Capitolo 3. Il ditirambo nella sensibilità letteraria antica
4.2 Il Ditirambo II: Bacchilide tragico
4.2.1 Il proemio: Apollo e Dioniso
Il proemio, in cui campeggia la figura di Apollo, e non quella di Dioniso, come sarebbe più naturale per un ditirambo, soprattutto in virtù del confronto con i corrispondenti componimenti pindarici, ha dato adito, fin dalle prime fasi della critica bacchilideo, a un dibattito sulla questione del genere dell’ode 16. Nello specifico, la menzione esplicita dei peani (παιηόνων ἄνθεα, vv. 8-9), intonati dai cori delfii davanti al tempio del dio (τόσα χοροὶ Δελφῶν σὸν κελάδεσαν παρ’ἀγακλέα ναόν, vv. 11-12), ha indotto alcuni, tra i primi editori244 e i moderni studiosi245, a interpretare il componimento come peana, mettendo così
in discussione l’inclusione alessandrina dell’ode nel “libro” dei ditirambi246; altri a
considerarlo un prooimion atto a introdurre un altro canto247, quello più verosimilmente un
ditirambo248. La luce fu intravista già da Jebb249: la sua convincente intuizione fu quella di
intendere il πρίν di apertura dell’antistrofe come avverbio250, cioè come notazione
temporale non subordinante sintatticamente, nel senso di “prima”, e in anteriorità logica rispetto al contenuto della strofe: “prima che Apollo ritorni, cantiamo...” o, più
243 Gentili 1958: 50. 244
Kenyon 1897: XL.
245
Burnett 1985: 123 definisce l’ode “a winter pean” e nota che “though the song so clearly specifies the absence of Apollo, there is no sign of its being addressed to Dionysus”.
246 Per la quale cfr. supra par. 3.3. 247
Di quest’avviso sembra, e.g., Festa 1898: 94.
248 Jurenka 1898 e Blass 1904³. 249
Jebb 1905: 371 n. 13.
250
Wilamowitz 1900: 42 n. 2, e.g., lo interpretava come congiunzione subordinante, di modo che il susseguirsi sul piano cronologico degli avvenimenti fosse “Noi cantiamo che, prima che Eracle lasciasse Ecalia, Deianira ordì il suo disegno” e il racconto della preparazione del sacrificio fosse una sorta di incidentale, che espande la narrazione tanto che, alla ripresa del filo principale, il poeta, anziché l’oggettiva, introduce la determinazione temporale τότε, in sostanza sospendendo un costrutto e cominciando una nuova struttura sintattica. Anche Maehler 1997: 160 apre il suo commento ad loc. ponendosi la domanda “ist πρίν Adverb oder Konjunktion ” e offrendo come risposta un’analisi dell’evoluzione di πρίν da avverbio a congiunzione subordinante attraverso le attestazioni letterarie, da cui emerge che πρίν come congiunzione reggente di un modo finito è attestata, dall’h. Ap., attraverso Pindaro, a diversi luoghi euripidei, ma sempre con in dipendenza un aoristo. “Hier aber kann κλέομεν weder ein den Aorist vertretendes “historisches” oder erzählendes Präesens noch ein Imperfekt sein (…). Ist κλέομεν aber ein echtes Präesens, muss πρίν Adverb sein: “vorher”, nämlich bis Apollon nach Delphi zur ckkehrt, “singen wir…”. D’altronde, già Simonini 1977: 489 n. 19 era giunta alla stessa conclusione, dopo aver semplicemente vagliato le occorrenze in Bacchilide di πρίν, risultato essere usato come avverbio anche in 13.114 e come congiunzione in 11.72 e nel fr. 25.3, ma “in questi casi la proposizione principale – affermativa – precede la secondaria introdotta da πρίν, che è seguita da un infinito aoristo”.
economicamente, “nel frattempo, cantiamo...”251. Tale lettura rende perspicua anche l’enfasi
restrittiva dell’enclitica γε: “la sua forza essenziale è la concentrazione che comporta una limitazione; infatti ha un valore determinativo, limitativo o intensivo: perciò accentua il contrasto o l’opposizione a quanto precede”252.
Fondamento reale a un ragionamento che finora ha preso le mosse da fatti testuali per comporre ipotesi di natura teorica proviene da Plut. De E Delph. 9 p. 389 C.:
τὸν μὲν ἄλλον ἐνιαυτὸν παιᾶνι χρῶνται περὶ τὰς θυσίας, ἀρχομένου δὲ χειμῶνος ἐπεγείραντες τὸν διθύραμβον, τὸν δὲ παιᾶνα καταπαύσαντες τρεῖς μῆνας ἀντ’ἐκείνου τοῦτον κατακαλοῦνται τὸν θεόν.
Plutarco attesta esplicitamente che, essendo Apollo Pizio considerato assente da Delfi durante i tre mesi invernali, in quanto in visita nelle regioni del Nord, durante quel periodo nei culti delfici i ditirambi prendevano il posto dei peani. L’ode 16 può ben costituire un esempio di quei ditirambi, dal momento che chiaramente a favore di un’esecuzione delfica parlano l’epiteto Πύθι(ε) attribuito ad Apollo al v. 10 e il riferimento al suo celebrato tempio (v. 12), presso il quale i χοροὶ Δελφῶν intonano i loro “fiori di peani”253.
Non solo, quindi, la testimonianza plutarchea fornisce una prova che scagiona il Ditirambo II dall’accusa di non essere quello che per gli antichi, o almeno per i filologi di epoca alessandrina, verosimilmente era, ma induce noi moderni a essere prudenti nel tracciare nette linee di demarcazione tra il culto e la natura di Apollo, dio di ciò che è limpido e razionale, e quelli tradizionalmente intesi di Dioniso, dio dell’irrazionale, di ciò che non è completamente conosciuto all’uomo, avvolto nel mistero e, in questo senso, del tragico. Come i diversi studi di Privitera hanno contribuito a dimostrare254 e come la testimonianza
plutarchea attesta manifestamente, nel mondo antico gli ambiti di appartenenza del peana e del ditirambo alla sfera sacrale erano percepiti come distinti, in modo conforme alle loro rispettive origini cultuali, ma non contrapposti. “Dioniso e Apollo rappresentano sì due apetti differenti della realtà, ma questa per essere compresa nella sua totalità ha bisogno di entrambi”255. Allora, a Delfi il culto di Dioniso poteva legittimamente trovare posto accanto a
251 O anche, nella traduzione inglese offerta da Fearn 2007: 171, “but until such time”. 252
Simonini 1977: 489. Cfr. D. Denniston, The Greek particles, Oxford 1954²: 114-115.
253
Anche Pickard-Cambridge 1962: 3 e n. 3 conosce e dà legittimità alla testimonianza plutarchea: “In classical times the most important non-Dyonisiac festivals of which it [the dithyramb] certainly formed a regular part were those of Apollo. At Delphi, indeed, the regular performance of dithyrambs in winter is connected with the fact that three months of winter were there sacred to Dionysus”.
254 Cfr., in particolare, Privitera 1970 e nota successiva. 255
Grandolini 1995: 256-257. Cfr. anche Rutherford 1995: 116-117, specificamente per questo Ditirambo II. E già Privitera 1970: 125, a proposito dei ditirambi pindarici in confronto con il proemio della Py. I, e, poi, più in generale: “Diversamente da Dioniso, che desta ed eccita, la musica di Apollo assopisce e infonde una calma
quello di Apollo e nei mesi invernali essere intonato il ditirambo, così come nel resto dell’anno il peana.