inizio della più lunga operazione di promozione mai fatta di Martini e vodka Smirnoff (“shakeraty e non mescolati”), Walter Ppk, Aston Martin e Dom Perignon del’56, ma anche l’inizio della prima grande operazione pianificata di merchandising, con la messa in vendita di una serie di gadget connessi con il mondo di 007.

13 M. BAÑOS Y T. RODRIGUEZ, Product placement - Estrella invitada: la marca, Cie Inversiones Editoriales Dossat 2000, Madrid.(pag.53)

14 G. CORTI, Occulta sarà tua sorella. Pubblicità, product placement, persuasione: dalla psicologia subliminale ai nuovi media, Castelvecchi, Roma, novembre 2004.(pag. 19)

15 M. BAÑOS Y T. RODRIGUEZ, Product placement - Estrella invitada: la marca, Cie Inversiones Editoriales Dossat 2000, Madrid.(pag.54)

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Il product placement sarà finalmente reso ufficiale nel 1968 quando Stanley Kubrik utilizza le aziende impegnate nella tecnologia per realizzare 2001: Odissea nello spazio in cambio dell’inserimento dei loro marchi all’interno della pellicola16.

Nel 1978 fu creata la prima importante agenzia di comunicazione specializzata in product placement cinematografico, la Associated Film Promotion, fondata da Robert Kovoloff. Nel 1982, questa agenzia partecipò al caso più eclatante, considerato un caso da manuale: E.T.

L’extraterrestre di Steven Spilberg. Questo film ha segnato la storia del product placement in quanto ha permesso agli americani di superare una certa diffidenza verso questo strumento

grazie ai successi ottenuti da alcune aziende e alle relative occasioni mancate da altre.

E’ il caso di M&M’s che fu contattata dalla compagnia di produzione di Spilberg per posizionare il proprio prodotto in E.T. L’extraterrestre. Le praline di cioccolato sarebbero servite per attirare E.T. da Elliot così da creare il primo incontro con l’alieno. La M&M’s rifiutò il progetto ritenendolo inopportuno, così la produzione passò l’offerta alla Hershey per i Reeve’s Pieces, deboli concorrenti delle M&M’s, che detenevano una piccola quota di mercato. L’Hershey accettò e in poco tempo, grazie al successo del film e al fatto che le praline di cioccolato avessero fatto nascere l’amicizia tra il bambino e l’alieno, le vendite di Reeve’s Pieces aumentarono del 66%, cominciando a conquistare le quote di mercato della M&M’s fino a permettersi di competere allo stesso livello17.

Da questo momento in poi il product placement è uno strumento di comunicazione aziendale a tutti gli effetti. Si moltiplicano i casi in cui il marchio è legato a situazioni divertenti o spettacolari: il logo della marca di computer Apple, per esempio, ha ottenuto grande visibilità mondiale grazie a Forrest Gump. In tutto il film non viene mai inquadrato un computer, la Apple viene solo menzionata alla fine, quando Forrest Gump scopre di essere diventato milionario grazie ad un investimento in quella che pensava essere una compagnia di frutta.

Nel 2000 Mission impossible 2 comincia con un paio di occhiali Oackley che portano le istruzioni della CIA all’agente Ethan Hunt (Tom Cruise). In Kill Bill, capolavoro assoluto di Tarantino del 2003, le Onitsuka Tiger dell’Asics indossate da Black Mamba diventano le scarpe della nuova generazione. Nel 2006 Mariyl Streep recita e sfila, interpreta e mostra, in Il Diavolo veste Prada, un film di David Frankel, in cui si nomina e si vede tutto quello che in questo momento fa tendenza, dallo stilista Valentino a stivali Chanel, scarpe di Manolo Blanik, borse Gucci, foulard di Hermès e naturalmente tanti, tanti completi di Prada.

16 G. CORTI, Occulta sarà tua sorella. Pubblicità, product placement, persuasione: dalla psicologia subliminale ai nuovi media, Castelvecchi, Roma, novembre 2004.(pag. 20)

17G. CORTI, Occulta sarà tua sorella. Pubblicità, product placement, persuasione: dalla psicologia subliminale ai nuovi media, Castelvecchi, Roma, novembre 2004.(pag. 14-15)

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Negli Stati Uniti il prodotto diventa definitivamente una “Star” 18, ma è curioso anche vedere quello che succede nel resto del mondo.

Abbiamo visto che il product placement è nato in Europa, si è sviluppato negli Stati Uniti e si è praticamente diffuso in tutto il cinema mondiale. Ormai è difficile trovare dei film, soprattutto se ci si riferisce a film non in costume, nel quale non appaiono dei marchi commerciali posizionati in maniera voluta. Persino nelle cinematografie meno diffuse i marchi sono all’ordine del giorno. Una di quelle più attive, ad esempio, è quella cinese , dove negli ultimi anni le locandine riportano regolarmente gli sponsor contenuti nei film. Cina e Oriente sono sicuramente i più evoluti nell’uso del product placement, riuscendo a competere e, a volte, superare i colleghi americani nell’ invenzione di trovate efficaci.

Non sono solo le marche autoctone a comparire in queste cinematografie, ma anche le multinazionali e aziende straniere che utilizzano il cinema di una nazione per familiarizzare con il pubblico locale. Un esempio c’è dato da un brand italiano come De Longhi che appare in più occasioni e in maniera molto divertente nel film comico di Hong Kong The Frugal Game, dove una delle famiglie coinvolte nel omonimo reality show (dove vince chi risparmia più soldi) si reca più volte allo stand De Longhi in un grande magazzino per mangiare il cibo cucinato dall’Hostess per dimostrazione19.

1.2. Le principali tipologie di product placement cinematografico

Normalmente si identificano tre tipi di product placement: passivo, attivo e verbale (o “ad hoc”). Alcuni autori20 ritengono più efficace una classificazione maggiormente estesa, data la complessità e la diversità di possibilità che il product placement offre attualmente. Per questo è stata introdotta la tipologia di product placement iperattivo. In altre parole dal posizionamento in cui il prodotto appare nella scena senza alcun ruolo speciale, fino al posizionamento dove il marchio è protagonista e perfino la sceneggiatura viene adattata per questo brand21. Analizzeremo ora ogni tipologia, non dobbiamo però pensare che ve ne sia una migliore delle altre, poiché ogni posizionamento ha la sua storia e deve riuscire ad

18 M. BAÑOS Y T. RODRIGUEZ, Product placement - Estrella invitada: la marca, Cie Inversiones Editoriales Dossat 2000, Madrid.(pag.54)

19 G. CORTI, Occulta sarà tua sorella. Pubblicità, product placement, persuasione: dalla psicologia subliminale ai nuovi media, Castelvecchi, Roma, novembre 2004.(pag. 22)

20 Mi riferisco a OLIVARES e DEL PINO, citati da M. BAÑOS e T. RODRIGUEZ, nel libro: Product placement - Estrella invitada: la marca, Cie Inversiones Editoriales Dossat 2000, Madrid.(pag.119)

21 M. BAÑOS Y T. RODRIGUEZ, Product placement - Estrella invitada: la marca, Cie Inversiones Editoriales Dossat 2000, Madrid.(pag.120)

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integrarsi come può all’interno di uno specifico film22. Si parla di product placement passivo quando il prodotto è posizionato in modo tale da far parte della decorazione di scena, però nessun personaggio lo utilizza, ne tanto meno lo nomina. L’inserzionista può scegliere varie possibilità di collocazione del suo prodotto. All’interno della categoria del product placement passivo è, altresì, possibile distinguere tra passivo secondario e passivo primario23. Il primo caso rappresenta il livello più basso di product placement, nel quale il prodotto è inserito sullo sfondo come parte della scenografia ed è più difficile riconoscerlo, ma a ciò si ovvia in genere con l’elevata frequenza o con la lunghezza del periodo di esposizione24. Ne sono esempi classici le apparizioni del brand sottoforma di cartelli situati sulla strada dei protagonisti.

Considerata la sua semplicità questo è stato il primo dei metodi utilizzati, basti vedere i cartelloni dei fratelli Lumière. Mentre nel caso di passivo primario il prodotto si trova in primo piano, pienamente visibile dallo spettatore, al fine di garantire la massima esposizione della marca, e il suo posizionamento è effettuato in modo che lo spettatore lo trovi interessante, che lo ricordi25. Riprendendo l’esempio del cartello, per fare questo sono stati praticamente usati tutti i mezzi possibili: dalle gambe di Marilyn che facevano capolino dal cartellone della Ford ne Il magnifico scherzo (Monkey Business, Howard Hawks, Usa, 1952), al cartello con le dichiarazioni d’amore di John Leguziano, dove è presente il logo della Coca- Cola, in A Wong Foo, grazie di tutto! Julie Newmar (Beeban Kindron, Usa, 1995), fino ai futuristici cartelli di Minority Report che chiamano il protagonista per nome26.

Nel caso di product placement attivo l’attore utilizza e manipola il prodotto o brand: consuma la bibita, guida l’automobile, chiama per telefono, ecc., però in nessun caso viene nominato27. È sicuramente un metodo di posizionamento molto importante che generalmente può essere effettuato in due modi, secondo un uso canonico, come una birra bevuta o un’auto guidata, di questo tipo di uso il cinema ci offre innumerevoli esempi, praticamente è possibile individuarne per lo meno uno in ogni film. Oppure secondo un uso improprio, come il

22 G. CORTI, Occulta sarà tua sorella. Pubblicità, product placement, persuasione: dalla psicologia subliminale ai nuovi media, Castelvecchi, Roma, novembre 2004 (pag. 31)

23Distinzione operata da M. BAÑOS Y T. RODRIGUEZ, nel libro: Product placement - Estrella invitada: la marca, Cie Inversiones Editoriales Dossat 2000, Madrid.(pag.120)

24D. DALLI, Il product placement cinematografico: oltre la pubblicità?, in Le tendenze del marketing in Europa, Venezia, novembre 2003, http://www.escp-eap.net/conferences/marketing/pdf_2003/it/dalli.pdf

25D. DALLI, Il product placement cinematografico: oltre la pubblicità?, in Le tendenze del marketing in Europa, Venezia, novembre 2003, http://www.escp-eap.net/conferences/marketing/pdf_2003/it/dalli.pdf

26 G. CORTI, Occulta sarà tua sorella. Pubblicità, product placement, persuasione: dalla psicologia subliminale ai nuovi media, Castelvecchi, Roma, novembre 2004 (pag.33)

27 M. BAÑOS Y T. RODRIGUEZ, Product placement - Estrella invitada: la marca, Cie Inversiones Editoriales Dossat 2000, Madrid.(pag.122)

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cellulare di James Bond che rilascia scariche elettriche da 20mila volt o il camion della Carlsberg che da un passaggio all’Uomo Ragno nel suo primo inseguimento.

Con il product placement verbale il prodotto o brand è nominato espressamente ed è indifferente il fatto che si veda o meno, però nessuno lo utilizza o consuma. Anche in questo

caso esistono due possibilità distinte: semplice menzione o valorizzazione del prodotto.

Nel primo caso l’attore si limita a nominare la marca28. Possiamo citare alcuni esempi classici: il protagonista richiede il prodotto (“l’aperitivo lo pago io, due Cynar!”, Vittorio Gassman a Jean-Luis Trintignant, in Il sorpasso), lo offre ad uno dei protagonisti (“Vuoi un Jack Daniel’s”, Michael Douglas a Saharon Stone, in Basic instinct) o lo cita in una situazione

qualunque (“Staresti benissimo con un Armani”, Mel Gibson, in What Women Want).

Questi sono i casi base, i più facili da inserire, i più immediati, ma anche i più scontati per lo spettatore29. Nel caso di valorizzazione verbale del prodotto, invece, il personaggio oltre a nominare la marca esprime una valorizzazione di essa30. Le qualità dei prodotti vengono inserite implicitamente nel discorso, come fa Catherine Zeta Jones in Hunting-Presenze, dove si vanta della sua classe dicendo che gli stivali di Prada devono essere comprati a Milano o a New York, o come succede in Ronin, dove per l’operazione viene chiesto a Jean Reno un’auto veloce e che sappia resistere agl’urti come l’Audi S8 31.

Infine abbiamo il product placement iperattivo che rappresenta il massimo livello di product placement in cui il personaggio, non solo utilizza il prodotto o brand, ma si riferisce ad esso espressamente. La marca si trasforma in risorsa narrativa a partire dalla quale si costruisce la scena o il dialogo, si tratta di combinazioni di elementi visivi e verbali, con un legame solido e profondo con il resto della storia. Anche per questa tipologia è possibile distinguere tra la semplice menzione e la valorizzazione del prodotto. Nel primo caso il personaggio menziona

la marca, evitando però di fare commenti che la possano valorizzare, e la utilizza.

Esempio classico ci è dato dalle varie volte in cui James Bond ha ordinato un Martini e vodka (solitamente Smirnoff) “shakeraty e non mescolati”, e che poi lo abbiamo visto gustare.

28 M. BAÑOS Y T. RODRIGUEZ, Product placement - Estrella invitada: la marca, Cie Inversiones Editoriales Dossat 2000, Madrid.(pag.124)

29 G. CORTI, Occulta sarà tua sorella. Pubblicità, product placement, persuasione: dalla psicologia subliminale ai nuovi media, Castelvecchi, Roma, novembre 2004 (pag.33)

30 M. BAÑOS Y T. RODRIGUEZ, Product placement - Estrella invitada: la marca, Cie Inversiones Editoriales Dossat 2000, Madrid.(pag.126)

31 G. CORTI, Occulta sarà tua sorella. Pubblicità, product placement, persuasione: dalla psicologia subliminale ai nuovi media, Castelvecchi, Roma, novembre 2004 (pag.33)

(14)

Nel secondo caso oltre alla menzione, la marca in un modo o nell’altro viene valorizzata e l’attore l’utilizza, la consuma o la manipola davanti allo spettatore32. In alcuni casi il prodotto può arrivare ad essere addirittura il protagonista, come nel caso della serie dedicata a Herbie (1968), il maggiolino tutto matto di Walt Disney o della commedia Gods must be crazy (1980) in cui la storia ruota intorno a una bottiglietta di Coca-Cola. Fino ai casi più recenti della Fedex in Cast Away, delle Mini in The Italian Job33 per arrivare infine al nuovo kolossal Angeli e demoni dove la Lancia Delta è la protagonista d’eccezione.

1.3. Il posizionamento del brand nell’ opera cinematografica

Collocare un prodotto in un film in un modo che “non dica niente di speciale”, o in cui sia una presenza narrativamente insignificante, vuol dire non sapere approfittare della bontà della pellicola cinematografica come mezzo di comunicazione commerciale. Sappiamo che la finzione cinematografica è capace di modificare abitudini o indurre al desiderio, come hanno dimostrato le esperienze di Gable e di E.T., però non agisce tramite un semplice “stare” della marca, ma piuttosto attraverso uno specifico “come stare”. Le possibilità di trasmettere la qualità della marca o che la sua immagine sia incrementata grazie all’associazione al personaggio, aumentano quando si passa dalla semplice presenza all’utilizzazione nell’azione per presentarsi come elemento attivo della narrazione. L’efficacia del product placement si relaziona direttamente con il suo livello di presenza narrativa e con la sua capacità di convertirsi in un elemento, che da solo giustificato, diventa imprescindibile. Un brand può essere collocato come semplice accessorio di decoro, può servire a dare informazioni sul personaggio e può essere utilizzato come risorsa narrativa sul quale si sviluppa una scena o un dialogo. Però, soprattutto, il product placement converte un marchio in parte di un’ immagine, in un segno che può significare:

 una realtà per lo spettatore (in quanto oggetto della sua realtà);

 in relazione con altri elementi come i personaggi, le azioni, il colore di una scena (in quanto oggetto della storia);

 rispetto all’ immagine della marca34.

32 M. BAÑOS Y T. RODRIGUEZ, Product placement - Estrella invitada: la marca, Cie Inversiones Editoriales Dossat 2000, Madrid.(pag.127-130)

33D. DALLI, Il product placement cinematografico: oltre la pubblicità?, in Le tendenze del marketing in Europa, Venezia, novembre 2003, http://www.escp-eap.net/conferences/marketing/pdf_2003/it/dalli.pdf

34 M. BAÑOS Y T. RODRIGUEZ, Product placement - Estrella invitada: la marca, Cie Inversiones Editoriales Dossat 2000, Madrid.(pag.85-86)

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La presenza della marca in una pellicola cinematografica è una presenza narrativa che può essere più o meno attiva e più o meno opportuna, dipende della sua posizione nella storia.

Anche se serve per apportare maggiore realismo non è un oggetto della realtà, ma un oggetto della finzione; è proprio attraverso quello che significa la marca nella finzione, che arriverà l’immagine della stessa allo spettatore35. Per poter individuare i personaggi o gli scenari ai quali la marca può associarsi significativamente, per incontrare i momenti narrativi di maggiore impatto emozionale per lo spettatore e localizzare i frammenti che rimarranno più a lungo in mente, è necessario conoscere le regole della finzione cinematografica. Molte sono le possibilità di product placement e altrettanti i risultati, pertanto è utile analizzare i principali elementi presenti in una pellicola cinematografica e le possibili interazioni che si possono stabilire tra il brand e ognuno di essi36. Il brand potrà interagire con tutti gli elementi della narrazione e, inoltre, potrà presentarsi lui stesso come uno di questi elementi37. Tali elementi principali individuabili in una pellicola cinematografica sono la trama o storia, i personaggi, i dialoghi, le azioni che vengono compiute e la scenografia; tutti questi possono interagire con un brand e vedremo ora in che modo.

Ogni film ha una sua trama e un suo messaggio che si può riferire a valori o concetti di carattere universale o condivisi da una società. Realizzare un product placement nel quale il prodotto o il brand abbia un vincolo ben ordito e continuato con la trama e il messaggio del film abbia analogie con le caratteristiche ideali della marca, è una sfida. Quando, partendo dalla storia delle vicissitudini di un essere umano, si riesce a costruire una “sottostoria” di un

“essere” commerciale, ci troviamo nel caso di un product placamento straordinario.

Ovvero quello con maggiore livello di presenza narrativa e che più verrà ricordato. Ne è un esempio il film Cast Away, il cui messaggio di fondo riguarda la forza di volontà, la decisione e l’ingegno indispensabili all’uomo per fronteggiare qualunque situazione. Superare le prove che la vita ci sottopone rende l’uomo migliore. Allo stesso tempo è possibile individuare una

“sottostoria”, quella della compagnia commerciale Fedex, cha ha lo scopo di avvicinare le persone separate geograficamente. Il messaggio di questa “sottostoria” è incentrato sulla

35 M. BAÑOS Y T. RODRIGUEZ, Product placement - Estrella invitada: la marca, Cie Inversiones Editoriales Dossat 2000, Madrid.(pag.89)

36 M. BAÑOS Y T. RODRIGUEZ, Product placement - Estrella invitada: la marca, Cie Inversiones Editoriales Dossat 2000, Madrid.(pag.86)

37 M. BAÑOS Y T. RODRIGUEZ, Product placement - Estrella invitada: la marca, Cie Inversiones Editoriales Dossat 2000, Madrid.(pag.89)

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fiducia nella Fedex, la quale risolve i problemi in qualsiasi luogo. Fedex è più che una compagnia di trasporti, per lei le difficoltà sono sfide da vincere che la fanno crescere38. Collocare il brand in mdo che interagisca con un personaggio non è lo stesso che collocarlo come pezzo da decoro. Non è la stessa cosa un’inquadratura della marca di un’ anonima auto parcheggiata in una strada, piuttosto che, ad esempio, una Aston Martin guidata da James Bond in Die another day. Infatti quest’auto ha maggiore presenza narrativa, che consente una più rilevante possibilità di comunicare la qualità della marca, essendo un oggetto personale del personaggio e caratterizzandolo: è l’auto dell’agente segreto 007, raffinato e affascinante.

Il prodotto può fare, quindi, parte della costruzione del personaggio, si può associare le qualità del personaggio alla marca e/o si può associare le qualità della marca al personaggio;

questa cessione dei valori può incrementare o svalutare l’immagine della marca.

La costruzione del personaggio spiega allo spettatore com’è il soggetto, chi è e perché fa quello che fa o perché gli succede quello che gli succede; gli viene dato un nome attribuito un profilo fisico, un profilo sociale e un profilo psicologico assegnandogli valori universali e particolari. I personaggi devono avere personalità propria e proprio per questo devono essere multidimensionali, né totalmente buoni, né totalmente cattivi, con difetti e virtù come qualsiasi essere umano. Il profilo fisico del personaggio si manifesta attraverso l’attore che lo interpreta. E’ comunque evidente che nel fare product placement, l’aspetto fisico del personaggio sia un fattore da considerare, però vi sono casi di product placemnt associati a profili fisici poco aggraziati. Per fare un esempio, John Travolta in Michael, nel momento in cui appaiono i Kellog’s Frosted durante la colazione, è grasso, trasandato, spettinato, rozzo, con spaventose maniere a tavola. In questo film è quindi evidente che l’associazione viene fatta con il profilo psicologico e sociale di Michael: è buono, è un angelo, innocente come un bambino, ha un’enorme voglia di vivere, tantissima energia e può fare miracoli. In più, dopo questa colazione, Michael cambierà il suo aspetto diventando molto attraente: i miracoli di Kellog’s sono infinti.

Quando il product placement agisce nella costruzione del personaggio può essere praticato nel vestiario abituale o con altri prodotti utilizzati o consumati in maniera assidua o legati ad una situazione specifica, l’importante è che questi definiscano, attraverso il loro uso o tramite commenti, le caratteristiche psicologiche e i valori del personaggio. Se le qualità del brand e il profilo del personaggio coincidono, i vantaggi sono reciproci, inoltre il prodotto agisce da rinforzo del realismo: il personaggio è più reale perché utilizza qualcosa che esiste nella realtà

38 M. BAÑOS Y T. RODRIGUEZ, Product placement - Estrella invitada: la marca, Cie Inversiones Editoriales Dossat 2000, Madrid.(pag.89-90)

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e il carattere del personaggio si trasmette all’immagine della marca e potrebbe anche accrescerla39.

Per quanto riguarda la rinterazione del brand con il dialogo è naturale che nei film ambientati nell’attualità i personaggi nominino le marche, tuttavia si tratta del tipo di product placement più delicato, poiché può risultare evidente l’intenzione pubblicitaria se fatto in maniera rozza.

Si possono distinguere due tipi di dialoghi in funzione della loro rilevanza per la storia:

 “dialogo d’azione”, che informa su cosa sta succedendo, su cosa sta pensando o sentendo un personaggio, è importante per capire quello che ha fatto o quello che sta per fare. Dialoghi che muovono la storia in cui un product placament ben fatto può avere ottime ripercussioni, specialmente se le caratteristiche del prodotto sono rilevanti per l’azione narrata o se definiscono uno stato d’essere del personaggio significativo per comprendere la storia.

 “dialogo di comportamento”, ovvero frasi che completano le altre azioni, che danno indicazioni su aspetti minori del personaggio, che apportano realismo. Questi tipi di dialoghi si possono definire “parole al vento”, in quanto hanno poca carica drammatica o informativa e si dimenticano facilmente; pertanto il solo menzionare il prodotto può avere poca rilevanza se non è pronunciata in un momento narrativamente potente40.

L’interazione che si crea nel caso di product placement associato alle azioni che compiono i personaggi permette di mostrare le qualità tangibili della marca o del prodotto sia tramite il loro uso in azioni normali che straordinarie. Mostrare il prodotto in azione consente la sua caratterizzazione in funzione del pubblico obiettivo del film e permette, inoltre, di estendere il target della marca tramite l’interazione con un personaggio o situazione diversi rispetto a quelle che gli corrisponderebbero secondo il suo posizionamento41.

Infine tra gli elementi della pellicola con cui il prodotto può interagire, troviamo la scenografia, che rappresenta un “toccasana” per il product placement, in altre parole è un luogo dove può sembrare naturale che un determinato prodotto vi si trovi, sempre che tale prodotto si adegui all’epoca in cui si svolge la storia. La scenografia offre varie possibilità di

39 M. BAÑOS Y T. RODRIGUEZ, Product placement - Estrella invitada: la marca, Cie Inversiones Editoriales Dossat 2000, Madrid.(pag.94-98)

40 M. BAÑOS Y T. RODRIGUEZ, Product placement - Estrella invitada: la marca, Cie Inversiones Editoriales Dossat 2000, Madrid.(pag.100-103)

41 M. BAÑOS Y T. RODRIGUEZ, Product placement - Estrella invitada: la marca, Cie Inversiones Editoriales Dossat 2000, Madrid.(pag.103)

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product placement con diversi gradi di visibilità e presenza della marca posizionando il prodotto come:

 “accessorio”, in questo caso il prodotto o il brand viene usato per caratterizzare la scena. Possono essere usati cartelli, bicchieri, bottiglie, automobili, ecc., ne sono esempi classici i distributori di Coca-Cola o Pepsi. Un buon product placement di un oggetto di scena è quello che acquisisce forza oltrepassando la sola funzione di dare realismo e si associa a quello che succede nella storia. Se la sua visibilità corrisponde a un momento fortemente emotivo, la marca può essere portatrice di caratteristiche proprie di quello che succede al personaggio. Tutto consiste nello scegliere il momento narrativo migliore per il posizionamento.

 “attrezzo”, si tratta degli oggetti che il personaggio utilizza nella scena. Rappresentano il product placement attivo che può essere combinato con il verbale. Questo tipo di posizionamento ha maggiore forza per lo spettatore secondo la sua funzione narrativa o del momento drammatico in cui è utilizzato. Se, oltretutto, l’attrezzo caratterizza il personaggio, avrà utilità maggiore per il product placement che si vuole realizzare.

 “scenografia”, in questo caso il prodotto o marchio occupa l’ intero spazio dove si sviluppa l’azione e si muovono i personaggi, come ad esempio nel caso di Moschino in Sotto il vestito niente, nella scena della sfilata. Il posizionamento di un brand come scenografia deve essere appropriata al tema e al pubblico obiettivo del film e quindi la sua efficacia non è data dalla sola presenza del prodotto. Infatti, c’è il rischio, che questo tipo di product placement sia insignificante o che sia evidente la sua funzione pubblicitaria, impedendo il suo effetto di rendere il tutto più verosimile e distruggendo la coerenza narrativa, se non considera tutti gli altri elementi della narrazione42.

1.3.1. La marca come personaggio “attante”

Il product placement può raggiungere un alto grado d’attività quando funziona come

“attante”, cioè quando nella storia occupa una posizione propria di un personaggio, per le azioni che provoca. In questo caso il suo profilo fisico sarà l’aspetto esteriore del prodotto e il suo profilo psicologico la qualità del brand. Le sue azioni, inoltre, possono essere realizzate,

42 M. BAÑOS Y T. RODRIGUEZ, Product placement - Estrella invitada: la marca, Cie Inversiones Editoriales Dossat 2000, Madrid.(pag.104-105)

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per delegazione, da un personaggio umano43. Per il linguista Greimas44, la narrazione si costruisce con sei elementi che sono chiamati “attanti” (Figura 1):

 Soggetto, colui che desidera o deve raggiungere un obiettivo (cosa, persona, soluzione di una situazione, ecc..) e compie tutte le azioni necessarie a questo fine; deve essere motivato e avere le dovute capacità: “volere fare” e “poter fare”

 Oggetto, quello che si vuole raggiungere, avere o modificare

 Destinante, colui che propone che l’oggetto arrivi al destinatario

 Destinatario, colui che trae beneficio dall’oggetto

 Oppositore, colui che si oppone all’azione del Soggetto

 Aiutante, colui che aiuta il Soggetto Figura 1. Schema degli “attanti” di Greimas 45

Gli attanti sono personaggi considerati come una forza capace di compiere determinate azioni

e possono essere incarnati da persone, animali, oggetti, situazioni, idee, ecc. La libertà è, per esempio, l’ attante Oggetto in Thelma y Louise e la Ford Thunderbird un Aiutante che le aiuta portandole via dalla loro noiosa vita e le accompagna fino alla loro gloriosa morte. Il product placement associato al personaggio come attante è il più spettacolare perché il prodotto diventa imprescindibile nella narrazione, ha un’attività narrativa come personaggio, si

giustifica l’ apparizione ripetuta e le sue azioni segnano lo sviluppo della storia.

43 M. BAÑOS Y T. RODRIGUEZ, Product placement - Estrella invitada: la marca, Cie Inversiones Editoriales Dossat 2000, Madrid.(pag.92)

44 La semantica strutturale è una disciplina che applica al significato - delle parole, dei testi e in definitiva dell'intero mondo umano - il rigore che la linguistica dello scorso secolo aveva applicato all'analisi dei significati, dei suoni, linguistici e non, delle espressioni grafiche, plastiche, tattili. Lo studio del lessico, del discorso e della narrativa conduce Gremais a delineare i tratti salienti della futura semiotica generativa. Una disciplina che permette a tutte le scienze, non solo quelle umane, di dialogare tra loro: è l'esordio della ricerca sull'articolarsi del senso umano e sociale, sul progressivo definirsi dell'esperienza, del linguaggio, del mondo naturale, di ogni evento reale come fatto di significazione.

45 Fonte: M. BAÑOS Y T. RODRIGUEZ, Product placement - Estrella invitada: la marca, Cie Inversiones Editoriales Dossat 2000, Madrid.(pag.92)

DESTINANTE OGGETTO DESTINATARIO

AIUTANTE SOGGETTO OPPOSITORE

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E’ molto meglio collocare una sola volta un prodotto che “recita” come personaggio in una scena d’ importanza drammatica, piuttosto che collocarlo molte volte come semplice accessorio della scena. Il marchio può diventare dunque il protagonista della storia, indispensabile per l’attore principale o addirittura determinanti per l’intera trama. Rappresenta l’apice del product placement in cui la marca diventa culto e star incontrastata della pellicola, basti pensare al film Herbie, il maggiolino tutto matto della Disney (e i suoi sequel), che è

considerato la più importante campagna promozionale fatta dal maggiolino Volkswagen.

Far diventare la marca un elemento centrale di un film è una delle cose più difficili e nello stesso tempo più entusiasmanti. Il brand deve riuscire a far trasparire tutte le sue caratteristiche ma, contemporaneamente, deve entrare in sintonia con lo stile della storia per non “infastidire” lo spettatore. Il pubblico deve seguire la vicenda con lo sponsor, essere cosciente che sia uno sponsor e rimanerne “appagato”. Tutto questo si ottiene solo con la perfetta interazione fra azienda, casa di produzione e agenzia di product placement, purchè siano possibili rilevanti interventi sulla sceneggiatura che deve entrare in perfetta comunione con il prodotto che si vuole posizionare46. Possiamo affermare che far diventare la marca protagonista permette di aumentare il valore e il mito della marca stessa, che in sostanza non è altro che lo “scopo del gioco” del product placement, le regole da seguire per raggiungere tale scopo sono il coraggio e la creatività47. Quando il marchio diventa protagonista di una pellicola il product placamento può essere fatto rientrare nella più ampia strategia di branded entertainment, il cui obiettivo è quello di trovare nuove modalità d’integrazione tra l’espressione dei valori di un brand con i contenuti fruiti dagli utenti. Oltre al marchio che diventa protagonista, i contratti di product placement possono prevedere clausole relative alla promozione del film e del prodotto; ad esempio, l’inserzionista, in occasione dell’uscita del film, può realizzare campagne di comunicazione sul proprio prodotto che richiamano direttamente il film. Al di là degli aspetti meramente economici, in questi casi si realizza un’efficace sinergia tra modalità e canali di comunicazione diversi, si va quindi oltre il product placement, si sconfina nel branded entertainment48.

46 G. CORTI, Occulta sarà tua sorella. Pubblicità, product placement, persuasione: dalla psicologia subliminale ai nuovi media, Castelvecchi, Roma, novembre 2004 (pag.35-36)

47JMN & DY, Global Product Placement, Presentazione globale e anteprima dello speciale di Dy’s Chronicles Product Placement Italia, 2006, http://www.dysnews.com/allegati/global.pdf

48JMN & DY, Global Product Placement, Presentazione globale e anteprima dello speciale di Dy’s Chronicles Product Placement Italia, 2006, http://www.dysnews.com/allegati/global.pdf

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1.3.2. Il posizionamento nella logica spazio-temporale e il livello di presenza del brand nell’opera filmica

Dopo aver analizzato il product placement in relazione agli elementi principali della pellicola cinematografica esamineremo il posizionamento di un brand nella logica spazio-temporale (senza infastidire lo spettatore) e nel momento di maggior effetto dell’ opera filmica, passeremo poi a valutare la qualità del product placement rispetto alla sua integrazione nella pellicola stabilendo certi livelli di presenza e adeguatezza secondo i criteri del peso narrativo e della capacità di rottura del realismo.

La funzione di guida per situare una marca nella logica spazio-temporale e nel momento di

maggior effetto di un film è affidata alla linea narrativa e alla struttura drammatica.

La linea narrativa consiste nell’ordinare i distinti eventi della sceneggiatura in funzione delle loro relazioni causa-effetto e spazio-tempo. Analizzare come si relaziona il product placement con la linea narrativa è, quindi, importante per la sua efficacia, e deve seguire alcune regole.

In primo luogo un prodotto può essere situato in varie scene, sempre che abbia una giustificazione narrativa; pertanto quando adotta la posizione di personaggio, d’attrezzo

caratterizzante o di scenografia principale, la sua presenza è giustificata e continua.

Un prodotto, o oggetto di scena, può poi essere presente in più sequenze del film, in altre parole in scene che si svolgono nello stesso luogo ma in tempi distinti. Viceversa potrebbe verificarsi un product placement eccessivo, ovvero vedere una marca d’acqua nella cucina del protagonista, alcune scene dopo vedere una cassa della stessa marca d’acqua in una cantina e, ancora, vederla al ristorante, incrociare per la strada un camion che la trasporta, ecc. In questo caso il product placement, spiegato solo dalla casualità, denuncia la sua intenzione pubblicitaria, non è verosimile e distrugge la coerenza narrativa49.

La struttura drammatica rappresenta, invece, l’opera d’ingegno della sceneggiatura, dove l’interesse emotivo dello spettatore è guidato da un susseguirsi di salite e discese di tensione drammatica sempre con un criterio crescente. La struttura drammatica classica divide lo sviluppo dei fatti della storia in tre atti diversi: la premessa, lo sviluppo e la risoluzione (Figura 2.).

Nel primo atto (premessa) si determina chi sono i personaggi, qual è la situazione iniziale della vicenda. A conclusione dell’atto, viene collocato il primo plot-point, punto di forza, che

servirà da svolta nell’intreccio e che costituirà l’inizio vero e proprio del film.

49 M. BAÑOS Y T. RODRIGUEZ, Product placement - Estrella invitada: la marca, Cie Inversiones Editoriales Dossat 2000, Madrid.(pag.106)

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Nel secondo atto si sviluppa la situazione che si è creata nel primo atto. Al principio i fatti si susseguono tranquillamente, però senza pause, per poi aumentare progressivamente la tensione fino al secondo plot: la crisi. Infine, nell’ultimo atto, si svolgono le vicissitudini che risolveranno la crisi.

Figura 2. Curva della struttura drammatica classica50

Verso la fine si colloca l’ultimo plot, il “climax”, punto culminante delle emozioni, del drammatismo e per intensità; scena in cui si raggiunge l’attesa soluzione finale. Chiaramente non tutte le pellicole cinematografiche presentano una chiara divisione in tre atti, ci possono

essere strutture drammatiche di due, quattro, cinque atti e così via secondo la durata.

A qualsiasi forma si può però sovrapporre la struttura classica e, generalmente, è sempre possibile individuare le zone narrative della premessa e della risoluzione.

L’analisi della struttura drammatica permette di scoprire in una sceneggiatura le zone narrative più o meno attive, con maggiori possibilità d’implicazione emotiva per lo spettatore e maggiori possibilità di rimanere nel suo ricordo51. I primi venti minuti della trama sono

50 Fonte: M. BAÑOS Y T. RODRIGUEZ, Product placement - Estrella invitada: la marca, Cie Inversiones Editoriales Dossat 2000, Madrid.(pag.108)

51Perché la scena in cui appare la marca e le sue associazioni o interazioni, perduri nel ricordo dello spettatore, il product placement dovrebbe essere effetuto tenedo in considerazione, da un lato, le caratteristiche della memoria umana in relazione e, da un altro, il disegno e la struttura drammatica che generando i punti di svolta, favorisce la captazione e la memorizazzione degli elementi essenziali della narrazione. Ovviamente il product placement

tensione 3° Plot drammatica CLIMAX

2° Plot CRISI

1° Plot SVOLTA

tempo

I ATTO II ATTO III ATTO Premessa Sviluppo Risoluzione

(23)

d’assoluta importanza. Lo spettatore sta attento, deve ricevere le informazioni necessarie per capire di cosa tratta il film e per potersi identificare nei personaggi: è il momento per eccellenza dove posizionare un prodotto. Dopodiché sono i vari plots i luoghi di maggiore efficacia, poiché questi funzionano da collegamenti all’interno della storia, sono le scene con

più carica narrativa e impatto emozionale che concentra l’attenzione fino alla fine52. Abbiamo già detto che un buon product placement deve essere visibile, per compiere la sua

funzione pubblicitaria, senza però, distrarre lo spettatore dalle sue riflessioni sulla storia.

A questo scopo il brand deve integrarsi perfettamente con la trama del film e deve occupare la posizione narrativa migliore. Nel product placement la visibilità del prodotto o brand non può distaccarsi dal ruolo che deve compiere nella storia in cui appare; la sua efficacia è collegata alla sua attività narrativa sia per la sua presenza nella narrazione (peso narrativo) sia per la sua

qualità (adeguata apparizione, giustificata o non giustificata, rispetto alla narrazione).

È quindi importante valutare la qualità del product placement rispetto alla sua integrazione nella pellicola stabilendo certi livelli di presenza e adeguatezza tramite la valutazione della qualità della sua presenza narrativa e la valutazione della sua capacità di rottura.

In primo luogo il product placement sarà più efficace quando avrà un peso narrativo maggiore. I livelli di presenza (peso narrativo) indicano l’attività positiva della marca come elemento del film. Il livello del peso narrativo si evidenzia in funzione di due fattori: la struttura drammatica e secondo la sua posizione come elemento della storia. Per quanto riguarda la sua posizione nella struttura drammatica, abbiamo già visto che la presenza

narrativa della marca è più intensa e più ricordata se appare nella Premessa e nei plots.

Per quanto riguarda invece la sua posizione come elemento della storia, si possono stabilire una serie di situazioni che, al fine di migliorarne l’efficacia, si combinano e rinforzano la posizione del brand nella struttura drammatica. Nel definire questi livelli di presenza narrativa incide il fatto che il prodotto o brand sia “richiesto dalla storia” e che quindi le caratteristiche del prodotto sono necessarie per disegnare l’universo che la storia prospetta (in altre parole la

diegesi), e di conseguenza costruisce quest’universo davanti agli occhi dello spettatore.

A partire da queste considerazioni si possono stabilire quattro categorie (con le loro caratteristiche) d’efficacia narrativa di un brand (Tabella 1.).

aumenterà la sua efficacia quando il brand apparirà in quelle scene che si ricordano più facilmente e in maniera più profonda.

52 M. BAÑOS Y T. RODRIGUEZ, Product placement - Estrella invitada: la marca, Cie Inversiones Editoriales Dossat 2000, Madrid.(pag.107-111)

(24)

Nel primo livello che incontriamo, il posizionamento del brand risulta avere un peso narrativo molto alto, infatti, il prodotto è collocato come motore della storia. Prende posizione come attante o come scenario principale.

Tabella 1. Livelli di presenza narrativa del brand e le sue caratteristiche53

Livelli di presenza narrativa

Caratteristiche

Livello 1 PESO NARRATIVO

MOLTO ALTO

1. Collocazione del prodotto come personaggio:

• Richiesto dalla storia

• Costruttore della diegesi (necessario perché esista la storia)

• Funzione narrativa essenziale

• Collegamento con la realtà e rafforzante del realismo

• Presenza continuata

• Associazione con la capacità di risolvere le situazioni

• Interazione e associazione diretta con il comportamento umano del personaggio

2. Collocazione del prodotto come scenario principale:

• Costruttore della diegesi

• Funzione narrativa essenziale

• Collegamento con la realtà e rafforzante del realismo

• Associazione con la capacità di risolvere le situazioni

• Presenza continuata Livello 2

PESO NARRATIVO ALTO

• Costruttore della diegesi

• Funzione narrativa essenziale

• Collegamento con la realtà e rafforzante del realismo

• Presenza continuata Livello 3

PESO NARRATIVO MODERATO

• Necessario per la diegesi

• Funzione di “riempimento“ narrativo (l’uso del prodotto non aggiunge niente a la storia)

• Collegamento con la realtà e rafforzante del realismo

• Presenza limitata (al momento della azione) Livello 4

PESO NARRATIVO BASSO

• Necessario per la diegesi

• Funzione di “riempimento” visivo

• Collegamento con la realtà e rafforzante del realismo

• Presenza limitata (non può apparire ripetutamente in scenari distinti)

53Rielaborazione propria, fonte: M. BAÑOS Y T. RODRIGUEZ, Product placement – Estrella invitada: la marca, Cie Inversiones Editoriales Dossat 2000, Madrid.(pag.112-114)

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